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Autore: Kiki87    19/12/2014    5 recensioni
Sebastian e Kurt sono coinquilini da quasi un anno e la loro quotidianità è una piacevole routine a cui il primo non è tanto disposto a rinunciare. Soprattutto quando Kurt annuncia il suo inaspettato fidanzamento con Blaine.
Tra machiavellici tentativi di sabotaggio e sporadiche sbronze al solito pub, Sebastian si lascia andare ai ricordi della loro convivenza. Ma sarà disposto ad ammettere che i sentimenti di Kurt non siano i soli in gioco, prima che sia troppo tardi?
“Kurt si sposa”, si sentì dire, dopo aver rilasciato il respiro.
Non era stato volontario, ma bastò pronunciare quelle parole perché fluttuassero tra loro così perentorie. Dannatamente reali. E definitive.
Genere: Fluff, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Kurt Hummel, Sebastian Smythe
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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13
Guardando le pagine della mia vita,
ricordi sbiaditi di me e di te.
Errori, lo sai, ne ho fatti diversi.
Mi sono ammacccato e sono caduto qualche volta.

Chiedimi come siamo arrivati così lontano,
la risposta è nei miei occhi.
Ogni volta che ti guardo,
vedo qualcosa di nuovo.
Qualcosa di nuovo che
mi conduce ancora più in alto
e mi fa volerti di più.

Per tutte le parole che non ho detto
e tutte le cose che non ho fatto.
Stanotte troverò un modo.

Non voglio dormire stanotte,
sognare è solo una perdita di tempo.
Quando guardo cosa è successo
nella mia vita,
capisco che
sono ciò che sono, amandoti.


All about loving you – Bon Jovi.1



Capitolo 13

“Non posso”.
Riuscì quasi a percepire il fremito dei pensieri e degli interrogativi che scorrevano nelle menti di tutti coloro che, increduli e sgomenti, stavano assistendo a quel momento. Si sentiva esattamente come uno degli altri astanti: semplice spettatore che non avrebbe avuto alcun diritto di commentare o di intervenire, ma soltanto lasciare che Kurt prendesse le redini della sua vita.
Blaine, più di chiunque altro, parve impallidire e vacillare: le labbra tremanti e il fiato corto, non poté che osservare il fidanzato con aria impotente e semplicemente shockata.
Quest'ultimo aveva gli occhi lucidi, ma non distolse lo sguardo, quasi non vi fosse nessun altro presente, attorno a loro. Come se tutto ciò non stesse coinvolgendo anche gli invitati che erano confluiti dall'Ohio o da altri stati americani per essere partecipi della loro giornata più importante. Come se, dopotutto, a prescindere dallo sfarzo e dal suo estro artistico, quel matrimonio non fosse che un'ufficializzazione di un rapporto che avrebbero dovuto difendere e proclamare in pubblico.
"Non posso sposarti", disse Kurt con voce flebile, malgrado l'enorme macigno di cui si stava liberando, come una verità macerata nel profondo di se stesso ed incapace di essere trattenuta ancora a lungo. Osservò l'altro con aria mortificata per non esser riuscito a giungere a quella conclusione prima che si trovassero l'uno di fronte all'altro per dei voti che non avrebbe potuto stringere.
Parve incassare il colpo con più dignità di quanta Sebastian gli avrebbe attribuito normalmente, non sembrava neppure arrabbiato. La sorpresa lasciò, infatti, presto spazio ad una placida rassegnazione, come dimostrò il sospiro che si lasciò sfuggire, prima di annuire.
Fu forse ciò a dare a Kurt l'ulteriore slancio.
"Ho baciato Sebastian", proclamò, guardandolo dritto negli occhi, perché in quel momento l'unica cosa che poteva ancora concedergli era onestà. Nient'altro che onestà.
Se non fosse stato in quello strano stato d'animo di tensione e febbrile attesa, Sebastian avrebbe notato, con una certa ironia, di essere diventato protagonista della scena: come da copione, un centinaio di facce si volsero in sua direzione. Uno stato d'animo opposto rispetto a quello precedente, quando si erano girati per accogliere, con sorrisi commossi e parole d’augurio, la passeggiata di Kurt verso il fidanzato.
"E anche se ti sto ferendo e non troverò mai le parole per scusarmi”, continuò Kurt in un sussurro delicato. “Non posso iniziare una vita con te, sapendo che non mi sento più tuo".
La voce era flebile e accorata, intrisa di reale pentimento per avergli celato quel mutamento nei propri sentimenti. Soltanto allora cercò Sebastian con lo sguardo, quasi avesse bisogno di aggrapparsi a lui, quasi disperasse della conferma di non aver perso tutto con una semplice frase. Quest'ultimo dovette ricorrere a tutto il proprio autocontrollo per non percorrere tutto il corridoio tra le due file di sedie e avvincerlo a sé con foga. Tutta la propria forza di volontà per resistere ancora qualche istante, prima di potersi convincere che fosse tutto reale e non vi sarebbe stato alcun altro ostacolo per loro, perché era stato Kurt stesso a concedere loro un'occasione.
"Lo sapevo", furono le parole di Blaine, proferite con altrettanta tranquillità, nonostante tutto.
Non sembrava essersi indignato alla rivelazione del bacio, a differenza della Signora Anderson che si era agitata sulla propria sedia e che il marito stava a stento trattenendo perché non intervenisse.
Parve lui stesso dispiaciuto. “E' stata anche colpa mia”, commentò con grande sorpresa di Kurt. “Sapevo di starti facendo pressione, ma volevo egoisticamente trattenerti”, si passò una mano tra i riccioli e sospirò, come se lui stesso si stesse liberando di un peso indicibile. “Avrei dovuto avere il coraggio di lasciarti andare per la tua felicità".
Sebastian dovette constatare, suo malgrado, che non vi era traccia d’ipocrita condiscendenza o di vittimismo, ma sembrò persino sollevato.
Fu la volta di Kurt di rivolgergli un'occhiata sconcertata, quasi vacillando: "Non sei arrabbiato?", gli chiese, quasi stentasse a credergli. Scosse nuovamente il capo. “Ciò non toglie che avrei dovuto essere sincero con entrambi e non saremmo arrivati a questo”, continuò, quasi il contrappasso richiedesse che si accollasse ogni responsabilità. “Non avrei mai voluto ferirti e-”.
Blaine sollevò la mano e, incredibilmente, parve lui a volerlo rassicurare, visto il sorriso più dolce che gli rivolse.
"Non ho il diritto di essere arrabbiato con te, perché lo sapevo”, gli strinse la spalla, quasi a sincerarsi che lo ascoltasse sinceramente. “Lo sapevo da quando sono venuto a farti visita e ti ho proposto di convivere da subito perché le cose tra voi stavano cambiando ed era già troppo tardi. Ma ho cercato di negarlo fino a convincermi che non fosse davvero così”, scosse il capo, quasi con ironica consapevolezza.
Trasse un profondo respiro e il suo sguardo, per la prima volta, rivelò un reale dispiacere.
“La verità, Kurt, è che anche volendo, non avrei diritto di biasimarti: sono andato a letto con uno spogliarellista".
Il brusio sconvolto degli astanti parve divenire assordante e così le esclamazioni di sorpresa e di sconcerto, mentre il celebrante, con un gesto oltraggiato, lasciava cadere gli atti da firmare e scendeva dalla pedana con aria scandalizzata.
Rachel Berry, che alle parole di Kurt era parsa la vera vittima del tradimento e i cui occhi si erano riempiti di lacrime in pochi secondi (ma ciò non le aveva impedito di trafiggere Sebastian con uno sguardo di mero odio e disgusto, quasi si fosse fatto baciare per il puro gusto di rovinare tutto con la sua folle mente terroristica ), all'udire la risposta di Blaine, emise un rantolo e svenne tra le braccia di Finn Hudson.
Brittany sbatté le palpebre con aria altrettanto sconcertata, volgendosi al suo cavaliere, con il volto inclinato di un lato e gli occhi azzurri che esprimevano una reale curiosità, mista a divertimento. "Quindi siamo gli unici che ieri sera non si sono saltati addosso?".
Il sorriso diabolico che Hunter Clarington aveva ostentato al vedere il matrimonio andare in pezzi, vacillò. Boccheggiò nel sentirne le parole. Le labbra si contorsero in una smorfia e incrociò le braccia al petto. "Non per mia scelta", borbottò quasi offeso.
La giovane sbatté le palpebre, ancora più sconcertata: "Cosa?".
Si affrettò a sorridere con aria serafica: "Ma che bel vestito!”.
Santana Lopez, seduta davanti ai due, sollevò gli occhi al cielo, e si voltò con aria stizzita, gettando una banconota ai piedi del barista con aria di profondo disprezzo. "Non vali cinquanta dollari, MasturbHunter", gli inveì contro.
Non si era accorto di nulla Sebastian: lui stesso, malgrado fosse stato l'artefice di quel tentativo di sabotaggio, sbatté le palpebre con aria sconcertata. Ma non era il momento (e neppure ne aveva un reale interesse, a dirla tutta) di interrogarsi sul perché lo spogliarellista avesse mentito al riguardo, coprendo le azioni di Mezza SegAnderson.
"Tecnicamente ero talmente ubriaco che mi sono addormentato”, confessò Blaine con aria estremamente imbarazzata, passandosi una mano tra i capelli scarmigliati, prima di scuotere il capo, come a volersi rimproverare. “Ma non nego che sarebbe potuto accadere e la parte di me che non ti sapeva più mio, voleva che accadesse", continuò con un sospiro, come se quella rivelazione gli procurasse una mortificazione persino più grande.
Kurt lo guardò con un misto d’incredulità e di confusione, dopo aver superato a sua volta lo shock. Parve impiegarci diversi istanti per metabolizzare, ma scosse il capo, un sorriso quasi divertito. "Che cosa stiamo facendo? Cosa... cosa stavamo facendo?", gli chiese con le sopracciglia inarcate.
Blaine emise uno sbuffo divertito e slacciò il papillon, come se finalmente avesse ritrovato a sua volta il respiro. "Quello che credevamo fosse inevitabile per noi, immagino”, rispose con uno scrollo di spalle. “Ma abbiamo preso strade diverse e dobbiamo abituarci a quest’idea e ricominciare come amici", propose con un reale sorriso.
Porse la mano che Kurt strinse senza esitazione e inclinò il viso di un lato nell'osservarlo a lungo, come se stesse meditando sulle ultime parole per concludere quella lunga parentesi della loro vita e del loro amore liceale. "Ti auguro ogni bene, di tutto cuore".
L'altro ricambiò il sorriso, trattenendone la mano, come una sicurezza, in nome di quell'amicizia che tanto aveva inciso sulla sua vita e sul periodo più buio della sua vita. “Anche io, Blaine Anderson: non accontentarti di meno di quanto meriti”.
Si lasciò abbracciare, mentre gli Anderson si alzavano per andarsene: i genitori con aria compunta e stizzita, al contrario di Cooper che trotterellava alle loro spalle allegramente.
"Matrimonio con sorpresa: hashtag SorpresAnderson", pronunciò con l'enfasi di un testimonial pubblicitario, digitando rapidamente un tweet e allegando una fotografia del suo selfie con i due (ex) fidanzati sullo sfondo.
Blaine lasciò andare Kurt, gli rivolse un ultimo cenno di saluto e si allontanò, le mani conficcate nelle tasche della giacca. Nel mezzo della sua camminata lo sguardo guizzò verso un flash accecante alla sua destra. Si voltò in quella direzione, le sopracciglia inarcate, scorgendo Brittany che agitò la mano in sua direzione con aria festosa. Si pose di nuovo dietro l'obiettivo della macchina fotografica usa e getta: "Sorridi, sei bellissimo!", lo incoraggio con un trillo allegro.
Hunter Clarington, ancora al suo fianco, parve tentare la mirabolante impresa di sprofondare nella propria sedia, mentre il moretto guardava dall'uno all'altra, con aria ancora più sconvolta.
Sussurrò tra sé qualcosa come: "Stalker e impiegato del gas?!".
Sollevò le mani e scosse il capo, l'attimo dopo. Decisamente era meglio non sapere.
Sebastian lo guardò avvicinarsi, senza muoversi: non avrebbe potuto affermare ipocritamente di sentirsi in colpa nei suoi confronti, ma doveva ammettere che la sincerità e la dignità con cui aveva digerito l'abbandono sull'altare, gli erano valsi il suo rispetto. Forse.
Non si scostò e neppure gli cedette il passo e Blaine si fermò di fronte a lui. “Che cosa aspetti?”, gli chiese senza risentimento e Sebastian seppe che, in qualche modo, stava loro concedendo una benedizione che non gli avrebbe mai richiesto, ma che avrebbe giovato a Kurt.
“Abbi cura di lui”, parve chiedergli onestamente, come unica condizione.
Annuì, guardandolo dritto negli occhi, il viso inclinato di un lato: “Lo farò”. Soltanto allora si pose di lato per lasciarlo passare.
"Chiedo scusa a tutti”, Kurt sembrava quasi essersi abituato a ricevere l'attenzione generale, visto come salì nuovamente sulla pedana per rivolgersi con un sorriso accattivante ai suoi ospiti. “Il banchetto è già pronto nella hall del Plaza, vi prego di non esitare a restare con me, se lo desiderate”.
"E farete meglio a mangiare tutto”, incalzò Burt Hummel, alzandosi e togliendosi la giacca dello smoking, con evidente sollievo. “Viste le nevrosi e i soldi che ci è costato", aggiunse, suscitando qualche sporadico verso di divertimento. Strinse la spalla del figlio e scortò la moglie e gli invitati.
Sebastian quasi neppure si accorse dello sciamare della folla attorno a lui: i loro sguardi si erano nuovamente incrociati, ma attese che fossero soli.

~

Non amava quel silenzio: era come se la casa non fosse la stessa, come se mancasse della sua stessa anima. Checché si era detto che un paio di giorni sarebbero scorsi in modo indolore e che, una volta tanto, avrebbe avuto un ottimo diversivo per concentrarsi sullo studio, l'attesa sembrava mortalmente lunga.
Non avrebbe mai immaginato di poter sentire qualcosa di simile, non da quando era sfuggito a Parigi e quella sensazione di soffocamento, per costruire una vita solitaria, senza alcun coinvolgimento emotivo o mancanza di esso.
Non da quando vivere a Brooklyn era diventato sinonimo di convivere con Kurt e far scorrere le loro vite in modo parallelo, fino ad attendere di sentirne nuovamente la voce e avere il sentore di sentirsi a casa.
Sospirò nel rimirare il bancone dietro al quale era solito preparare la colazione, sgridandolo perché era rientrato tardi e, come al solito, non aveva provveduto alla spesa in sua assenza, ma accumulato pile di piatti sporchi.
Si avvicinò al frigorifero, alla ricerca del post-it azzurro sul quale aveva appuntato l'ora e il numero del suo volo di ritorno.
Durante l'esame di diritto penale, constatò con il cipiglio corrugato. Non che avesse in mente chissà quale accoglienza da film sentimentale che lui tanto apprezzava. Non che importasse essere lì al momento per osservarlo trascinare la sua valigia con un sorriso stanco, ma soddisfatto. Sarebbe tornato al loft in taxi e avrebbe avuto l'intera serata per raccontargli tutto.
Bevve l'acqua dalla bottiglia, un vago sorrisetto al pensiero di come lo avrebbe ammonito e compose il suo numero.
"Già in piedi?La mia assenza ti fa bene", fu il saluto di Kurt e, suo malgrado, Sebastian sorrise, come se lo avesse avuto di fronte, in quel momento.
"A te non fa sicuramente bene la mia”, rispose con la stessa intonazione sardonica, accompagnandola ad un'espressione maliziosa, certo che l'avrebbe colta dal timbro. “Quanto ti manco?".
"Mi sto struggendo dal dolore", rispose con la tipica ironia che era alla base della loro comunicazione.
"Bene”. Sentenziò con aria soddisfatta. “Così impari a partire con la Berrysterica e lasciarmi qui".
"Sebastian”, sospirò, come se ancora si sentisse in colpa. “Lo sai che non potevo rimandare. E poi avrai un esame importante che non avresti dovuto saltare. In bocca al lupo, a proposito".
Non lo consolava quel pensiero: ad essere onesto con se stesso, fin da quando lo aveva accompagnato all'aeroporto, o meglio da quando gli aveva detto che non avrebbe potuto portarlo con sé, aveva sentito quella contrazione al petto. Impossibile da ignorare.
"Mi preparerai la cena per la mia prossima promozione con il massimo dei voti?", gli chiese, tuttavia, con la stessa aria più flirtante.
"Mi farai trovare il frigo pieno al mio ritorno?", lo incalzò l'altro, per risposta.
"Certo che no”, rispose con aria indifferente. “Ma ritroverai il sottoscritto questa sera e sarà molto più piacevole", atteggiò la voce in un sussurro più provocante.
"Riesci a sostenere una conversazione senza flirtare?", si finse esasperato, ma aveva notato come la sua voce si era abbassata, quasi timoroso che qualcuno li sentisse.
"No”, replicò di slancio. “Non con te”, si sentì aggiungere e si sorprese lui stesso di come la sua intonazione fosse divenuta soffusa, quasi lo stesse realmente vezzeggiando e non più schernendo. Come se desiderasse davvero che l'altro si ponesse un dubbio al riguardo.
Un solo istante di silenzio, ma parve quasi percepire la sorpresa dell'altro, quasi avesse realmente immaginato quell'intenzione.
Sembrò voler ripristinare i soliti toni:"E' molto lusinghiero".
"Lo so", rispose, ma scoprì che, persino comunicando telefonicamente, gli era difficile, in quel momento, tornare a quell'attitudine più arrogante.
Lo sentì sospirare, ma evidentemente lo stesso Kurt provava qualcosa di simile. "Mi sei mancato", gli rivelò.
Sebastian non poté ignorare quell'improvvisa aritmia o il sorriso che si era allargato prepotentemente sul proprio viso.
"Lo so", rispose, ma non riuscì del tutto ad imitare la sua tipica baldanza e si schiarì la gola, tornando all'aspetto pragmatico della conversazione: "Quindi tornerai stasera?", finse di chiedergli conferma.
"Stasera, sì”, replicò Kurt che sembrava quasi sollevato per quella sua risoluzione. “Ho già finito di preparare i bagagli e ho preso del caffè per te dal Lima Bean", lo informò con aria piuttosto compiaciuta di sé.
"Mhm, mi ami più di quanto credessi possibile", lo canzonò, ma con la stessa aria strafottente di sempre.
Kurt non ebbe modo di rispondere: Sebastian sentì un borbottio in sottofondo e immaginò che si trattasse di Burt Hummel.
"Devo lasciarti, mio padre ha un'ultima gita a sorpresa da propormi, prima di pranzo", notò che il suo tono era divenuto più formale. Immaginò che l'uomo stesse attendendo sulla soglia dell'uscio e stesse ascoltando le sue risposte, evidentemente immaginando chi fosse il suo interlocutore. Non era certo di avergli fatto una buona impressione: probabilmente il fatto che lo avesse colto in fragrante nella contemplazione del fondoschiena del figlio non era stato proprio un buon biglietto da visita.
"A stasera e... Kurt?", si sentì richiamarlo, come aveva fatto in aeroporto. Con la stessa consapevolezza che avrebbe dovuto fermare il tempo in quel momento, o avrebbe cambiato idea.
"Sì?".
"Spero che il tuo culo sappia quanto mi è mancato”, sussurrò e lasciò che intuisse facilmente la trasposizione perversa del suo reale stato d'animo.
Sentì di nuovo del disagio dal suo silenzio, ma la sua voce ne tradì il sorriso: "Sì. Credo che ne abbia una vaga idea".
Lo immaginò con le guance arrossate, ma la voce era soffusa, quasi tremula, prima che si schiarisse la gola, evidentemente il padre mastino non si era allontanato. "Ciao Sebastian, ancora in bocca al lupo per l'esame, a stasera".
"A stasera".
Sorrideva ancora, quando uscì dalla casa e incrociò uno SfinterHunter intento a correre verso il Ponte di Brooklyn. Chissà che un giorno la sua vita fallimentare non gli facesse prendere la saggia decisione di gettarsi nel fiume. Possibilmente con una pietra enorme legata al collo.
"Hai una paresi alla faccia?", lo canzonò, restando a correre sul posto per osservarlo con aria clinica. Chissà se era una cosa che insegnavano alla facoltà di medicina o se l'abitudine di aguzzare gli occhi dietro un paio di lenti, come una talpa, fosse divenuta incontrollabile.
Neppure lo degnò di uno sguardo e si mise le chiavi in tasca: "Hai un palo ficcato su per il-".
"Ah, hai telefonato a Kurt”, lo incalzò l'altro, come se bastasse guardarlo per capirlo. “Tornerà stasera, giusto?".
Gli lanciò uno sguardo di puro disgusto: "Non hai una ragazza strabica da cui correre?".
"Stasera mi racconterai tutto", gli rivolse un cenno del mento a mo' di saluto, prima di rimettersi a correre.
"No, stasera farai a meno di me”, gridò alla sua schiena. “Goditi la tua Jessica, se possibile".
"Jenna!", urlò in risposta, prima di svoltare all'angolo.
Si accorse vagamente, specchiandosi al finestrino dell'auto, che stava davvero continuando a sorridere.
Quella sera Kurt Hummel avrebbe avuto il ritorno in cui non avrebbe mai sperato.


~

Fu come se il tempo si fosse dilatato e cristallizzato in quel momento d’autentica perfezione nel quale l'unica cosa importante era continuare ad osservarlo e sapere che, ancora prima di avvicinarsi, era suo. Indelebilmente suo e se anche avesse continuato a diffidare di se stesso, Kurt non gli avrebbe permesso di lasciarlo andare, senza concedergli di amarlo. Perché se era stato lui, Sebastian, a mettere in bilico tutto con quel bacio rubato; era stato Kurt a concedere loro realmente un'occasione.
Si avvicinò lentamente, come se stesse gustando ogni passo, il sorriso che si allargava sul viso, insieme allo scintillio più brillante dello sguardo. Quasi lo stesse contemplando per la prima volta e, dopotutto, quello non avrebbe potuto considerarsi un nuovo inizio?
"Deve essere stato il bacio migliore della tua vita, se ti ha fatto cambiare idea", lo canzonò con il viso inclinato di un lato. Cercò di controllare l'emozione nella propria voce e quell'aritmia fastidiosa, divenuta così tipica di quei momenti in sua presenza.
Kurt ne ricambiò il sorriso: il suo sguardo, come sempre, era specchio del suo stato d'animo, ma forse in quegli ultimi mesi aveva perso la reale capacità di leggerlo, troppo concentrato su se stesso e sull'incapacità di superare i propri limiti. Si beò per un istante di cogliere la sua stessa aspettativa e lo stesso bisogno di ricominciare da un nuovo approdo.
Solo quando lo raggiunse sulla pedana, Kurt inclinò il viso di un lato e lo osservò: "Mi avresti lasciato dire di sì?", chiese come se la risposta potesse essere un'altra conferma. L'ennesima prova del suo amore o, al contrario, la mancanza di fiducia in un loro futuro insieme.
Deglutì a fatica, ma non distolse lo sguardo e lasciò che potesse indugiarvi a cercare tutto ciò che aveva voluto seppellire così a lungo.
"Non mi fido di me stesso", disse sincero. “L'idea di farti soffrire-".
Trattenne il fiato, quando Kurt gli posò la mano sulle labbra, quasi a fermarne le parole, prima di porre la domanda più importante:
"Sebastian, mi ami?".
Non rispose. Lo guardò negli occhi con un misto di tenerezza, di bisogno, di consapevolezza e di timore di rovinare ogni cosa.
Quasi avesse la sensazione che potesse davvero spezzarsi, come nel suo sogno, ne cinse i fianchi e lo attrasse a sé. Per un istante lasciò che il suo solo calore, mischiato a quel profumo fresco e inebriante, lo avvolgesse. Appoggiò la fronte alla sua, perdendosi in quella sfumatura di un azzurro striato e ne carezzò il viso con devozione, sfiorandone ogni tratto quasi con reverenza.
"E' l'unica certezza che ho", malgrado il sussurro appena percepibile, il suo sguardo non era mai apparso più limpido.
Kurt sorrise, gli occhi lucidi d'emozione e di pura gioia nell'abbandonarsi al suo abbraccio, appoggiando le mani al suo petto. "Mi basta: mi fido di te”, sussurrò per risposta e Sebastian assaggiò quel tremito doloroso eppure piacevole.
“E ho bisogno di te, in un modo che mi spaventa, che non ho potuto controllare, neppure quando credevo di aver già capito quale sarebbe stata la mia vita o chi sarebbe stato l'uomo da amare ogni giorno”, terminò con voce più flebile dell'emozione che sembrava intingerne ogni singola parola, togliendogli fiato.
Sebastian sorrise, cercando di celare la propria, rafforzando la pressione del contatto e chinandosi al suo volto, come se nient'altro fosse necessario. "E comunque sono stato io a baciarti", sussurrò con aria provocante, fremendo nel sentire il respiro di Kurt contro le proprie labbra, prima ancora di sfiorarle.
"Oh sì, e poi sei scappato", lo schermì in risposta, sollevandosi sulle punte per sopperire a quella minima distanza tra loro.
Non seppe chi avesse compiuto quel movimento decisivo, ma neppure parve necessario scoprirlo: si stavano aggrappando l'un l'altro, come se fosse necessario riscoprirsi, ancora una volta, con la dolce certezza che non si sarebbero più persi. Con la dolce promessa di continuare a conoscersi, ogni giorno di più, senza mai trovare reale appagamento.
Ne sfiorò la gota con devozione, baciandone il sorriso sognante, strappandogli quel verso soffuso, slanciandosi al tocco esigente sulla sua nuca e pressandolo maggiormente contro il proprio petto.
Il celebrante si schiarì la gola: seduto in prima fila, guardò dall'uno all'altro, inducendoli a scostarsi un breve istante. "Per caso uno dei due avrebbe una vaga intenzione di sposare l'altro, così, giusto per sapere?", chiese con un misto d’incredulità e di stoica rassegnazione, osservando lo scenario di una celebrazione mai consumata. E divenuta scenario di un amore clandestino e potenzialmente adulterino.
Kurt, le guance arrossate, affondò il viso contro la sua spalla e Sebastian rise, con aria realmente spensierata, riservando all'uomo un'occhiata sfacciata.
"Non qui e non ora, ma si ritenga già prenotato per quel giorno”.


~


Sentiva una strana euforia in petto, mentre osservava la porta del loft: era simile a quell'aspettativa che aveva sentito scorrergli nelle vene, prima di lasciare che si imbarcasse. Quel senso di forte responsabilità e protagonismo: sarebbe bastata la giusta risoluzione, un solo attimo e tutto sarebbe potuto cambiare per proprio merito, senza subire passivamente gli eventi e senza sentirsi come semplice spettatore impotente e incapace di controllare quel tumulto interiore.
Il sorriso si affievolì, mentre si avvicinava e la tensione gli procurò un'improvvisa aritmia.
Cercò di ripetersi che non ci sarebbe stato affatto bisogno di cerimonie o di gesti eclatanti. Kurt, in ogni caso, lo conosceva abbastanza da non aspettarseli. La sola idea che lui potesse essere artefice di qualcosa di simile era assurda.
L'unica cosa che Sebastian sapeva con certezza era che desiderava valicare quella soglia, prendere l'iniziativa con un gesto eloquente (e al pensiero si umettò le labbra) e lasciare che fosse lui a decidere che cosa ne sarebbe derivato.
Voleva che sapesse che non l'avrebbe più lasciato tornare in Ohio senza di sé e che era pronto a rimettere tutto in discussione, per la prima volta da quando aveva lasciato Parigi.
Se solo Kurt lo avesse altrettanto desiderato, se solo avesse potuto continuare a cercare in lui il meglio, ciò che avrebbe voluto celare allo sguardo altrui.
Se soltanto Sebastian si fosse fidato abbastanza di se stesso da cacciare definitivamente le ombre del passato e vivere appieno la loro convivenza, perché assumesse un significato nuovo ed entrambi ne fossero consapevoli.
Persino il trovarlo davanti ai fornelli, sembrò una conferma che quella fosse la loro realtà e che dovessero soltanto decidersi a concretizzarla. Kurt canticchiava ed era tutto già così pregno di familiarità e quotidianità che Sebastian quasi si sentì uno sciocco per tutti quei dubbi e dilemmi interiori.
Scosse il capo tra sé, ma si avvicinò fino a cingerlo da dietro, sorridendo per come riusciva sempre a sorprenderlo, anche con gesti che apparivano intrisi di un'aria più giocosa.
Affondò il volto nell'incavo della sua spalla, quando lo sentì rilassarsi: quasi ne avesse riconosciuto il tocco, prima ancora di realizzarne la presenza.
Sebastian”, lo richiamò con intonazione sorpresa e assieme divertita.
Sorrise e ne baciò la guancia, desiderando discendere lungo la linea del collo, seguendone il profumo e sorridendo del brivido che gli avrebbe scaturito.
"Bentornato", sussurrò con voce ovattata.
Lo sentì sospirare per risposta, ma lasciò che si voltasse: sembrava un buon momento per prenderlo nuovamente tra le braccia, prima che una parte di sé potesse cambiare idea.
Ne osservò il sorriso sognante, le labbra morbide, cosparse di burro cacao e sentì quella piacevole contrazione al petto. Si mosse in avanti, ma fu uno scintillio improvviso a carpirne lo sguardo ed indurlo ad abbassarlo verso la mano abbandonata al fianco.
Il suo cuore sembrò fermarsi in una gelida morsa: scrutò il suo sorriso emozionato, lo sguardo lucido nell'indicare l'anello e osservarlo con aria divertita, di fronte all'evidente shock. Ancora prima che pronunciasse quelle parole che avrebbero cambiato inevitabilmente la sua vita, comprese che quelle emozioni, così evidenti nel suo aspetto, non erano per lui.
"Io e Blaine ci sposiamo".
Sebastian sbatté le palpebre, gli occorsero diversi istanti per assimilare quella notizia.
Ma il suo cuore, stretto in una morsa di ghiaccio, parve aver già compreso che era tutto finito, prima ancora di avere occasione di iniziare.2

~

La festa tutto sommato, Sebastian doveva ammetterlo, sarebbe stata piuttosto gradevole per la circostanza. Ma non riusciva a concentrarsi su altro che non fosse Kurt: tutto il resto appariva superfluo o privo di importanza.
Non ne aveva più lasciato la mano: talvolta si sorprendeva a sorridere ogni volta che l'altro faceva strusciare il pollice contro il suo dorso, procurandogli quel brivido che era ormai collaterale al loro rapporto.
Sentiva su di sé gli sguardi di Burt Hummel e di Clarington, ma non avrebbe saputo dire chi dei due apparisse più sospettoso e soddisfatto insieme.
Non ci fu neppure bisogno di parlare: Kurt, all'ennesima canzone romantica che avrebbe dovuto festeggiarlo con Blaine, gli rivolse uno sguardo supplichevole.
Si finse sospirante: quell'euforia tanto smielata non era qualcosa di abituale, ma fu con una risoluzione quasi arrogante che lo attrasse a sé. Adagiò la gota alla sua e socchiuse gli occhi, ciondolando pigramente a tempo, fino a quando non fu l'altro ad appoggiargli una mano sul petto.
Si scostò della misura necessaria ad osservarlo in viso: Kurt lo stava scrutando con aria così concentrata che temette in un possibile ripensamento.
"Quel giorno all'aeroporto, prima che partissi per Lima", esordì e Sebastian notò le sopracciglia aggrottate. Se da un lato era lusinghiero che stesse rivalutando la loro convivenza (quasi a cercare il fondamento di quel loro amore), dall'altro non era poi così sicuro di essere disposto a condividere quella parte di sé. Persino con lui.
Si strinse nelle spalle, un sorriso vagamente ironico: "Non ricordo".
Kurt lo colpì con una lieve pacca sul braccio, quasi avesse intuito, al contrario, ciò intorno a cui stava rimuginando nell'ultimo anno. Sembrava che ciò lo aiutasse a proiettarsi meglio in quel presente, nelle aspettative del futuro e, al contempo, gli consentisse di guardare al giovane uomo che aveva di fronte con persino più dedizione e dolcezza.
"E quando ci siamo rivisti, prima che ti dicessi di me e di Blaine, tu... volevi dirmi qualcosa", affermò con voce quasi supplichevole. Di avere la conferma che non si trattasse soltanto di una speranza segreta, che davvero il loro rapporto potesse avere radici salde.
Sebastian sospirò, ma gli sorrise con quel misto di divertimento e di esasperazione, prima di scuotere il capo. Non avrebbe cominciato in quel momento a fargli pesare quell'ultimo anno e tutto ciò che aveva dovuto nascondere. Non quando finalmente il futuro si apriva loro innanzi e appariva tanto luminoso e reale.
"Non ha più importanza", cercò di sminuire. "Ora siamo qui, no?", aggiunse con una nota più dolce. Si sporse per baciarlo, ma Kurt ne virò il contatto e lo guardò con quell'ostinazione che aveva imparato ad associargli dal primo incontro/scontro.
"Ne ha per me”, insistette con voce flebile, già intaccata dal senso di colpa all'idea di essergli stato fonte di simile dolore. “Per tutto questo tempo, mi hai guadato organizzare il matrimonio sbagliato e hai sofferto in silenzio".
Sebastian si strinse nelle spalle, con un sorrisetto arrogante: "Potrei aver fatto qualcosa di più che osservare".
Lo ignorò, come se quell'ironia non fosse che un espediente per non apparire tanto vulnerabile ai suoi occhi. “Quel giorno, quando sono tornato e all'aeroporto: volevi dirmi che mi amavi?". Tale era l'intensità della domanda che si dovettero fermare sulla pista da ballo.
Sebastian distolse lo sguardo per un breve istante, prima di scuotere il capo.
"Non lo so", ammise in tutta sincerità, carezzandone la gota con devozione, senza più intenzione di dissimulare le proprie emozioni. "Era la prima volta che mi ponevo il semplice dubbio di poter desiderare una vita diversa, ma ero certo che sarebbe stato con te”, aggiunse e non poté controllare la flessione più rauca della propria voce, realmente intaccato da quell'emozione.
Quelle parole sembrarono proprio ciò di cui Kurt disperava, malgrado proclamassero l'incertezza di un bivio che era iniziato un anno prima. Ne strinse la mano e se la portò alle labbra per baciarla.
"Non avrei mai creduto di poter essere io a scatenarlo”, ammise con un sorriso. “Anche se te lo avevo augurato a mo' di minaccia”, continuò in tono scherzoso, ricordando una delle loro prime vere conversazioni.
Sebastian ghignò, altrettanto ironico: "Sono tuttora sorpreso quanto te", rispose sfacciatamente.
Rise della sua pacca, ma si chinò a baciarne le labbra, come se non riuscisse più ad esprimere in altro modo i propri pensieri, come se quello fosse il più legittimo.
"Ero disposto a mettermi in gioco”, continuò quando si fu scostato, gli occhi ancora chiusi, la fronte adagiata alla sua. “Avrei tanto voluto baciarti quella sera, avrei voluto farlo quello stesso Natale, quel San Valentino e quest'anno”, raccontò con un sospiro. Ricordò, ancora una volta, la trepidazione di quei momenti e quel senso di insoddisfazione quando, ogni volta, era stato incapace di soddisfare quel desiderio.
Schiuse gli occhi soltanto quando Kurt ne sfiorò la gota, indugiando sulla scia dei nei, inducendolo a specchiarsi in quell'azzurro sconfinato e puro.
Gli sorrise con sguardo quasi lucido:"Avrei voluto che lo facessi, in ognuna di quelle occasioni e quest'anno ho desiderato che tu mi dessi quel motivo che non osavo cercare in me stesso”, confessò con altrettanta intensità.
Dopotutto, ragionò Sebastian tra sé, era vero che certe emozioni non potevano nascere senza che l'altro ne sortisse l'effetto, per quanto desiderasse celarlo o fingere il contrario. Dopotutto, non era mai stato un amore soltanto proprio.
Si strinse nelle spalle, sorridendo di nuovo come a canzonarlo: "Potrei aver indugiato un po'".
Kurt non ne ricambiò il sorriso, sembrava ancora osservarlo come se temesse che, una volta chiarito il suo stato d'animo e confessato ogni cosa, lui potesse scomparire: "Non avrei mai voluto ferirti", sussurrò con voce intrisa di reale pentimento.
Scosse il capo e gli cinse la vita, tornando a muoversi e condurlo con sé, mentre adagiava il viso contro il suo collo, schiudendo delicatamente le labbra, come a rassicurarlo con quel tocco vellutato. "Non mi pento di nulla e non cambierei nulla, sapendo che questo è il risultato".
Sembrò riuscire nel suo intento: Kurt si rilassò e gli cinse il collo, affondando il viso contro la sua spalla per poi percorrere la scia di nei con le labbra, strappandogli un piacevole brivido.
"Per essere un anti-sentimentale, sei stato capace di un amore da film", sussurrò al suo orecchio e Sebastian immaginò il suo sorriso dalla flessione della voce.
"E la cosa ti diverte", commentò con intonazione vagamente più stizzita.
"Al quanto”, lo informò, per poi addolcirsi. “E mi commuove e mi fa capire che ho solo iniziato a capire quanto potrò amarti col tempo".
"Suona molto promettente”, si scostò per osservarlo in viso, fermandosi un'altra volta, un sorriso che si estendeva sul volto, facendone scintillare gli occhi di smeraldo all'ennesima idea. “Non pensi che dovremmo partire?".
L'altro sbatté le palpebre, con aria confusa e vagamente interdetta.
"Il viaggio di nozze è già pagato, no?", lo incalzò con aria particolarmente divertita da quell'espediente.
Lo vide impallidire, evidentemente a disagio all'idea dell'ex fidanzato: conoscendolo probabilmente si sarebbe crogiolato nel senso di colpa per molto tempo, malgrado tutto.
"Ma non mi sembra molto opportuno, e poi era la mia scelta con Blaine e-".
"Basta kurteggiare”, lo canzonò come agli esordi della loro convivenza, ma ne strinse la mano. “Cogli l'attimo".
Rafforzò la pressione sulla sua mano e sorrise, a dispetto di se stesso: "In fondo ho già le valigie pronte".
"Farò le mie in un lampo, se non mi distrarrai”, lo rassicurò e si volse, trascinandolo con sé, prima che potesse realmente cambiare idea.
"Sebastian, aspetta", insistette, inducendolo a fermarsi.
Si volse, le sopracciglia inarcate, ma Kurt lo attrasse a sé per un altro bacio, trattenendolo un lungo istante, quasi ancora non riuscisse a credere che fossero insieme e quella fosse l'unica prova indelebile.
Sebastian sorrise, trattenendolo fin quando sembrò desiderarlo, ma si costrinse a scostarsi, sussurrando nuovamente sulle sue labbra. "Non tentarmi, Hummel: abbiamo una luna di miele senza matrimonio per questo".

~


Voce di Fata era davvero una persona dolce e gentile come se l'era immaginata dalla comunicazione telefonica. Il suo aspetto, così simile a quello di un elfo di Natale!, era solo sembrato una conferma, soprattutto gli occhi di quella bellissima sfumatura d'azzurro. Ma non si sarebbe mai aspettata che lui e Ciuffo Disney (allora era proprio innamorato ed era evidente che Voce di Fata avesse un bell'effetto su di lui) le avrebbero permesso di fermarsi nel loro loft, nell'attesa che si trovasse un nuovo appartamento.
Certo, era anche una bella responsabilità e avrebbe dovuto stare attenta a non distruggere qualche oggetto di valore. Probabilmente avrebbe anche fatto meglio a non uscire di casa e dire al Signor Murphy che era malata, tanto per non rischiare di perdere anche le loro chiavi.
Si riscosse alla vista di Hunter che, il viso appena più colorato per lo sforzo, stava trasportando le ultime valigie con un braccio e la gabbia da viaggio di Lord Tubbington dall'altro. Quest'ultimo aveva il muso schiacciato contro le grate della porticina e le unghie sguainate nel tentativo di assalirlo durante il trasporto.
"Ed ecco la best- il tuo gatto”.
Gli sorrise con aria riconoscente, si mise in ginocchio per liberare il felino e lo prese tra le braccia, senza sforzo, ignorandone gli sbuffi risentiti e il pelo gonfio a tradirne l'inquietudine per quello sgradevole viaggio. Ne baciò il musetto e si guardò attorno, tenendolo come un neonato.
"Guarda, Tubby, questa sarà la nostra casa per qualche giorno".
Lo sguardo azzurro parve perdersi in un punto indefinito, mentre Hunter Clarington si guardava a sua volta attorno: era la seconda volta che entrava tra quelle quattro mura, ma persino lui si avvide che sembrava già sentirsi un'atmosfera diversa. E non aveva dubbi che tale impressione sarebbe stata confermata, se vi avesse fatto ritorno dopo una convivenza di coppia tra i due innamorati.
Scosse il capo tra sé, ancora vagamente sconcertato dagli eventi della giornata, ma si rivolse di nuovo alla giovane con un sorriso impacciato: "Allora, se hai bisogno di qualcosa, chiamami pure”, le disse, prima di stringersi nelle spalle. “Io credo che-".
"Per tutto questo tempo l'ha amato”, commentò Brittany tra sé e sé, evidentemente non avendone ascoltato alcuna parola. E neppure essendosi accorta di come il gatto stesse cercando di attaccare il ragazzo da sopra la sua spalla, costringendolo a schivare le unghiate come un abile imitatore di Neo3.
“Ma era disposto a lasciargli sposare un altro perché non credeva di essere abbastanza o di poterlo amare come meritava. Lo ha quasi perso oggi", continuò tra sé con un sospiro, come se quella riflessione le procurasse un personale motivo di cruccio e di amarezza.
Hunter annuì, seppur incuriosito dal modo in cui, più di una volta, lo avesse sorpreso con riflessioni così profonde e personali, celate da quella tipica espressione confusa e/o sognante. "Credeva di proteggere entrambi, in qualche contorto modo”, aggiunse con un sorriso ironico.
"Io non voglio continuare così", dichiarò Brittany che, ancora una volta, sembrava seguire un filo logico proprio e che era sconosciuto persino a lui.
Depositò il gatto a terra, ignorandone il soffio indignato e si avvicinò al giovane con una nuova risoluzione a sfiorarne lo sguardo azzurro. Strinse i pugni esili lungo i fianchi, dovendo leggermente reclinare il viso per osservarlo negli occhi.
"Non voglio più nasconderlo", aggiunse con una nuova sicurezza a renderne lo sguardo più fermo.
L'altro assunse un'espressione comicamente perplessa: non quella che esibiva di fronte ai suoi nomignoli d'eccezione (sembrava ormai più che avvezzo) o alle caratteristiche antropomorfe che attribuiva all'obeso felino. In realtà non era mai apparso così confuso o incapace di prevederne le reazioni o gli intenti. Si sarebbe sistemato meglio gli occhiali sul naso se li avesse indossati in quel momento.
"Eh?", domandò con genuino stupore.
La ballerina sorrise con genuina spensieratezza, come se fosse stato divertente vederlo basito, probabilmente ciò era l'ennesima prova di quel suo affetto particolare. O di come ne avesse intuito la vera essenza, malgrado spesso avesse cercato di sorprenderla con modi più cavallereschi, misti ad una maldestra aria seducente.
Allungò le mani e con la stessa spontaneità di un commento a cuor leggero, ne cinse le gote e si sollevò sulle punte per appoggiare le labbra alle sue in un bacio sfiorato, appena accennato. Una carezza timida, una sorta di richiesta di permesso, o un modo di appurare un pensiero e renderlo reale.
Non lo aveva sentito muoversi: era come se si fosse pietrificato, malgrado la pressione appena percepibile. Si scostò dopo quella lievissima impronta, come se avesse trovato la certezza: le guance più rosate, lo sguardo scintillante e un sorriso più femmineo, prima di portarsi le mani ai fianchi con infantile intenzione di apparire sicura nella domanda che formulò, dopo essersi schiarita la voce.
"Mi piaci, vuoi stare con me: sì o no?".
Hunter parve incapace di proferire motto: la mascella abbassata e le labbra schiuse in un'espressione di stolida sorpresa. Vittima dello stesso sconvolto stupore che gli aveva impedito di ricambiarne il bacio.
"Oh no”, pigolò Brittany con voce mortificata. “Tu non volevi!", gemette e si tappò le labbra con aria umiliata, le gote arrossate e gli occhi lucidi. "Scusa, scusa tanto, sono una pasticciona e-".
Soltanto allora il ragazzo parve riaversi perché fu repentino a cingerne i fianchi ed attrarla a sé: "Oddio, sì, sì che lo voglio!", commentò in risposta, con incredibile foga.
Lo sguardo verde guizzò e un sorriso più suadente ne curvò le labbra: non le diede adito ad una risposta perché si sporse a baciarla intensamente, come aveva immaginato per tanto e troppo tempo, lasciando più di un'impronta sulle labbra rosate.
La sentì abbandonarsi docilmente con un morbido verso soffuso, simile ad un miagolio.
Al sentirla sorridere del suo bacio, dopo avergli cinto il collo e aver preso a sfiorarne la nuca con sorprendente naturalezza e decisione, indietreggiò con lei. Fino a quando il verso strozzato del gatto non fu la prova lampante di averne appena calpestato la coda.
Ora sì che era tutto perfetto.

~

"Ma se capiscono che è un trucco e non siamo gli sposi in luna di miele?", bisbigliò Kurt, non appena valicarono la soglia del sontuoso hotel, trascinando la propria valigia e guardando l'altro con espressione evidentemente preoccupata.
Sebastian si strinse nelle spalle, divertito per quella futile paranoia: dopo l'ultimo anno trascorso, quello non poteva davvero considerarsi un vero cruccio.
"Rilassati, hai pagato, no?”, domandò con aria pragmatica. “Per loro è indifferente, ma se preferisci potremo sempre improvvisare, sono un ottimo attore: dovresti saperlo ormai”, aggiunse con aria compiaciuta di se stesso.
"Ma non abbiamo neppure gli anelli!".
Sebastian sorrise, come se avesse previsto quella sua protesta ed estrasse due involucri, trovati nel sacchetto delle patatine comprate durante il volo. Lo aprì, dopo essersi fermato al centro della hall e gli porse uno dei due anelli di plastica: "Azzurro per te, marito", commentò insinuandoglielo all'anulare con aria esperta ed indossandone uno verde.
L'altro sospirò con aria divertita ed esasperata insieme, ma non poté che rimirare il proprio dito con mera adorazione. "E' la cosa più pacchiana, ma deliziosa che abbia mai visto", sussurrò in tono stucchevole, lievemente velato di ironia che strappò un sorriso a Sebastian.
“Bene, se abbiamo finito con le paranoie del giorno”, non gli diede tempo di replicare perché, intrecciata nuovamente la mano alla sua, lo condusse alla reception, rivolgendosi con un sorriso al concierge. “Buonasera, abbiamo una prenotazione per la luna di miele”, esordì senza alcuna esitazione nella voce.
"I Signori Anderson, immagino”, sorrise con aria affabile l'uomo nella sua lucente divisa.
“Benvenuti".
Sentì Kurt ridacchiare di fronte alla sua espressione stizzita, ma non perse tempo nell'esibire la sua migliore espressione di educata perplessità, con un sorriso a fior di labbra.
"Mio marito ama prendersi gioco di me e ha prenotato con le credenziali del suo ex fidanzato”, rivelò con un sospiro, osservando l'espressione confusa dell'uomo, intento a digitare qualcosa al proprio computer. “Ha un senso dell'humour molto discutibile, lo perdoni".
"Ehi!”, soffiò Kurt con aria indignata, ma Sebastian lo ignorò e si affrettò a prendere il portafoglio dalla tasca interna del soprabito.
"Siamo i signori Smythe, prego", porse una banconota con un sorriso eloquente.
"Vi farò subito accompagnare dal fattorino, signor Smythe", replicò l'uomo con un sorriso affettato.

“So che non ti faceva impazzire l'idea di tornare a Parigi4”, esordì Kurt guardandosi attorno con espressione evidentemente soddisfatta. “Ma devi ammettere che questo hotel è davvero meraviglioso: siamo davanti agli Champs Elysées!”, convenne con espressione raggiante, lasciandosi cadere sul materasso e sollevando le gambe per poi lasciarsi cadere all'indietro con aria giocosa.
Si accorse dopo un lungo istante che Sebastian non lo stava realmente ascoltando: lo aveva seguito con lo sguardo, sin da quando si era tolto il soprabito. Non sembrava neppure provare un particolare rammarico o disagio al vederlo ancora in abito da sposo: ne seguì i movimenti, appoggiò il proprio soprabito sul divano, con aria distratta, e gli si avvicinò.
Si adagiò sul materasso e, senza proferire parola, si sporse alle sue labbra, come se improvvisamente si fosse reso conto di non poter più farne a meno, che tutto il proprio mondo, da quel momento in poi, sarebbe stato in quel contatto. A ricordargli che erano finalmente un'unica cosa e che non avrebbe più dovuto aver timore di perderlo.
Sentì Kurt rilassarsi sul materasso e le braccia esili lo cinsero con la stessa naturalezza, mentre scivolava su di lui, assaggiando quel bacio e sentendo quel piacevole brivido di pura vita. Scostò le labbra per vezzeggiare la pelle delicata e fresca del collo, sorridendo nel percepirne l'intirizzimento. Mugugnò quando Kurt incastonò le dita tra i suoi capelli.
“Forse dovremmo aspettare”, sussurrò quest'ultimo con voce incerta, inducendolo ad inarcare le sopracciglia. “Poche ore fa stavo per sposare un altro, non vorrei che tu-”.
Gli sorrise con aria rassicurante e dolce insieme: “Ventiquattro ore fa stavi baciando me”, gli ricordò con uno scintillio suadente dello sguardo.
“...pensi che sia un prostituto”, continuò Kurt.
Scosse il capo, sorridendo con aria quasi divertita all'idea che nulla potesse essere più lontano da quella purezza incontaminata che lo aveva colpito dalla prima volta, nonché dalla sua riservatezza e timore nel mostrare qualcosa di meramente personale. Dai propri sentimenti ad una porzione di pelle nuda.
"Sei un idiota, paranoico e incredibilmente incapace di sentirti degno di qualcuno, persino di me, anche se hai sempre criticato la mia squallida vita promiscua”, ne imitò il tono pomposo e sdegnato, arricciando il naso.
"E tu un egocentrico narcisista, finto cinico, ma capace di un amore unico come te”, sussurrò, sfiorandone delicatamente la guancia e Sebastian, ancora una volta, rabbrividì all'idea che un tocco così innocente fosse capace di farlo fremere nel profondo. Sospirò, continuando ad osservarlo. “Disposto persino al silenzio, pur di farmi decidere della mia vita", continuò sulle sue labbra, cingendogli la nuca per avvincerlo a sé.
"Nell'albergo della tua luna di miele”, rimarcò in tono distratto, socchiudendo gli occhi. “Con me".
"Con te", sussurrò sulle sue labbra, sorridendo su di esse.
Non aveva mai provato nulla di vagamente simile: era come perdere totalmente coscienza di se stesso e, al contempo, riuscire a trovare nuovamente un baluardo di sé nei suoi baci, nelle carezze lasciate sulla propria pelle, nell'incavo del suo collo, in cui rifugiarsi quando l'emozione sembrava prendere il sopravvento. Quando si costringeva a restare cosciente e ricordarsi chi stesse stringendo tra le proprie braccia perché la realtà non si spezzasse in un sogno solitario.
Quell'essenza di vaniglia parve avvolgerlo in un caldo abbraccio, annullando tutto il resto, abbandonandosi con la stessa devozione fervente e il timore quasi reverenziale di poter persino spezzarlo con un tocco troppo appassionato.
"Kurt", sussurrò l'ennesima volta sulle sue labbra: persino in quel momento sembrò cercare la conferma che non fosse soltanto un sogno, ma che fosse realmente suo. Anima e corpo.
"Sono qui".
Quasi riconobbe a stento la sua stessa voce, ma ne accolse il bacio, con lo stesso spasmodico bisogno, mentre tutto il resto si annullava, inducendolo a stringerne maggiormente la mano e trattenere il fiato. Ancora un altro istante. Per sentirlo completamente.
"No, siamo qui", riuscì a dire in un ultimo sospiro.

~

"Sono un disastro nelle relazioni", esordì Hunter, infrangendo quel silenzio piacevole, con il sottofondo dello sfrigolio della legna, mentre incastonava le dita tra i lunghi capelli della ragazza che aveva adagiato il capo contro il suo petto e sembrava lì lì per addormentarsi sul divano.
Al sentirlo parlare, schiuse gli occhi e si scostò appena per guardarlo in viso con un vago sorriso divertito, reclinando il capo. "Parli con chi perde le chiavi, dimentica di pagare l'affitto, le bollette e le more”, gli ricordò con semplicità. Quasi incredula che fosse lui l'elemento della coppia a poter avere dubbi sulla propria rispettabilità.
Sorrise in risposta, sfregando il naso a quello della giovane: "Ci penserò io a farti da consulente finanziario”, la rassicurò. “ E ti farò confezionare un bracciale con le chiavi di casa come ciondolo".
Seppur emozionata alla prospettiva, a giudicare dal luccichio dello sguardo, rise con la stessa aria spensierata: "Finché non perderò anche quello?", gli domandò con aria provocatoria, quasi a testarne la pazienza.
"Vorrà dire che avrai un centinaio di chiavi di scorta e le disseminerò nei dintorni”, continuò l'altro come se, ad ogni piccola obiezione posta, trovasse persino più piacere nello sciogliere i dubbi, sentendosi lui stesso più forte e in grado di sostenere una relazione, senza rovinare tutto. “Magari cambiando serratura ogni mese, giusto per sicurezza", aggiunse tra sé e sé.
La giovane rise, ma ne baciò le labbra con lo stesso schiocco più infantile e devoto insieme, prima di tornare ad accoccolarsi alla sua spalla.
"Hai detto che non volevi più aspettare”, commentò il ragazzo dopo qualche istante, quasi stesse ancora riflettendo sugli ultimi eventi e il loro rapido evolversi. “Da quanto?", chiese con le sopracciglia inarcate, quasi incredulo di non essere riuscito a cogliere quei sentimenti che tanto aveva disperato di poter carpire nel loro rapporto.
"Non lo so di preciso”, ammise la giovane, ma lo sguardo parve ammantarsi di quella stessa concentrazione che spesso lo rendeva vacuo e distante. Sorrise ad un particolare ricordo, prima di continuare. “La prima volta che ti ho visto, ho sentito un mal di pancia incredibile, ma credevo fosse colpa delle fragole”, raccontò con quella tipica genuinità. “Ma con il tempo e gli strani monologhi in spagnolo di Santana, ho cominciato a capire che non era casuale ed era tutta colpa tua”, soggiunse con aria vezzosa, puntandogli il dito al petto.
Hunter corrugò le sopracciglia con aria perplessa: "Ma è da quando ti conosco che provo a invitarti fuori e non sembravi mai interessata".
"E allora, tu?”, ribatté l'altra con un broncio infantile. “Pensano tutti che tu e Sebastian siate una coppia di delfini!”. Gli fece presente con altrettanto sconcerto.
La conosceva ormai troppo bene per poter restare sconvolto a quella metafora, ma serrò la mascella, fissando la parente innanzi a loro con uno scuotimento del capo. "Io l'ammazzo", borbottò tra sé e sé.
"E quando mi convincevo a parlarti”, riprese la giovane con un vago sospiro. “Ti comportavi in modo davvero strano con Sebastian”. Si strinse nelle spalle e sorrise: quel lieve cruccio era scomparso, con la stessa rapidità con cui era apparso. “Certo, poi ho capito che lui ama Kurt, ma avete un rapporto un po' equivoco”, commentò con la sua tipica schiettezza.
Il ragazzo sospirò con aria stoica, ma parve decidere che, dopotutto, non aveva bisogno di sapere altro, perché l'attirò nuovamente a sé e ne baciò la gota: "Questo non posso negarlo", bisbigliò al suo orecchio.
"Allora io non negherò che faccia parte del tuo fascino, anche se continua ad essere strano”, lo informò. Lo scintillio vivace dello sguardo, lasciò spazio ad una consapevolezza più femminea nel sederglisi in grembo per cingerne il collo e sporgersi alle sue labbra.
“... forse, dopotutto, non lo ucciderò”, parve riflettere, reclinando lievemente il collo e cingendone la nuca.
“Mhm, basta parlare di Sebastian”, mugugnò in risposta.

~

Non ricordava di aver mai dormito così piacevolmente: era come essersi perso in un torpore del tutto nuovo, come se non avesse mai compreso quanto avesse bisogno di un simile e piacevole abbandono. Strinse istintivamente il corpo caldo di Kurt, laddove quell'essenza più dolciastra si era fusa alla propria, con la stessa naturalezza con cui il giovane era diventato parte della sua stessa vita.
Sorrise, gli occhi ancora serrati, quando lo sentì acciambellarsi maggiormente contro il suo petto, quasi ne avesse percepito il risveglio. Ne ebbe conferma quando prese a tempestarne il viso di morbidi baci, seguendo la linea curva dei nei, inducendolo a stringerlo più intensamente.
"Mhm, ingordo", lo vezzeggiò a mo' di buongiorno, schiudendo appena un occhio e cercando di abituare la vista alla luce e ignorare i postumi del jet lag, simili ad una sbronza. Eppure nulla sembrava realmente intaccare quella serenità interiore.
Ne osservò il sorriso che sembrava farne scintillare gli occhi azzurri persino più intensamente, ancora intenti a contemplarlo, come se lo stesse scorgendo per la prima volta.
"Avevo bisogno di una prova che non fosse solo un sogno", sussurrò.
Sebastian si sentì più che partecipe di quello stato d'animo. Se già dormire con lui era stato più volte il vessillo di quel bisogno, averlo amato così intimamente era stato come toccare quel sentimento in profondità e sentirsene completamente riempito. Eppure consapevole che il tempo lo avrebbe reso persino più intenso.
"Sai come lo renderemo ancora più reale?”, gli domandò con un'occhiata puramente lasciva che riuscì, malgrado tutto, a farlo arrossire. Uno sguardo più dolce compensò quella provocazione implicita. “Al ritorno cambieremo tutto: un'unica camera da letto".
L'altro sorrise, evidentemente più che entusiasta (e con le sue manie per il design non era certo qualcosa di sorprendente) all'idea di progettare anche materialmente l'evolversi della loro vita insieme.
"Potremmo comprarci un letto matrimoniale", continuò con lo stesso tono sognante, che gli valse un'occhiata più maliziosa.
"Potrei avere la stanza da biliardo che ho sempre desiderato", aggiunse imitandone il tono trasognato.
"O potremmo farne uno studio”, fu l'entusiastica reazione di Kurt, evidentemente troppo emozionato per coglierne la complice presa in giro. “Zona diritto e zona moda, poi zone neutre come diritto nella moda o moda nel diritto".
Doveva essere più ebbro di qualcosa di più forte dell'alcol per ridere di una simile battuta. Ma non era una risata divertita, piuttosto spensierata e serena, realizzò nel carezzarne la schiena, inducendo Kurt a rilassarsi contro la sua spalla, come se fosse perfettamente naturale.
"Mi piace l'idea di essere l'unico ad essere mai entrato nella tua camera”, gli confidò dopo qualche istante di piacevole silenzio. “La nostra camera", soggiunse, come se avesse avuto il reale bisogno di dirlo a voce alta.
“Purché tu non la riempia troppo di cianfrusaglie inutili”, finse di ammonirlo con aria polemica, ma neppure ciò sembrò minare il buon umore dell'altro.
"Avrai finalmente un pigiama abbinato anche tu", sussurrò in tono sognante, disegnando forme astratte sul suo petto con un dito.
Sebastian rise, scuotendo il capo: "Dubito che lo userò molto”, precisò. “Ma il tuo profumo sarà ovunque", continuò con voce più velata, quasi realmente intaccata dall'emozione del momento.
"Mischiato al tuo", sussurrò l'altro.
"E riscriveremo quelle stupide regole: entra dove vuoi, senza bussare, soprattutto se l'altro è nudo", esordì, appoggiandosi un braccio piegato sotto il capo, quasi a mettersi più comodo, lo sguardo perso in un punto indefinito.
Era tutto meravigliosamente reale, per quanto ancora stentasse a crederlo.
"Torna da me", sussurrò Kurt, chinandosi al suo volto per sfiorarne le labbra.
"Sempre", lo rassicurò.

~
Avvolto nell'asciugamano di spugna, si stiracchiò pigramente ed uscì dal bagno, inarcando le sopracciglia al suono insistente del telefono, ma fu lesto ad individuare il cordless e premere il tasto di risposta.
"Pronto?".
"Clarington?”, lo richiamò Sebastian con voce interdetta, fissando per un istante il telefono, quasi ad appurare di non aver selezionato il numero sbagliato. Aggrottò le sopracciglia. “Che diavolo ci fai a casa nostra?".
Sebastian si sarebbe dovuto ritenere fortunato: la telefonata gli stava risparmiando la vista del sorriso più che compiaciuto che era apparso sulle labbra del suo interlocutore.
Quest'ultimo si schiarì la gola. "Diciamo che ho”, sorrise, come a voler assaggiare le parole seguenti. “Non dormito qua".
L'attimo di silenzio che accompagnò quella frase fu eloquente segno dell'incredulità dell'altro che, tuttavia, recuperò la solita compostezza e il senso pragmatico della situazione.
"Nel mio letto?!”, domandò in tono scandalizzato.
"Certo che no”, ribatté l'altro con le sopracciglia inarcate. Un poco perplesso, probabilmente, dal fatto che quella fosse la prima domanda che gli era stata posta, dopo una simile confidenza. “ Come se non ti conoscessi. In quello di Kurt", aggiunse dopo aver tossicchiato e premunendosi di controllare che la ragazza non fosse a portata di orecchio.
"Il letto di Kurt?", ripeté e non sembrò riuscire a trattenere un verso di divertimento all'idea di come il ragazzo avrebbe reagito.
Alla sola menzione, infatti, Kurt sollevò lo sguardo dalla propria cartolina e lo guardò con aria sconvolta: "Oddio, dimmi che quella bestia del suo gatto non ha dormito tra le mie lenzuola!", parve supplicarlo.
Sebastian represse a malapena la risata.
Se sapessi che “bestia” ci ha dormito.
"Oh, no. Dice che è come dormire su una nuvola morbida”, lo informò, imitando la voce infantile della ragazza.
Kurt sorrise, dondolando le spalle. “Che ragazza deliziosa: manderò una cartolina anche a lei”.
Sebastian aprì la portafinestra e soltanto quando fu sul bancone, si rivolse all'altro con tono evidentemente risentito: "Spero che l'astinenza forzata sia valsa la pena".
Il sorriso di Hunter parve persino più esteso, ma mantenne un tono pacato.
"Sono un signore”, replicò, cercando di nascondere il reale compiacimento. “Quindi non farò commenti inopportuni".
"Eww, ti prego”, ribatté l'altro con aria realmente disgustata. “Non alludevo alle tue dubbie prestazioni: mi devi cinquanta dollari, schifoso-depravato-bastardo", gli disse in tono perentorio.
"Eh?!", chiese l'altro in tono sconcertato: probabilmente più per la mitragliata di insulti che per la reazione tutt'altro che solidale.
"Devo desumere che la casa non sia crollata”, continuò Sebastian rientrando nella suite. “Ho raggiunto il mio scopo, ti saluto".
"Perché cinquanta dollari?!”.
L'unica risposta fu il segnale della linea libera.

“Sai?”, Kurt sollevò lo sguardo dalla cartolina che stava ancora compilando, rimirando l'anello azzurro. “Mi ci sto abituando”.
L'altro sorrise, stringendolo da dietro e baciandone la gota. “Tienilo stretto. Non ne avrai presto un altro: non voglio sentir parlare di matrimoni per almeno dieci anni”.
Kurt non parve affatto offeso, reclinò il collo per osservarlo e sorrise con sguardo adorante: “Quindi stai davvero contemplando l'idea di sposarmi, un giorno”.
“Sta zitto e baciami”.

To be continued...


Connessione permettendo, eccoci per un altro Venerdì Kurtbastian. Non avrei davvero voluto posticipare l'appuntamento, specialmente una volta giunti ad un simile punto di svolta :)
Confesso che mi mancherà non poco aggiornare questa fanfiction, ma sono davvero molto entusiasta dell'intero progetto e di come sia stato accolto in questi mesi trascorsi insieme, quindi colgo ancora una volta l'occasione per ringraziarvi di tutto cuore.

Come avrete intuito, siamo ormai in dirittura d'arrivo, ma abbiamo ancora un appuntamento per l'epilogo.
Quindi vi attenderò Venerdì 9 Gennaio (guarda caso il giorno in cui inizierà l'ultima stagione di Glee :D) e, nel frattempo, vi auguro di trascorrere delle bellissime feste con le vostre famiglie, amici e fidanzati. Ma non organizzate matrimoni che uno Smythe non potrebbe approvare e diffidate di baristi che non siano aspiranti dottori! :P.


Gli ultimi spoiler di questo 2014:


“Quanto avete parlato tu e Kurt?” “Abbastanza da sapere che finalmente sei felice”.

“Oddio, si è innamorato di me”. “Sebastian!” […]
 “Non dovremmo lasciarli soli troppo a lungo” “No, decisamente no”.

“Per qualche strano motivo non mi sono già stufato di te e ogni giorno è la conferma...[...]”.

A presto e ancora tanti auguri a tutti! :)
Kiki87


1Per ascoltare il brano e vederne il testo originale: qui
2Ehm non pensiate che non riesca a rinunciare ad una goccia di “angst” anche nel capitolo che deve condurre al lieto fine. La mia non è cattiveria “gratuita” :P Semplicemente, questo capitolo doveva chiudere il cerchio iniziato col prologo e quindi siamo tornati al punto di partenza ;)
3Protagonista di Matrix :D
4Cercate di capirlo, Blaine, dopotutto la prima volta se l'era persa la città :P Si potrebbe anche dire che uno Smythe "in casa" vince sempre ;) 
   
 
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