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Autore: piperina    17/12/2014    8 recensioni
Mal di testa. Un terribile mal di testa fu il primo di una lunga serie di sintomi post-sbronza che riportò Hermione Granger alla realtà. Subito dopo arrivò il fastidio agli occhi: chi cavolo aveva acceso la luce?
Hermione era rimasta immobile a osservare ogni sua mossa in silenzio: era ancora sotto shock, non sapeva cosa fosse davvero successo, come fosse finita lì né che reazione aspettarsi da lui.
Non le capitava certo tutti i giorni di ubriacarsi in modo indegno e svegliarsi nuda in un letto con Lucius Malfoy.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Draco Malfoy, Harry Potter, Hermione Granger, Lucius Malfoy
Note: Lime, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da VII libro alternativo
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Lucius&Hermione - Wild Rose'
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– Quel che accadde alla festa di laurea di Draco Malfoy –

Parte 1

 

 

 

 

 

Mal di testa. Un terribile mal di testa fu il primo di una lunga serie di sintomi post-sbronza che riportò Hermione Granger alla realtà. Subito dopo arrivò il fastidio agli occhi: chi cavolo aveva acceso la luce?

«Dio, che male…» si lamentò la ragazza, con gli occhi ancora strizzati, mentre si portava una mano alla fronte, realizzando che quel semplice movimento era più difficile del previsto.

Si sentiva stanca, il corpo pesante e la testa, neanche a dirlo, sembrava essere passata sotto una mandria di elefanti, draghi e ippogrifi tutti insieme. Prese coscienza di sé un paio di minuti dopo, quando capì di trovarsi in un letto, felice di non essere finita ubriaca marcia in mezzo alla strada.

«Accidenti a Malfoy e alla sua festa di laurea.»

Mormorò vari insulti verso il ragazzo che, dopo la fine della guerra, era tornato a Hogwarts con il capo coperto di cenere per diplomarsi, mostrando finalmente di essere abbastanza intelligente da mostrare pentimento e maturità.

Harry aveva accettato quasi subito le sue scuse, a differenza di Ronald, a cui era servito più tempo, mentre Hermione si era fidata subito di lui e aveva testimoniato in favore suo e della sua famiglia durante i lunghi processi che avevano seguito la caduta del Signore Oscuro.

Ancora ad occhi chiusi Hermione si mise, a fatica, in posizione seduta, aprendo di scatto le palpebre quando sentì il lenzuolo scivolarle dal corpo e un lungo brivido percorrerle la pelle.

Era nuda! Alzò le lenzuola e constatò che era totalmente nuda. Dannazione.

I suoi occhi si adattarono alla luce che filtrava dalle tende semi aperte e solo in quel momento si accorse che quella non era la sua camera da letto e che accanto a lei c’era qualcuno.

Strano a dirsi, non aveva il coraggio di guardare per sapere con chi fosse finita a letto la sera precedente, sera di cui non ricordava nulla dopo il sesto bicchiere che aveva mandato giù – perché cavolo si era lanciata in quella stupida gara con i ragazzi?

Trasse un lungo respiro e voltò il capo alla sua sinistra, congelandosi nell’esatto istante in cui riconobbe qualcuno che era impossibile non riconoscere.

«Santo Merlino in croce!»

La sua bestemmia ibrida svegliò l’altro occupante del letto – il proprietario, per essere precisi – e lei riafferrò al volo le coperte tirandosele fin sotto il mento.

«Merlino non è finito in croce…» mormorò una voce bassa e arrochita dal sonno.

L’uomo voltò il capo alla sua destra, aprì gli occhi e, come Hermione pochi istanti prima, rimase pietrificato. Osservò la ragazza facendo scorrere lo sguardo sul suo viso shockato, i capelli un nido di nodi, la schiena nuda.

Alzò appena la testa per controllare il suo stato: era a petto nudo, quindi mosse – anche lui a fatica, notò Hermione – un braccio per tirare su il lenzuolo e constatare la sua totale nudità.

Il lenzuolo ricadde sui suoi fianchi, mentre con gli occhi cercava i suoi vestiti, che erano sparsi per tutta la stanza insieme a quelli della ragazza.

«Cristo…»

La testa cadde pesantemente sul cuscino e un braccio gli coprì gli occhi.

Hermione era rimasta immobile a osservare ogni sua mossa in silenzio: era ancora sotto shock, non sapeva cosa fosse davvero successo, come fosse finita lì né che reazione aspettarsi da lui.

Non le capitava certo tutti i giorni di ubriacarsi in modo indegno e svegliarsi nuda in un letto con Lucius Malfoy.

L’istinto era quello di raccattare i suoi vestiti, scappare da quella casa e dimenticare l’accaduto – anche se non ricordava nulla, c’era ben poco da dimenticare.

Stava già pensando a come sgusciare fuori da quel letto senza mostrarsi nuda ai suoi occhi quando la sua voce la riportò alla realtà.

«Ricordi qualcosa?»

«No…» disse in quello che risultò un debole miagolio. Cielo, quell’uomo l’aveva affascinata e intimidita fin da quando aveva dodici anni e riusciva ad emanare potere e controllo anche in quello stato.

«Neanche io,» il braccio venne spostato sul cuscino e i suoi occhi si posarono di nuovo sulla ragazza, «ma direi che è abbastanza ovvio quello che è successo.»

Hermione sentì il viso andarle a fuoco dalla vergogna. La sua mente lavorò con furia mentre pensava a come e quanto a lungo torturare quell’idiota di Draco Malfoy e tutti i suoi amici per aver permesso una cosa simile.

Di sicuro qualcuno di loro si era accorto che Hermione non era tornata a casa, che non aveva dormito con loro o che a un certo punto era sparita chissà con chi.

«Io…» disse, schiarendosi la gola poco dopo, «io andrei.»

«Mmh.» Lucius chiuse gli occhi e cercò di ricordare qualche dettaglio del fattaccio, ma senza risultati.

Ricordava di aver salutato i tanti amici di Draco che si erano recati al Manor per festeggiare la sua laurea in Magisprudenza. Ricordava di aver brindato con loro e averli lasciati soli a divertirsi. Poi si era recato nel suo studio per qualche ora e aveva bevuto un altro paio di bicchieri.

Una forte fitta alle tempie lo costrinse a rimandare la ricerca di ricordi a un momento migliore della giornata.

Con la coda dell’occhio vide Hermione che stava finendo di vestirsi e notò una serie di segni rossi e violacei sulla sua pelle. Si osservò per qualche istante e vide segni simili su se stesso.

Decisamente, quella notte avevano consumato e anche molto volentieri.

Dannazione.

«Hermione.»

Lei quasi inciampò nei suoi stessi piedi nel sentire il proprio nome di battesimo pronunciato da lui. Non ricordava che fosse mai successo, Lucius Malfoy si era sempre riferito a lei come Signorina Granger e lei a lui come Signor Malfoy anche se, dati gli anni di amicizia con Draco, avevano da tempo iniziato a darsi del “tu” e non più del “lei”.

«Sì…?»

«La tua bacchetta.»

Hermione si avvicinò a letto, dove l’uomo era placidamente seduto e le porgeva l’oggetto con un braccio teso. La fissava con uno sguardo così intenso che la fece sentire nuda e vulnerabile.

«Grazie,» rispose in un soffio, afferrando la bacchetta e portandosela al petto. Quando vide che lui stava per parlare di nuovo si irrigidì e decise che non voleva sentire le sue parole, qualunque esse fossero. «Devo andare!» esclamò, per poi mordersi il labbro, indecisa. «Io… mi dispiace.»

Senza attendere un secondo di più corse fuori dalla stanza, si chiuse la porta alle spalle e raggiunse al volo il salone delle feste, dove c’era il camino con la connessione aperta per gli ospiti.

«Granger?»

Si bloccò a pochi metri dal tanto agognato camino e vide il suo carissimo amico camminare verso di lei. «Buongiorno» disse, tentando di mostrare un sorriso tranquillo.

«Sono le due del pomeriggio, non sapevo fossi ancora qui.»

Draco aveva delle profonde occhiaie e la camicia che indossava era terribilmente stropicciata. «Scusami, non volevo essere invadente. Mi sono addormentata in una delle camere e—»

«Non devi scusarti, sono rimasti a dormire quasi tutti,» la bloccò lui alzando una mano. «Credevo solo che fossi tornata a casa ieri sera dopo i giochi.»

«Giochi? Intendi la gara di bevute?» Quella la ricordava bene, era il resto ad essere totalmente offuscato – e, in tutta onestà, al momento non era neanche sicura di voler ricordare il suo incontro focoso con il padre di Draco.

Il padre di Draco! Accidenti a lei.

«Quella, e il gioco delle camere.»

Lei corrucciò la fronte in un’espressione pensierosa e confusa: di cosa stava parlando?

«Merlino, eri così ubriaca già a quel punto?»

Scosse il capo. «Draco, ho un mal di testa perforante, un post-sbronza apocalittico e la luce mi sta uccidendo gli occhi, ti pare che abbia voglia di pensare a cosa ho fatto ieri notte dopo essermi scolata sei drink uno dopo l’altro?»

Lui rise a quelle parole, divertito dalla sua risposta. «Hai ragione, anch’io ho qualche vuoto di memoria e sono sicuro che non siamo gli unici. Andrò a riposare e ingozzarmi di pozioni per le sbronze. A proposito, ne hai in casa? Visto che in genere non bevi…»

«Ne ho un paio, grazie. Le tengo da parte per le emergenze,» rispose, rivolgendogli un sorriso sincero. «Sai, in caso mi capiti di essere invitata ai party alcolici di un certo platinato di mia conoscenza.»

Draco ridacchiò di nuovo e si passò una mano tra i capelli. «Ci vediamo lunedì al lavoro.»

Salutato il ragazzo, Hermione si gettò nel camino per trovare conforto nella sacralità di casa sua. L’appartamento era piccolo, ma perfetto per le sue esigenze: la cucina era abitabile, la sala spaziosa, la camera da letto grande quanto due stanze, lo studio funzionale e il bagno ampio e comodo.

Non aveva bisogno di altro e un sospiro lasciò le sue labbra quando si abbandonò alla morbidezza del divano.

«Santo cielo…»

Continuava a pensare al suo tragico risveglio nonostante lo sforzo le costasse non poca fatica, così si costrinse ad alzarsi e cercare la preziosa scorta d’emergenza di pozioni per i post-sbronza. Ne aveva un bisogno disperato, anche perché in quel modo avrebbe recuperato i ricordi delle sue azioni annegati nell’alcool.

 

 

***

 

 

«A Draco!»

Un coro di “A Draco!” rimbombò nell’enorme salone, mentre una settantina di persone alzava i calici in onore del ragazzo e della sua laurea. Dopo Hermione e Blaise, che si erano laureati rispettivamente tre e due mesi prima, Draco era il terzo e ultimo del gruppo ad aver terminato gli studi di Legge Magica.

Harry e Ronald avevano intrapreso la carriera di Auror e ricevuto i M.A.G.O. ad honorem dopo aver frequentato brevi e intensi corsi di recupero in accademia per compensare la mancata istruzione che avrebbero avuto se avessero frequentato l’ultimo anno a Hogwarts. Nel frattempo i ragazzi avevano iniziato il praticantato, che permetteva loro di entrare nel mondo del lavoro.

Subito dopo quel primo brindisi ce ne erano stati molti altri, fino a quando Harry e Draco avevano convinto Hermione a partecipare a quella stupida gara di bevute. Al secondo giro si era sentita leggera, al quarto allegra, al sesto non era più se stessa.

Poi, qualche ora dopo l’inizio dei festeggiamenti, qualcuno aveva proposto il “gioco delle camere”: il terzo piano di Malfoy Manor era completamente riservato agli ospiti, quindi vi si trovavano solo camere da letto – venticinque per la precisione – che vennero divise tra ragazzi e ragazze, uno per ogni stanza.

Riempite tutte, chi era rimasto fuori doveva aprire una porta e baciare l’occupante obbligatoriamente, senza pensare a chi fosse o se si trattasse di un ragazzo o di una ragazza.

Hermione aveva accettato, sempre convinta da Harry e Draco, ed era entrata in una delle camere, in attesa che qualcuno aprisse. Pochi minuti dopo vide la maniglia della porta abbassarsi. Ridacchiò tra sé e sé, divertita ed eccitata all’idea – in fin dei conti era sempre stata lei quella ragionevole tra tutti – e si gettò al collo del ragazzo che le apparve davanti.

«Merlino, Granger, baci come un diavolo!»

«Ciao Blaise.»

Hermione non riusciva a smettere di ridere. Il ragazzo l’aveva stretta a sé nell’impeto del momento e ora le sue mani le accarezzavano distrattamente i fianchi.

«Quanto tempo abbiamo?» le chiese.

«Un paio di minuti, credo» rispose lei scrollando le spalle.

«Bene, vediamo di farli fruttare.»

Ubriaco com’era, Blaise Zabini si limitò a baciarla, conscio di reggere poco l’alcool e che entro un’ora al massimo sarebbe finito k.o.

Il gioco prevedeva tre turni a testa, quindi ne restavano ancora due. La seconda persona che Hermione baciò fu niente meno che Pansy Parkinson. La ragazza portò subito una mano tra i capelli di Hermione, tenendola ferma e spingendola contro il muro, baciandola e toccandola come nessuno avrebbe mai immaginato.

«Santa miseria…» ansimò Hermione dopo quelle che sembravano ore. «Parkinson, credo che questo sia stato il bacio più eccitante di tutta la mia vita.»

La Serpeverde mostrò un ghigno piuttosto fiero. «E tu hai delle tette invidiabili, Granger. E un bel sedere.» Enfatizzò le sue parole pizzicandole suddetto sedere, la mano già infilata sotto la cortissima gonna a vita alta che Hermione aveva deciso di indossare quella sera.

«Ti piacciono le donne?» chiese, guardandola da capo a piedi, pensando che fosse a dir poco splendida in quel tubino nero, classico ma sempre d’effetto e adatto a ogni occasione. Una parte del cervello di Hermione registrò quell’informazione sicuramente utile per il futuro.

Pansy alzò le spalle. «Dipende. Vieni qui adesso, abbiamo pochi minuti e voglio approfittare di questa occasione.»

Con sua grande sorpresa, Hermione scoprì di essere eccitata come non succedeva da tempo. Diamine, l’alcool le faceva davvero male. Allungò una mano e tirò la ragazza a sé dalla scollatura del suo vestito.

 

 

«Porco Merlino!»

Quelle furono le prime parole che Hermione Granger pronunciò al suo risveglio il giorno dopo la sbronza a Malfoy Manor. Aveva bevuto la pozione miracolosa ed era crollata sul divano, ed ecco dove si era appena svegliata.

«Cazzo,» mormorò passandosi entrambe le mani tra i capelli, «mi sono fatta la Parkinson. Per le mutande di Morgana… e mi è anche piaciuto!»

Hermione aveva creduto che i ricordi scabrosi di quella notte fossero limitati al suo nebbioso incontro con Lucius Malfoy, invece aveva scoperto di aver pomiciato con Blaise Zabini e di aver avuto un interessante scambio di saliva e di mani con Pansy Parkinson. E cavolo, la ragazza ci sapeva fare… Hermione ricordò perfettamente quanto fosse su di giri con le sue mani e la sua lingua addosso, in quei pochi minuti la Serpeverde le aveva fatto delle cose inenarrabili.

Di sicuro i ragazzi si sarebbero divertiti parecchio nel sentire quella storia.

A quel pensiero un dubbio si infiltrò nella sua mente: poteva raccontate quello che aveva fatto con Pansy, ma avrebbe fatto lo stesso per Lucius? Sarebbe riuscita a parlarne con qualcuno, anche solo per sfogarsi? I suoi amici avrebbero voluto sentire una storia simile?

Si alzò per darsi una rinfrescata, sicura che la cosa avrebbe sconvolto Draco, visto che si trattava di suo padre – ancora non riusciva a crederci! – e che anche il resto della cricca sarebbe rimasto senza parole.

Sospirò alla sua immagine riflessa nello specchio, si spogliò con gesti lenti e stanchi e si infilò nella doccia, pensando a cosa mangiare per cena prima di andare direttamente a letto.

 

 

***

 

 

Hermione era a dir poco sconvolta dal suo breve ma intenso incontro con Pansy Parkinson e non si rese conto di quanto tempo fosse passato da quando la ragazza era uscita da quella stanza. Aspettava la sua terza persona, che tardava ad arrivare, quando vide la maniglia abbassarsi.

Si sentiva ancora eccitata e una strana aspettativa si impadronì di lei: voleva saltare addosso a quella persona, chiunque essa fosse, sbatterla al muro e vedere le stelle insieme.

Fu così che Hermione, una volta chiusa la porta, fece due rapidi passi e si alzò sulle punte per toccare subito le labbra misteriose con le proprie. Realizzò distrattamente che non sapeva chi fosse quel ragazzo che aveva il fisico di un uomo – e i capelli lunghi, notò quando gli allacciò le braccia al collo.

Lui rimase immobile come una statua mentre lei, spavalda come non mai, azzardò un’altra mossa infilandogli la lingua in bocca senza troppi preamboli.

Pensò che volesse dirle qualcosa, ma non le interessava: si lasciò andare di peso su di lui, spingendolo contro il muro per poi schiacciarsi con tutto il corpo contro il suo. Cavolo, ma era davvero un ragazzo quello? Nessuno dei suoi amici aveva una corporatura simile.

«Cosa diavolo sta succedendo?»

Hermione si paralizzò all’istante: quella era la voce di Lucius Malfoy!

«Oh mio dio.»

L’uomo le afferrò i polsi, tenendoli fermi tra di loro per avere un po’ di spazio e aria da respirare. Hermione sapeva di alcool, lui anche. La situazione ideale, insomma.

«Mi dispiace, non sapevo… io non pensavo…»

Lucius la fissò in silenzio per qualche istante e riconobbe niente meno che Hermione Granger. Cos’era successo alla ragazza educata e composta che conosceva? Era forse il tipo da saltare addosso a chiunque? Era abituata a certe cose?

Poi un pensiero gli attraversò la mente: i giochi di Draco. Merlino, suo figlio era un depravato e utilizzava casa sua per far fornicare la gente peggio che in un bordello.

«Draco sta facendo di nuovo il gioco delle stanze?»

Hermione annuì, stranamente catturata dal suo sguardo e dal calore delle mani ancora strette sui suoi polsi. Aveva il respiro veloce, il seno rischiava di uscirle dalla scollatura – per cortesia di Pansy Parkinson – i fianchi erano ancora premuti contro quelli dell’uomo.

E sentì qualcosa.

«Devo aver sbagliato piano. Merda.»

Da quando Lucius Malfoy imprecava come un comune mortale? Il pensiero servì solo a far eccitare Hermione ancora di più e lui dovette leggerglielo in faccia, perché sgranò appena gli occhi e la lasciò andare all’istante.

«Ehm… meglio che vada. Buon divertimento.»

Hermione si ritrovò sola e neanche se ne accorse. Sapeva solo di essere terribilmente eccitata e di aver appena dato un bacio mozzafiato al padre di uno dei suoi amici. E voleva rifarlo.

«Sei ubriaca» disse a se stessa scuotendo la testa, «devi dormire e farti passare la sbornia.»

Continuando a mormorare ordini e avvertimenti a bassa voce, Hermione uscì diligentemente da quella camera e iniziò a vagare per i corridoi per mezz’ora – non che lei avesse la concezione del tempo in quello stato.

Scese due piani di scale, camminò per qualche decina di metri, voltò un angolo e si scontrò contro qualcuno. E quel qualcuno era Lucius Malfoy.

Hermione era troppo sbronza per provare l’imbarazzo di essergli saltata addosso poco prima e lui, nel frattempo, aveva bevuto altri due bicchieri di whiskey per dimenticare quel breve incontro.

«Mamma mia quanto sei bello…» Hermione pronunciò quelle parole senza neanche rendersene conto. «Voglio baciarti.»

Lucius si ritrovò a fare un passo indietro e tener ferma la ragazza per le spalle. «Hermione, non sei lucida. E neanche io.»

«Chissene frega.»

Sorprendendo anche se stessa e mettendo a tacere la coscienza, Hermione si gettò di nuovo tra le braccia dell’uomo, che oppose ben poca resistenza questa volta.

Lucius ebbe uno scrupolo di coscienza nel provare desiderio per una delle amiche di suo figlio; lui però era divorziato da quattro anni, Hermione era una bella ragazza e quella gonna corta… era davvero troppo corta. Uno sprazzo di lucidità gli ricordò che erano entrambi ubriachi e che molto probabilmente il giorno dopo avrebbero avuto solo un grosso buco nella memoria.

La mano di Hermione sulla cintura dei suoi pantaloni gli fece dimenticare ogni cosa e abbassò il capo per baciarla, un po’ cosciente di ciò che stava facendo, un po’ senza neanche rendersene conto. Strinse un braccio intorno ai suoi fianchi e si materializzò insieme a lei direttamente nella sua camera da letto.

Hermione emise un sospiro di sorpresa ed eccitazione allo stesso tempo quando venne spinta contro il muro e le labbra dell’uomo incontrarono di nuovo le sue. Mugugnò qualcosa e lui non perse l’occasione per approfondire il bacio e premersi contro di lei.

«Dio…» sospirò quando le concesse di respirare ancora, «non smettere mai.»

Le labbra di Lucius si tesero in un ghigno contro la pelle del suo collo, facendola rabbrividire, e in men che non si dica Hermione si ritrovò stesa sul letto con le sue mani ovunque e la voglia di strappargli tutti i vestiti di dosso e fargli cose indicibili.

 

 

E cose indicibili avevano fatto, eccome. Domenica mattina Hermione si svegliò con le immagini di lei e Lucius Malfoy davanti agli occhi. Strizzare le palpebre e coprirsi il viso con le mani non servì a niente, perché aveva ricordato tutto e ohmiodio cosa non era successo quella notte.

Lei l’aveva spogliato più velocemente di quanto avesse immaginato, la sua gonna era sparita prima che potesse pensare di toglierla e le mani di Lucius… santo cielo quelle mani facevano miracoli. I preliminari erano stati brevi ma davvero intensi e quando lei l’aveva praticamente supplicato di non farla attendere oltre e farle vedere le stelle, lui l’aveva accontentata.

E le stelle le aveva viste, oh se le aveva viste.

Si erano addormentati al volo solo per svegliarsi un paio d’ore dopo e durante il secondo round Hermione aveva scoperto le meraviglie che quell’uomo era in grado di fare con la lingua; lei aveva ricambiato ben volentieri.

Erano poi crollati come sassi e il risveglio era ben noto ormai.

Doveva dirlo a qualcuno. Era un peso troppo grande, un peso che Hermione non poteva portarsi addosso da sola: era una di quelle cose che, una volta accadute, cambiavano radicalmente tutto e non si poteva tornare indietro.

Era sicura che avrebbero entrambi fatto finta di niente, ma non era successo niente, era successo di tutto e di più: si era ubriacata come mai prima d’ora, aveva baciato Zabini, aveva quasi avuto la sua prima completa esperienza omosessuale e aveva fatto sesso con Lucius Malfoy. Due volte.

Decisa a non sprecare la giornata a rimuginare a letto e a togliersi quel peso dalla coscienza, Hermione mandò un gufo a Harry chiedendo di vedersi per pranzo. La risposta arrivò poco dopo e un sorriso nervoso si formò sulle sue labbra.

 

 

***

 

 

Hermione aveva scelto di pranzare fuori nella speranza di bloccare eventuali crisi isteriche di Harry: voleva parlare con lui e avere un consiglio da amico, se si fossero visti a casa di uno dei due era sicura che avrebbero finito col gridarsi addosso senza risolvere niente.

Harry era contento di vederla, anche se portava ancora addosso i segni di quella tragica notte: occhiaie profonde e il passo stanco nonostante fossero passati due giorni.

«Beh, che mi dici?» chiese lui dopo aver fatto la sua ordinazione. «Ti sei ripresa dalla festa?»

Lei emise un verso a metà tra il divertito e il nervoso. «Certo, come ti sei ripreso tu.»

«Avevo finito le pozioni. A proposito della festa…»

Hermione iniziò a sudare freddo. «Sì?»

«…a un certo punto dei giochi sei sparita. Sei tornata a casa prima?»

«Ehm… no, sono rimasta.»

Il cameriere portò loro le bevande e un antipasto, insieme all’annuncio che le loro pizze sarebbero arrivate entro una decina di minuti.

«Nelle camere al terzo piano?»

«Ah… no. Un’altra camera che non avevo mai visto.»

Harry alzò un sopracciglio, intuendo che c’era qualcosa da sapere: di sicuro riguardava la sua amica e qualcuno in casa di Malfoy venerdì notte, ma chi? Raramente lei si vergognava di qualcosa che aveva fatto o detto, quindi forse il problema era la persona.

Parlarono del nulla fino a quando non vennero servite loro le pizze, ma dopo aver mangiato la prima fetta Hermione lo fissò con tanta intensità da fargli tremare le ginocchia.

«Per l’amor del cielo, se c’è qualcosa che devi dirmi—»

«Ho fatto sesso con Lucius Malfoy.»

A Harry si bloccò il boccone in gola e per poco non ci rimase secco. Hermione si alzò e gli batté la mano sulla schiena più volte finché non riprese a respirare normalmente. Cavolo, era sopravvissuto a Lord Voldemort, non sarebbe spirato per una notizia come quella.

«Santa Morgana, ti pare il caso di scherzare in questo modo?»

Lo sguardo dell’amica quando si sedette era troppo serio per potersi trattare di uno scherzo. In fondo sapeva che lei non avrebbe mai detto una cosa simile solo per prenderlo in giro, ma come poteva crederci?

«Non sto scherzando, Harry. È successo davvero.»

«Venerdì?»

«Sì.»

Lui si infilò in bocca mezza fetta di pizza per evitare di gridare in faccia alla sua migliore amica nel bel mezzo di un locale pubblico. Masticò con calma e cercò le parole migliori da usare.

«Ho paura a chiederti come, ma immagino che tu abbia bisogno di parlarne, giusto?»

Hermione annuì, sorridendo appena, contenta per la comprensione che il suo amico le stava mostrando. «Ricordi il gioco delle camere?»

«Certo.»

«Il primo a entrare è stato Zabini. Ci siamo baciati un po’ ed è andato via. Poi è entrata Pansy e—»

«Hai baciato la Parkinson?» esalò Harry, con gli occhi sgranati e una fetta di pizza tra i denti.

«Baciato? Harry, mi ha quasi scopata contro il muro.»

La reazione del ragazzo alla notizia e al linguaggio di Hermione era senza prezzo. Per la seconda volta lui rischiò di morire a causa di un boccone di pizza e delle parole della sua migliore amica.

«Da quando parli così?»

«Da quando Pansy Parkinson mi ha infilato le mani e la lingua dappertutto e io ho apprezzato e ricambiato volentieri.»

Hermione sapeva che la parte più brutalmente maschile di Harry gli stava facendo immaginare cose oscene – cose che erano realmente accadute – e nei suoi occhi si rivelò il desiderio di assistere a una scena simile.

«Ok, non posso pensare a queste cose ora, ma non garantisco che non ci penserò in futuro.»

Lei alzò le mani e rise. «Non voglio immaginare te che immagini me e Pansy in atteggiamenti intimi.»

«Dimmi di Malfoy. Il grande, intendo. Oh, cielo, non so neanche come chiamarlo. Lui!»

«È entrato in camera per ultimo.»

Harry sgranò gli occhi. «Giocava anche lui?»

«Ma no, ti pare?» Era impossibile non scoppiare a ridergli in faccia. «Non sapeva che Draco stesse facendo di nuovo quel gioco, è entrato e gli sono saltata addosso. L’ho incontrato di nuovo più tardi e… insomma… sai, dopo quello che avevo fatto con Pansy e averlo baciato poco prima…»

«Ho inteso» intervenne lui, fermandola alzando una mano. «Eri ubriaca fino al midollo, ci sta. Ma lui? Ha accettato le tue avances senza battere ciglio?»

«Harry… era ubriaco anche lui.»

A quel punto ebbe l’impulso di sbattere la testa sul tavolo fino a fracassarsela e morire lì. Niente aveva più senso. Insomma, la sua migliore amica era andata a letto con il padre di Malfoy, che altro poteva succedere?

«A dire il vero ha provato a dirmi di no, ma sono stata parecchio insistente e… sì insomma… siamo finiti nella sua camera da letto e abbiamo consumato» continuò a spiegare, poi aggiunse, «due volte.»

«Hermione!» esclamò Harry, di nuovo sconvolto. «Non devi raccontarmi i particolari.»

«Come, no? Non vuoi sapere cosa sa fare con—»

«Ti prego…» mormorò lui con espressione disgustata e le guance in fiamme. «Complimenti comunque, io da ubriaco non riesco a palpare un sedere e lui alla sua età fa doppietta.»

«Harry!» Era la volta di Hermione di sbiancare e poi arrossire. Il ragazzo però aveva ragione, lei aveva sperimentato in prima persona le famose doti di Lucius Malfoy, noto per essere il God of Sex del mondo magico. Oh, lo era davvero.

«Beh, è vero… insomma, quanti anni ha?»

«Ehm…»

«‘Mione, hai ventisei anni, lui non può averne meno di, non so…»

«Il doppio» disse lei abbassando lo sguardo sulle ultime due fette di pizza. «Esattamente il doppio.»

«Cavolo… sono un sacco di anni, lo sai, vero?»

Sospirò, sentendosi completamente privata di ogni forza. «Sì, lo so. Davvero, non ho idea di come io abbia potuto essere così insistente. Gliel’ho praticamente sbattuta in faccia.»

«E… ehm… com’è stato il risveglio?» La smorfia dell’amica era più che eloquente. «Ok, è stato imbarazzante, posso immaginare.»

«No, non puoi, a meno che non ti sia successo.» Hermione finì la pizza e posò coltello e forchetta sul piatto. «Mi sveglio con un post-sbornia pesantissimo, mi trovo nuda in un letto che non è il mio e accanto a me c’è il padre di un mio amico. Seriamente, Harry… non puoi immaginare.»

«Hai ragione, in effetti non posso. Lui come ha reagito?»

Le sfuggì un sospiro dalle labbra al pensiero di quel tragico risveglio. «Sotto shock, come me. Neanche lui ricordava molto. Quando stava per dire qualcosa sono praticamente scappata. Per il resto, silenzio stampa. Non penso che mi contatterà né io ho intenzione di contattare lui. E non metterò piede a Malfoy Manor per i prossimi cinquant’anni, ci puoi scommettere.»

Le ultime parole famose.

 

 

***

 

 

Lunedì mattina il postino della sezione Magisprudenza del Ministero della Magia portò una lettera per Hermione nell’ufficio che condivideva con tre collaboratori, tra cui Draco Malfoy e Blaise Zabini.

Niente di meglio che lavorare gomito a gomito con Draco, ignaro di ciò che era successo solo tre giorni prima tra lei e suo padre. In casa sua. Con lui presente. E un sacco di altra gente.

Hermione osservò la busta per vedere chi fosse il mittente, ma c’era scritto solo il suo nome e niente altro. Decise quindi di aprirla per leggere il messaggio e sbiancò nel leggere ciò che vi era scritto e la firma in fondo.

Lucius Malfoy.

Imprecò nella mente e rilesse la missiva più volte, sebbene fossero poche righe: Lucius la invitava a pranzare insieme per parlare. Non c’era scritto altro, ma lei già figurava vari scenari di fronte a sé: poteva essere furioso con lei, oppure vergognarsi per ciò che era successo, o magari voleva ripetere l’esperienza o, peggio ancora, decidere che lei era una donnaccia e quindi non doveva gironzolare intorno a suo figlio.

«Mi ucciderà.»

«Chi?»

Si voltò verso Draco, che la stava guardando. «Nessuno. Era un modo di dire. Cose da Babbani.»

Lui alzò un sopracciglio senza dire niente, scosse la testa e riprese il suo lavoro.

Cosa diavolo aveva in mente Lucius Malfoy? Cosa voleva dirle? Nel corso degli anni avevano instaurato un rapporto civile, ma niente di particolare: l’aveva ringraziata per aver in parte testimoniato a favore della sua famiglia durante i processi; avevano spesso parlato dei più svariati argomenti quando si era presentata l’occasione, ma di occasioni non ce n’erano state poi così tante; lei aveva trascorso molto tempo al Manor quando studiava insieme a Draco – e a volte Blaise – per preparare gli esami più difficili.

Oltre a quello, niente.

Con mani tremanti scrisse la sua risposta e meno di mezz’ora dopo arrivò un’altra lettera che confermò l’appuntamento per il giorno successivo. Non era scritto dove si sarebbero incontrati e questo mise Hermione in allarme: voleva vederlo in un luogo neutro, ma non potevano farsi vedere in pubblico senza suscitare voci e maldicenze; non era neanche sicura di voler tornare così presto al Manor, per non parlare del fatto che lì, oltre ad essere il territorio di Lucius, sarebbero di sicuro stati soli.

In un modo o nell’altro era fregata.

 

 

***

 

 

Il mistero del dove venne risolto il giorno dopo, quando Hermione trovò una busta sulla sua scrivania e dentro di essa una spilla: il biglietto allegato spiegava che quella era una Passaporta e l’avrebbe condotta a Malfoy Manor.

«Porca puttana» Hermione imprecò sottovoce, non abbastanza però da non farsi sentire da Draco, che occupava la scrivania più vicina alla sua.

«Granger, che ti prende?» chiese, senza preoccuparsi di mascherare la propria curiosità. «Sei strana, e lo eri anche ieri. È successo qualcosa?»

«No! No, niente. Mi sono solo» svegliata nuda nel letto con tuo padre «svegliata male, tutto qua.»

«Mh. Ok.»

Hermione era già al limite della propria sopportazione e non fu facile concentrarsi sul lavoro quella mattina col pensiero che avrebbe pranzato nel luogo che meno di tutti desiderava vedere in quei giorni.

L’ennesimo scherzo del destino fu che quella mattina le volò letteralmente addosso e in un battito di ciglia era già arrivata l’ora di pranzo. Hermione era sempre più nervosa e, come se non bastasse, Draco le propose di pranzare con lui e Blaise. Rifiutò, dicendo che voleva terminare quello che stava facendo e che avrebbe preso qualcosa al volo.

Appena l’ufficio si fu svuotato Hermione prese la borsa e la lettera, controllò l’orario e vide che era appena in tempo: afferrò la spilla che si attivò pochi secondi dopo, portandola nell’ampio ingresso di Malfoy Manor.

Lucius la stava aspettando ai piedi della grande scalinata. Dio, era una visione. Non era diverso dal solito, indossava abiti neri, i capelli sciolti sulle spalle, il bastone sempre al suo fianco… eppure Hermione lo vide con occhi diversi e questo la spaventò a morte.

«Hermione» di nuovo il suo nome di battesimo, «ben arrivata.»

«Signor Malfoy.» Distanze, mantieni le distanze.

Lucius la raggiunse ed eseguì un perfetto baciamano. Non lo faceva dalla prima volta che era entrata in casa sua – prima, se si escludeva l’esperienza vissuta sotto la bacchetta di Bellatrix nella stanza che lui, anni dopo, le aveva assicurato essere sparita e rifatta a nuovo.

«Grazie per aver accettato il mio invito. Credo di averti sorpresa.»

Lei era già senza fiato. Diamine. «Un po’, sì.»

«Prego, seguimi.»

Le offrì il braccio e la condusse verso uno dei salotti per gli ospiti, indicandole un divano dove accomodarsi in attesa che il pranzo fosse terminato e messo in tavola.

Hermione si sentì più vulnerabile che mai. Non era una ragazza da una notte e via e non era solita andare a letto col primo uomo che incontrava per strada. L’alcool l’aveva privata di ogni inibizione, l’aria gioiosa della festa e il trovarsi tra amici avevano fatto il resto.

Temeva che Lucius la considerasse una poco di buono e non poteva sopportarlo: aveva passato una vita intera a dimostrare al mondo di essere più del suo sangue, più di una donna, più di un bel paio di gambe. Poteva l’errore di una notte vanificare tutti i suoi sforzi?

«Come ho scritto ieri, vorrei parlarti. Credo tu possa immaginare di cosa.»

L’uomo si era seduto accanto a lei, molto, molto vicino, le gambe accavallate e un braccio sullo schienale del divano, rivolto completamente verso di lei, che si ostinava a guardare per terra e mantenere una posa rigida.

«Sì, direi di sì.» Chiuse gli occhi e sospirò. «Non ho molto tempo, quindi penso che… insomma…» diavolo, dove si era cacciato il suo illustre coraggio da Grifondoro?

«Non volevo metterti a disagio» Lucius allungò il braccio dalla spalliera del divano alle spalle di Hermione, sfiorandole appena con la punta delle dita.

Faceva abbastanza caldo da uscire senza maglione e in quel modo sentì il calore della sua mano, che quasi bastò a farle girare la testa.

Si sentì stupida, perché aveva sempre mantenuto le distanze da lui; non aveva mai oltrepassato quel confine e ora che era successo sentiva di non poter più tornare indietro: vedeva Lucius come un uomo, un uomo in tutti i sensi, uno che poteva avere interesse per lei e per cui lei poteva provare interesse.

«Non sei tu, sono io. Sono troppo emotiva, ecco tutto.»

«L’altra notte…» Hermione giurò di avvertire dell’incertezza nella sua voce, «non mi sono comportato come avrei dovuto. Non che non abbia gradito, al contrario, ma non eri completamente lucida e temo di averne approfittato.»

La testa della ragazza scattò nella sua direzione, uno sguardo stupito sul suo viso. «Prego?»

«Merlino, mi sono espresso in modo così fraintendibile…» sorrise tra sé e sé, scuotendo la testa. «Intendevo dire che, seppur inebriato anch’io dall’alcool, non avrei dovuto cedere.»

«È colpa mia» fu il turno di lei di scuotere la testa. «Ho perso ogni inibizione. Mi dispiace di esserti saltata addosso, sia in camera che in corridoio.»

Parlare e guardarlo era difficile: Hermione rivedeva davanti a sé i momenti intimi che avevano condiviso e questo non l’aiutava affatto, anzi, si vergognò nel sentirsi eccitata al ricordo e all’idea di averlo di nuovo così vicino.

Nella sua mente saettarono le parole di Harry sulle sue doti sotto l’effetto dell’alcool ed Hermione desiderò testare le stesse doti in completa lucidità.

Fissò il suo viso e ciò che pensava le si leggeva in faccia; del resto, non era mai stata brava a mentire e quella situazione le era caduta addosso come una cascata ghiacciata. Merlino, desiderava un secondo – terzo, in realtà – round con Lucius Malfoy, padre di un suo amico e compagno di scuola e lavoro, un uomo che aveva il doppio dei suoi anni.

Datti un contegno, maledizione!

Perse quasi il controllo quando notò il modo in cui lui la guardava: come se fosse la cosa più prelibata da mangiare. Si sentì ancora più vulnerabile, ma non riusciva a spostare gli occhi altrove e continuava a pensare alla notte che avevano passato insieme.

Vide la stessa cosa nei suoi occhi e Merlino accorresse in suo soccorso, gli sarebbe saltata addosso più che volentieri se un elfo non fosse apparso per annunciare che il pranzo era in tavola.

Le pericolose emozioni vennero messe da parte all’istante ed entrambi riuscirono a mangiare con tranquillità, parlando di vari argomenti e facendo finta di non aver quasi commesso di nuovo lo stesso errore.

Ma poteva definirsi davvero un errore?

«Temo che il nostro tempo sia scaduto.»

Hermione guardò l’orologio: aveva ancora venti minuti di pausa. «Quasi.»

Lucius l’accompagnò nel suo studio al primo piano dicendo che avrebbe potuto usare il suo camino. «Posso lasciare la connessione aperta per te.»

Lei aprì la bocca per dire qualcosa, ma non ne uscì mezzo suono. Cosa aveva appena detto…? Diavolo, così non le rendeva affatto la cosa facile, ma osservando i piccoli movimenti nevosi del suo corpo capì che doveva essere altrettanto difficile anche per lui.

«Lucius, io…»

Lo sentì emettere un suono che la fece rabbrividire e pochi istanti dopo si ritrovò di nuovo stretta a lui, le labbra sulle sue in quello che era un bacio così intenso da farle tremare le ginocchia.

Lucius la spinse contro la parete esattamente come aveva fatto venerdì notte e premette con forza i fianchi contro i suoi. Sentì la ragazza gemere e tendersi verso di lui e santo Merlino dovette ricorrere a tutta la sua forza di volontà per staccarsi da lei e appoggiare le mani ai lati della sua testa, o le avrebbe infilate sotto la sua maglietta e dentro i pantaloni.

«Chiedo scusa…» ansimò contrò la sua spalla, non osando guardarla in volto. «Evidentemente non è solo colpa dell’alcool se non riesco a trattenermi.»

«Dio mio… non mi aiuti così.»

A fatica Lucius si mosse per osservarla in viso. «Cosa vuoi dire?»

«Cielo, non capisci? Non so perché sia successo quello che è successo, ma abbiamo oltrepassato una linea che non avevo mai preso in considerazione e da quando mi sono svegliata nel tuo letto e ho ricordato tramite la pozione non riesco a smettere di pensare a…» si morse le labbra per non risultare patetica, ma in realtà si sentiva già al limite della pateticità.

Cosa stava facendo? Una notte con un uomo e perdeva il controllo di sé in quel modo? Erano ubriachi marci entrambi, per Morgana, non aveva alcun diritto di sentirsi così né di avanzare pretese o arrabbiarsi se non riusciva a controllare i suoi impulsi quando era vicino a lui.

Erano passati solo pochi giorni eppure le erano sembrati un’eternità fatta di desiderio e agonia. In quel momento, mentre fissava Lucius nei suoi magnetici occhi grigi, Hermione scoprì di volerlo più di chiunque altro e il pensiero la terrorizzò a morte.

«Devo tornare al lavoro.»

«Non era mia intenzione trattenerti.»

Le parole dell’uomo collidevano con i suoi gesti, perché non si mosse di un millimetro e anzi, si fece più vicino a lei. Hermione fu scossa da un brivido di anticipazione, attesa ed eccitazione.

Se l’avesse toccata si sarebbe sciolta. Se avesse tentato un approccio fisico non gli avrebbe detto di no. Scoprire di essere tanto vulnerabile con lui la spaventò, ma al tempo stesso le fece desiderare di poter restare così per sempre.

«Lucius…»

Quel sussurro si infranse sulle sue labbra ed Hermione morì in quel bacio, perché era lento e delicato, diverso dagli altri, diverso da quello di poco prima. Possibilmente era anche più devastante.

Gli allacciò le braccia al collo e spense il cervello, decisa a godersi quel momento. Pensò che fosse l’ultimo, che dovesse stare lontana da lui e lasciar correre via quella malsana passione che si era accesa poche notti prima.

«Devo andare» riuscì a dire tra un bacio e l’altro, «farò tardi al lavoro.»

Lucius le strinse i fianchi con le mani, senza osare andare oltre, e annuì in silenzio.

«Io non… Merlino, devo andarmene da qui. Se resto ancora un minuto non sarò più in grado di controllarmi.»

Era stata sincera e probabilmente era la scelta migliore: erano adulti e vaccinati, maturi abbastanza da potersi parlare in modo onesto. Hermione osservò Lucius arretrare di qualche passò e provò il desiderio di allungare la mano e tirarselo addosso di nuovo.

Voleva averlo senza la nebbia dell’alcool, ma non poteva: era divorziato, certo, ma la differenza di età era un problema considerevole ed era il padre di Draco. Amico, compagno di scuola, collega di lavoro. Continuava a ripeterlo nella mente. Non poteva farlo.

«Mi dispiace. Io…» si staccò dal muro e si diede di nuovo un contegno. «Non devo più tornare qui.»

Ignorò l’espressione sul suo viso, afferrò la polvere e scomparve, arrivando in ufficio appena in tempo per la fine della pausa pranzo.

Lucius fissò il camino per lunghi minuti mentre cercava di ritrovare la propria dignità e capire cosa gli fosse saltato in testa: svegliarsi con una donna nel letto e non ricordare come ci fosse finita era una cosa, desiderarla in quel modo disperato era un’altra.

Hermione era troppo giovane per lui, aveva l’età di suo figlio e anche se i maghi vivevano molto più a lungo dei Babbani e una ventina d’anni non costituivano un eccessivo scandalo, Lucius sentì di dover fermare subito qualunque cosa fosse che lo spingeva a cercarla.

Aveva trascorso l’intero weekend a rimuginare sull’accaduto di venerdì notte, aveva auto ancora più da rimuginare quando la pozione presa dalle scorte di Draco gli aveva ridato i ricordi di quella notte.

Aveva desiderato di vederla; scriverle era stato un attimo e se ne era subito pentito, ma la risposta positiva l’aveva colto di sorpresa: era sicuro che Hermione non volesse avere nulla a che fare con lui, e invece… invece il desiderio che le aveva letto in volto era almeno pari al suo.

Lucius si ricompose, recuperò il suo solito atteggiamento e pensò a come agire. Cercarla ancora o lasciarla andare?

 

 

 

 

 

   
 
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