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Autore: Chu    16/12/2014    1 recensioni
Raccolta eterogenea di flash-fic/oneshot ispirate ai prompt della Klaine Advent Drabble Challenge.
Genere: Generale, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Blaine Anderson, Kurt Hummel | Coppie: Blaine/Kurt
Note: AU, Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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The Klaine Advent Challenge Day 16 Please

Avvertimenti per questo capitolo: in questa ficcyna si parla di una relazione D/s non sessuale (se non sapete cos'è, informatevi e soprattutto: complimenti per non essere stati toccati dall'argomento finora) e si descrive in maniera non descrittiva una procedura bondage. Se tutto ciò vi crea problemi, ci vediamo domani o non ci vediamo più, liberi di chiudere qui :) se non avete alcun problema, sappiate che questo è un missing moment della 4x21 e che tutta questa paturnia mi stata ispirata direttamente da questa scena della puntata. Questa, inoltre, è il sequel di una ff che ho scritto un anno e mezzo fa e che funzionava da cappello a questa qui; quindi potete benissimo leggere la qui presente senza preoccupazioni, perché si spiega da sola. Uhm... è tutto XD

Un grazie grande come un capanna va al mio Tessoro, che mi ha sopportata e supportata per tutto il tempo. E quindi si becca la dedica. AH-A!

Connected, safe and loved

Kurt è agitato: lo maschera più che bene, ma Blaine lo conosce e, anche se non stanno insieme da mesi, sa che la sua calma è solo apparente. Non gliene fa una colpa, certo, ed è normale che sia così preoccupato e nervoso, visto che da quell’appuntamento con il medico dipenderà il futuro di Burt; è inquieto anche lui, in fondo.

Ciò che non si aspetta è di scoprire quanto Kurt sia sconvolto. Gli basta un’occhiata rivolta distrattamente alle sue mani, mentre Mike e Mercedes parlano accanto a loro, per capire che Kurt non è semplicemente agitato: Kurt sta cadendo a pezzi.

Organizzare i pacchetti di zucchero in tanti piccoli cumuli di tre unità non è un semplice passatempo; Blaine scommette che ci sono altri tic che denunciano il suo malessere, la sua perdita progressiva e inesorabile di controllo.

Kurt è un perfezionista, certo, ma il confine fra quello e l’essere ossessivo-compulsivo è molto labile, e lui l’ha imparato negli anni passati insieme; il suo ex cerca di vivere la sua vita sul lato buono, quello che gli fa ottenere risultati ottimali, quello che gli fa dare sempre il meglio di se. Ma ci sono delle volte in cui lo stress, la preoccupazione e a volte la paura lo fanno cadere dall’altro lato, quello ‘cattivo’, ed è allora che Kurt va in pezzi, perdendo il controllo e perdendo se stesso.

Blaine ha imparato presto, prima ancora di capire pienamente cosa stava facendo, ad arginare quelle cadute, a fornirgli una fune di sicurezza, un paracadute che lo tenesse sospeso e lo facesse atterrare con calma, sempre in piedi. Ciò che non sa è se in quel momento può ancora permettersi di offrirglielo.

Dopo aver finito il caffè, Mercedes e Mike si scambiano un’occhiata, dicono d’aver da fare e li lasciano soli. Blaine non ha mai lasciato la mano di Kurt, ma sente nel leggero tremolio delle dita sotto le sue che non basta. Non può bastare; così lo lascia, gli sorride e gli chiede se vuole un passaggio fino a casa.

Kurt annuisce, prova a sorridere, ma non riesce davvero a farlo; Blaine sa che sta ancora provando a mascherarsi e questa consapevolezza gli fa male al cuore, perché vuol dire che forse non può aiutarlo, forse Kurt non si fida abbastanza per affidarsi a lui.

Il viaggio verso casa Hummel è silenzioso, teso. Blaine non sa come sollevare l’argomento, ma ad un certo punto è Kurt a farlo.

“Mi spiace aver reagito in quel modo, prima,” dice, guardando dritto davanti a sé. “Quest’attesa è… è orribile.”

Blaine gli rivolge un sorriso, poi torna a guardare la strada. “Lo immagino, Kurt, non devi giustificarti…”

“Il mio comportamento di prima non… Che ore sono?” chiede all’improvviso, una nota di panico nella voce.

“Uhm,” risponde Blaine confuso, prima di guardare il cruscotto e dire: “Sono le quattro e mezza.”

“Le quattro e trenta precise?” insiste Kurt, e, quando gli lancia un’occhiata ancora più confusa, lo trova con lo sguardo fisso su di lui, agitato, pieno di panico, instabile.

“Kurt,” lo chiama, cercando di togliergli quell’espressione dal viso.

“Sono le 16:30 precise, Blaine?”

“Sono le 16:33, per l’esattezza. Kurt, cos-?”

Non riesce a finire la domanda: Kurt prende un profondo respiro e poi un altro e poi un altro ancora e Blaine capisce che sta avendo un attacco di panico. Le sue mani si stringono sul volante, perché non può, non può, non può perdere il controllo nonostante abbia paura, una paura folle; deve rimanere calmo, lucido e guidare Kurt dall’altra parte.

“Kurt, ascoltami,” dice, sforzandosi di eliminare il tremolio dalla sua voce. “Ascolta la mia voce, focalizzati su quello che sto dicendo,” insiste e, non appena vede uno slargo alla sua destra, accosta lì e si volta verso di lui.

Kurt continua a prendere bocconi d’aria, ha il viso rosso per lo sforzo e gli occhi larghi, ma puntati verso di lui, imploranti.

“Kurt, guardami e respira insieme a me,” ordina, prendendo un respiro e lasciandolo andare, guardando Kurt tentare di fare le stesso e soffocare; scuote la testa, chiude gli occhi ed è quasi fuori controllo quando Blaine gli prende una mano e la poggia sul suo petto. “Concentrati, Kurt, come me. Dentro, fuori, dentro fuori.”

Continuano per cinque minuti, prima che Kurt riesca a respirare di nuovo normalmente. Quando finalmente il suo respiro sembra essere tornato stabile, lui si accartoccia su se stesso e Blaine gli lascia andare la mano e gli accarezza con esitazione la schiena; Kurt non lo scaccia, ma trema sotto le sue dita. Blaine non glielo fa notare.

Restano in silenzio per un quarto d’ora, prima che Kurt si distenda dalla sua posizione raggomitolata e poggi la testa contro il sedile, tenendo gli occhi chiusi: ha le guance paonazze e umide di lacrime e Blaine sente di nuovo il suo cuore spezzarsi. Non l’ha mai visto così fuori controllo, non ha mai assistito ad un attacco di panico così violento e si domanda come abbia fatto in tutti quei mesi, come abbia affrontato la malattia di suo padre mentre era lontano da lui, lontano dai suoi occhi; si domanda quante volte gli abbia mentito al telefono, dicendogli che non era niente, era solo molto stanco; si domanda quante altre mille manie lo seguano da Natale. L’avrebbe dovuto notare subito, dal modo in cui è dimagrito, il viso asciutto e appuntito come mai prima di allora, dal modo in cui si muove, ancora più rigido e controllato del solito, dal modo in cui i suoi occhi sembrano non avere fuoco e vagano senza soffermarsi mai su nulla.

Si chiede se non sia troppo tardi, offrirgli aiuto ora, alla vigilia del responso medico, ma sa che non ha il cuore di lasciarlo senza aver provato a fare qualcosa per lui.

“Kurt, te lo chiederò una volta sola,” dice, la voce che trema nella sua gola, ma che viene fuori calma, rassicurante; quel suono confortante attira l’attenzione di Kurt, che si volta leggermente verso di lui ed apre gli occhi – due fessure tra le ciglia bagnate, lo sguardo stanco di chi non ne può più. “Vuoi… vuoi che ti aiuti?”

Kurt rimane a guardarlo in silenzio a lungo e Blaine teme di non essere stato abbastanza chiaro, che probabilmente avrebbe dovuto essere più esplicito; un’altra parte di sé teme che Kurt non si fidi più di lui, non in quel modo, non per quello che gli ha offerto di fare.

Passa solo un’altra manciata di secondi, ma, quando Kurt annuisce e mormora un ti prego strozzato, la mente di Blaine si svuota di ogni preoccupazione inutile, ogni sciocca paura che l’ha assillato fino a quel momento: l’unica cosa che conta è far stare meglio Kurt.

***

Nonostante Blaine e Kurt si siano avvicinati a quel mondo quasi per caso e da molto giovani, entrambi sanno che ci sono delle regole ben precise prima di iniziare qualsiasi interazione. Non molte persone capiscono quello che c’è dietro il mondo del BDSM, ma Blaine ha imparato che non si tratta di semplici giochi erotici a cui la gente guarda con più o meno ribrezzo, pensandoli una cosa perversa, sconcia e sbagliata. Dietro ogni suo gesto nei confronti di Kurt non c’è mai stato altro che amore e il desiderio di prendersi cura di lui nei momenti in cui Kurt stesso non riusciva o non poteva o semplicemente quando voleva che fosse lui a curarsi delle sue necessità.

Per Kurt non è un capriccio, non lo è mai stato: è un bisogno che, seppure non avvertito in maniera pressante e costante, è sempre lì, da qualche parte nella sua mente, nel suo animo. Durante il corso della loro relazione ci sono stati diversi momenti in cui ha avuto bisogno di quel tipo di attenzioni, perché perdere il controllo l’ha sempre terrorizzato e solo in questo modo, cedendolo a Blaine per il tempo necessario a tranquillizzarlo, l’idea di non avere controllo non gli sembra così orribile.

Blaine sa che probabilmente nessuno capirebbe, se lo scoprissero: lo guarderebbero in maniera strana, l’additerebbero come deviato, come avido approfittatore, senza comprendere che avere un sottomesso non è una questione di potere, ma di cura.

E la cura parte dal fare domande, porre dei limiti e sapere quali sono i limiti dell’altro. Nel tempo e nonostante la loro rottura, i loro limiti non sono cambiati, ma, quando Kurt lo guarda con espressione estremamente seria e determinata, una volta arrivati a casa, gli dice: “Non voglio niente di sessuale.”

Blaine annuisce ancora prima che abbia finito di pronunciare la frase. “Certo, non pensavo a niente del genere, tesoro. Non mi è mai passato di mente, non preoccuparti,” gli dice, prendendogli le mani nelle sue e stringendole, notando con un brivido di soddisfazione il modo in cui Kurt è arrossito nel sentirsi chiamare ‘tesoro’. Blaine non è mai stato tipo da nomignoli, ha sempre chiamato Kurt col suo nome perché… perché chiamarlo in qualsiasi altro modo gli è sempre sembrato riduttivo, perché Kurt non è solo il suo tesoro, non è solo il suo amore, Kurt è… Kurt; ma nella scena, Kurt è il suo tesoro, ovvero qualcosa di prezioso e di cui avere profonda cura.

“Seguimi,” gli dice poi, lasciandogli le mani e avviandosi verso la sua camera, sicuro che Kurt lo seguirà. Una volta dentro, chiude le porta alle sue spalle e si volta: non è sorpreso di trovare il suo tesoro già in ginocchio davanti a lui, la postura fiera, ma non rigida, gli occhi bassi, ma il mento alto. Ciononostante non può evitare il tuffo al cuore nel ricordare tutte le volte in cui l’ha visto così, ed è quasi incredulo che stia accadendo di nuovo, dopo tutto quello che è successo tra loro: avere ancora questo tipo di fiducia gli sembra una cosa enorme, e gli infuoca la speranza di tornare insieme, un giorno, non solo come amici, ma come innamorati, come amanti, come fidanzati.

Ma non è quello il momento di pensarci; accantonando tutto ciò che è inutile in quella situazione, Blaine sorride e si avvicina al suo tesoro, senza tuttavia toccarlo quando gli è di fronte.

“Molto bene,” gli dice, notando immediatamente il breve spasmo delle labbra, un piccolo sorriso appena appena accennato che gli scalda il cuore e lo riempie d’affetto. “Ora mettiti sul letto e aspetta lì.”

Kurt obbedisce senza fiatare, e Blaine si volta verso l’armadio: dovrà improvvisare con sciarpe e cravatte, ma quello non è mai stato un problema. Quando ha preso tutto l’occorrente, si avvicina al letto, osservando i muscoli tesi e rigidi del suo tesoro; si siede sul bordo del materasso, lasciando per un momento le sciarpe da parte, e mettendo una mano fra i capelli di Kurt.

“Rilassati, non voglio che tu ti faccia male mentre ti lego,” gli dice, passando le dita fra i ciuffi rigidi di lacca e poi sempre più morbidi, man mano che le carezze li sciolgono dalla loro prigione. Passa un respiro, poi due, ma alla fine sente il corpo dell’altro rilassarsi, quasi sciogliendosi sul materasso. “Bravo, mio prezioso tesoro.”

A quel punto, afferra la prima sciarpa: ha scelto quelle più morbide, perché non vuole fargli del male e Kurt non vuole che rimangano i segni, ma sono tutte fatte di materiali poco elastici, perché la libertà di movimento inficerebbe l’obiettivo per cui sono lì, ora. Per un attimo teme di aver dimenticato come fare un nodo che non faccia male, uno di quelli resistenti e al tempo stesso morbidi abbastanza da non lasciare traccia; ma le sue dita si muovono veloci e metodiche, senza un momento d’esitazione e Blaine ingoia un sospiro di sollievo e, finito con la prima sciarpa, chiede a Kurt se va bene.

Lui annuisce senza parlare – non ha il permesso di farlo e Blaine sa che non lo farà: ha gli occhi chiusi e respira con regolarità, i suoi muscoli sono rilassati, nonostante l’abbia costretto con le mani dietro la schiena. Va tutto bene, quindi Blaine continua il suo lavoro.

Ci vuole tempo, perché ad ogni nodo si assicura che Kurt sia ancora d’accordo, sia ancora sul verde; è il motivo per cui l’ha portato a casa sua, perché il tempo è indispensabile e solo lui aveva casa libera abbastanza a lungo. Alla fine, Kurt è steso supino, con le braccia dietro la schiena e le gambe bloccate insieme; tutto il suo corpo è stretto nella morsa delicata, ma ferma delle sciarpe, perché aveva bisogno di non sentirsi scivolare fuori dal proprio corpo, di sentirsi stretto, confinato, sicuro. Blaine lo osserva per qualche attimo, accarezzandogli i capelli senza dire nulla; sa che non è ancora finita, sa che il suo tesoro non è ancora completamente rilassato, non ha completamente lasciato il controllo, quindi continua ad accarezzarlo con gesti dolci, rassicuranti.

Ed è allora che Kurt si lascia sfuggire un gemito: è appena un sussulto, ma basta a fargli accartocciare il viso in un’espressione angosciata e a far scorrere le prime lacrime. Blaine gli si stende accanto, lo tira verso di sé e lo stringe contro il suo petto, cullandolo.

“Va tutto bene, tesoro, ascolta la mia voce,” gli dice, stando attento che la posizione non gli faccia male, o che non stia tirando contro i nodi. “Ora sei qui e sei al sicuro e puoi lasciarti andare. Ci sarò io a rimetterti insieme, penserò a tutto io, tu non devi fare niente, solo ascoltare la mia voce e lasciarti andare.”

Ci vogliono decine di minuti e Blaine continua a sussurrargli all’orecchio sempre lo stesso comando, poi, quando Kurt è rilassato abbastanza, si stende sopra di lui, coprendolo per intero, ancorandolo con il suo peso, limitando i suoi sensi a sentire solo lui, sopra di lui, intorno a lui, sotto di lui: c’è il suo odore sulle lenzuola, la sua voce nelle sue orecchie, il suo corpo sopra di lui. Kurt è al sicuro e Blaine non fa che ripeterglielo finché non lo sente sciogliersi sotto di sé, finché non avverte i suoi muscoli diventare molli, come il corpo di una bambola di pezza.

Allora aspetta e inizia ad accarezzargli i capelli; le sue parole cambiano, non sono più ordini, ma solo lusinghe; aspetta, aspetta finché non sente il più leggero dei movimenti e allora lo incoraggia a tornare indietro e gli si stende accanto, tirandoselo contro, sciogliendo i nodi uno alla volta.

Quando Kurt apre gli occhi, questi sono limpidi, chiari e di un blu luminoso che quasi lo abbaglia; lo guarda a lungo, prima di sorridere all’ennesimo bravo, tesoro mio, sei stato così bravo, e affondare il viso contro la sua camicia, ispirando profondamente il suo profumo.

Dopo restano in silenzio per diversi minuti, abbracciati in un groviglio di braccia e gambe quasi inestricabile. Blaine è tranquillo, si sente in pace perché sente Kurt rilassato come non lo sentiva da mesi, ma non riesce a non chiedere. Ora che la sua unica priorità non è più Kurt, le sue ansie tornano, anche se distanti, come se non potessero davvero penetrare la bolla di serenità in cui sono chiusi.

“Era quello che ti serviva? “La domanda gli esce dalla bocca senza nessuna vera agitazione, ma qualcosa gli pizzica il cuore, quella voglia matta di accontentare gli altri, di accontentare Kurt più di ogni altra persona.

Lui si tira indietro di qualche centimetro, giusto lo spazio necessario a guardarlo negli occhi, ad osservare con espressione indecifrabile il suo viso. Quando sorride lo fa nel modo più genuino e dolce che Blaine conosca ed è una gioia per il suo cuore.

“Avevo bisogno di sentirmi protetto, avevo bisogno di sentire, oltre che di sapere, di avere una rete di protezione sotto di me… Era esattamente quello che mi serviva.”

Gli dice anche grazie e Blaine sa che in quel momento, vero come lo è sempre stato, si amano con una forza ed un’intensità quasi nuove, quasi spaventose. Ma non c’è bisogno di dirselo, non è il tempo giusto.

Anche quello arriverà, ma non ora, non ancora.

  
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