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Autore: Quasar93    20/12/2014    0 recensioni
[doctor\master platonic]
Sia il Maestro che il Dottore sono vicini alla loro ultima rigenerazione e, coinvolti un una guerra che sembra non avrà un vero vincitore, si contendono il dominio della galassia, convinti di non essere null'altro che nemici. Troppo tempo ormai è passato per entrambi e, anche per esseri millenari come i signori del tempo non c'è spazio in memoria per una vita lunga secoli.
E se non si ricordassero più l'uno dell'altro?
Genere: Angst, Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Doctor - Altro, Master - Altro
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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No matter how many deaths that I die I will never forget
No matter how many lives I live, I will never regret
There is a fire inside of this heart and a riot about to explode into flames
Where is your God? Where is your God? Where is your God?
 
 
In un futuro molto lontano – Hephastos, lontano pianeta vulcanico
 
Esplosioni.
Nubi di cenere scarlatta coprivano il cielo.
I tre grandi soli riuscivano a farsi spazio a fatica, illuminando di arancione gli sprazzi di volta celeste lasciati liberi dal manto di polvere densa.
Continue eruzioni riempivano di tutte le sfumature del rosso i resti dei monumentali palazzi crollati che giacevano come corpi martoriati un po’ ovunque.
Hephastos ormai era un mondo in rovina, distrutto.
Dilaniato da una guerra che era nata dalla disputa tra due fazioni, guidate da due persone.
Il Dottore, da una parte, e il Maestro, dall’altra.
La loro faida era cresciuta al punto da coinvolgere l’intero universo.
Hephastos infatti era solo uno degli innumerevoli campi di battaglia dell’ultima grande guerra del tempo.
I Dalek, i Cybermen, il figlio dell’Incubo, solo per citarne alcuni, erano tra gli alleati più temibili del Maestro.
Mentre tra le sue fila il Dottore contava Sontaran, Syluriani e, ovviamente, la razza umana.
O almeno quello che ne era rimasto.
Il Maestro infatti si era premurato, quando la guerra era ancora agli albori, di distruggere ogni colonia umana si cui venisse a conoscenza.
Non tanto per il loro potere bellico, praticamente innocuo se confrontato con quello delle altre razze,  ma per infastidire il dottore, distruggendo quello che più amava nell’universo.
 
Nessuno ricordava più da quanto tempo quella guerra stesse andando avanti.
Intere generazioni vi avevano preso parte.
Intere razze erano finite sull’orlo dell’estinzione, anche solo per essere vissute sul pianeta sbagliato al momento sbagliato.
Ma, se per alcune specie il tempo sembra non passare mai, per altre passa incredibilmente in fretta, e una generazione ci mette così poco a cambiare che la maggior parte delle fazioni coinvolte si stava ritirando orami.
Non avevano più un motivo per combattere una guerra che i loro avi avevano iniziato per loro.
 
E così, in un anno astrale molto più vicino alla fine dell’universo che al suo inizio, sulla terra arida di Hephastos, il campione di Tempo e il campione di Morte si preparavano a fronteggiarsi, per l’ennesima volta, forse per l’ultima.
Solo i cybermen erano rimasti a combattere per il Maestro e il Dottore aveva dalla sua solo pochi umani potenziati.
Il tempo e la guerra avevano cambiato gli uni e gli altri così tanto che ormai era diventato difficile distinguere un cyberman malmesso da un guerriero umano completamente equipaggiato.
 
Do you really want?
Do you really want me?
Do you really want me dead?
Or alive to torture for my sins?

 
 -E così, questa sembra essere la resa dei conti, Dottore- ghignò il Maestro, uscendo da dietro una grossa rovina, impugnando un cacciavite laser isomorfico che sembrava emanare sulla sua pelle strisce di luce, quasi attingesse la sua energia dal corpo stesso del Time Lord, e girando la testa di lato –forse è ora, no? E’ ora di finirla con questa buffonata- urlò, picchiettandosi la tempia destra, in un gesto di completa follia, per poi protendere il braccio in avanti ordinando alle sue armate di attaccare il Dottore.
 
L’altro Time Lord stava in piedi di fronte a lui, una donna potenziata al suo fianco e una schiera di umani in attesa di ordini.
Si girò per bisbigliare qualcosa nell’orecchio della sua seconda in comando e osservò le sue schiere partire all’attacco contro i Cybermen.
-Hai ragione, Maestro, è ora di finirla. Siamo rimasti solo noi, coi nostri miseri contingenti a combattere questa guerra infinita- disse, mentre impostava il suo cacciavite sonico su una nuova modalità.
La luce cambiò da azzurra ad arancione e disegni di luce iniziarono a formarsi anche sul braccio del Dottore.
-Che i generali scendano in campo allora- sghignazzò il Maestro, pronto a colpire, sparando un colpo di avvertimento col suo cacciavite e facendo esplodere un pezzo di muro alle spalle del Dottore.
-Sai cos’è la cosa più triste?- chiese il dottore, sorridendo amaramente.
-Che sai già che sarò io a vincere?-
-Che non mi ricordo neanche più per cosa stiamo combattendo. E’ passato troppo tempo, troppi secoli. Troppi millenni. Troppi persino per un Time Lord-
Il Maestro ebbe un attimo di esitazione e si bloccò.
-Tu te ne ricordi?- continuò il Dottore.
-No- ammise alla fine l’altro – ma ha forse importanza? So che devo conquistare il mondo, so che devo ucciderti, so che devo vincere. Sono i tamburi, sempre i tamburi, sempre loro a dirmi quello che devo fare. Loro sono stati con me, sempre. Di loro posso fidarmi. Tu chi sei? Perché dovrei ascoltarti?- disse, nervoso, muovendo la testa a scatti e avanzando verso il Dottore. – Tu chi sei per me?- ormai anche il Master non doveva essere lontano dalla fine delle sue rigenerazioni, sempre che questo avesse un qualche significato per il campione di Morte, ma la cosa certa era che i momenti di lucidità dalla sua follia erano sempre meno, e sempre più brevi.
 
-Io sono..- stava per dire il Dottore ma si fermò.
Sapeva che il Maestro era qualcuno di importante, qualcuno che aveva un significato profondo per lui, ma per quanto si sforzasse non riusciva a ricordare.
Era davvero passato troppo tempo. –Io.. non me lo ricordo. Ma lo so, lo sento.- si toccò il petto – Lo sento nei miei cuori, tu sei più del mio peggior nemico-
-Menti, e lo fai solo per prolungare la tua esistenza- urlò il Maestro – E’ la dodicesima incarnazione del nuovo ciclo vero? Ho tenuto il conto, sto attento, osservo, ti osservo, ti osservo molto attentamente Dottore- disse, leccandosi le labbra velocemente e stringendo la sua arma.
-Non ti sto mentendo. Tu mi guardi, ma non riesci a vedermi. Vai oltre, usa la telepatia, anche se non ricordi e so che non ricordi. Ma so che nel profondo anche tu sai che c’è più di questo- disse il Dottore, allargando le braccia ad indicare la morte e la distruzione che li circondava - oltre la guerra, oltre perfino i tamburi-
Il Maestro si fermò un attimo, si concentrò e cercò un collegamento telepatico con il nemico che lo fronteggiava a pochi metri da lui.
Si stupì subito dell’incredibile facilità con cui il collegamento si instaurò, era come se avesse riaperto una porta chiusa da tanti anni ma ancora perfettamente funzionante.
-Perché è così facile? Perché? C’è solo una spiegazione solo una, solo..-
- ..non è la prima volta che lo facciamo. E’ questa la spiegazione- completò il Dottore per lui.
-No, è più di un collegamento già fatto, è un collegamento profondo. Non posso vedere i ricordi, sono nascosti, danneggiati, sepolti, ma il collegamento è lampante. Noi eravamo più che amici eravamo..-
-.. migliori amici. Lo sento anche io ora- concluse il Dottore, avvicinandosi all’altro, con una rinnovata consapevolezza.
-No, non ci credo. Se fossimo stati migliori amici come saremmo arrivati a questo punto? I tamburi, loro erano con me, sempre con me? Dov’eri tu? Eh? Dov’eri quando il dolore era così insopportabile che l’unica cosa che potevo fare era cedere? Dov’eri quando ho perso definitivamente la ragione?- urlò il Maestro, preso da una rabbia improvvisa.
Il Dottore avrebbe voluto rispondergli, dirgli che si sbagliava, che non se lo ricordava ma lui era sempre rimasto al suo fianco.
Ma non poteva, non lo sapeva.
Dov’era quando il suo migliore amico aveva bisogno di lui?
Quando e perché si erano divisi?
-Io.. non lo so- ammise infine, lo sguardo basso.
-Perché è solo una bugia!- urlò il Maestro, sparando e questa volta colpendo il Dottore alla spalla. Il Time Lord indietreggiò appena, ma non rinunciò alla sua posizione, nonostante il dolore.
-Non lo è, e lo sai anche tu-
-Io so solo che devo ucciderti. Loro mi ordinano così- si colpì la testa quattro volte, ancora e ancora.
 
Tell me would you kill to save a life?
Tell me would you kill to prove you're right?
Crash, crash, burn, let it all burn
This hurricane's chasing us all underground
 
-Vuoi uccidermi? Bene- acconsentì infine il Dottore – se mi darai la chance di mostrarti che non ti mento, che è vero che un tempo abbiamo condiviso qualcosa, poi potrai uccidermi. Non mi opporrò e sai che non posso più rigenerarmi.-
-Come puoi provarmi qualcosa che nemmeno tu ricordi? Sei impazzito anche tu, Dottore? Sei impazzito anche tu?-
-La connessione telepatica. Forse ripristinando al massimo il legame riusciremo a recuperare qualche ricordo –
Non voleva ammetterlo, ma anche il Maestro era curioso di sapere se quel qualcosa che aveva avvertito nel legame di prima avesse un significato. Anche solo per smascherare il bluff del nemico.
-Ci sto. Non mi importa dei tuoi vaneggiamenti sul passato, ma se alla fine potrò finalmente liberarmi di te mi va bene così-
 
 
You say you're wrong, you're wrong, I'm right, I'm right, you're wrong, we fight
Okay, I'm running from the light, running from the day to night, oh
The quiet silence defines our misery
The riot inside keeps trying to visit me
 
 
I due time lord si avvicinarono, il Maestro posò le mani sulle tempie del Dottore, in un gesto che gli venne fin troppo naturale per uno che non doveva essere altro che un nemico.
E poi il collegamento mentale iniziò, e fu come tornare ad andare in bicicletta dopo tanto tempo, è faticoso ma i movimenti sono memorizzati, impressi a fuoco e facili come se non si avesse mai davvero smesso.
-Maestro, so che puoi sentirlo, so che anche per te tutto questo non è nuovo-
L’altro Time Lord non rispose e invece si avvicinò per appoggiare la sua fronte a quella del Dottore, doveva sapere, doveva aumentare il legame.
Qualche ricordo iniziò a fare capolino, ricordi da prima della guerra, vecchie incarnazioni in cui erano nemici, e sempre più indietro a quando comunque non si odiavano al punto di uccidersi.
Poi un’immagine colpì entrambi con forza.
Due ragazzini vestiti di rosso, uno biondo e uno moro, si tenevano per mano sui campi rossi di Gallifrey, guardandosi complici negli occhi.
Il Maestro sgranò gli occhi, e guardò il Dottore che aveva la stessa identica espressione.
Finalmente ricordavano.
Non tutto, non precisamente. Ma sapevano che un tempo, quando nessun’altro c’era per loro, avevano l’un l’altro.
Sapevano che erano stati i migliori degli amici.
-Theta Sigma- disse il Maestro.
-Ko..-stava per dire il Dottore quando un cyberman gli sparò alle spalle, interrompendo la frase a metà.
-NO!- urlò il Maestro, sparando e uccidendo il cyberman, mentre il Dottore si accasciava tra le sue braccia.
Erano stati così impegnati a parlare di loro stessi che si erano dimenticati della battaglia che ancora infuriava attorno a loro.
Il Maestro si inginocchiò, tenendo il Dottore tra le braccia.
-Se solo, se solo mi fossi ricordato prima. Dovevo fidarmi, di te e non dei tamburi- disse con la voce che andava rompendosi mentre uno spiraglio di lucidità riconquistava la luce.
-N-non importa- disse il Dottore con un filo di voce – mi avresti ucciso comunque, finita la connessione-
-Non dopo quello che ho visto-
-Sarebbe comunque stato troppo tardi. Troppo tardi per noi, per questa guerra. Ma sono felice di andarmene sapendo contro chi stavo combattendo-
-Abbiamo sempre e solo combattuto contro il tempo. Se avessimo avuto i nostri ricordi non avremmo mai iniziato questa stupida guerra-
-Guarda, Koschei. Il cielo. Non ti ricorda Gallifrey?- cambiò discorso il Dottore, nei suoi ultimi momenti non voleva parlare di rimpianti, di cose che non poteva cambiare e il Maestro lo capì, gli accarezzò i capelli e lo strinse a se, forse ancora carico delle emozioni dei ricordi appena rievocati.
-Certo. Quando eravamo ancora due piccoli Time Lord che pensavano di poter cambiare il mondo-
-Volevamo partire insieme, e vedere l’universo.-
-Rubare un TARDIS, insieme coi nostri amici- continuò il Maestro, riappoggiando le mani sulle tempie del Dottore e iniziando a trasmettergli immagini di quando erano piccoli, convincendolo che fossero ancora a quel tempo, piccoli e pieni di sogni e speranze.
-Koos, sono stancooo- disse il Dottore, di nuovo il piccolo Theta nel ricordo che il Maestro gli stava facendo rivivere e che, contemporaneamente, riviveva con lui.
Erano entrambi seduti su una collina di erba rossa a osservare il tramonto dei soli su Gallifrey.
-Dormi, Thete. Domani dobbiamo fare un sacco di cose insieme-
-Davvero?- chiese il bimbo biondo, sbadigliando.
-Davvero. Dormi pure, appoggiati sulle mie gambe-
-Grazie, Koschei- disse, prima di chiudere gli occhi – sono contento che tu sia mio amico.-
Theta chiuse gli occhi, e il Maestro tornò alla realtà, strinse il corpo del suo peggior nemico tra le braccia, mentre una lacrima scese a rigargli una guancia
-Dormi pure, Theta, dormi tranqillo-
Si rialzò solo per vedere un’umana puntargli contro un’arma sonica, sentì i tamburi che incombevano nella sua testa a portargli via anche quell’ultimo momento di lucidità, ma si fermò.
Un secondo prima di impazzire di nuovo si fermò, vide l’attacco, vide il colpo, sentì l’istinto di scappare e i tamburi inneggiare alla guerra, ma restò sul posto.
Fu una frazione di secondo, il colpo andò a segno e la donna sparò di nuovo, troppo velocemente perché il Maestro potesse innescare una rigenerazione, anche se, probabilmente, non lo avrebbe fatto.
Si lasciò cadere e strinse per l’ultima volta la mano del Dottore.
La guerra era finita, senza vincitori e senza vinti ma solo con due uomini che, prima di morire, avevano ritrovato loro stessi.
 
No matter how we try, it's too much history
Too many bad notes playing in our symphony
So, let it breathe, let it fly, let it go
Let it fall, let it crash, burn slow
  
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