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Autore: Longview    19/12/2014    4 recensioni
-Party… posso chiederti una cosa?-
[dal testo]
Ecco come, da una domanda di per sé senza significato, si può passare a fare vere e proprie dichiarazioni d'amore. OS senza grandi pretese, fluff disseminato un po' ovunque, mio personale tentativo dopo mesi e mesi in cui non sono riuscita a scrivere una benamata fava lol. I commenti di qualsiasi natura sono sempre ben accetti, sono qui per migliorare c:
Genere: Fluff, Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Frank Iero, Gerard Way | Coppie: Frank/Gerard
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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You can't predict the end

 


 
 
-Party… posso chiederti una cosa?- esordì Frank, o per meglio dire Fun Ghoul, interrompendo un momento tanto inusuale quanto idilliaco.

Il deserto, almeno per quel poco che si stagliava di fronte agli occhi dei due ragazzi, era stranamente tranquillo, da diversi giorni ormai. Sapevano bene che quella era solo la calma preannunciante una tempesta di proporzioni epocali, che li avrebbe, con grandi probabilità, travolti come marinai in pieno mare di ritorno dal viaggio più lungo che avessero mai intrapreso, ma optarono per non pensarci troppo, poiché, in fondo, è inutile fasciarsi la testa ancor prima di essersela rotta.

Party Poison si voltò scocciato nella direzione del ragazzo che lo aveva interpellato, sistemandosi meglio sulle casse di legno marcio sulle quali era seduto. Conosceva Frank da qualche anno ormai, e ogni tanto gli riaffiorava alla mente il ricordo del loro primo incontro, di come presto l’uno imparò a riempire i vuoti dell’altro, ma anche di come, tuttavia, fu difficile: se da una parte c’era un ragazzo disorientato, solo e che pareva gridare aiuto con ogni molecola del suo corpo, dall’altra ce n’era un altro scontroso e duro con se stesso, ancora intento a leccarsi le ferite inflitte dalla guerra, che in poco tempo gli aveva strappato via tutto ciò che aveva di più caro. L’unica cosa che si ripeteva da quando era scappato dalla città con suo fratello e il suo amico Ray, nel tentativo di sottrarsi alle mani delle Better Living Industries, era che non voleva una nuova famiglia. Non voleva affezionarsi nuovamente a qualcuno per poi rischiare di perderlo. Per questo, quando incontrò Frank stremato e reduce da una fuga improvvisata, per non dire rischiosa, da Bettery City, sotto il sole cocente del deserto del Nevada, si trovò costretto ad andare contro le sue stesse volontà: lo aiutò, lo prese sotto la sua ala protettiva, per quanto potesse risultare rassicurante il suo carattere volubile e estremamente chiuso. Combatté duramente contro se stesso per non lasciarsi ammaliare dai modi dolci e innocenti del più piccolo, che nonostante tutto era in grado di farsi valere e possedeva grande risolutezza, non a caso aveva salvato la pelle a tutti loro più di una volta, anche se alle volte era maledettamente impulsivo: tutte queste sue caratteristiche lo avevano attratto fin da subito, e ben presto si ritrovò unito a quel ragazzo da un legame indissolubile e davvero complicato da descrivere da parte sua.

Fun gli carezzò una spalla, risvegliandolo dai suoi viaggi mentali e ricordandogli che, beh, gli aveva fatto una domanda.

-Uhm, certo- il moro allora si prese qualche secondo, portò i capelli dietro le orecchie e si schiarì la voce, cercando le parole più adatte per incominciare.

-Com’era la tua vita prima dell’inizio di, beh… tutto questo casino?- chiese infine, e Party non poté fare a meno di abbozzare un mezzo sorriso di fronte a quella definizione così poco adatta. Si alzò in piedi e fece qualche passo, allontanandosi, e per questo l’altro ragazzo credette di aver detto qualcosa di sbagliato: subito si rabbuiò, e lo seguì.

-Era… diversa, semplicemente. So che è scontato dirlo, ma non hai idea per quanto io sia andato avanti a guardarmi allo specchio e vedere una persona che non aveva niente a che fare con me. È facile dire che bisogna dare tempo al tempo, perché non mi sono mai abituato. Ora sono Party Poison, faccio parte dei Killjoys, di quello che ero prima ricordo poco o niente, per il semplice motivo che, uhm… preferisco che sia così- il rosso prese fiato, incerto su ciò che avesse appena detto. Le sue parole, infatti, non fecero altro che rendere le idee di Fun ancora meno chiare: a volte i suoi ragionamenti erano troppo confusi, seguivano un senso che, probabilmente, capiva solo lui. Odiava quando lo faceva, perché era come se elevasse un muro alto centinaia di metri tra loro due. Ma nonostante questo, sapeva bene anche che per comprendere tutti i pensieri che gli giravano per la testa non era sufficiente ascoltarlo, poiché spesso i suoi silenzi spiegavano mille volte meglio i concetti che avrebbe voluto esprimere in uno dei suoi discorsi senza capo né coda. Non voleva dar da credere di non aver afferrato il senso delle sue parole, anche se lo irritava il fatto di non aver trovato risposta alla sua domanda.

-So di non avertene mai parlato prima d’ora, intendo, della mia vita… è solo che non saprei proprio da dove iniziare. Tutto ciò che mi rimane sono solo ricordi annebbiati che si accavallano tra loro, e comunque niente di interessante o di cui possa andare fiero…- aggiunse Party, abbassando il capo. Fun non volle rigirare il coltello nella piaga, visto che il più grande pareva poco propenso ad andare oltre a raccontare, e in più non se la sentiva di fargli rivivere momenti spiacevoli. Anche se, a essere sinceri, la sua curiosità era molta.

Si fece più vicino, cercò il suo sguardo sotto i ciuffi cremisi che in quel momento gli ricadevano sul viso; ebbe l’impulso di abbracciarlo, sebbene non sapesse quali fossero i pensieri che gli affolavano la mente, voleva solo farli scomparire, in ogni caso: ignorò il motivo per il quale non lo fece, ma, anzi, piantò le mani ben a fondo nelle tasche dei jeans, quasi per paura che agissero senza il suo consenso. Scosse la testa, sperando con tutto se stesso che nessuno li venisse a disturbare proprio in quel momento.

-Ti capisco… intendo, so cos’hai dovuto passare. Io stesso non amo ripensare al mio passato, nella mia vita mi sono sempre comportato da codardo e si è visto a cosa questo mi ha portato…- mormorò -Ma ora sono cambiato, almeno credo. Mi piace guardare positivamente al futuro …- non era convinto lui stesso di ciò che aveva appena detto, come poteva sperare di convincere il proprio leader, quello che più di tutti c’era dentro fino al collo in quella situazione? Party incatenò gli occhi a quelli del moro, abbozzando un sorriso colmo di tristezza. Annuì lentamente, e tese le braccia verso il più piccolo, per stringerlo a sé. La parte che più amava di lui era proprio questa sua ingenuità, e la sua costante voglia di andare avanti, nonostante i mille ostacoli che fino ad allora avevano incontrato. Lui, al contrario, non riusciva a trovare un motivo per continuare a combattere. Se fosse stato per lui, si sarebbe lasciato uccidere da uno dei tanti draculoidi che incontrava quotidianamente; l’unica cosa che gli impediva di farlo era la promessa che si era fatto nel momento in cui, anni prima, era scoppiata la guerra: doveva proteggere suo fratello Mikey -da troppo tempo ormai non lo chiamava con il suo vero nome-, non lo avrebbe mai lasciato solo. E, dopotutto, nemmeno Frank.

-Dopotutto si può sempre sperare, il futuro è ancora da scrivere…- disse il rosso -Come ti vedi da qui a, uhm… tre anni?- chiese poi, cercando in qualche modo di risollevare il morale di entrambi. Fun si lasciò coccolare qualche istante prima di rispondere, momenti come quelli erano più unici che rari e di certo non voleva farseli sfuggire. Party non era mai stato una persona abituata ad esprimere i propri sentimenti e il proprio affetto così, non amava farsi abbracciare, stringere, baciare e tutte quelle cose che implicano contatto fisico; anche se, in casi come quelli, poteva fare un’eccezione. Gli sistemò i capelli dietro le orecchie, che, nonostante i suoi tentativi di tenere a posto, parevano vivere di vita propria, scoprendo così i suoi occhi che, con suo grande dispiacere, trovò chiusi, intento com’era a farsi cullare dal battito tranquillo del cuore del rosso. Sentendosi osservato, però, il più piccolo tornò subito all’erta.

-Credo che, uhm… credo che le cose miglioreranno, anzi, ne sono certo. Prima o poi, con tutti i ribelli che ci sono, ci dovrà pur essere una svolta, o mi sbaglio? Magari saremo proprio noi a segnarla…- Fun sollevò a malincuore il capo dal petto dell’altro ragazzo, e puntò lo sguardo sul giubbetto blu di questi, a seguire, aiutandosi con l’indice della mano destra, tutte le pieghe che prendeva. Gli faceva male pensare che, nella situazione in cui si trovavano, rischiavano la vita ogni giorno. Più che altro lo devastava la possibilità di perdere le uniche persone a cui teneva davvero, che lo avevano aiutato nel momento del bisogno e, inoltre, le sole che gli fossero rimaste al mondo; un’esistenza come quella non avrebbe avuto senso per lui. Si sentiva già perso e le lacrime spingevano per uscire, nonostante si trovasse ancora tra le braccia di Party. Quella era l’ennesima riprova che non ce l’avrebbe mai fatta da solo, che era troppo fragile per affrontare il mondo con le sue sole forze.

-Cos’hai?- gli chiese il rosso, notando subito il suo stato d’animo.

-Nulla… pensavo solo al fatto che vorrei che le cose rimanessero proprio come sono in questo momento…- rispose allora, abbozzando un sorriso, perso ancora nei suoi pensieri.

-Cioé con noi due abbracciati davanti all’entrata di un rifugio che cade a pezzi?- Fun scosse la testa e alzò gli occhi al cielo: era proprio vero che era impossibile portare avanti un discorso serio con lui.

-No, intendo… liberi dai problemi, non più costretti a fuggire… e poi pensa come sarebbe se non fossimo più costretti a vivere in questo posto dimenticato da Dio!- proseguì -forse pretendo troppo… ma mi piacerebbe che tutto ciò non fosse mai successo-

Una nota di disappunto allora si fece strada sul volto di Party: -Se così fosse stato, noi non ci saremmo mai conosciuti… e a essere onesti preferirei trascorrere il resto della mia esistenza vagando senza meta, senza un posto in cui dormire, o un luogo da poter chiamare “casa”, piuttosto che, beh…- il più piccolo lo pregò mentalmente di andare avanti. Voleva sentirselo dire in faccia, voleva che, una volta tanto, gli dicesse molto chiaramente ciò che pensava.

Si avvicinò ancor più a lui, passandogli le braccia attorno al collo, e non poté far a meno di notare, divertito e sorpreso, l’imbarazzo del rosso, che tentava in ogni modo di evitare il suo sguardo.

 -“Piuttosto che” cosa…?-

-Piuttosto che essere costretto a stare senza di te…- ammise infine, cominciando a prendere in viso lo stesso colorito dei suoi capelli; nonostante il suo fare indolente, Fun sapeva che stesse dicendo il vero: ciò che più lo bloccava era il giudizio altrui, ma non lo avrebbe dovuto temere con lui.

-Quindi ci tieni a me?- domandò, mettendo sempre più alle strette l’altro ragazzo; questi lo fissò serio. Il cuore del più piccolo batteva all’impazzata, e poteva chiaramente sentire quello dell’altro andare a ritmo con il suo. Da una parte la risposta gli pareva ovvia, perché, anche se indirettamente, gli aveva sempre dimostrato il suo affetto, o, per quello che aveva capito, il suo amore nei suoi confronti; tuttavia c’era sempre da porre in mezzo quell’enigma quale era la sua mente.

-Ovvio, Frankie- un fremito scosse il moro non appena sentì il suo vero nome pronunciato, per di più dalla voce dell’altro; questi si rese conto dell’effetto che aveva provocato, e parve compiacersene: si sentiva importante per qualcuno, e, in fondo, era sempre piacevole sapere che il più piccolo aveva occhi solo per lui, e che si scioglieva ad ogni sua minima parola, anche semplicemente sussurrando il suo nome.

-Anche se… a dirla tutta non è completamente vero- altra cosa che Fun avrebbe potuto aggiungere alla lista delle cose che odiava dell’altro, era il fatto che lo tenesse sempre sulle spine. A volte per ore, giorni interi, e lo faceva andare ai matti.

-E perché?- chiese, non volendo prolungare l’attesa ancora a lungo.

-Perché ti amo- e a Fun sembrò tutto così perfetto in quel momento, nonostante si trovassero nel bel mezzo del deserto, nonostante avessero le Better Living alle calcagna e nonostante stessero rischiando la vita abbassando in tal modo la guardia; ma, per quanto lo riguardava, avrebbero potuto sparargli un colpo in testa in quel preciso istante, facendo schizzare le sue cervella ovunque: almeno l’avrebbe fatta finita dopo aver vissuto quello che probabilmente era stato il momento più bello della sua corta ma intensa vita.

Party avvicinò con una lentezza snervante il viso a quello del più piccolo, mentre con lo sguardo accarezzava i tratti di questi, dagli occhi nocciola, grandi, colmi di passione, fino a raggiungere le labbra socchiuse, rosse di baci mai dati e invitanti, sulle quali posò dolcemente le sue, facendole combaciare alla perfezione, completandole. 

In quell’istante, immersi nel loro amore, chiusi nella loro piccola bolla privata, distanti dal mondo che li circondava, un unico pensiero attraverso la mente di entrambi: il futuro non sembrava più così spaventoso.

 

 

 

 

 
  
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