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Autore: GiuliaStark    18/12/2014    1 recensioni
Axel ed i suoi genitori si sono da poco trasferiti a Los Angeles in quella che chiamano tutti la Casa degli Omicidi. Nell'ultimo anno lei e la sua famiglia ne hanno passate tante ed ora è tempo di cercare di riaggiustare tutto ciò che si è spezzato. Axel però è una ragazza difficile, ne ha passate tante ma nonostante tutto nel profondo, sotto la dura scorza, è ancora una ragazza che sogna e spera. La casa però ha un oscuro passato. Succedono cose strane ed Axel anche se spaventata ne è inspiegabilmente incuriosita. Cosa accade lì che loro non sanno? Nel bel mezzo delle lotte che intraprende contro la sua famiglia e se stessa fa la conoscenza di Tate Langdon, un ragazzo che la incuriosisce dal primo istante. Ma chi è Tate in realtà? E perchè ogni volta che è in sua presenza si sente così strana? Axel sa che Tate le nasconde qualcosa ma nonostante tutto non riesce ad allontanarlo, dopotutto anche lei ha i suoi demoni. I due hanno un rapporto speciale, ma cosa rappresentano l'uno per l'altra? La salvezza o la distruzione?
Genere: Horror, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio, Tate Langdon, Un po' tutti
Note: Movieverse | Avvertimenti: Spoiler!, Tematiche delicate
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Saaaaaalve a tutti!! sono GiuliaStark e mi sono letteralmente innamorata di questa serie! Comunque bandoalle ciance! Ho iniziato a vedere American Horror Story circa due settimane fa ed ho finito la prima stagione in due giorni e, come potete notare da questa Fan Fiction, Tate mi ha rubato il cuore. Oltre ad essere un bellissimo ragazzo la cosa che mi ha colpio molto è stata l sua personalità e la sua psicologia essendo estremamente complicata. Per questa storia ho decisodi seguire più o meno i fatti avvenuti nella prima stagione (per questo ho messo come avvertenza lo Spoiler perchè non so chi tra di voi ha già finito di guardare la prima serie). Cosa importante: purtroppo non mi sono mai cimentata nell'horror come scrittura, per questo ho deciso che non descriverò proprio nel dettaglio gli episodi legati a quel tema che si manifesteranno. Bhè spero di aver detto tutto e non vi resta che lggere! 😉 

 

POV AXEL
What does not kill you makes you stronger
Mi ero da poco trasferita a Los Angeles con la mia famiglia e già odiavo tutto di questa città… l’unica cosa che mi piaceva era la casa in cui vivevamo; molti la chiamano la Casa degli Omicidi ma invece a me trasmetteva un insensato sentimento di sicurezza, come se nonostante tutti i mali che vi ci erano capitati, una parte era ancora buona e pura. Mia madre, Anne, era un’insegnante molto devota ai suoi alunni a tal punto che a volte si dimenticava perfino di avere una figlia, c’era da dire che però io non la giudicavo, dopotutto chi l’avrebbe mai voluta una figlia come me? Mio padre, John, era uno psicoterapeuta che aveva pensato bene di allestire nello studio della casa una stanza per ricevere i pazienti. Il motivo del nostro trasloco non mi era ancora ben chiaro e forse neanche avevo intenzione di conoscerlo, sapevo solo che a New York eravamo sommersi dai problemi ed ora stavamo scappando cercando di buttarci tutto alle spalle e ricominciare. Ma come si poteva ricominciare? Come si poteva dimenticare ciò che era successo neanche un anno fa? Semplice. Indifferenza. Fredda e pura indifferenza. Le nostre vite ne erano colme fino all’orlo, ci convivevamo ormai da tempo immemore che alla fine era diventata parte di noi e non c’era modo per scacciarla, solo ignorarla. Fu così che cominciarono le forti liti quando vivevamo ancora nella Grande Mela, ignorare i problemi non era servito, seppellirli sotto un cumulo di ricordi felici che apparteneva al passato non bastava, si doveva per forza cambiare vita. Ed ora eccoci qua: nuova città, nuova casa ma la stessa solita, vecchia indifferenza che non ci abbandona mai. Forse era quello l’unico punto stabile della nostra famiglia. Come se non bastasse la scuola a cui ero stata iscritta non era delle migliori: stracolma di bulletti, di gente che crede di essere il centro del mondo, altri che il tuo mondo te lo spezzano e poi, per ultimi, quelli che nascondono la loro tristezza ed amarezza dietro una maschera sorridente che riesce ad ingannare solo i più cechi, ma in questo mondo lo siamo tutti no? Ecco perché funziona. Alla fine della “gerarchia” scolastica ci sono quelli come me che fanno finta di non esistere affatto senza il bisogno di indossare una maschera, passiamo per i corridoi consapevoli di ciò che ci circonda e del fatto che non vogliamo farne parte, non per cattiveria od egoismo, solo perché non abbiamo ancora trovato il nostro “Porto Sicuro”, la nostra ancora di appiglio per permetterci di affrontare tutto il resto. Siamo i più inutili, invisibili e spezzati, eppure eccoci qua… siamo una specie di sopravvissuti, è così che mi piace definire quei pochi come me. Lottiamo, ci feriamo, cadiamo e non ci rialziamo, ci crogioliamo nel nostro dolore e nel nostro fallimento finché non troviamo la nostra Ancora ed è solo a quel momento che mostriamo ciò che nascondiamo all’interno. Io mi sono sempre sentita così. Divisa in due. Schiacciata ed oppressa dalle due parti che albergavano in me: luce ed oscurità che continuano a lottare l’uno contro l’altro per dominare. Comunque in quella stramaledettissima scuola non avevo molti amici, se non quasi inesistenti; anche a New York era così ma in tutta sincerità non mi importava affatto di quanta gente frequentassi, alla fine, più che per altro, era un modo per non sentirsi soli ed in balia della vita che scorreva senza che io me ne accorgessi. Sicuramente c’era stato un tempo in cui non ero così, dove sapevo quello che volevo dalla vita ed ero una ragazza dolce e solare che si preoccupava per il prossimo, si… doveva esserci pur stato un periodo così nella mia vita. Ma io non lo ricordavo. A volte quando credo di percepirne gli sprazzi cerco di ricordare anche se è impossibile, ma nonostante ciò mi concentro con tutta me stessa, cosa spero di ottenere ogni volta proprio non lo so, ma almeno ci provo; anche se resto delusa continuo a farlo, magari un giorno succederà, magari un giorno tornerò ad essere felice. Fortunatamente era sabato, fortunatamente i miei non c’erano e fortunatamente, o stranamente, mi sentivo particolarmente di buon umore e ciò mi sorprendeva piacevolmente. Ero nella mia camera, stereo acceso con i Nirvana che cantavano quelle che sembravano le colonne sonore della mia vita, e ne approfittavo per mettere in ordine quegli ultimi scatoloni che erano rimasti così da avere un po’ più di spazio. Improvvisamente sentii uno strano rumore, così mi fermai e mi misi in ascolto, il rumore si ripeté ma non riuscivo a capire da che parte venisse così uscii dalla stanza ed iniziai a girovagare per la casa; mi accorsi solo in quel momento di quanto era grande, lussuosa, ed antica, piena di ricordi, di un passato che non era il nostro e di un presente ancora da scoprire. Chissà come si erano sentite le persone che erano vissute qui prima di noi, chissà se anche loro si sentivano soli e spaesati nella grandezza del mondo, se avevano trovato il loro appiglio in tutto questo disastro. Sperai di si. Tornai di sopra mentre canticchiavo tra me e me Hearth-Shaped Box ma quando arrivai sulla soglia della mia camera mi bloccai allibita: all’interno, girato di spalle, c’era un ragazzo della mia età, abbastanza alto, sicuramente più di me, con i capelli biondi che stava guardando tra i miei cd mentre anche lui intonava il ritornello della canzone che usciva dallo stereo. Chi era quel ragazzo? E perché era qui? :
- Hai intenzione di entrare o resterai sulla soglia per tutto il giorno? –
Ebbi un tuffo al cuore. Come sapeva che ero dietro di lui? Il ragazzo si girò permettendomi di vederlo bene in faccia e mi sorrise; era uno di quei sorrisi strani a metà tra la pazzia e la dolcezza. Si lo so. Uno strano mix. Ma a me piaceva. Non dissi nulla e lentamente, passo dopo passo, entrai nella mia camera senza distogliere lo sguardo da quello del ragazzo; i suoi occhi erano di un profondo color cioccolato, ma avevano qualcosa al loro interno che non mi spiegavo, qualcosa che assomigliava alla curiosità ed alla paura messe assieme:
- Chi sei? – domandai cauta mentre lui si voltava nuovamente di spalle e ricominciava a frugare tra i miei cd.
- Devo congratularmi con te, hai degli ottimi gusti musicali – rispose ignorando la mia domanda.
- Ti ringrazio, ma ora dimmi chi sei e come hai fatto ad entrare –
- Ehi, ehi calmati quanta fretta! – esclamò con una leggera risatina che mi fece salire un brivido mai provato prima lungo la schiena.
Il ragazzo si voltò completamente verso di me; il cd dei Nirvana continuava a suonare in sottofondo, poi cominciò ad avvicinarsi, l’andatura a tratti incerta e gli occhi colmi di quella che sembrava speranza. Poi mi tese la mano e parlò nuovamente:
- Mi chiamo Tate Langdon ed abito qui di fianco-
Mi avvicinai a lui ancora incerta, ma quando gli fui abbastanza vicina gli presi la mano e gliela strinsi mentre lui tirava fuori un altro strano sorriso:
- Axel- dissi semplicemente, poi continuai- Perché sei qui e come hai fatto ad entrare? –
- Beh se non erro tuo padre è uno strizzacervelli –
- Più o meno…- annuii aspettando che continuasse.
- Beh mi servirebbe il suo aiuto con una cosa, così quando ho visto la porta sul retro aperta sono entrato- fece spallucce con ancora il sorrisetto sulle labbra.
- Ok…- lo guardai incerta- Ma mi dispiace dirti che non è in casa e non ho la minima idea di quando tornerà, ti conviene ripassare un’altra volta-
- Vuoi davvero che me ne vada? – mi domandò con uno strano tono di voce mentre si avvicinava ancora di più con quello sguardo innocente che non lasciava i suoi occhi.
- Beh, ho da fare e neanche ti conosco – risposi alzando un sopracciglio.
- Potremmo farlo! – esclamò all’improvviso pervaso da un inaspettata gioia- Posso aiutarti se vuoi! -
Chi era questo ragazzo? E cosa voleva da me? Non sapevo rispondermi. L’unica cosa certa era che qualcosa di inspiegabile mi attraeva verso di lui, un forte senso di solitudine e sicurezza. Ma come facevo a fidarmi? Se i miei lo verrebbero a sapere s’infurierebbero di sicuro. Cosa dovevo fare? :
 - Axel! Siamo tornati! – esclamò mio padre.
- È mio padre, se vuoi ora puoi parlarci – sorrisi leggermente mentre cercavo di decifrare il suo sguardo.
- Ti ringrazio – annui ricambiando il sorriso.
- Ok, ma stai al gioco, non voglio finire nei guai! – stavolta mi scappò anche una risata e lui mi seguì a ruota.
Scendemmo assieme le scale e ci dirigemmo verso la cucina, dalla quale sentivo provenire le loro voci; mi sentivo strana in presenza di Tate… forse perché lo conoscevo da quanto? Venti minuti? Ma ero sicura che c’era più di questo, qualcosa impossibile da spiegare. Mi affacciai sulla soglia della cucina e mi schiarii la voce per attirare la loro attenzione. Avevano litigato. Si vedeva chiaramente sui loro volti e nei loro occhi… i segni della stanchezza, dell’esasperazione e la mia preferita l’indifferenza:
- Ciao- dissi in un sussurro
- Ciao cara – sorrise mia madre.
Mio padre stava per dire qualcosa quando all’improvviso si zittì e guardando alla mia sinistra sbatte le palpebre un paio di volte finché non parlò:
- Axel, tesoro, chi è questo ragazzo? –
- È Tate Langdon, abita qui vicino ed era passato per darci il benvenuto nel quartiere –
- Oh, ma che gentile – rispose mia madre ancora sorridendo- Ti ringrazio Tate -
- Di nulla signora – sorrise anche lui
- Mentre gli offrivo qualcosa da bere mi ha detto di aver trovato il tuo nome papà nella lista medica e vorrebbe parlare con te –
- Certamente Tate, che ne dici se facciamo domani alle dieci qui? –
- Perfetto! – esclamò con nuovamente quell’espressione di pura gioia negli occhi- La ringrazio –
- Figurati – annuì mio padre.
Sorrisi forzatamente ad entrambi poi mi congedai dalla cucina seguita da Tate; insieme ripercorremmo il corridoio fino a fermarci davanti la porta d’ingresso, mi voltai e lo guardai dritto negli occhi… cosa c’era che non andava lì dentro? :
- Sembra proprio che domani ci rivedremo – mi sorrise e sulle sue guance notai delle fossette.
- A quanto pare…  – sorrisi anch’io abbassando leggermente la testa.
- Allora ciao Axel –
- Ciao Tate –
Aprì la porta e mi rivolse un ultimo sorriso prima che se la chiudesse alle spalle. Ok, dovevo ammettere che era un ragazzo piuttosto strano conosciuto in un modo altrettanto particolare, ma forse era quello più normale con cui avessi parlato da quando ci eravamo trasferiti qui. Tornai in cucina dai miei e mi sedetti sullo sgabello mentre poggiavo i gomiti sull’isola nel bel mezzo della stanza e continuavo a pensare:
- Tipo strano quel Tate…- cominciò mio padre.
- Hai già fatto una diagnosi? Ma quanto sei bravo – risposi leggermente infastidita.
- Axel… - mi rimproverò bonariamente mia madre.
- Sto solo dicendo che se si è rivolto a me ci sarà pure una ragione, no? –
- Se lo dici tu… - borbottai mentre mi alzavo dalla sedia ed uscivo dalla cucina.
- Dove vai? –
- A finire di sistemare le cose nella mia camera –
Salii nuovamente le scale a passo lento mentre pensavo a Tate, non potevo negare che quel ragazzo mi incuriosisse più del normale, forse perché lui era il primo a non esserlo. Sorrisi tra me e me mentre mettevo piede sul corridoio del secondo piano e sempre con la testa fra le nuvole entrai in camera; il cd ormai aveva smesso di suonare, così lo rimisi da capo e continuai a mettere in ordine. Alla fine verso le cinque di pomeriggio avevo svuotato tutti gli scatoloni e reso decente la mia nuova camera; avevo saltato perfino il pranzo, un po’ perché avevo da fare ed un po’ perché non mi andava di assistere all’insulso teatrino che i miei genitori mettevano su ogni giorno dall’anno scorso. Scesi giù in cucina e vi trovai, sul tavolo, un piatto con sopra un panino con prosciutto e formaggio e vista la fame non pensai due volte a prenderlo e cominciare a mangiarlo:
- Il panino è di suo gradimento signorina? – domandò Moira, la cameriera, mentre entrava in cucina.
- Si Moira, ti ringrazio e per favore, chiamami solo Axel – sorrisi gentilmente e lei annuì cortesemente mentre accennava un sorriso – Posso farti una domanda? –
- Ma certamente – rispose mentre metteva in ordine.
- Da quanti anni lavora in questa casa? –
- Oh, molti, mia cara, ero giovane quando cominciai-
- E non ha mai pensato di fare qualcosa di diverso? – chiesi mentre davo un altro morso al panino.
- Un tempo forse si, ma poi vi rinunciai –
Stavo per farle un’altra domanda quando in cucina entrò mio padre e non appena vide Moira si irrigidì all’improvviso: serrò la mascella e deglutì pesantemente, ancora dovevo capire perché aveva questa reazione ogni volta che la vedeva; poi si voltò verso di me mentre mandavo giù l’ultimo boccone del panino ed iniziò con la sua solita predica mentre la domestica usciva:
- Potevi scendere per il pranzo – sospirò pesantemente.
- Non avevo molta fame, e poi avevo da fare –
- Axel, ascoltami bene, so che per te è un momento difficile per via del trasloco e tutto il resto ma ce la faremo, ti prometto che ce la faremo e che tutto tornerà come prima – non avevo mai sentito tante bugie uscire dalla sua bocca, credo che ora avesse battuto il record.
- Ancora non capisco perché la mamma ti abbia dato una seconda occasione, ormai è tutto rovinato! Lo capisci?! Hai rovinato tutto!! – alzai la voce e le lacrime automaticamente vennero giù come un fiume in piena, un fiume di dolore che non riuscivo a trattenere.
- Axel, tesoro, calmati… io e tua madre ci amiamo ancora per questo… - ma non lo lasciai finire.
- Sono tutte cazzate! È quasi un anno e non avete lontanamente risolto neanche un minimo del problema! – in quel momento arrivò anche mia madre in cucina, con lo sguardo scioccato e confuso.
- Axel, che succede, perché stai urlando e piangendo così? –
- Come hai potuto? – dissi girandomi di scatto verso di lei con la rabbia che montava dentro fino a trasformarsi in lacrime- Mettere in scena una menzogna del genere! Fingere che vada bene di fronte agli altri e poi inabissarti nella consapevolezza che è tutto sbagliato! - poi mi rivolsi ad entrambi -Perché continuate a recitare? Non siamo più una famiglia… - terminai con un sussurro.
- Axel… - chiamò mia madre abbassando la voce e cercando di avvicinarsi per afferrarmi un braccio, ma io mi scansai di getto; alla fine smisi di fissarli inutilmente e corsi i camera mia sbattendo forte la porta.
Crollai all’indietro sul materasso mentre mi asciugavo furiosamente gli occhi e le guance cercando di distrarmi fissando il soffitto. Ho sempre odiato piangere, forse perché ultimamente non facevo altro, ma non potevo evitarlo, le lacrime iniziavano a scendere giù automaticamente senza che io le potessi controllare. Iniziavo ad odiare tutto, la tristezza sostituita dalla rabbia, la rabbia che mano a mano si tramutava in disperazione e poi in depressione; conoscevo fin troppo bene questo processo, c’ero passata tante di quelle volte che, ormai, neanche me ne rendevo più conto, mi lasciavo scivolare tutto addosso e basta, forse, nella speranza che mi avrebbe aiutato a costruirmi una salda armatura che mi avrebbe protetta da tutto, un po’ come quel famoso detto: “Ciò che non ti uccide ti rende più forte”. Alla fine scoprii a mie spese che erano tutte cazzate. Niente ti rende più forte. Magari la prossima volta sarai più preparato e saprai cosa aspettarti, ma alla fine stai male comunque, ti uccide come la prima volta è questa la verità. Si soffre e basta. Non c’è modo per evitare il dolore, ne ho provate talmente tante che se ci fosse stato ero più che certa che, arrivata a questo punto, l’avevo già trovato da un pezzo. Mi sentivo tradita e presa in giro, eravamo qui da neanche due settimane che le cose già cominciavano a peggiorare e tutto ciò perfino senza un influenza esterna. Si stavano rovinando a vicenda e non lo capivano, continuavano a recitare come se alla fine avrebbero vinto un qualche premio; invece stavano solo perdendo tempo.


ANGOLO AUTRICE
Spero che questo piccolo capitolo vi abbia incuriosito, come potete vedere ho presentato fin da subito, anche se brevemente, il nostro amato Tate perchè ho mooooolte cose da scrivere su di lui ahahaaha. Comunque se vi va recensite e ftemimsapere cosa nevpensate e se vale la pena coninuare a scrivere! Un bacione a tutti coloro che leggeranno e recensiranno!!

P.S. Se tra di voi ci sono fan dello Hobbit vi invito a leggere la storia che sto scrivendo! Il titolo è: E alla fine quando meno te lo aspetti tutto cambia
un bacioooo 😁

 

 

  
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