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Autore: SakiJune    19/12/2014    0 recensioni
"Gallifrey si era risvegliata con un ruggito di dolore, non con uno sfarfallio di ciglia. La pace futura doveva fondarsi su un ultimo, necessario atto di violenza. Ma il Dottore non ne fu testimone né causa. Non sentì le voci stridule risuonare nelle strade, le voci gravi sillabare con prudenza all’interno di stanze sigillate, né le voci amiche chiamare il suo nome, i suoi tanti nomi, in un tono che non attende risposta ma ne ha bisogno, ne ha sete. Non sentì giungere chi, fuggito o intrappolato all’inizio della Guerra del Tempo, si era rifugiato in differenti linee temporali e ora aveva sentito il richiamo, sempre più forte, giungere da casa. Erano tornati - gli spauriti e i vili, i saggi e gli idealisti..."
Sequel di "A Taste of Honey".
Genere: Angst, Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Altri, Doctor - 12, Jenny, Nuovo personaggio, Sorpresa
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'From Lungbarrow to Trafalgar Square'
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- “E non interrompermi finché non ho finito. Ho avuto parecchi anni per prepararmi questo discorso, perciò è difficile che tu possa controbatterlo.” Come suona?

Ryndane alzò gli occhi dal libro: - Minaccioso, Dorium, davvero minaccioso - rispose tranquilla.

- Avrei preferito che mi trovassi convincente.

- A volte le minacce convincono. Per esempio, dopo due anni interi di minacce oggi a pranzo la famiglia è riuscita a riunirsi. E convincere Thistle a tornare a casa per le vacanze è davvero un’impresa, lo sai.

- E lo psicopatico è di nuovo sull’agitato andante. Ora, non dire al Dottore che l’ho detto di nuovo. Non avrei dovuto permettermi, però...

- No, no, ho capito, non devi scusarti. Era un po’ che non lanciava per aria qualcosa, in effetti.

La doppia personalità di Jackjamin l’aveva sempre turbata. In realtà, tutto ciò che non le era familiare la turbava: la confusione, gli sconosciuti, persino un’innocua gita alla Cittadella.

Se avesse potuto decidere, avrebbe lasciato l’Accademia già il primo giorno. Proprio non capiva come Thistle potesse preferirla alle rassicuranti mura di Lungbarrow, all’odore di legno e al ronzio sonnacchioso del Telaio, così simile al ronfare dei gatti di Ada, che impediva al silenzio di allagare le sue timide fantasticherie; specialmente la cucina era un luogo magico, per lei. Fuori, il mondo era così strano e spaventoso… anche se le galline mannare non esistevano, checché ne dicesse Corgan.

Ma agli sbalzi d’umore di Jack si sarebbe ben dovuta abituare dopo tanto tempo, eppure non era così. Era inquietante, perché a volte era proprio dispettoso come Morth e Corgan, ma ultimamente sembrava più spesso chiudersi in una bolla di superiorità ed estrema prudenza nel maneggiare i rapporti con gli altri. Quasi… qualcuno lo osservasse. Ed era strano, perchè ormai nessuno lo osservava. Persino il Dottore non si stupiva più di quella stranezza, forse aveva rinunciato a capirlo… ma lei ne aveva davvero paura.

- Non ha “lanciato qualcosa per aria”, mi ha tirato una mela dritta in un occhio!

- Ho visto. C’ero. - Ecco, quel giorno era tornato ad essere il vecchio rompiscatole irruento, e quasi pensava di preferirlo così.

- Ti ricordo che, se mi rompo, non guarisco come la gente viva. Oh, ma certo, a chi importa?

- Ovvio che mi importa! Ti voglio bene. La prossima volta ti farò scudo con il mio corpo, sarò il tuo cavaliere. Ada ti ha mai raccontato della Tavola Rotonda? C’era un cavaliere color cioccolato che si chiamava Palamedes, ed era innamorato di Sir Tristan ancora più di quella smorfiosa di Iseult. Chissà se è solo una storia o sono esistiti veramente. - In realtà Ada aveva dato loro in pasto le sue fanfiction slash, non la storia originale di Malory o di Troyes, ma questo i Cugini non potevano saperlo.

- Scricciolo, tutto quello che riesci ad immaginare esiste. E quando sarai una Signora del Tempo potrai anche scoprirlo di persona.

- No, grazie, va bene così. - Non le piaceva pensare al proprio futuro in quei termini. Non voleva diventare proprio niente, le piaceva impastare e zuccherare e offrire i suoi dolci agli ospiti, a meno che non fossero gente che non aveva mai visto:  in quel caso mollava la teglia in cucina e lasciava che fossero Innocet o Badger a servirli. - Riprendi pure da dove hai interrotto. Mi sembra che fossi a “è difficile che tu possa controbatterlo”.

- Giusto. Grazie. “Immagino che Alonso fosse il primo della lista, ma ormai ha in mente solo di viaggiare con il suo bellimbusto e ti molla a metà di un caso. Sarebbe quantomeno un padre poco presente.”

- Tu queste cose come le sai?

- Che il socio in affari di Jenny e Vastra avesse un fidanzato che saltellava per il tempo e lo spazio? Kew mi raccontava un mucchio di cose. Non in questi termini, ovvio, ma sto andando di interpretazione… se non fosse così, improvviserò al momento. È da quando se ne sono andati che cerco di ricostruire quello che è successo.

- Che deve succedere. Devi tenere conto della tua linea temporale.

Lui si era incupito. - Già, beh, così non aiuti, ragazzina. Ti lascio al tuo… cos’è? Ricette di lontane galassie, credo sia più interessante dei miei problemi.

Il LED lampeggiò e Ryndane si rituffò tra le pagine del libro, ma non stava più veramente leggendo.

No, non aveva mai sognato di viaggiare. Ma c’era almeno una creatura che viveva su un altro pianeta e avrebbe desiderato incontrare… quel bambino che Dorium rimpiangeva con tutto se stesso e che aveva lasciato dietro di sé molto più di un mazzetto di disegni colorati.



[Ho dimenticato il saggio di Relazioni Intergalattiche che dovrei consegnare oggi. Ne avrei bisogno subito, per favore.]

Il Dottore lo aspettava al varco. Rilesse il messaggio sul trasmettitore e aspettò un pochino prima di rispondere: non voleva dargli la soddisfazione di una risposta immediata.

[Vediamo se indovino di cosa stai parlando. Un cubetto verde, con gli spigoli arrotondati e una presa supplementare]

[Sì, certo! Puoi portarmelo?] Poteva quasi vederlo scodinzolare.

[Saresti divertente, se non fossi inquietante. Noi due dobbiamo farci una chiacchierata, ma prima dovrai chiedere scusa a Dorium.]

[Naturalmente. Non so perché l’ho fatto. Immagino mi abbia dato fastidio sentirmi chiamare “psicopatico”.]

[Tu immagini? Da quando ti degni di immaginare una scusa per qualcosa che hai combinato? No, ragazzo mio, devi darti una regolata. Sembrava andare tutto bene, da qualche anno a questa parte. Cosa ti succede di nuovo? Vorrei capirti, davvero.]

[Non so cosa dire. Ma ne ho bisogno ora, ci avevo lavorato parecchio prima delle vacanze.]

[Chiedi a tua sorella, gentilmente, e potrebbe decidere di restituirtelo. E la prossima volta non lasciare le cose in giro...]

[Non capisco, scusami. Se ce l’ha lei, perché non me l’ha ridato subito?] “Non capisco, scusami?” Voleva provocare una pioggia di meteoriti? Era di nuovo in modalità secchione innocente, e quella flemma gli stava mettendo i brividi.

[Ripeto: chiediglielo gentilmente, mi raccomando. A presto, figliolo.]

 

C’era la fila per usare il trasmettitore, così Jack si scostò per lasciar spazio alla ragazza dietro di lui, che gli sorrise civettuola. Aveva sempre avuto un certo numero di ammiratrici… e poi ovviamente c’era Ash. Non gli dispiaceva, proprio no, ma non sapeva bene cosa farci, con quelle attenzioni.

 

Conquistare una buona posizione è una priorità rispetto al creare legami non necessari al raggiungimento dei propri scopi. Talvolta invece essi sono un mezzo per mostrare una facciata accettabile.

 

Si sarebbe dovuto trovare una ragazza? Un ragazzo? Avere delle esperienze? Forse, un giorno, dopo il diploma. Ancora quattro anni…

L’ascensore si aprì sul corridoio dei sotterranei. Mancava pochissimo alla lezione di R.I. e aveva bisogno di rivedere il saggio prima di consegnarlo, perciò si affrettò a bussare alla porta del laboratorio. Qualcuno aprì dall’interno.

- Thistle, papà mi ha detto che ce l’hai tu il mio…

- Sì, sì. Nel mio armadietto, il codice è lo stesso del diario segreto che avevo da piccola e che hai hackerato spudoratamente… vediamo se te lo ricordi - rispose lei, concentrata a rimestare una poltiglia metallica sul fornelletto a impulsi. Aveva una maschera che la faceva assomigliare a un Tritovoro e le attutiva la voce, e indossava lunghi guanti color argento. - Fai in fretta ed esci, non si dovrebbe respirare questa roba quando è calda.

Jack aveva buona memoria, soprattutto se associata a indiscrezioni così succulente come quelle che aveva letto allora. Aprì l’antina e sullo scaffale a scomparti adocchiò subito il suo cubetto di dati, lo prese… ma qualcos’altro attirò la sua attenzione.

L’aveva appena toccata - sfiorata, proprio. Eppure tutto era cambiato.

Si sentiva quasi sbandare, tanto da doversi aggrappare alla scrivania più vicina. Continuava a fissare quella foglia di metallo lucido che conosceva anche troppo bene e con cui da bambino adorava giocare... quando ancora tutto era semplice, quando le braccia di sua madre erano il luogo più bello del pianeta e arrampicarsi sul tetto la sua ambizione più grande.

La prese in mano, lasciando penzolare la catenella. Qualcosa in lui lottava per recuperare il controllo, ma era troppo debole per darvi attenzione.

- Jackjamin, ti sei imbambolato? O metti una maschera anche tu o vai fuori, non voglio averti sulla coscienza! - lo apostrofò Thistle, riscuotendolo inconsapevolmente da quella trance. Sentì finalmente l’odore aspro della lega in ebollizione e tossì. Senza quasi rendersi conto di ciò che faceva, si infilò la collana in tasca e richiuse l’antina.

- Ce l'hai, un’altra maschera? - Era euforico. Forse si stava davvero intossicando di quella robaccia.

- No, la usiamo a turno perché il governo non ci dà abbastanza fondi, come dice qualcuno alla radio clandestina - rispose lei, sarcastica. - Laggiù.

La indossò e raggiunse la sorella al tavolo da lavoro, iniziando a stuzzicare la materia fluida con una sondina.

- E non toccare, scemo, abbassi la temperatura. Davvero, dovrebbero piantarla.

- La riscaldo, semmai, non vedi che ho preso quella termica? Cic cic cic.

- Sì, bruciati, mi raccomando. Corgan è da due giorni in infermeria per non aver seguito le istruzioni, e quelli erano esercizi per gli esami dei Corsi Elementari.

Lui restò ancora un po’ a girarle intorno. Non aveva più nessuna fretta. Si avvicinò al settore proibito del laboratorio e aveva quasi messo le mani sul Rilocatore, ma lei gli strillò di levarsi da lì. Non era sicura che i comandi fossero bloccati.

- Se vuoi finire all’altro angolo dell’universo accomodati, ma non mentre ci sono io, idiota!

Jackjamin si scostò dall’apparecchio, sbuffando, e tornò al tavolo. - Ma questi esperimenti non toccherebbero agli sfigati di Chimica?

Momentaneamente sollevata dal pericolo scampato, Thistle si rilassò. - No, toccano a noi sfigati di Ingegneria. Dobbiamo progettare ogni elemento dell’apparato finale, inclusa la verniciatura isolante. Se non funziona entro l’anno prossimo, potrei giocarmi tutto. Ma non saresti un po’ in ritardo?

- Oh, porco schifo! - Come aveva potuto dimenticarsene? Era andato lì apposta!

- Corri, no? E levati la maschera, ormai, vuoi portartela in classe?

Se la sfilò, restando scarmigliato e continuando ad imprecare - Ma porco…

Era incredibile. La smorfia sulla sua faccia, e poi… dimenticarsi di andare a lezione! Era il solito incredibile buffone. Thistle rise di gusto, senza però perdere di vista  il fornelletto. - Idiota - ripeté, serena e divertita.



Quella sera aveva saltato il corso di Disciplina Mentale e non aveva dato nemmeno un’occhiata agli schemi del progetto, a cui ultimamente dedicava tutte le proprie energie. Dopo aver ispezionato e smontato ogni singolo scaffale dell’armadietto si era arresa, ma non per questo la sua rabbia era diminuita. Si sentiva derubata non solo di un oggetto prezioso che possedeva da quando era nata, ma della fiducia e dell’affetto che per tutta la vita aveva provato nei confronti di Jack - nonostante non fosse mai riuscita a capirlo, nonostante tutto.

Perché non era stato facile, all’inizio, proprio per niente.

Era troppo piccola per capire cosa stesse succedendo, ma si arrampicava sulla finestra e guardava fuori, in giardino, pregando che la sua mamma tornasse a casa.

- Deve riposarsi ancora un pochino in ospedale, - le aveva detto Innocet. - È nato il tuo fratellino ed è molto stanca. - Era piccola e non capiva, ma non era stupida. C’era qualcosa di brutto che la Governante non voleva dirle.

La mamma era tornata, infine, ma non era più quella di prima. Non avrebbe saputo esprimere cosa esattamente in cosa fosse cambiata, o forse… sì, il sorriso era diverso, e forzato, e spento come l’espressione dei suoi occhi.

E lei guardava quel bambino nella culla cercando di decidere se dargli la colpa di tutto o fargli le coccole. Per la pace di tutta la famiglia, aveva preferito la seconda opzione.

Novantaquattro anni dopo, cioè adesso, avrebbe voluto prenderlo a schiaffi, ancora, e ancora. Avrebbe voluto chiedergli perché avesse fatto una cosa simile… ma allo stesso tempo aveva paura della risposta.

Ci sarebbero state delle conseguenze? Quand’era bambina, si era convinta che se avesse perso quella collana sarebbero arrivate le Sacerdotesse di Karn a punirla. Ma poi, crescendo, l’aveva considerata sempre di più un simbolo e un ricordo piuttosto che un vero e proprio amuleto.

Eppure lo era. E se Jackjamin non gliel’avesse rubata per farle un dispetto, ma perché sentiva di averne bisogno? Se… era qualcosa di folle, ma se avesse compreso di doversi proteggere da qualcuno… da qualcosa?

La sua mentalità pratica le impediva di rimuginare su una teoria senza trovare delle prove che la smentissero o la confermassero. Perciò, invece di rimanere a covare rancore sul letto come una gallina mannara, si preparò ad affrontare suo fratello faccia a faccia.

Ma quando uscì nel corridoio vide una figura familiare venirle incontro, e capì che il nemico aveva mandato una spia a tastare il terreno.

- Salve, signor ambasciatore. Hai riportato la refurtiva con te o almeno una spiegazione?

- Una spiegazione. Ma non sono l’ambasciatore di nessuno, questo dev’essere chiaro.

- Cristallino e monometrico. - Incrociò le braccia, sospettosa.

- Ognuno ha le sue battaglie, Thistle. Ognuno le combatte come può.

- Ma porco schifo, Ash! Qualunque sia il problema, non si risolve rubando!

- E invece è così. Oggi è cambiato tutto… per la prima volta, Jack è consapevole di avere un problema, e andremo insieme in fondo a questa storia.

- Oh, certo, se lo aiuta a concentrarsi… oh, ma che sto dicendo? D’accordo, ammettiamo che il potere della Fiamma abbia un influsso positivo su di lui. Perché la Sorellanza l’avrebbe destinata a me, se sarebbe stata più utile a Jack?

- E questo come faccio a saperlo? Abbiamo appena iniziato a parlarne. Faremo delle ricerche.

- Voi due, da soli? Non pensateci nemmeno. Mio padre deve esserne messo al corrente. E dobbiamo chiedere un’udienza su Karn, dobbiamo...

- Non è la tua battaglia, Thistle. E nemmeno quella del Dottore.

- E nemmeno la tua, di battaglia, voi e le vostre metafore! Ed è la mia collana.

- Forse la sua vera natura è quella che a te dà fastidio. Forse… ora potrebbe essere finalmente se stesso, e per sempre.

- In quel caso, poveri noi - fu il commento acido che non riuscì a frenare: avrebbe dovuto immaginare cos’avrebbe scatenato.

Ash si accigliò e parve vibrare di rabbia. - Non gli vuoi bene, non gliene vuoi per nulla. Vorrei che mio Cugino non si fosse innamorato di te, perché non lo meriti. Non riesci nemmeno a desiderare la felicità per la tua famiglia!

Quelle parole la ferirono, ma cercò di non darlo a vedere e di mostrarsi superiore. Dopotutto, se l’era cercata. - Ashredoathree, non sei venuto qui per litigare, vero? Cerchi di farmi sentire in colpa perché vuoi essere sicuro che vi lasci in pace. D’accordo, allora. Fate le vostre deduzioni e non voglio saperne niente. Ma se qualcuno a casa dovesse chiedermi del ciondolo, sappiate che non dirò una bugia, e dovrete vedervela non solo con i miei genitori, ma anche con Innocet. - Ash deglutì, colto nel suo punto debole. - E se sarà necessario interpellare la Sorellanza…

- A quel punto cercherò di convincerlo, ma per ora lascia che provi a venirne a capo. - Non sembrava più arrabbiato e nemmeno turbato, stava solo aspettando una risposta definitiva.

Thistle sospirò. Se ne sarebbe pentita, già lo sapeva. - Allora forse abbiamo un accordo.

- Sissignora. - Aveva sempre avuto un sorriso così bello? Teneva così tanto a Jackjamin?

- Attenzione alle ronde, non voglio essere tirata in mezzo se ti beccano a tornare. E comunque tuo Cugino non è innamorato di me - precisò lei.

- Ma certo che sì. E non è vero quello che ho detto, ti voglio di sicuro come cuginetta. - Le schioccò un bacio sulla guancia, senza alcun preavviso. La situazione, che si prestava ad un infame ricatto, acquisì un profumo d’amicizia. - Grazie, Thistle.

Quando sparì dietro l’angolo del corridoio, non ebbe nemmeno il tempo di sentirsi presa in giro.
Ma certo che sì.

Quella notte si addormentò con il sorriso sulle labbra.

 

 

 

   
 
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