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Autore: BekySmile97    16/12/2014    7 recensioni
“Da questa unione maledetta nacque il primo e unico mezzodrago mai esistito nella nostra regione.” raccontò Sajens, prima di aggiungere con voce cupa: “Alcuni raccontano che l’Ibrido, appena uscito dall’uovo in cui era stato rinchiuso, abbia ucciso a sangue freddo i suoi due creatori…”
Eelja rabbrividì, mentre gli altri carovanieri iniziarono a borbottare qualcosa tra di loro.
“Stupidaggini…” pensò il Re.
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna, Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
- Questa storia fa parte della serie 'Storie da Hydus '
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Questa storia si  è classificata quinta al contest "Sangue di Drago" indetto da ManuFury sul forum di efp. 
Questa storia si è classificata sesta al contest "La Caduta dell'Inverno Boreale, ed altre storie - Viaggio nel Fantasy medioevale" indetto da Deidaradanna93 sul forum di efp.
Questa storia si è classificata decima al contest "Cento giorni di introspezione, fantasia e romanticismo" indetto da WhatHasHappened sul forum di efp.
 
Re
 



Esiste un’unica grande città nella regione di Hydrus.
Al Nord i Dragon Lords avrebbero detto che le loro rovine erano i resti della più imponente città della regione, ma facendo così sarebbero solo apparsi sciocchi. Invece Cain, sulla sua piccola penisola, avrebbe dichiarato volentieri che la sua Saat era la più grande, ma alla fine si sarebbe accontentato di darle il prestigioso titolo di cosmopolita. D’altro canto Everett avrebbe ordinato che Classem era l’unica città degna di quel titolo e tutti gli avrebbero dato ragione.
Ma se avessero osato guardare verso i deserti che si stendevano verso Sud, avrebbero scoperto che la città più grande del mondo conosciuto era malamente nascosta tra le sabbie dorate che la circondavano, e la sua grandezza non stava tanto negli splendidi ed enormi palazzi costruiti da un’antica civiltà ormai scomparsa, bensì nei bassifondi, nei quartieri nascosti agli occhi di tutti, sviluppatisi anche sottoterra, dove regnavano incontrastati mercenari e puttane.
Il Governatore non aveva ancora ben capito perché si fosse fatto convincere ad andare di persona là sotto: i suoi consiglieri gli avevano detto che per scegliere un buon mercenario era meglio vederlo in azione e che, quindi, avrebbe dovuto inoltrarsi da solo a cercare il suo uomo.
“Appena tornato a palazzo li metterò tutti ai ferri, così impareranno a darmi consigli così scriteriati!” pensò il Governatore cercando di coprire la sua spada lunga con gli stracci che aveva dovuto indossare per confondersi tra il volgo. “E poi li strangolerò con le mie mani.”
Agitato da questi pensieri, continuava a scivolare lungo i vicoli sudici e male illuminati, cercando disperatamente di non pensare a quali mostruosità potessero essere nascoste negli angoli più bui.
“Un uomo dei piani alti che cammina solo soletto qua sotto?” chiese una voce alle sue spalle prima di scoppiare a ridere. “I bordelli sono da ben altra parte.”
Senza neanche voltarsi il Governatore incominciò a correre malamente lungo il vicolo, inseguito dalla risata roca dell’uomo che lo aveva sorpreso. Preso dalla foga, quasi non si accorse di star per cadere in una fossa di lotta dove un cirment stava carbonizzando sotto gli occhi di diversi spettatori urlanti una dikmant dalle piume giallognole. Ingoiando un groppo di saliva, l’uomo si allontanò dal bordo e iniziò a scivolare tra la folla di creature che si aggiravano presso le fosse; delle torce, poste vicino e dentro ognuna di esse, gli permettevano di osservare i vari combattimenti tenendosi comunque abbastanza lontano dal pericolo.
Ma nessuno di loro sembrava adatto al compito che aveva in mente di affidargli, nonostante molti combattenti dimostrassero un coraggio e uno sprezzo del pericolo fuori dal comune, avventandosi su nemici ben più forti di loro. Si era fermato giusto un attimo a guardare un combattimento tra un uomo dell’Oltre e un corals quando notò, seduto mollemente su un alto scranno, quello che pareva un umano discutere con alcuni spettatori.
“Che devo dirvi se entrambi i combattenti sono morti?” disse quello sullo scranno con voce potente. “Tenetevi i vostri soldi e sloggiate.”
“Altrimenti cosa ci farai?” urlò uno della folla.
“Vi uccido uno a uno se non ve ne andate immediatamente.” disse alzandosi in piedi.
“Ucciderci? Ma se nessuno ti ha mai visto combattere… sei solo uno spaccone che si è impossessato delle fosse con un inganno!” esclamò lo stesso uomo di prima, subito inneggiato dalle urla di molti dei suoi compagni.
Con gli occhi che mandavano fiamme, quello che ormai il Governatore aveva capito essere il re delle fosse si avvicinò al sovvertitore e gli sibilò contro: “Sei fortunato che non combatto contro gli ubriachi, ma se vuoi scegliere un tuo campione da farmi uccidere, fa pure… se vinci tu, tutto questo potrà essere tuo.” E con gesto della mano indicò lo spiazzo dove erano raccolte le fosse, facendo ammutolire tutti quelli a portata d’orecchio. “Ma se vinco io, pregherai di non essere mai nato prima.”
“È il mio uomo!” pensò elettrizzato il Governatore avvicinandosi alla fossa dove si stava calando il re, mentre l’ubriaco si dirigeva verso una gabbia dove era tenuto prigioniero un basilisco, probabilmente catturato nell’Oltre.
“Proprio quello dovevi scegliere?” domandò vedendo la gabbia che veniva calata vicino a lui. “Pensavo di metterti a giocare con lui finita la lotta, mi stai rovinando tutti i piani!”
Molti degli spettatori iniziarono a ridere, mentre l’uomo estraeva una lunga spada ricurva dal fodero che aveva sul fianco.    
La gabbia venne aperta.
La creatura scivolò lentamente fuori, studiando l’avversario con occhi famelici, mentre le urla sugli spalti diventavano mano a mano più forti.
“Poveretto…” borbottò un corals coperto di linee azzurre vicino al Governatore. “Verrà pietrificato se non farà attenzione.”
“Mi permetta di dissentire.” disse l’uomo mentre giù nella fossa il combattente iniziava a tirare qualche fendente contro la bestia. “I basilischi non pietrificano le loro prede, è solo una leggenda.”
Come risposta il corals iniziò a ridere come un matto. “Mi permetta di dissentire? I basilischi non pietrificano le loro prede? Ma ai piani alti non vi insegnano più nulla?”
Un urlo bestiale proveniente dalla fossa gli impedì di rispondere. L’uomo era riuscito, con un colpo da maestro, a cavare entrambi gli occhi alla bestia per poi tagliarle di netto la gola mentre questa cercava di morderlo alla cieca, ritrovandosi quasi interamente coperto del sangue nerastro del suo avversario.  
“E ora, stolti, se avete ancora qualche dubbio sul fatto che le fosse non siano mie di diritto vi consiglio di tenere chiuse quelle bocche.” urlò facendo tremare tutti gli scommettitori che si erano avvicinati all’arena.
“E lui…” aggiunse dopo qualche secondo, indicando l’ubriaco, improvvisamente pallido in volto. “Buttatelo in gabbia col leone del deserto. Credo che il mio piccolo abbia abbastanza fame.”  
L’uomo venne trascinato via a forza da alcuni mercenari verso la gabbia designata e tutti gli altri, lentamente, si diressero verso una diversa fossa. Rimase solo il Governatore a fissare l’uomo, con le braccia muscolose coperte del sangue del basilisco, che usciva dalla fossa arrampicandosi alle sporgenze della terra.
“Vuoi lamentarti anche tu?” chiese tagliente appena lo vide, mentre da poco lontano giungevano le grida disperate dell’uomo rinchiuso nella gabbia.
Il Governatore gli sussurrò all’orecchio solo poche parole.
 
“Dite che è l’uomo giusto per svolgere i nostri piani?” chiese un consigliere al Governatore, mentre un altro spiegava agitato le sue impressioni: “Guardatelo signore! È troppo rozzo, Everett si accorgerà subito dell’inganno!”
“Sciocchezze.” disse il Governatore liquidando i consiglieri con un gesto della mano. “Io lo trovo perfetto.”
“Non mi avete ancora spiegato per cosa, signore.” replicò il re delle fosse con sguardo ostile. Non si era mai fidato degli umani, ma l’idea di un grosso tornaconto personale lo allettava talmente tanto da rendergli impossibile rifiutare l’incarico senza almeno sentire di cosa si trattava.
“Il nostro beneamato sovrano Everett ha chiesto che da ognuna delle Cinque Città sia mandato un messo con tutte le carte e i tributi richiesti l’anno passato.” iniziò il Governatore. Il re alzò un sopracciglio.
“Come ben saprai si sta preparando una guerra, e non solo una di quelle combattute in campo aperto sotto gli occhi di tutti: Cain vuole rivoltare la regione, per porla sotto la sua ala protettiva con un unico colpo di mano. Per questo motivo mi ha chiesto di mandare un mercenario a Classem, la città del tiranno, così da ucciderlo.”
“Umani… più gli anni passano, più diventano stupidi.” pensò il re guardando il Governatore. “Sicuramente c’è sotto ben altro, peccato che questo grassone non riesca a capirlo.”
“Comprendi adesso a cosa ci servi?” gli chiese il Governatore stringendo gli occhi porcini, ignaro dei pensieri dell’altro.
“Certo, mio signore.” rispose inchinandosi. “Ma immagino che capirà se rifiuto l’incarico. Le fosse da combattimento sono molto dure da gestire e non vorrei lasciarle a nessuno dei miei sottoposti. Oltretutto, chi mi assicura che ritornerei a casa?”
“Noi.” rispose pacato uno dei consiglieri. “Ci sono diversi infiltrati di Cain nella corte di Everett e ci è stato assicurato che ti ricondurranno a casa.”
“Ricondurranno la mia testa.” pensò il re, prima di replicare, gelido: “Non intendo accettare l’incarico. Chiamate un qualsiasi altro mercenario, le fosse di combattimento ne sono zeppe.”
“Ma io voglio te. Cain vuole te. Insomma, ai miei occhi e a quelli dei miei consiglieri sei perfetto.” disse il Governatore mentre tutti i suoi sottoposti annuivano in un corale segno d’assenso.
Il re si passò una mano tra i corti capelli neri. “Ed io cosa ne ricaverei?”
“Gloria, cos’altro?” rise il Governatore facendo ballare il suo doppio mento. “Più oro, qualche titolo nobiliare e altro di minor importanza…”
“Non intendo accettare l’incarico.” ripeté il mercenario.
“Cosa devo fare per convincerti a lasciare il tuo regno?” chiese ironico il Governatore, mentre un sorriso sarcastico si dipingeva sulle sue piccole labbra carnose. “Devo darti le teste dei tuoi mercenari infilzate su delle picche? Vuoi che i combattimenti siano banditi a vita? O preferisci che arrivi a bruciare le tue preziose fosse?”
Il re strinse la mascella. “Io ho conquistato le fosse e sa bene che distruggendole finirebbe per distruggere anche la sua preziosa città: sa quanto oro mi scivola tra le dita ogni giorno? Faccio girare io l’economia di questa maledetta città. Controllo anche più della metà dei bordelli dei bassifondi, che frequenta regolarmente anche lei da quanto mi hanno riferito…”
Il Governatore, colto di sorpresa, sbiancò e iniziò a balbettare qualcosa d’incomprensibile.
“Stia zitto. Questo borbottio non mi aiuta certo a decidere cosa fare.” disse secco. Si era stabilito in quelle fosse da almeno cent’anni e la gente iniziava a mormorare sul suo conto… avrebbe dovuto abbandonarle comunque prima o poi. Certo, avrebbe preferito poi, ma visto che il destino gli offriva l’opportunità di andarsene, perché rifiutarla?
“Accetto l’incarico, ma alle mie condizioni: prima di tutto voglio partire con il prossimo carico mercantile diretto al Nord. Secondo, mi seguiranno alcune persone fidate e non voglio che sia recato a loro alcun danno. Terzo, se qualcuno di voi osa mettere piede nelle fosse, vi ammazzo.”
“Perfetto…” mormorò il Governatore. “Avete segnato tutto?”
I consiglieri annuirono con foga, prima che alcuni corressero fuori per andare a cercare una carovana in partenza verso il Nord.
“Solo un’ultima domanda e poi è libero di andarsene.” disse il Governatore tentando di recuperare la dignità perduta. “Come si chiama?”
“Lei può pure chiamarmi Re dei bassifondi: non è degno di sapere il mio nome.”
E detto questo se ne andò.
 
Non si ricordava precisamente la prima volta che aveva ucciso, ma sapeva che da quel momento in poi non aveva praticamente più smesso.
Difesa personale, si era detto all’inizio.
Piacere, qualche centinaio d’anni dopo.
Necessità, spiegava ora.
“Gli umani sono sempre più idioti.” mormorò scavalcando un cadavere abbandonato in mezzo a un vicolo.
“Allora è una fortuna che io non sia umana.” bisbigliò una voce femminile nel suo orecchio, mentre una mano bianca e sottile gli puntava alla gola un coltello.
“Noto che stai migliorando, questa volta non ti ho quasi sentito.” disse lui sorridendo e tirando via dolcemente la mano bianca. “Hai ucciso tu questo qui?”
La ragazza sputò sopra il cadavere. “Non mi voleva pagare, quindi ho preferito servirmi da sola.” 
“Buttalo in qualche pozzo e raggiungimi alle fosse: ho una proposta da fare a te e al Colosso.” le ordinò allontanando con un calcio il cadavere.
“Come vuole il mio Re.” sorrise lei scivolando nell’ombra.
“Grazie al cielo esistono gli ibridi…” pensò il Re dirigendosi alle fosse, dove erano in corso alcuni combattimenti; le avrebbe lasciate al Colosso, un incrocio tra un umano e un cirment, grande quanto un orso adulto. Nonostante l’aspetto decisamente inquietante, aumentato anche dalle lunghe cicatrici che gli sfregiavano il volto, il Re si fidava ciecamente di lui e sapeva che le fosse si sarebbero ritrovate in buone mani.
Dopo aver attraversato un altro vicolo perso nei suoi pensieri, si arrampicò sulla scala a pioli che portava in un’altra zona dei bassifondi, dove aveva creato per sé una sorta di reggia dove vivere; sedutosi su una specie di trono in legno, si mise ad aspettare l’arrivo del Colosso e di Eelja, ripensando a tutto ciò che aveva fatto da quando si era infiltrato nelle fosse… probabilmente erano stati gli anni migliori della sua vita.
“Eccoci qui!” annunciò il Colosso con voce profonda, risvegliandolo dai suoi ricordi.  
“Cosa volevate dirci, mio signore?” chiese Eelja, comparendo sinuosa dietro quello.
Sospirando, il Re disse grave: “Devo lasciare le fosse. Ho deciso che le comanderai tu, Colosso… spero di non dovermi mai pentire di questa scelta. Tu, Eelja, mi seguirai a Classem, dove il Governatore ha deciso di mandarmi. È tutto chiaro?”
Entrambi i suoi sottoposti annuirono.
“Questo è tutto. Questa sera lascio già le fosse al tuo comando, vedi di non fare disastri.” aggiunse rivolto al Colosso.
“Se posso chiedere, cosa deve fare lontano dal suo regno stasera?” domandò l’ibrido incrociando le possenti braccia sul petto, con la faccia sfregiata incupita e gli occhi neri che tradivano la sua tristezza.
“Sbrigare alcune faccende nel bordello e prepararmi alla partenza: Eelja mi aiuterà. Ora andatevene.”
“Come il Re comanda.” dissero entrambi scivolando via come ombre.
Rimase solo.
 
Tre giorni dopo la carovana partì.
Al Re non era piaciuta la lentezza con cui avevano trattato col capo dei carovanieri, un cirment dai capelli e gli occhi scarlatti, e non aveva capito come mai il Governatore gli avesse anche affidato un cortigiano da trascinarsi dietro.
“Almeno fate finta di provare a sembrare regale!” aveva esclamato questo alla sua richiesta di spiegazioni. Era riuscito a trattenersi dallo sputargli in faccia solo grazie alla sua enorme pazienza.
“Cosa ne pensate, signore?” gli chiese Eelja avvicinandosi.
“Anche un cieco capirebbe che questa carovana trasporta qualcosa di fin troppo prezioso.” le rispose montando su un dromedario.
“Noi due saremmo potuti passare anche per due semplici carovanieri, ma quello…” continuò il Re indicando con la testa il cortigiano vestito di tutto punto, quasi come se dovesse andare a un banchetto. “Anche un’ape riesce a mimetizzarsi meglio in mezzo alle mosche.”
“Sapete come sono fatti gli umani. Non riescono mai a capire qualcosa… deve essere un difetto che si passano di padre in figlio.” disse quella salendo a sua volta su un dromedario.
“Molto probabile Eelja, molto probabile…”
Le ultime stelle iniziavano a impallidire quando i primi animali cominciarono a muoversi per uscire dalle mura della città, subito seguiti dal resto della carovana: il deserto si stendeva davanti ai loro occhi, colorato da sabbie dorate e rosse quanto il sole che stava calando dietro una duna. Il Re ed Eelja si portarono immediatamente in testa per parlare col capo dei carovanieri, ignorando lo spettacolo che si parava davanti a loro, subito seguiti malamente dal funzionario, la cui faccia iniziava a diventare verdastra.
“Quanto impiegheremo ad arrivare a Classem?” chiese il Re senza troppi preamboli.
“Non ti è stato insegnato a essere cortese con gli sconosciuti?” domandò invece il carovaniere. “Vorrei prima di tutto sapere il tuo nome e quello della dama che ti accompagna, se non ti dispiace.”
“Lei può semplicemente chiamarmi Re.” rispose asciutto lui lanciando un’occhiata critica al cortigiano che stava lentamente scivolando verso il collo dell’animale. “La mia compagna si chiama Eelja.”
“Avrei preferito sapere il tuo vero nome, ma mi accontento. Io mi chiamo Sajens.” disse mostrando in un sorriso una fila di denti neri come la pece. “Arriveremo a Classem circa fra due cicli lunari e mezzo.”
“E quanto tempo passeremo nel deserto?” chiese Eelja. Anche il Re rimase in attesa della risposta; la temperatura stava già iniziando a salire e ci sarebbero stati diversi problemi se qualcuno avesse notato cosa stava accadendo alla sua pelle.
“Dipende da molti fattori… se incappassimo in qualche tempesta potremmo rimanere nel deserto fino a un intero ciclo e mezzo.” rispose Sajens alzando gli occhi all’orizzonte. “Ma non preoccupatevi, recupereremo gli eventuali giorni persi appena metteremo piede sulle pianure.”
“Viaggeremo solo di giorno?” chiese con una punta d’ansia il Re.
“Durante le ore più calde, se ne avremo la possibilità, ci fermeremo in delle oasi a riposare. Altrimenti andremo avanti tutto il giorno più qualche ora notturna.” rispose il capo carovaniere. “E ora vogliate scusarmi, ma ho altri doveri da compiere. Piuttosto andate a controllare il vostro amico… ho paura che stia per cadere.”
Il Re ed Eelja si voltarono all’unisono a guardare il consigliere, malamente aggrappato al collo del dromedario nel vano tentativo di non scivolare in avanti.
“Non è un cavallo!” urlò divertita Eelja. “Cerca di rimanere dritto.”
L’uomo rimase zitto e le lanciò un’occhiata carica di odio, piegando la bocca in una smorfia amara.
“Lascialo stare… se è possibile quell’uomo mi piace ancor meno di tutti gli umani che ho visto fino ad ora.” le disse il Re grattandosi il braccio.
“Vi ha punto qualcosa?” chiese la ragazza sistemandosi i veli che le coprivano i capelli corvini in modo da nasconderle tutto il viso tranne gli occhi celesti. “Questi animali sono inseguiti da miriadi di insetti… magari Sajens ha qualche rimedio.”
“No. Ho solo un po’ di prurito.” rispose mentre sotto le sue vesti la pelle iniziava a diventare poco a poco squamosa. “Ora vattene.”
“Come vuole il mio signore.” disse lei, rallentando l’andatura della sua cavalcatura.
Non poteva e non doveva assolutamente affezionarsi a qualcuno.
Aveva già fatto quell’errore altre volte e non voleva ripetere l’esperienza, nonostante Eelja fosse una dei migliori ibridi che avesse incontrato negli ultimi anni. Quell’assurdo incrocio tra una corals e un cirment aveva creato una ragazza bellissima e letale, capace di ucciderti con un solo gesto. Una ragazza da amare e da odiare.
“È una mia sottoposta.” pensò il Re guardandola parlare con un carovaniere. “Certo, leale fino alla morte, ma pur sempre una mia sottoposta, oltre che una puttana.”
E smise di pensarci.
 
Nel deserto le mattine scorrevano lente, senza che accadesse qualcosa degno di nota.
Ma le notti… le notti erano un misto della magia più pura e dei ricordi più antichi, un mondo completamente a parte in cui i più vecchi tra i carovanieri narravano con voce lenta e grave leggende che si tramandavano di padre in figlio, cucivano storie seguendo le forme degli astri e raccontavano con passione antiche avventure.
Tutti rimanevano incantati ad ascoltare mentre le fatiche della giornata scivolavano via come gocce di pioggia. Anche il Re, che nella sua lunga vita credeva di saper ormai quasi tutto, rimaneva sorpreso nell’apprendere cose di cui non aveva mai sentito parlare mentre Eelja, vicino a lui, gli sussurrava miele nell’orecchio.
“Avete mai sentito la leggenda della nascita del primo dragon lords?” chiese una sera Sajens al suo pubblico radunato attorno al fuoco.
“Quella in cui un corals riesce a domare un drago?” chiese Eelja mentre si pettinava i capelli in una lunga treccia. “L’ho già sentita.”
“Per intero?” le chiese il capo carovaniere, sorridendo da dietro la sua pipa.
“In che senso per intero? La storia finisce con l’arrivo del corals all’estremo Nord e la fondazione della sua città.” disse la ragazza, seguita subito da un coro di risa da parte del resto dell’uditorio.
Sajens scosse la testa. “No mia cara, la storia finisce, se così si può dire, in un modo ben più sordido di quanto qualcuno ti abbia mai raccontato.”
“Ovvero?” chiese il Re intromettendosi nella discussione. Voleva vedere quanto quel cirment sapesse.
“Bene, visto che sono riuscito a guadagnarmi l’attenzione di tutti, o quasi…” disse l’oratore scoccando un’occhiata al cortigiano del Governatore, nascosto tra le ombre della notte. “Direi che abbiamo trovato di cosa parlare stanotte.”
Tutti gli uomini si zittirono e puntarono gli occhi su Sajens che tirava di pipa.
“Come sapete il primo dragon lords fu un corals delle Isole del Sud, abitate anche dai draghi. Dopo esser riuscito a catturarne uno con il trucco della gabbia d’acqua, comprese che la sua strada si sarebbe inevitabilmente staccata da quella del suo popolo d’origine e si diresse col suo drago all’estremo Nord; là, nascosto dietro le montagne dove si stavano insediando i primi light, creature oscure e portatrici di terrore, raccolse un primo nucleo di uomini e donne che col corso delle generazioni avrebbero portato alla nascita dei dragon lords come li intendiamo oggi. L’inizio non fu affatto semplice: anche le isole all’estremo Nord sono abitate da draghi, ma ben più grandi e feroci dei loro cugini meridionali che durante l’anno facevano diverse incursioni sull’insediamento. Per questo tutti gli uomini, su ordine del loro nuovo re, si misero all’opera per fondare una vera città costruita interamente in pietra, così da potersi difendere dagli attacchi di quelle creature primordiali; crearono in pochi anni una fortezza di incredibile bellezza, talmente imponente da poter essere vista anche dalla base delle montagne e a tal punto resistente da poter permettere agli uomini di trasformarsi da prede in cacciatori. In questo modo altri uomini riuscirono a domare i loro draghi, creando così un Consiglio regio che aiutava il monarca a governare con cura la città e le terre circostanti, che erano state colonizzate con altrettanta fatica.
“Ma il re non era affatto soddisfatto della piega che stavano prendendo gli eventi… prima di tutto la vecchiaia avanzava velocemente contro di lui, un corals troppo lontano dall’acqua anche solo per poter respirare normalmente, e non aveva ancora avuto un erede: aveva sì preso una compagna, ma quella era morta di parto con suo figlio. Il Consiglio allora lo convinse, grazie a molte preghiere e promesse, a prendere come moglie un’altra donna, sana, robusta e, soprattutto, capace di dargli un erede… ma certamente non bella quanto la nostra Eelja.” disse Sajens interrompendo la narrazione.
“La galanteria è sempre ben accetta.” rise lei. “Ma sono molto curiosa di vedere come andrà a finire questa storia, quindi, per favore, continua.”
“Bene…” borbottò il narratore tra un tiro di pipa e l’altro. “Il re riuscì ad avere finalmente un figlio, ma non era ancora felice e soddisfatto: aveva capito chiaramente che quel neonato urlante non sarebbe certo stato un suo degno erede. Secondo lui avrebbe dovuto essere forte e potente quanto un drago stesso e quindi, folgorato da un’idea raccapricciante, decise di rivolgersi a una maga. Dovete sapere che le maghe, adesso come allora, erano considerate degli esseri infidi partoriti da chissà quale diavoleria della terra, di cui era meglio non fidarsi. Ma il re era deciso a realizzare quell’idea folle che gli era venuta in mente, anche a costo di perdere ciò che aveva più caro al mondo: il suo drago. Dopo aver cercato per mesi interi una maga o un qualsiasi incantatore capace e disposto a realizzare il suo desiderio, riuscì a trovarne una decisa a compiere l’incantesimo che avrebbe fuso i poteri del drago al suo corpo, creando così una nuova creatura che avrebbe fatto tremare gli uomini solamente sentendo il suo nome.”
“Credo di non aver capito…” disse Eelja. “Stai dicendo che il re diventò un… mezzodrago?”
“Non proprio il re. Abbi ancora un po’ di pazienza, manca poco.” le rispose il narratore. “La maga riuscì con la sua fattura a legare indissolubilmente all’anima del drago una parte del corpo del re che, come fanno le lucertole con la coda, si sviluppò fino a creare un nuovo corpo. Da questa unione maledetta nacque il primo e l’unico mezzodrago mai esistito nella nostra regione.” raccontò Sajens, prima di aggiungere con voce cupa: “Alcuni raccontano che l’ibrido, appena uscito dall’uovo in cui era stato rinchiuso, abbia ucciso a sangue freddo i suoi due creatori…”
Eelja rabbrividì, mentre gli altri carovanieri iniziarono a borbottare qualcosa tra di loro.
“Stupidaggini…” pensò il Re alzandosi in piedi e dirigendosi verso la tenda, subito seguito dalla sua compagna. La mascella contratta per la rabbia rendeva il suo volto ancor più feroce e i suoi occhi scuri brillavano minacciosi.
“Ti è piaciuta la storia?” le chiese sedendosi su una stuoia.
“Molto.” gli rispose Eelja mentre il Re accendeva la sua pipa e iniziava a fumare nervosamente. “A voi no?”
“Assolutamente no. E ora vattene.” le ordinò secco.
La ragazza, ferita, fece un leggero inchino e uscì sotto le stelle, lasciando il Re a rimuginare fumando la sua pipa senza alcun gusto.
Non vedeva l’ora di uscire dal quel maledetto deserto.
 
Le leggende finirono proprio nel momento in cui comparvero i primi ciuffi d’erba secca e gialla.
Avevano impiegato poco più del mese predetto da Sajens per arrivare ai margini del deserto, dove era stata costruito un fiorente villaggio che faceva da crocevia tra Classem e la città più grande. Il sollievo del Re era decisamente evidente… da quel momento in poi avrebbe potuto girare tranquillamente durante il giorno senza aver paura che l’eccessivo caldo portasse il suo corpo a produrre quelle fastidiose scaglie che aveva ereditato dai suoi antenati.
“Partiremo domani mattina alle prime luci dell’alba; mentre io e i miei ragazzi ci occupiamo di caricare le merci su dei cavalli potete pure fare un giro per il villaggio. Fidatevi che è una vera e propria perla.” disse Sajens sorridendo. “Piuttosto, dov’è finito il consigliere che vi doveva seguire?”
“Non lo so… sembra sparito nel nulla.” gli rispose Eelja, cercando di ricordarsi quando fosse stata l’ultima volta che l’aveva visto.
Il sorriso nero s’incupì e le labbra mormorarono qualcosa in uno strano idioma.
“L’ho visto separarsi dalla carovana un paio di giorni fa.” disse il Re, cupo. “Probabilmente ora sarà sulla strada diretta a Classem per riferire al suo padrone cosa abbiamo intenzione di fare.”
“Immaginavo che quell’uomo avrebbe portato solo guai…” borbottò Sajens. “Ma questo potrebbe comunque cambiare molte cose.”
“Ovvero?” chiese Eelja, intuendo già la risposta.
“Io e i miei uomini dovremo decidere se correre il rischio di entrare in città e venir catturati. Però capite che costituisce un grosso problema per noi… sarebbe meglio che procedessimo fino a Saat evitando Classem per almeno qualche anno.” disse il capo carovaniere allontanandosi.
“Può anche non consultarsi con i tuoi uomini.” gli urlò il Re, fermandolo in mezzo alla strada. “Io ed Eelja procederemo da soli fino a Classem: ci dica solo dove possiamo trovare due cavalli.”
Sajens lo squadrò attentamente, rimanendo silenzioso; infine, dopo aver valutato con cura che parole usare, gli disse: “Se vuoi buttarti in una missione ancor più suicida, fa pure. Ma non trascinare con te anche Eelja: lei non merita di morire con te davanti al tiranno. Sai, l’altra notte ho visto voi due incatenati e impotenti davanti a Everett...”
Tra i due calò un silenzio opprimente, sottolineato dal vento caldo che proveniva dal deserto; il Re non aveva neanche valutato l’opzione che Eelja avrebbe potuto decidere di non seguirlo, mentre Sajens pregava silenziosamente che la sua visione non si avverasse. Fu la voce cristallina della ragazza a riscuotere entrambi gli uomini: “Sajens, capisco le tue intenzioni, ma non abbandonerò il mio Re. Lui mi ha salvata da morte certa e mi ha fatto diventare qualcuno: sono uno scherzo della natura per gli umani, quanto un’eresia per i corals e i cirment. Non ho intenzione di seguirvi a Saat per venir imprigionata nella gabbia di cristallo dove Cain rinchiude chiunque trovi interessante, né voglio tornare indietro per morire sul selciato della città illuminata per mano del Governatore. Io non ho paura di Everett e sarei anche a disposta a morire per il mio Re.”
Il capo carovaniere chiuse gli occhi e trasse un profondo sospiro.
“Come desideri, figlia dell’acqua e del fuoco.” disse. “Se avete la pazienza di seguirmi vi porterò dai vostri cavalli.”
Eelja lo seguì a testa alta, mentre il vento iniziava a soffiare con ancor più intensità, provocando sul collo del Re la formazione di squame grigiastre.
“Sappi che non ho alcuna intenzione di trascinarti con me se tu non lo desideri davvero.” le mormorò nell’orecchio il Re, coprendosi intanto con un velo il capo.
“Una volta, quando ero ancora molto piccola, mia madre mi narrò una storia che finiva con una frase che continuo a ricordarmi ancora dopo anni, nonostante abbia cancellato tutti i ricordi della mia vita passata.” rispose lei con gli occhi celesti che brillavano determinati. “Ogni uomo ha bisogno di una stella da seguire in mare… e se me lo permettete signore, voi siete stato la mia stella per tanti anni e non ho intenzione di smettere di seguirvi adesso.”
Il Re annuì colpito, seguendo poi Sajens in perfetto silenzio.
“Ecco qui i cavalli…” borbottò conducendoli dentro una stalla dove si stavano affaccendando tutti gli altri carovanieri. “Scegliete quelli che preferite. Dopo vi darò qualche provvista così che possiate arrivare a Classem senza problemi.”
Entrambi gli ibridi lo ringraziarono e scelsero in fretta dei cavalli dal manto scuro, prendendo poi le provviste che il capo carovaniere porgeva loro.
“Immagino sia inutile ripeterti che fareste meglio a non andare a Classem…” disse al Re che stava montando a cavallo.
“Immagini bene.”
“Promettimi almeno che farai attenzione che lei non venga catturata.” replicò Sajens, indicando Eelja con la testa. “Non merita di diventare come te.”
“Un sovrano?” chiese con un sorriso ironico il Re.
“Un fuggitivo.” gli rispose invece il capo carovaniere con un enorme sorriso nero.
 
Il tempo scorreva lento, estremamente lento, scandito solo dalle improvvise piogge che spezzavano il silenzio opprimente che copriva come una cappa le pianure invase quasi costantemente dalla nebbia. Le giornate si susseguivano senza che accadesse nulla degno di nota, lasciando i due viaggiatori a guardarsi seduti davanti al fuoco in silenzio quando finalmente si accampavano la sera. Il Re seguiva la strada che portava a Classem diventando sempre più cupo, mentre Eelja fingeva di non vedere crescere sul volto del suo padrone una preoccupazione mal nascosta.
Ma un giorno, dopo una mattina passata a cavalcare sotto la pioggia, prese coraggio e gli chiese: “Per cosa siete preoccupato?”
“Non per, ma di cosa.” rispose lui risvegliandosi dai suoi pensieri.
“Ovvero?” domandò lei sempre più curiosa. “Se posso chiedervelo, ovviamente.”
“Dei ricordi. Sono preoccupato dei ricordi che ricaverò.” disse spronando il suo cavallo e allontanandosi un po’. Non voleva parlare assolutamente di quello che pensava né con Eelja, né con qualcun altro; oltretutto gli era sempre piaciuta la solitudine, quindi non riusciva a capire perché sentisse quasi un bisogno disperato di aprirsi a qualcuno. 
“Perché non me ne volete parlare?” gli chiese dolce Eelja avvicinandosi.
“Vedi le gocce sull’erba?” le domandò invece lui, fermandosi.
La ragazza annuì cauta, mentre il Re chiudeva gli occhi e rimaneva completamente fermo, gesto di estrema concentrazione. Senza quasi accorgersene, Eelja si ritrovò circondata da tante goccioline d’acqua che brillavano sotto la luce del sole che tramontava come le pagliuzze dorate negli occhi del suo signore.
“Che stregoneria è mai questa?” soffiò estasiata mentre le gocce iniziavano a vorticarle intorno facendo brillare e tremare l’aria, fino a quando, con un gesto secco, il Re le lasciò andare a cadere dove preferivano.
“Non lo farò un’altra volta.” le disse spronando nuovamente il cavallo. “Preferisco controllare il fuoco, è meno faticoso.”
“Siete anche voi un incrocio tra un corals e un cirment?” gli chiese incerta con un fil di voce.
“No.” rispose il Re. “E se anche avessi capito cosa sono, non dirlo.”
“Però mi farete vedere cosa siete capace di far col fuoco?” chiese Eelja, continuando a vedere passare davanti agli occhi quello che era appena accaduto.
“Se proprio lo vuoi, allora fermiamoci pure qui.” disse il Re allontanandosi dalla strada, dirigendosi verso uno spiazzo erboso nascosto da alcuni alberi. “Accendi pure il fuoco.”
La ragazza non si fece pregare e corse a cercare della legna asciutta con cui accendere velocemente un falò, mentre il Re si appoggiava a un albero e iniziava a frugare nel suo fagotto.
Quando Eelja riuscì finalmente ad accendere il fuoco, era calato il buio sulla radura e gli alberi gettavano ombre scure sul volto affilato del Re.
“Ti farò vedere un giochetto che facevo all’inizio quando mi divertivo a esibirmi di piazza in piazza come un ambulante.” disse lui, infilandosi un paio di guanti grigi lunghi fino al gomito. “Era quello che riscuoteva più successo.”
Senza più aggiungere nulla infilò entrambe le mani nel falò, iniziando a modellare il fuoco in piccole palline, non più grandi di una noce, che, poco dopo, iniziò a lanciare abilmente in aria e a riprendere poco prima che toccassero terra. La ragazza seguiva attenta i gesti del Re che, tutto d’un tratto, iniziò a ingoiare le palline che cadevano dal cielo, per poi soffiarle fuori in uno sbuffo di fuoco rossastro nel buio della notte.
“Ora hai capito?” le chiese, mentre la pelle del volto diventava un po’ squamosa.
Eelja annuì.
 
Quando finalmente avvistarono le bianche mura di Classem quasi pensarono di essere davanti a un miraggio.
Nei giorni precedenti si era radunata attorno a loro una massa di persone, perlopiù contadini, che si stavano dirigendo verso la capitale come tanti piccoli insetti.
“E ora cosa facciamo?” chiese Eelja al Re, che osservava il formicaio di persone che uscivano ed entravano dalla città.
“Io entro, tu puoi andare dove preferisci.” le rispose scendendo da cavallo e andando a mischiarsi tra le altre persone che si dirigevano verso l’entrata. La ragazza rimase un attimo spiazzata prima di scendere anch’essa da cavallo e correre dietro al Re.
“Preferisco seguirvi.” gli disse semplicemente.
Il Re borbottò qualcosa di incomprensibile mentre la fiumana di uomini e donne continuava a muoversi lentamente verso quella che credevano essere la salvezza.
“Da dove provenite?” chiese Eelja a una vecchia che si teneva stretta al petto con una mano una gallina pelle e ossa e con l’altra si trascinava dietro un bimbo.
“Dal confine.” mormorò quella con un sibilo strozzato. “Un gruppo di uomini è arrivato al nostro villaggio distruggendo tutto quello che vi si trovava… sono solo riuscita a salvare una delle mie galline.”
“E il bimbo?” domandò ancora la ragazza, rabbuiatasi. “E tutta questa gente?”
“Questo l’ho trovato qualche giorno dopo che vagava lungo la strada: non potendo lasciarlo in mano a quei mostri che ci avevano assalito l’ho preso con me.” bisbigliò tossendo le ultime sillabe. “Tutti dal confine.”
Eelja si guardò con il Re, il volto impietrito nelle sue riflessioni.
“Cain ha finalmente fatto la sua mossa.” disse dopo qualche attimo. “Non avrei mai creduto che potesse decidersi ad agire così presto.”
“Mossa?” domandò Eelja.
Il Re annuì, mentre la fiumana scorreva più velocemente sotto le mura, verso l’entrata presidiata da guardie che, con occhi attenti, osservavano i volti dei profughi.
“Copriti il volto e prendi il mio cavallo.” mormorò il Re a Eelja che, con un gesto disinvolto, si avvolse un velo sul capo. “Qualsiasi cosa accada ricordati di non seguirmi. Chiaro?”
La ragazza non fece neanche in tempo a rispondere che due delle guardie afferrarono il Re alle spalle e lo trascinarono via, lontano da tutti, attraverso i budelli della città per fare più in fretta possibile. Il Re non fece alcuna resistenza, anzi, seguì quasi docilmente i due uomini, stupiti che il loro compito fosse stato così facile. Ma, mentre giravano a un angolo, si accorse che il piccolo gruppo era seguito da Eelja, che scivolava furtiva dietro di loro tra le ombre.
Il Re imprecò sottovoce e chiese se si poteva andare più veloci.
“Hai fretta di venir condannato a morte?” gli chiese una guardia ignorando la sua richiesta.
“Assolutamente no. Anche perché non so cosa avrei commesso di sbagliato… sono solo entrato in città.” rispose gettando un’occhiata veloce alle sue spalle.
L’altra guardia borbottò qualcosa di incomprensibile..
“Allora, cosa avrei fatto?” insisté il Re cercando di rimanere tranquillo. “Vorrei farvi notare che non mi avete neppure legato le mani.”
“Lo sa Everett cosa hai fatto, ti basti questo.” disse l’ultima guardia che aveva parlato. “Ed Everett vuole avere il piacere personale di ammanettarvi personalmente.” 
“Cosa?” pensò il Re allibito. “Non può essere…”
“Sorpreso eh?” chiese la prima guardia ridendo.
Il prigioniero rimase muto, mentre Eelja continuava a seguirli tra le ombre, fino a quando, quasi improvvisamente, si trovarono davanti alla piazza dove il tiranno aveva fatto costruire la sua reggia. Il Re aveva sempre odiato i palazzi in cui si rifugiavano i Governatori, preferendo i quartieri bassi e nascosti, ma dovette ammettere che quello di Everett era veramente bellissimo: tre torri bianche svettavano verso il cielo, andando a fondersi con esso, mentre davanti alla facciata un portone di legno, anch’esso bianco, sbarrava l’entrata a chiunque non fosse ammesso; due imponenti vetrate dai colori freddi si aprivano vicino al portone, creando un gioco di luci azzurrine e bluastre sul terreno sotto di loro, tanto da sembrare di essere finiti, per un attimo, tra le montagne gelate del Nord. Il Re quasi pensò di essere davanti alle porte del paradiso… solo che lui era destinato all’inferno.
“Molto bello, vero?” gli chiese la prima guardia, togliendosi l’elmo e guardando negli occhi il Re.
“Vero.” rispose lui, mentre l’altra guardia lo strattonava e lo portava dentro il palazzo.
“Io sarei contento di morire qua davanti per volere del mio re!” gli urlò il giovane rimasto indietro mentre le porte venivano chiuse dietro di lui, separandolo da Eelja, rimasta sola e sconfitta in mezzo alla piazza, e dal resto della città.
“Io no.” pensò il Re prima che calasse sulla sua testa una lama di piatto.
E dopo la luce, il buio.
 
“Non credevo che potesse essere così semplice catturarti.” gli sussurrò una voce, diradando un po’ l’oscurità. “Ti ho cercato per anni… ma questo già lo sai, vero?”
“Ormai mi hai trovato.” biascicò il Re tirandosi a fatica in piedi. “Eccomi qua.”
Lo accolse uno sguardo gelido, di un azzurro intenso.
“Non pensavo che fossi diventato così vecchio.” rise il Re guardando la faccia del tiranno.
“Non pensavo che tu fossi così brutto.” ribatté Everett. “Guardati, io sarò anche un vecchio dalla faccia cascante e i capelli bianchi, ma tu… tu cosa sei esattamente? L’orripilante incrocio tra un essere che non dovrebbe esistere e un altro che meriterebbe di andar sterminato.”
“Dici?” domandò alzando un sopracciglio.
Il tiranno avvicinò la sua faccia rugosa a quella del Re, quasi congelando il tempo con i suoi occhi azzurro ghiaccio. Solo il suo respiro affannoso dal sapore di morte continuava a dare un’indicazione temporale.
“Esattamente che razza d’ibrido sei?” domandò allontanandosi da lui e tornando sul suo trono. “Mi piacerebbe sentirtelo dire.”
Il Re scoppiò a ridere, prima di sputare in terra, davanti ai piedi del sovrano.
“Di cosa sono fatte queste catene che mi hai messo?” chiese invece guardandosi le mani ormai ricoperte di squame rosso-azzurre, da cui uscivano artigli neri lunghi almeno una mezza spanna. “Normalmente le squame mi compaiono quando fa troppo caldo.”
“È un minerale che ho trovato nelle montagne vicino al deserto; dopo l’estrazione lo faccio sempre incantare in modo che il prigioniero non possa neanche provare a scappare. Sai… trovo che il loro colore rossastro ti doni molto.” disse Everett ridendo. “Però trovo che le zanne che compaiono quando ridi siano veramente perfette, paiono quasi d’avorio. Sai, ho sempre desiderato una corona di quel materiale… se te le strappo nessuno noterà la differenza.”
Il Re rimase zitto, guardando il suo riflesso nello specchio grigio che era il pavimento.
“Sai anche sputare fuoco? La prima volta che ti ho visto avevi fatto un trucchetto niente male con l’acqua, tanto che avevo pensato fossi un semplice corals.” continuò imperterrito Everett, guardando attentamente l’essere che aveva davanti.
“Cosa vuoi da me?” chiese il Re con una voce cavernosa, pari solo a quella dei suoi antenati, tenendo sempre lo sguardo fisso sul suo vero volto.
“Una cosa molto semplice… in tutti questi anni passati a cercare di eliminare il maggior numero di ibridi, ho notato che questi si possono a loro volta dividere in due razze. Mi ha sempre sorpreso vedere come alcuni passassero velocemente da una razza all’altra senza curarsi delle conseguenze.” gli disse Everett guardandolo. “Perciò io vorrei solo porti una semplice domanda che mi ha iniziato a ronzare in testa dal momento in cui sono venuto a conoscenza del tuo arrivo a Classem.”
Il tiranno si alzò, quasi dovesse recitare l’ultima e più importante scena di una dramma.
“Tu a quale delle due razze appartieni, quella degli sterminati o degli sterminatori?”
Il Re alzò lo sguardo.



 
Angolo Autrice:

Eccomi!
Salve a tutti i coraggiosi che sono arrivati fino alla fine e che molto probabilmente desiderano strozzarmi ^^
Però dai, è un gran finale... o forse no? E, piccola curiosità, secondo voi cosa risponderà il Re?
Come avete letto all'inizio questa storia partecipa a un contest che stabiliva che il protagonista della propria storia fosse un mezzodrago... a cui dovevo anche aggiungere la presenza di un oggetto magico, ovvero la mia pietra tombale (sarebbero le manette, ma non credo si capisca affatto). 
In ogni caso questa storia mi piace. La trovo quasi al livello d
Everett, che sarebbe la mia storia preferita (nonostante sia solo una drabble).
Beh, se avete domande, o volete insultarmi, o ancora credete che abbia fatto un buon lavoro, potreste lasciarmi una piccola 
recensione?
Mi farebbe veramente tanto piacere :)
Bye bye,

BekySmile97

 
 
  
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