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Autore: Alley    18/12/2014    7 recensioni
“Si dice che siano baci degli angeli” osserva, in modo del tutto automatico, e solo quando Dean solleva lo sguardo e chiede come? a bocca piena Castiel capisce d’aver detto qualcosa di potenzialmente imbarazzante e/o stupido – il suo cervello lavora molto più lentamente del solito quando c’è Dean nei paraggi.
“Le lentiggini. È…una cosa che ho letto da qualche parte, o forse sentito. Non ricordo.”

[seguito di "Paternal exertions ~ Di fughe, lentiggini e figlie ribelli"] [daddy!Castiel; daughter!Claire] [AU] [pre-slash]
Genere: Comico, Generale, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Balthazar, Castiel, Claire Novak, Dean Winchester
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna stagione
- Questa storia fa parte della serie 'Freckles are angels' kisses'
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“A che ora è l’appuntamento con Dean?”

Claire lo chiede all’improvviso, senza staccare lo sguardo dallo schermo del pc, e Castiel sente lo stomaco torcersi in modo strano davanti alla parola ‘appuntamento’.
 
“Passo a prenderti appena esci da scuola.”

La testa di Claire si solleva con uno scatto. “No!” dice – grida – e Castiel aggrotta la fronte, sorpreso dalla veemenza della reazione “Non ce n’è bisogno” aggiunge, in tono più pacato “Vi raggiungo da sola. Mi metti in imbarazzo quando vieni a prendermi, lo sai.”
 
A Castiel continua a sfuggire cosa ci sia di imbarazzante nel tornare a casa in auto con un genitore, ma sa che sarebbe inutile protestare.
 
*
 
Claire suona il campanello e uno squillante arrivo, il tempo di sfornare la torta! risuona oltre la porta.
 
“Eccomi!”  
 
Balthazar indossa un grembiule impiastricciato e ha le dita ricoperte di crema e zucchero a velo. Ha sempre avuto un’ossessione per la cucina e per i dolci in particolare. Quando va a trovarli porta sempre con sé qualche prelibatezza preparata con le proprie mani. È uno dei tanti motivi per cui Claire lo adora.
 
“Ciao Balth.”
 
“Oh, la mia non-nipote preferita! Che ci fai qui zuccherino? Vuoi entrare? Lo zio Balthy può offrirti una fetta di torta?”
 
“Grazie, ma non posso trattenermi.”
 
“Non importa” replica Balthazar, strofinando i palmi contro la stoffa del grembiule “Ve ne preparerò una domani. Ai lamponi, probabilmente, o forse ai mirtilli.”
 
“Come va? Hai finito il rewatch di ‘Game of thrones’?”
 
“Ieri ho rivisto il red wedding.”
 
“Traumatico come sempre?”
 
“Più di sempre" risponde, costernato "Ho consumato tutta la scorta di fazzolettini. Dovrò rifornirmi per la morte di Oberyn. Tu e Cassie come ve la passate?”
 
“Bene. Papà è molto impegnato con il lavoro ultimamente. A questo proposito…” Claire esita strategicamente e sfoggia i migliori occhi da cucciolo del suo repertorio – un’arma ereditata da suo padre “…ero venuta a chiederti se domani posso venire a pranzo da te. Papà è fuori tutto il giorno e non mi va di mangiare da sola.”
 
“Ma certo che puoi, passerotto!” Balthazar accompagna l’esclamazione con una carezza che le sporca la guancia di crema. “Domani avevo intenzione di sperimentare una nuova ricetta. Mi farai da cavia.”
 
“Grazie mille!” Claire si sporge a schioccargli un bacio sulla guancia “A domani, allora.”
 
*
 
Castiel non sa perché si senta così agitato – o meglio, lo sa benissimo, ma non capisce che motivo ci sia di essere agitati. In fondo deve solo condividere del cibo con un quasi sconosciuto, non è un appuntamento in quel senso. Claire non voleva dire questo. Se fosse stato un appuntamento in quel senso nemmeno ci sarebbe venuta, Claire.
 
Non c’è nulla per cui agitarsi. Assolutamente nulla.
 
“Papà!" la voce di Claire si mescola al rumore dei tonfi “Ti sei addormentato? È un’ora che busso!”
 
Castiel s’infila il trench in fretta e furia e si precipita verso la porta. Claire ha le braccia incrociate e un sopracciglio leggermente inarcato, e per qualche strana ragione lui si sente come se fosse stato beccato in flagrante.
 
“Da quando ci metti tanto a prepararti?”
 
“Non ci ho messo tanto” risponde e, beh, non è una bugia; da quando si è chiuso in bagno ha impiegato metà del tempo a chiedersi perché fosse così agitato e l’altra metà a dirsi che non c’era motivo di esserlo, per vestirsi c’ha messo cinque minuti come al solito.
 
Claire oltrepassa la soglia e lo squadra pensosa. “Non potresti mettere qualcosa di un po’meno…formale?”
 
“Devo andare a lavoro, Claire, e non avrò il tempo di tornare a casa e cambiarmi.”
 
Se chiedesse un altro permesso quella serpe di Zaccaria – il suo capo – lo licenzierebbe seduta stante. Il mese scorso è andato via in anticipo quattro volte per rispondere alle convocazioni improvvise degli insegnanti.
 
“Mmh.”
 
Claire continua a fissarlo con insistenza, come se stesse cercando la soluzione ad un problema particolarmente complesso. Quando Castiel sta per uscire e lasciarle il bagno si frappone tra lui e la porta e si sporge per aggiustargli la cravatta.
 
“Ecco, così va meglio” dice, soddisfatta, poi solleva lo sguardo e sfodera un sorriso terribilmente simile a quello con cui l’ha salutato la mattina in cui ha marinato la scuola per andare a fare bungy jumping con Dustin - Castiel è svenuto quando l'ha scoperto “Divertiti.”
 
“Al lavoro?”
 
“Certo. Dove altrimenti?”
 
*
 
Castiel spera con tutto se stesso che Claire arrivi prima di Dean, perché il pensiero di stare da solo con lui lo fa sentire ancor più a disagio di quanto non si senta già. Non pensa di essere una persona particolarmente interessante, né particolarmente spigliata, ma d’altronde Dean non deve trovarlo interessante e visto che non è un appuntamento non c’è bisogno di essere spigliati, quindi non ci sarebbe alcun problema, in teoria.
 
(ma in pratica Castiel spera comunque che Claire arrivi per prima)
 
Ovviamente Claire non arriva per prima - e nemmeno lui. Dean è già lì, poggiato contro la porzione di muro al lato dell’ingresso, e lo accoglie con un cenno del capo e con quel sorriso che gli fa venire le vertigini.
 
“Ciao Dean”  lo saluta, e in un recondito angolo della sua mente pensa che dire Dean gli piace parecchio “Perdona il ritardo.”
 
“Tranquillo. Sono appena arrivato.”
 
“Claire sarà qui a momenti.”
 
“Perfetto.”
 
Castiel vorrebbe disperatamente avere qualcosa di intelligente da dire per proseguire la conversazione - il silenzio lo mette così in imbarazzo che anche qualcosa di non troppo intelligente andrebbe bene. Il trillo del cellulare gli risparmia l’incombenza di cercare questo qualcosa, e Castiel è talmente sollevato che nemmeno si preoccupa di controllare a chi appartenga il numero che lampeggia sul display prima di portarsi il telefonino all’orecchio.
 
“Papà.”
 
“Claire?” Castiel si sforza di ignorare il brutto – terribile – presentimento che gli attanaglia lo stomaco “È successo qualcosa?” domanda, ma non è sicuro di voler conoscere la risposta.
 
“No, non proprio, ma…sì, in realtà sì. Non posso venire.”
 
Non voleva decisamente conoscere la risposta.
 
“Come?!” chiede, e stando al modo in cui Dean ha aggrottato la fronte deve essere suonato un tantino isterico.
 
“Tesoro” riprende, cercando di modulare il tono di voce “Perché non puoi?”
 
“C’è la prima lezione del corso di recupero di matematica oggi. Me n’ero completamente dimenticata.”
 
“Da quando vai male in matematica?”
 
“Da sempre, papà” replica Claire, e Castiel può letteralmente sentirla roteare gli occhi “Non posso saltarla.”
 
“Certo” acconsente Castiel e no, non sta lottando contro il desiderio di strangolarsi con la cravatta “Non preoccuparti, non importa.”
 
“Salutami Dean. E digli che mi dispiace.”
 
Claire riattacca, e Castiel ripone il cellulare in tasca con lo stesso spirito di un condannato che si dirige verso il patibolo.
 
“Contrattempo improvviso?”
 
“Purtroppo sì” conferma, mortificato “Mi dispiace averti fatto venire fin qui per niente, io non--”
 
“Beh, già che ci siamo potremmo prendere qualcosa insieme. Così non sarà stato per niente.”
 
Segue un attimo - un lungo attimo - in cui la mente di Castiel registra e assimila le parole di Dean e le trasforma in qualcosa di intelligibile. Anche dopo quest’attimo Castiel non è sicuro d’aver capito bene.
 
“Io e te?”
 
“Non credo sia il caso di chiedere a un passante di unirsi a noi.”
 
“No, in effetti no.”

"Quindi va bene?"

"Io, ecco..." non è un appuntamento Castiel. State solo rimediando ad un imprevisto. Non.È.Un.Appuntamento. "...va bene."

“Fantastico.”
 
Castiel guarda Dean entrare nel locale, e solo dopo averlo visto varcare la soglia si ricorda che dovrebbe seguirlo.
 
*
 
Hanno preso posto da qualche minuto quando il cellulare di Dean comincia a squillare, e a giudicare dall’occhiata seccata che lancia al display non deve essere molto contento di ricevere quella telefonata.
 
“Scusami, ci metto un attimo.” 
 
“Tranquillo” lo rassicura Castiel, ed è sicuro che Dean abbia represso uno sbuffo prima di rispondere.
 
“Quante volte devo dirti di non chiamare così spesso? Sì, certo, Samantha, sto benissimo, ma stavo molto meglio fino ad un attimo fa.”
 
La conversazione procede per una manciata di minuti, minuti che Dean impiega prevalentemente per ribadire che sta bene, che non c’è nulla di cui preoccuparsi e che non risponderà ad altre chiamate nelle prossime ventiquattro ore.
 
“Dio, è asfissiante” sbotta, dopo aver riattaccato “Non fa altro che starmi addosso. Eppure dovrebbe essere il contrario.”
 
“Beh, sì, di solito sono i ragazzi ad essere più protettivi” acconsente Castiel, e pensa che è davvero ammirevole da parte sua riuscire a non suonare deluso come in realtà si sente “Ma a volte le fidanzate sono asfissianti, effettivamente.”
 
Dean lo fissa con un’espressione tra l’allibito e lo sconcertato, la mantiene fino a quando gli angoli della sua bocca non si arricciano preannunciando la risata scrosciante in cui scoppierà di lì a breve. Castiel si domanderebbe cos’abbia detto di così divertente se non fosse tanto occupato a pensare a quanto sia bello quel suono.
 
“Veramente è mio fratello minore, Sam” spiega, una volta che la risata si è smorzata “Lo chiamo Samantha perché è una femminuccia. Grande e grossa come un armadio, ma pur sempre una femminuccia. Si è sposato il mese scorso e si è trasferito a Los Angeles. Mi chiama in media venti volte al giorno per chiedermi come sto.”
 
Una giovane cameriera si avvicina al loro tavolo, munita di penna e blocchetto. A Castiel non sfugge il modo…interessato in cui guarda Dean – solo perché è un buon osservatore, ovviamente, non perché lo infastidisca. Non è minimamente infastidito per il fatto che tutte le donne del locale – e anche qualche uomo, in verità – hanno gli occhi puntati su di lui da quando sono arrivati, non lo è affatto.
 
Dean ordina due hamburger – perché non puoi venire qui e non prendere l’hamburger, sarebbe un reato – e due birre, la ragazza appunta tutto e si allontana.
 
“Tu hai fratelli?”
 
“Tre. E una sorella. Lei è l’unica che frequento.”
 
“Gli altri?”
 
“Gabriel è sempre in giro per il mondo. Ogni tanto viene a trovare me e Claire, ma il più delle volte si limita a spedire cartoline” con donne nude stampate sopra, ma questo è un particolare che è meglio omettere “Con Michael e Rafael non…non vado particolarmente d’accordo” si limita a dire, perché il fatto che la sua non sia mai stata una vera famiglia non è qualcosa che gli piaccia ammettere - non a voce alta, almeno.  
 
“E cosa fai nella vita?”
 
Castiel è convinto che il cambio d’argomento non sia stato un caso, che Dean, in qualche modo, abbia capito. Dean sembra il tipo di persona in grado di capire certe cose.
 
“Oltre a star dietro a quel terremoto di tua figlia, intendo.”
 
In realtà non ama parlare del proprio lavoro, perché di solito non ispira particolare simpatia, ma tutto è preferibile al capitolo famiglia e pretendere di scansare una domanda così comune sarebbe un po’troppo.
 
“L’esattore delle tasse.”
 
“Ci avrei scommesso.”
 
“Davvero?”
 
“Sì. Ne hai tutta l’aria.”
 
Non suona come uno sfottò; è solo una constatazione, e Castiel capisce quanto sia stato stupido aspettarsi da Dean le battute sgradevoli e le occhiatine malevole che è solito ricevere dalla gente.
 
Dean non è la gente.
 
Nel frattempo arriva la cameriera con le loro ordinazioni. Appoggia i piatti e i boccali sul tavolo, radiografa sfacciatamente Dean – di nuovo – e poi sparisce tra la calca di avventori formatasi alle loro spalle.
 
“Tu?”
 
Dean beve un sorso di birra e addenta il panino. E addentare un panino dovrebbe essere qualcosa di, come dire…normale, non dovrebbe avere una carica erotica così alta. Non dovrebbe essere nemmeno possibile, una cosa del genere.
 
“Ho un’officina.”
 
Castiel non ha mai visto qualcuno mangiare con tanto gusto, ed è decisamente un male perché lo costringe a fissarlo – a fissarlo più di quanto non facesse già – e a) fissare le persone mentre mangiano è maleducazione e b) fissarlo vuol dire fissare le lentiggini, e fissandole Castiel constata che sono persino di più di quante ne ricordasse.
 
“Ti piace?” gli chiede all’improvviso, e Castiel si ridesta dallo stato di contemplazione catatonica in cui era caduto e ingoia appena in tempo il cosa? salitogli alle labbra perché, beh, è ovvio che stia parlando del panino.
 
“Moltissimo.”
 
E anche lui sta parlando del panino, naturalmente.
 
Continuano a mangiare, in silenzio, l’attenzione di Dean del tutto catalizzata dall’hamburger e quella di Castiel anche – dal modo in cui viene mangiato, in realtà, ma non è il momento di soffermarsi sui dettagli.
 
“Si dice che siano baci degli angeli” osserva, in modo del tutto automatico, e solo quando Dean solleva lo sguardo e chiede come? a bocca piena Castiel capisce d’aver detto qualcosa di potenzialmente imbarazzante e/o stupido – il suo cervello lavora molto più lentamente del solito quando c’è Dean nei paraggi.
 
“Le lentiggini. È…una cosa che ho letto da qualche parte, o forse sentito. Non ricordo.”
 
“Mia madre diceva sempre che gli angeli vegliano su di me” Dean scrolla le spalle, dando un altro morso al panino “Evidentemente si sono divertiti a sbaciucchiarmi.”
 
*
 
“Vuoi che ti dia un passaggio?”
 
“No, ti ringrazio. Devo fare un salto da un amico.”
 
Se non passerai ad assaggiare la torta ai lamponi che ho preparato la nostra amicizia potrà dirsi conclusa per sempre, Castiel Novak.
 
Castiel ha imparato a proprie spese che è meglio assecondare Balthazar quando ricorre a toni così melodrammatici – l’ultima volta che non l’ha fatto gli ha tenuto il broncio per un mese.
 
“Magari possiamo rifarlo con Claire.”
 
“Sì. Mi farebbe piacere.”
 
“Bene” Dean tira fuori le chiavi dell’Impala, parcheggiata a pochi metri dal locale “Allora alla prossima, Cass.”
 
Cass. Gli piace. Non è imbarazzante come il Cassie di Balthazar e suona bene, almeno detto da Dean. Probabilmente il fatto che l’abbia detto Dean è il motivo per cui suona bene.
 
“Ciao Dean.”
 
In ogni caso, Castiel non è sicuro che quello sia il modo in cui ci si dovrebbe sentire dopo aver condiviso del cibo con un quasi sconosciuto. 
  
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