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Autore: SognatriceCullen_182    09/11/2008    7 recensioni
"Una ragazza mi colpì con la sua ingombrante cartelletta. Stupida liceale. Mi voltai verso di lei, felice di aver trovato qualcuno da mortificare con il mio sguardo accusatore. La guardai... e mi fermai un attimo.
Non era propriamente ... bella. Era luminosa. Aveva una corporatura esile e minuta, come un folletto. Le fitte onde di capelli chiari scuro, quasi miele, le sfioravano dolcemente le spalle senza superarle.[...]
Da i capelli le spuntavano i fili delle cuffie dell'mp3. Chissà cosa stava ascoltando. Non so come mai, ma avrei dato di tutto per poterlo senitire con lei. La guardai di nuovo, senza pensare di poter sembrare scortese."
"Sentii un vecchio alla mia sinistra esclamare un rimprivero, e mi voltai: un ragazzo era incespicato nella fine delle scale mobili. Gli sorrisi divertita, e fui felice di vederlo ricambiare, leggermente imbarazzato. Lo guardai meglio, e rimasi colpita: era uno schianto. Vero e proprio.
  I capelli scuri, lisci, stavano scompigliati sul suo viso, gli solleticavano il collo. [...] Il suo sorriso mi abbagliò: era spavaldo, ma allo tesso tempo cauto, felice. Era... splendido.
La corporatura era forte, muscolosa. Era alto, ben piantato, le gambe lunghe e le braccia potenti. Non lo guardai negli occhi, come timorosa che potessero risultare devastanti.
Mi ripresi velocemente cercando di non far notare la mia ammirazione."
Un giorno qualunque Niccolò e Caterina si incontrerano, cabiandosi la vita, scoprendo il vero significato della parola amore in sole poche ore. La mia seconda ff, partita come one shot, ora terminata. Recensite in tanti!! Grazie, a tutte =*
                                       PUBBLICATI I RINGRAZIAMENTI.
Genere: Romantico, Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Imprinting 2ff Cazzo, cazzo, cazzo. Ero proprio in ritardo. Questa volta non me la sarei cavata tanto facilmente... nè con il prof, nè con Silvia. Le avevo promesso che non l'avrei fatta aspettare, e invece... 
Ma che palle. Quanto ci mette 'sta metro?! Ancora una fermata. Dai, dai, dai! Chi la sentiva, poi.. Che strazio! Il macchinista doveva aver subito un trauma di qualche genere contro la velocità oltre ai 20 all'ora. Perchè mi ostinavo a prendere i mezzi, poi...!! Cominciai a guardare fissamente fuori dal finestrino della metro.
Ecco la banchina di Cadorna. Le porte non si erano nemmeno aperte che ero già fuori. Corsi fino all'uscita successiva, dove c'erano le scale mobili. Ma non lo sapevano che a sinistrasi deve tenere libero per chi ha fretta?!
Aspettai ancora, per troppo tempo, per quello che mi riguardava. Tamburellai nervosamente le dita sullo scorrimano. Mi osservai attorno scocciato, pronto a incenerire con lo sguardo chiunque mi stesse guardando in quel momento.
Che palle! Le scale mobili non erano mai state così lunghe.
Una ragazza mi colpì con la sua ingombrante cartelletta. Stupida liceale. Mi voltai verso di lei, felice di aver trovato qualcuno da mortificare con il mio sguardo accusatore.
La guardai... e mi fermai un attimo.
Non era propriamente... bella. Era luminosa. Aveva una corporatura esile e minuta, come un folletto. Le fitte onde di capelli chiari scuro, quasi miele, le sfioravano dolcemente le spalle senza superarle. Aveva gli occhi chiari, azzurri come l'acqua del mare dei Caraibi illuminati dal sole, allegri e spensierati, illuminati da una luce stranissima, che non avevo mai visto. Una leggera spruzzata di lentiggini le decorava il naso piccolo ed elegante, da bambina, leggermente all'insù. I tratti erano morbidi, dolci, quasi infantili ma al contempo adulti. Avrà avuto 17 anni, non di più. 
Da i capelli le spuntavano i fili delle cuffie dell'mp3. Chissà cosa stava ascoltando. Non so come mai, ma avrei dato di tutto per poterlo senitire con lei. Sorrise leggermente tra sè e sè, provocando una tempesta dentro di me che non avevo mai provato, nè avevo mai pensato di poter provare. Ma da quando ero così... sentimentale? Chi lo sa. Non sapevo nulla, in quel momento. Solo che avevo accanto a me la creatura più meravigliosa dell'intero Universo. La guardai di nuovo, senza pensare di poter sembrare scortese.
Era come.. distratta, in un certo senso. Sembrava non badare a nessuno accanto a lei, senza preoccuparsene.
Aveva un'aria serena, spensierata anche dietro a quei segni di preoccupatezza e ansietà. 
Ridacchiai un poco. Doveva essere in ritardo anche lei. Non avevo mai visto nulla del genere prima d'ora.
"Ehi, ragazzo! Fai attenzione!" disse una voce dietro di me, arrabbiata.
Fui bruscamente riportato alla realtà da un vecchio burbero, e mi accorsi che stavo inciampando nella fine delle scale mobili. Erano già finite? Oh, avrei voluto che durassero chilometri, per poter stare ancora accanto a quella ragazza.
Lei si voltò e si accorse di me forse per la prima volta. Accennò una risata, e mi sorrise.
Poi tornò nel suo mondo, oltrepassò i tornelli, e si diresse verso la sua uscita.
La seguii. Non saprei dire come mai lo feci, ma era semplicemente la cosa giusta da fare. Senza contare il fatto che mi ero totalmente dimenticato dove dovevo andare.
La rincorsi, cercando di rimanerle sempre dietro, senza superarla o sarle accanto. Osservai l'abbigliamento.
Aveva dei pantaloni a sigaretta colorati senza cintura e delle all star bianche pitturate - da lei - con un sacco di colori vivaci (rosso acceso, giallo, verde prato, arancione..) una giacca azzurra chiara aderente, dal cui bordo usciva una camicia a rombi bui e bianca, un pò stropicciata. Una sciarpa morbida di lana colorata le copriva il collo. Rimasi stupito di me stesso. Non ero mai stato un grande osservatore... Ma era come se non potessi perdermi nulla di una come lei.
Fece un pezzo di strada, poi curvò, curvò ancora e girò a sinistra. Non era difficile capire che si era persa. Continuava a girare la testa a destra e a sinistra, come a cercare un luogo familiare, che non trovava. Si fermò tre volte a chiedere l'indicazione, ma a quanto pare questo non fu granchè d'aiuto.
Se solo avessi saputo dove voleva andare...
Decise che quella era la strada sbagliata - aveva notato il segno M della metro in fondo alla strada e aveva capito che stava tornando al punto di partenza - e si girò di scatto, cogliendomi in fallo.
Non mi riconobbe, evidentemente, ma decise che avevo un'aria affidabile, e camminò verso di me con fare deciso, del tipo: "Mettiamo in chiaro che non sono qui per perdere tempo, ci siamo capiti?" e mi chiese con aria impostatamente gentile: "Scusa, sai dov'è il Teatro Litta? Mi sa che mi sono persa..." e sorrise come a scusarsi.
Mi persi nella melodia della sua voce. Morbida e roca, decisa ed esitante, dolce e seria. Avrei voluto sentirla parlare tutta la vita, avere quel suono nell'orecchio, in modo far sembrare tutto più bello...
Sbattei due volte le palpebre. Dovevo decisamente riprendermi.
Le sorrisi, sperando di vedere in lei quel leggero sussulto che prendeva tutte le ragazze quando gli sorridevo a quel modo.
I suoi occhi si fecero più gentili, ma a parte questo, non notai nessun cambiamento.
"Guarda, devi girare qui a destra. Vedi? - la accompagnai - Ecco: avanti giusto un pò...C'è un grosso palazzo grigio, che è sempre il Teatro Litta, ma l'entrata dove c'è anche la segreteria e quelle cose di questo genere è ancora un po più avanti. Vedi? Quello."
S'illuminò e mi sorrise grata.
"Grazie, poi il resto lo conosco." Fece una faccia indecisa come a chiedersi se potesse permettersi una domanda.
"Ma tu... Ci lavori?" chiese infine.
"Già... Faccio la maschera quando non vado all'Università... Il martedì." Non so perchè glielo dissi, ma ormai non mi stupivo nemmeno più di tanto: quella ragazza mi faceva fare delle cose che mai avrei pensato di poter fare.
"Ah, ok!"  Sorrise "Allora ciao." Si voltò e accennò una breve corsetta.
"Ciao... A proposito... Sei splendida. Pensavo che magari ti potesse interessare." Dissi quando ormai era troppo lontana per sentire. La vidi spegnere l'mp3, ed entrare nel portico. La seguivo ancora?
Mi squillò il telefono: Silvia.
"No, tu ora mi dici dove cazzo sei!! Oh, ma per te 18.15 cosa vuol dire?! Sono le 18. 40, genio mio. Dove sei? Ma dico! Cioè, ma secondo te chi sono?" Sbraitò lei.
Non ottenne risposta, e proseguì.
"La tua ragazza. Ebbene sì. Si da il caso.... Che tu mi debba almeno un minimo di rispetto! Allora?? Dove sei?!" Riprese sempre più infervorata.
"In Paradiso..." Risposi stupidamente, senza pensare chi avevo dall'altro lato, sebbene mi fosse appena stato chiarito il concetto.
"Amore, se non arrivi qui entro 2 minuti sarà un inferno! Non hai un'idea di cosa stia facendo il Blocchi... Giuro, sta volta non la passerai liscia... Stai correndo?" chiese.
"Senti, Silvia: addio. Non me ne frega nulla del Blocchi, sinceramente. Mi è piaciuto conoscerti. Non credere che tu non mi sia piaciuta. Ho vissuto dei bei momenti con te. Ma ora devo andare. Addio" dissi.
"Coosa CAZZO stai dicendo, ma sei imbecille??!? Con CHI sei?? Nico, giuro se non mi dai una spiegazione, io..." Ma non ebbi il tempo di sentire il resto. Riappesi.
Senza pensare minimamente a cosa avevo appena fatto, cominciai a correre.
Entrai nel teatro.
"Ciao, Niccolò! Come mai sei qui, oggi? Ti manca il lavoro?" Mi chiese Katia, la segretaria più giovane.
"Ciao, Kat. Mmm... senti, non è hai visto una ragazza... sarà una liceale... Carina..."
Cercai disperatamente di trovare una descrizione che non mi facesse sgamare al volo. Ma purtroppo mi ero dimenticato del fatto che stavo parlando con Katia.
"A-ha!! Hai capito, il nostro Nico! Non si inseguono così le ragazzine... No, no, no! Ahahaha.."
Scoppiò a ridere lei, come se non trovasse nulla di più esilarante.
"Si, già... Certo. Senti, ma allora dov'è?" domandai sempre più impaziente.
"Non so se posso dirtelo..." attaccò lei, ma si fermò davanti al mio sguardo supplichevole "...Ma penso sia la ragazza che fa teatro qui. Sono andati in teatro a provare con Jenni, lei e altre sette o otto ragazzi. C'è stato un casino nella saletta delle prove, quindi sono nel teatro grande fino alle 19.50, perchè poi, sai, alle 20 comincia l'Amleto... Una brava compagnia, non c'è che dire...Vengono da..."
Dava l'aria di non aver intenzione di fermarsi. Borbottai un "grazie" e cominciai a correre.
Andai sugli spalti a guardare le prove. Prima di cominciare fecero qualche esercizio. Io non ne capivo assolutamente nulla di teatro, ma indubbiamente lei era magnifica. Cominciarono le prove di un qualche spettacolo romantico che non conoscevo. La ragazza doveva essere una dei personaggi principali. La musica, sempre più coinvolgente, sembrava fosse dettata dai suoi movimenti. Si muoveva sul palco come se non avesse fatto altro nella sua vita. Era...convincente. Ci credevi. Era sensazionale. La voce, calda e senza nessun accento, era alta e squillante. Passarono probabilmente 40 minuti senza che me ne accorgessi.
Ad un certo punto l'insegnante - Jenni, mi ricordai - trillò: " Cate, Mette, ora mi fate la scena del bacio?"
Mi irrigidii un attimo. Lei si girò, sorrise, e annuì.
Venne fuori un ragazzo che prima non avevo notato. Era bello, spavaldo. Un perfetto idiota.
Caterina, mi aggiustai mentalmente il suo nome con il suo corpo, per entrare nel personaggio, probabilmente, guardò verso il pubblico. Il suo sguardo si fermò un attimo su di me. Inarcò leggermente le sopracciglia, poi sorrise come chi rivede un amico che non vedeva da anni. Si voltò verso Matteo.
"Vai, metti pure la musica" disse lei con un piccolo sorriso canzonatorio sulle labbra morbide e sottili.
Partì una musica strana. Trasudava miele da tutte le parti, e mi faceva schifo. Credo che non avrei mai potuto ascoltare nulla del genere in vita mia se non fosse stato per... lei. Ovviamente.
Entrò in scena muovendosi sinuosamente, sguardo suadente, e senza nemmeno avere il vestito di scena, potevo immaginare cosa avrebbe indossato allo spettacolo finale.
Entrò anche Matteo, con una faccia che se non fosse stato che sapevo che era tutto recitato lo avrei preso a schiaffi. Ci fu un breve scambio di battute, poi quel deficente la prese di sprovvista per la vita - sobbalzai.
Lei disse qualcosa che non capii (troppo preso a cercare tutti i modi possibili per uccidere l'imbecille), e quando la musica arrivò al culmine, le loro labbra si unirono, in una danza veloce e brusca, bisognosa, in un certo senso.
Mi sentii morire. Era... splendida. Non c'era altra definizione.
Quel porco - che stava recitando ben poco - aveva il fiato affannoso, mentre si muoveva sulle sue labbra perfette.
Lei si staccò dolcemente da lui, e gli posò un dito affusolato sulle labbra.
"Ora devo andare" sussurrò piano. "Non dimenticarmi"
"Non potrei mai" dissi in contemporanea al porco.
Uscì di scena come danzando, mentre la musica vibrava nell'aria con la nota finale, e si zittiva.
Jenni battè le mani. "Bravi!! Splendidi! Davvero, complimenti. Matteo, sembravi davvero preso in quel bacio. Cate, tu invece sei riuscita a non lasciarti troppo coinvolgere, e rimanere un po distaccata... Meravigliosi entrambi!"
Pensai che se fossi stato al posto dell'imbecille anche io avrei saputo simulare di essere davvero preso da quel bacio.
"Tks" borbottai.
***
Stavo fuori dal teatro, aspettando di vederla.
"Mi sa che le maschere nelle prove di teatro non servono, sai?"  mi disse una voce morbida alle mie spalle.
Mi girai di scatto.
"Ci conosciamo?" Mi chiese con una luce strana negli occhi, e un sorrisetto.
"No... ma vorrei." Dissi, sorridendole a mia volta.
Il suo sorriso si allargò ancora di più. "Cate, piacere. Faccio teatro qui da un anno." Mi disse.
Le porsi la mano. "Nico, onorato. Faccio la maschera qui da due mesi." C'era qualcosa che non quadrava.
"Aspetta... da un anno... e ti perdi? Ancora?!" chiesi leggermente stupito.
Lei strinse dolcemente la mia mano, e fece un sorriso mezzo modesto e mezzo di scusa. " Bè. In realtà no..."
Ci misi un pò a capire cosa stava dicendo. Quando realizzai, sorrisi. Ancora.
Era per parlarmi. Per vedere che la seguivo. Dopotutto, era un attrice.
Ci avviammo fuori dal teatro camminando fianco a fianco, in silenzio.
"La tua ragazza lo sa che sei qui con me, ora?"
La guardai con finta saccenza. "Cosa ti fa pensare che io abbia una ragazza?" chiesi.
Lei mise su un'aria di chi ne ha viste tante, e, calcando molto il gesto, mi squadrò dalla testa ai piedi.
"I tipi come te non stanno soli molto a lungo." Disse con un sorriso furbo.
Cominciammo a parlare delle rispettive vite ed esperienze, raccontandoci di tutto, sapendo di poterci fidare l'uno dell'altro, senza problemi. Lei mi poneva delle domande, e io le rispondevo sinceramente, stupendo me stesso per le risposte che tiravo fuori.
"Qual è il tuo rapporto con il passato, il presente e il futuro?" Mi chiese lei, guardandomi con molta intensità. Dovevano essere domande che aveva fatto anche a se stessa, ed era curiosa di conoscere le mie risposte.
Sospirai. Ci pensai un poco.
"Rimpiango il passato, confido nel futuro, disprezzo il presente. Vorrei saper vivere l'attimo, ma non lo so fare."
Voilà. E chi lo sapeva? Non io, di certo. Ero sempre stato piuttosto sicuro di me, ma... dispirezzare il presente? Bè, mi accorsi, era proprio così.
Lei aspettò un attimo prima di espormi il suo commento, come se volesse che la risposta arrivasse dappertutto dentro di lei.
Annuì.
"E perchè non sai vivere l'attimo?" mi domandò alla fine.
"Non ne ho idea. Forse è meglio così, sai. Farei tante cose stupide. "
"Cogli l'attimo. Vivi il presente."
Spalancai gli occhi.
"Ora?" chiesi.
"Cosa c'è di più presente dell'ora?" Mi chiese filosoficamente lei.
Le guardai le labbra, e pesai che magari avrei anche potuto farlo. Dopotutto, non ero proprio l'ultimo arrivato. Anzi, non ero niente male. Avevo le file di ragazze dietro di me. Magari...
No. Non potevo. Cosa avrebbe fatto? Cosa avrebbe pensato?
"No...No, no. Non posso" Le sorrisi.
"Dai! Che rischi? Cosa vuoi fare di così tremendo?" scherzò lei.
Scossì la testa leggermente, sembre meno convinto. Quel sorriso, quelle labbra così invitanti.... Scossi la testa più vigorosamente.
"Dai, ora sono curiosa! Fallo! per favore..." Disse addolcendo la voce. Mi appoggiò distrattamente una mano sul petto.
Pensai al bacio, a teatro. La guardai. Il vento le spettinava i capelli, ma lei non ci faceva caso. La camicia blu e bianca, sbottonata fino agli ultimi due bottoni, faceva vedere sotto una canottiera senza maniche con sopra disegnato un gilet, che aderiva perfettamente al corpo, al ventre piatto, al seno... Tornai a guardarle il volto. I suoi occhi erano dentro i miei. La loro intensità mi fece perdere il filo. Forse...
Mi avvicinai a lei. Le accarezzai lentamente con tre dita il profilo del viso, la mascella, la guancia, l'incavo del collo, e poi di nuovo su, e giù, dietro, all'attaccatura dei capelli...
La sua pelle era morbida, delicata. Ormai ero così vicino che potevo sentire il suo profumo delicato, di shampoo: pesca. Lei aveva chiuso gli occhi, e mormorava la melodia di una canzone.
"Cosa canti?" sussurrai estasiato.
Appoggiò anche l'altra mano sul mio petto, e si avvicinò un poco, un passo. Il suo profumo inebriante mi faceva impazzire. Socchiuse le labbra per mormorarmi la risposta, seducente... Non interposi altro tempo, altro spazio.
Il tempo si fermò. Eravamo solo noi due.
Sentivo il suo fiato fresco sulle mie labbra... Le presi la vita e delicatamente l'avvicinai a me. Baciai morbidamente la sua mascella, la guancia, l'angolo delle labbra... le labbra. Morbide, sottili, delicate, dolci... Mi vennero in mente diecimila aggettivi per qualificare quelle labbra che non avevano nulla di umano.
Un bacio casto, infantile, quasi, ma che riuscì a sconvogermi. Lei rispose al bacio, terribilmente sensuale. Allacciò le sue braccia sul mio collo, tirandosì su per le punte dei piedi.
Le mie labbra si muovevano con le sue, lente, come danzando, assaporandoci. Sentì un desiderio urgente premere, ma lo ignorai, troppo preso da quanto già il bacio mi dava.
Socchiuse leggermente le labbra, per permettermi di entrare, e il bacio divenne più profondo, più intenso, più deciso.
Mi passò la lingua sulle labbra, e i nostri respiri divennero un solo respiro, le nostre labbra si fusero, le lingue giocarono fino a non riuscire a distinguerle.
"Oh, it's what you do to me?" Le cantai nelle labbra, un soffio affannoso.
Ed era quello che sentivo.
Hey there Delilah
What's it like in New York City?
I'm a thousand miles away
But girl, tonight you look so pretty
Yes you do
Times Square can't shine as bright as you
I swear it's true
Oh it's what you do to me
Oh it's what you do to me
Oh it's what you do to me
Oh it's what you do to me
What you do to me

"Mmm... " Canticchiò lei, poggiando la testa sul mio petto, accarezzandomi distrattamente il braccio muscoloso.
Sorrisi, felice che anche lei la conoscesse. Poteva essere tutto così perfetto? Poteva? Mi chiesi, annebbiato dal suo odore prezioso.
Non la conoscevo... pensai. Ma mi accorsi che non mi importava, che i rischi che avrei potuto correre sarebbero valsi questo momento con lei, eccome.
La sentii tirarsi su sulle punte dei piedi e stamparmi un bacio lieve sul labbro inferiore, quasi sul mento, che mi fece perdere quel minimo di autocontrollo che avevo ostentato fino a quel momento.
Avevo mai amato prima d'ora? Non vedevo nulla oltre a lei, il suo volto, il suo sorriso, le sue ciglia chiare, e insieme vedevo tutto con precisione e nitidezza.
"Ti amo."
"Possibile?" Mi chiese lei.
"Come ti senti?" chiesi.
Rise felice.
"Hai ragione. E' possibile."
La strinsi forte. Il mio cuore e il suo battevano all'unisono, lo sapevo.
Non so cosa mi avrebbe riservato il futuro. Mi bastava essere qui, ora, adesso, con lei.
Non avevo mai amato tanto il presente. La mia vita era stata così vuota... se solo ci pensavo!
"Ti amo. " disse semplicemente.
Le mie labbra si riunirono alle sue, a sigillare quella promessa, ad assicurarle che era tutto corrisposto, mille volte di più.
Ti amo, Cate.
                                                



  
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