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Autore: formerly_known_as_A    18/12/2014    3 recensioni

Ai non è suo.
È suo ora, mentre allunga le braccia verso di lui come se fosse lontano chilometri, apre e chiude le mani in silenzio per dirgli di avvicinarsi.
È suo per il tempo in cui possono stare soli, per il tempo in cui cammina per il minuscolo appartamento di Sousuke come se fosse anche il proprio.

La paura del fallimento non ammette il prendere rischi.
La sensazione di aver già fallito convince di essere immeritevoli di un futuro.
{Future!Fic}
Genere: Angst, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Nitori Aiichirou, Sosuke Yamazaki
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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C'è un neo sul suo fianco.

È davvero minuscolo, eppure lo sente sotto le dita quando le passa sopra la pelle, i polpastrelli che appena lo sfiorano. La superficie pallida tutt'intorno a quel segno rimane liscia solo un momento, poi si riempe di pelle d'oca, un brivido che scuote il corpo del ragazzo e lo fa ridacchiare.

Posa il palmo sulla curva concava della schiena, ma non lo copre, resta ad accarezzarlo ancora con un pollice, la sensazione dei suoi brividi che lo riempe di una fierezza particolare, stupida.

Ha la sensazione, Sousuke, per un solo momento, di essere capace di sconvolgerlo, di essere memorabile e legarlo a sé, anche se è solo per la durata di un brivido e della risatina che lo segue.

“Ti ho svegliato?”

“Non stavi dormendo?”

Scuote la testa e Ai solleva la propria per guardarlo, le mani posate sotto la guancia, lo sguardo assonnato che gli da la risposta che cercava.

"Ho dormito solo un pochino." ammette, un sorriso sbilenco sul viso. Si accascia ancora sul cuscino con un verso di soddisfazione, come fa sempre quando non c'è nessuna fretta e non devono andare proprio da nessuna parte.

Una domenica mattina qualsiasi delle loro vite.

"Comincia a far freddo." commenta, guardandolo dal basso. In momenti come questo, Sousuke non riesce a smettere di pensare che vorrebbe protrarre la mattinata per sempre. Oppure allungarla a dismisura, con movimenti lenti verso la cucina, se proprio devono mangiare, Aiichirou immerso nel maglione blu che adora rubargli, ma non porta mai a casa.

L'illusione non dura che un battito di ciglia, prima di cozzare con la realtà.

Ai non è suo. È suo ora, mentre allunga le braccia verso di lui come se fosse lontano chilometri, apre e chiude le mani per dirgli di avvicinarsi e Sousuke non può fare a meno di piegarsi a quel volere e nasconderlo sotto la coperta, ben stretto al suo petto.

Lo è ora che può annusargli i capelli e chiedersi perché abbiano sempre un profumo diverso, il cambiamento continuo che è quel ragazzo che lo affascina e spaventa allo stesso tempo.

È suo per il tempo in cui possono stare soli, per il tempo in cui cammina per il minuscolo appartamento di Sousuke come se fosse anche suo, la disposizione degli oggetti mai la stessa perché Ai porta scompiglio ovunque, con le sue matite e penne e quaderni e peluche che non sa nemmeno dove tenga prima che compaiano in casa sua.

Ma basta posarci gli occhi per sbaglio, su una mucca o uno squalo o una creatura marina poco carina che il ragazzo adora, per illudersi ancora di averlo, di essere nel posto che lui può chiamare casa.

"Sei sempre caldo come una stufa." mormora Ai, la pelle fredda che si scalda al contatto con quella di Sousuke, un nodo di braccia e gambe a formare una persona sola. Non gli importa di essere soltanto una stufa, in questo momento, se può stringerlo.

Ai contrasta il freddo che sente dentro, il freddo che lo invade mentre tenta di aggrapparsi ancora al sogno, a quel risveglio in cui può osservarlo e memorizzare ogni parte di lui, fino al più piccolo dettaglio e neo.

Ai si vergogna dei suoi nei, Sousuke li trova adorabili e non manca mai di dirglielo quando ne scopre uno nuovo. Non è una cosa che succede più molto spesso, ma l'espressione del ragazzo rimane impagabile, il viso rosso e le mani pronte a spingerlo via, la risata che invade quelle quattro mura riempendole di una luce che a Tokyo manca.

A volte teme che Rin torni prima, inaspettatamente, catturando tutte le attenzioni di Ai, riprendendoselo con la facilità disarmante con cui riesce ad illuminargli il volto di una felicità che sa non essere capace di donargli.

Non è un bel pensiero, quello.

Rin è il suo migliore amico. Non dovrebbe pensarlo ora, questo, ma concentrarsi sul ragazzo disteso accanto a sé è difficile, senza finire a pensare a Rin. Il modo in cui Ai sembra agitarsi progressivamente prima del suo ritorno, la sua espressione dolce quando sono al telefono, il modo nervoso con cui si tormenta le dita quando stanno su Skype e si raccontano cose banali.

Non si immagina nulla, è palese sotto ai propri occhi e si odia quando arriva a desiderare che la connessione si stacchi o che ci sia un temporale.

Un dito si posa sul suo naso, scivolando fino alla fronte e premendovi sopra in piccoli movimenti circolari.

“Devo studiare...” mormora Ai, allungando le braccia verso l'alto per stiracchiarsi. Fa un sorriso buffo, un po' storto per una persona sempre tanto allegra e gli si accoccola addosso, la guancia sul petto. “Dopo.”

“Che cosa ti serve?” domanda, cercando di distrarsi dal battito furioso del proprio cuore.

“Kawamura. L'esame è tra una settimana.” biascica il ragazzo, la voce sonnolenta che suggerisce possa riaddormentarsi da un momento all'altro.

Non è il momento di pensare a studiare, pensa Sousuke, circondandolo con le braccia in una specie di nodo stretto che spera gli impedisca di fuggire.

“Questo non voleva dire intrappolami qui, Sou.” commenta Ai, ridacchiando nella sua spalla. “Non sono così pessimo.”

La sua risata lo convince. Un poco, non del tutto, però. C'è un certo timore, mentre il ragazzo più piccolo scivola via da quell'abbraccio troppo facilmente, quando si alza e si infila il suo maglione.

Gli sta enorme, come tutti gli altri e Sousuke pensa ancora una volta che è adorabile, così. Suo per il tempo in cui indossa i suoi vestiti e gli sta accanto, il bisogno devastante di proteggerlo da un mondo che sembra troppo crudele e freddo per quella visione che gli scava nel petto.

Lo trattiene per la caviglia, le dita che si muovono lungo il polpaccio affusolato, sfiorano appena la coscia fino a trovare un nuovo neo e premerci un polpastrello.

Neo.” spiega, davanti alla sua espressione imbarazzata, le orecchie e le guance rosse. Sousuke si mette a sedere per posare le labbra su quel segno e l'altro emette una specie di verso strozzato, coprendosi il viso con le mani.

Pervertito.”

È incredibile riuscire a ridere. Ridere di cuore mentre sprofonda ancora nei cuscini e lo guarda camminare in tutta fretta fino allo scaffale.

Terzo ripiano.”

Lo so!” sbotta Aiichirou, ancora in imbarazzo, tirando verso il basso il maglione che già gli arriva a metà coscia.

Non ha mai smesso veramente di nuotare, anche solo per divertirsi. Dice che l'aiuta a pensare o smettere di pensare, anche. Quando è preoccupato o stressato per un esame, Sousuke sa dove trovarlo.

Ai non è mai maturato molto. Le sue spalle sono più larghe e forse ha preso ancora qualche centimetro, arrivando all'altezza di Rin. La sua voce si è fatta meno squillante, senza però perdere la propria energia. È sempre Ai, in tutto e per tutto.

È sempre bellissimo, ai suoi occhi.

Aspetta che gli si sieda accanto per accomodarsi con la testa sopra una delle sue gambe.

“Hai davvero... Un sacco di roba, qui.” commenta, come se fosse la prima volta che lo nota. “Pile di disordine.” aggiunge, in tono più leggero.

Ai non riesce a trattenere una risatina, fingendosi poi profondamente offeso. Gli ficca l'indice nella guancia come per punirlo, ma non passa molto prima che il tocco si trasformi in carezza.

Sousuke chiude gli occhi, ancora abbastanza assonnato da credere di potersi riaddormentare.

"Mi piace qui. Non è molto grande e non affaccia su nulla, ma è caldo. Ci sei tu."

Il tono di voce lo costringe a guardarlo di nuovo. Sarebbe molto più semplice fingere di essersi addormentato, ma sente il rimbombo del cuore contro il petto, così simile ad un tamburo da temere che Aiichirou lo senta.

Il ragazzo sta guardando fuori dalla finestra, le dita immobili, il libro posato in grembo. C'è l'illustrazione di un pesce orrendo pieno di spine. Ai gli ha sicuramente detto il nome, ma se l'è dimenticato.

Sospira e pungola la pagina per spostarla ed attirare la sua attenzione, ma Ai sembra ancora triste, perso da qualche parte in cui non può raggiungerlo.

Resta qui per sempre. Vorrebbe dirgli.

“Ti manca Rin?” dice invece, stupidamente, ogni traccia di sorriso sparita. Torna a tormentarlo la sensazione che stia scivolando via, anche quando lo guarda e chiude il libro.

Torna ad appoggiarsi sul cuscino, cercando di ignorare l'atmosfera tetra che sembra aver invaso la stanza.

“Certo che mi manca, è in Australia! A te manca tanto?”

Apre e chiude gli occhi davanti alla sua espressione addolorata, le sopracciglia corrucciate mentre allunga la mano per posarla sulla sua fronte e premerla lì.

Ai crede che sia triste perché Rin gli manca. Come sempre, non pensa nemmeno un secondo a se stesso, ai propri sentimenti, concentrandosi piuttosto su di lui.

“Andrai a vivere con lui dopo la laurea?”

“Questo... lo stai dicendo per farmi arrabbiare o lo pensi davvero?” domanda immediatamente il ragazzo più giovane, il viso calmo che contrasta con il tono secco della frase.

È questo a zittirlo. Per quella che sembra un'eternità, resta a fissare la trama del maglione, solo i loro respiri a spezzare il silenzio.

“Sousuke... noi stiamo insieme?”

Non alza lo sguardo, non ne ha bisogno per sentire la fragilità della sua voce, per osservare il tremore delle sue mani ancora ferme in grembo.

“Credi... credi che... Credi che faremmo l'am...” un respiro che sembra un singhiozzo e ancora Sousuke testardamente guarda in basso, non per paura, ma per vergogna. “Credi che faremmo sesso se volessi Rin?”

Ai centra il punto con la facilità di qualcuno che conosce paure e speranze infrante di una persona, gli attraversa il petto come un coltello incandescente nello stomaco, costringendolo a rannicchiarsi un poco, come a volerlo proteggere da altre ferite.

Non serve, quando il veleno sembra avere già infettato quella. È il senso di colpa immediato del pensare di aver ferito Ai, di avergli causato un dolore che non pensava possibile, nella sua testarda convinzione di essere usato e che andasse bene anche così, anche se fa male respirare, a volte.

“Sono così disgustoso, ai tuoi occhi? Come puoi... Come puoi toccarmi, pensando questo?”

Il movimento delle sue gambe fa scattare Sousuke in avanti, una mano che afferra il maglione, annaspa per stringerlo, riuscendoci soltanto dopo tre tentativi. Si aggrappa alla sua vita, il cuore che batte con una tale violenza da aspettarsi che schizzi fuori dal petto. Ma trova il coraggio di parlare, le parole che premono per uscire da quelli che sembrano anni.

“Non c'è niente da ammirare in me. Ho fallito nel mio sogno, come posso non pensare che tu preferisca Rin? Come posso pensare che tu voglia davvero me?” chiede, finalmente.

Ha paura. Vorrebbe dirlo, quella è solo paura, ma sta bene, davvero bene, quando riesce a dimenticarsi tutto e stargli accanto in silenzio. Sta bene quando lo sente suo, sta bene nel riconoscere il proprio profumo, seppure banale dopobarba, sulla sua pelle.

Non c'è niente di importante, niente di essenziale quanto quella sensazione.

La paura c'è solo in momenti come questo, solo quando è insicuro e Rin sta per tornare.

Aiichirou lo afferra per le braccia, costringendolo ad affrontarlo, finalmente, gli sale sopra, placcandolo sul materasso con una forza che non pensava possedesse.

O forse è solo Sousuke che è debole. Lo è sempre stato.

“Ammiro Rin! Lo ammiro tantissimo, sono fiero di quello che ha costruito! È il nuotatore che avrei voluto essere, se ne avessi avuto l'occasione! È il mio migliore amico, il tuo migliore amico! Come puoi pensare che ti faremmo qualcosa del genere! Io o lui, come!?” sbotta, gli occhi che presto cedono alla rabbia, annebbiandosi di lacrime.

È orribile vedere Ai piangere. Non è un viso fatto per questo, non è una persona che dovrebbe piangere. Eppure non riesce a sollevare di nuovo le braccia per stringerlo, la testa confusa dai pensieri che minano ogni certezza e le sue parole che invece rimbombano nel suo cuore.

“Noi... stiamo insieme.”

Non c'è tono interrogativo, in quello, anche se Aiichirou sembra sconfitto, la testa appoggiata alla sua spalla, la schiena scossa dai singhiozzi. Eppure sente che quello ha bisogno di una conferma, di una richiesta di perdono.

“Mi dispiace.” mormora, la voce sparita chissà dove, troppo debole perché l'altro lo senta chiaramente.

“Che cos'ho fatto di male per farti dubitare di noi?” pigola Ai, spezzandogli il cuore. Gli sembra di soffocare, il bisogno di contatto che si traduce nel modo quasi violento con cui lo attira al petto, lo stringe così forte da rischiare di fargli male.

Ma di male ne ha già fatto abbastanza e può ripararlo solo così.

“È colpa mia.”

“Sei sempre stato così forte. Ti ho ammirato così tanto. Ma sono innamorato di te, sono innamorato del Sousuke che si sveglia prestissimo per lavorare e mantenersi e riesce a farlo anche se non ha più il nuoto. Anche se non sarà mai un atleta olimpionico, anche se non posso ammirarlo nel nuoto. Perché... Perché non riesci a vederlo?” chiede ancora il ragazzo, cercando di alzarsi. Lo blocca, le braccia che si richiudono intorno alla sua figura minuta in una gabbia più efficace.

Non lo sa. Non lo riteneva possibile, perché da anni non detiene record, da anni non vince gare, non si fa un nome nel campo dello sport che pensava gli avrebbe dato un futuro.

“Ho paura che tu vada avanti senza più voltarti.” ammette finalmente, sentendo Ai che smette di fare resistenza all'abbraccio, smette di singhiozzare tanto forte. Il cuore smette di fare male come prima, una sorta di sollievo che lo invade. “Resta qui.”

Sente Ai che respira soltanto, grandi respiri presi sulla sua pelle che lo fanno rabbrividire. Si chiede se riuscirà a farsi perdonare, ma almeno gli ha chiesto di restare. C'è abbastanza posto per due, in quell'appartamento, c'è abbastanza posto per riprendere in mano le redini della sua vita e viverla anche senza sogni.

Non tutti sono destinati ad essere l'eroe che uccide il drago, gli ha detto Ai, una volta. Non vuol dire che non può essere felice. Sono felicità diverse, aspirazioni diverse.

“Qui è dove sei anche tu. Qui va' bene.”


   
 
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