Anime & Manga > Ranma
Ricorda la storia  |       
Autore: Kuno84    20/12/2014    3 recensioni
Una fanfic natalizia per i fan di Ranma ½. È trascorso qualche anno dalla fine del manga. Nabiki sta rovinando la vita a un bel po' di persone, Ranma e Akane compresi. Riusciranno gli Spiriti del Natale a cambiare il suo animo freddo come il ghiaccio?
(Nuova versione della fanfiction, betaletta da Moira).
Genere: Commedia, Parodia, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Akane Tendo, Nabiki Tendo, Ranma Saotome, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Nota. La fanfiction che state per leggere è un adattamento/parodia del celeberrimo racconto di Dickens che ho scritto molti anni fa. In occasione delle scorse feste ho pensato di risistemarla un po', ma a fare la differenza è stato il contributo fondamentale di Moira, che ha betaletto e revisionato l'intera storia. Colgo l'occasione per augurare a tutti buon Natale!



Capitolo primo: L’apparizione di Kinnosuke


Era la vigilia di Natale.

Così almeno segnava il calendario ed era per questo che se n’era accorta, non appena alzato lo sguardo dalla propria scrivania. Fino a quel momento non avrebbe avuto modo di farvi caso: l’aria, fuori, era stata fredda e pungente esattamente come negli altri giorni di quel noioso inverno.

Nabiki sopportava a fatica quel periodo, e del resto era sempre stato così, fin dai tempi in cui frequentava il liceo.

Strofinandosi vigorosamente le mani, pensò di concedersi un momento di pausa. Il più era fatto, e adesso le restava soprattutto da attendere le telefonate e le risposte dei potenziali nuovi partner alle proposte d’affari che aveva pazientemente rivolto loro, per tutta la mattina e per tutti i consueti canali. Levatasi in piedi, si avvicinò all’ingresso del proprio studio e aprì leggermente la porta. La visuale che si offriva verso l’atrio le consentiva di tener d’occhio, non vista, l’attività più prettamente materiale della propria azienda.

Lo staff, dovette constatare, era ridotto ai minimi termini. Erano già passate le quattro di pomeriggio? Sbuffò, ricordando con fastidio le negoziazioni relative all’orario ridotto nel periodo delle festività, come se poi ci fosse chissà cosa da festeggiare. Ma almeno una persona, il suo impiegato tuttofare, era ancora presente e, da quel che riusciva a scorgere, stava copiando con lena certe lettere con messaggi natalizi abbinati a fotografie di Ranma ragazza a torso nudo. Nabiki annuì convinta.

Sasuke Sarugakure non aveva particolari doti o qualità, ma adempiva diligentemente a qualunque incarico gli venisse affidato. Svolgeva le mansioni più svariate, si assumeva i compiti più ingrati e, cosa più importante, non la assillava con richieste di aumenti o roba simile. Del resto, valutò tra sé, il suo servilismo era a tratti perfino tedioso e a ben vedere, tra i continui sospiri e le incessanti rievocazioni della sua esistenza passata con cui non mancava mai di distrarre i colleghi, quello sgorbio lamentoso non meritava un solo yen in più di quanto era costretta a retribuirgli ben una volta l’anno.

Strapparlo dai Kuno, tutto sommato, aveva costituito un buon affare per entrambe le parti in causa. Doveva esserle grato, molto grato, dopotutto lei era stata la salvezza di quel disgraziato d’un ex ninja o giardiniere o quel vattelappesca che era prima. E la gente andava pure mormorando che Nabiki Tendo non fosse generosa! Sasuke aveva raccontato con dovizia di particolari le sue vicissitudini andate, di quando era costretto tutte le mattine a dar da mangiare a Verdolino, per la somma gioia della padroncina Kodachi, ma anche rischiando lui di essere mangiato dal cucciolo preferito di quella stramba famiglia; di quando doveva seguire quel matto di Tatewaki il resto della giornata, assecondando le sue continue stramberie; di quando infine passava la notte contendendosi il cibo e l’unico posto riparato dell’enorme e freddo giardino di villa Kuno, vale a dire la cuccia del cane, appunto con l’ingrato Armadillo, il quale aveva presto capito che, invece del suo osso anestetizzato, gli conveniva piuttosto mordere lo sgradito coinquilino.

Nabiki aveva davvero donato una nuova vita a quel Sasuke. Sì, doveva esserle grato. E invece ecco che era costretta a controllare periodicamente il suo operato, giacché con l’avanzare dell’inverno quel mostriciattolo diventava ancora più lamentoso del solito. Che cosa faceva adesso, perché aveva smesso di scrivere? Ah, guardatelo! Si era appena preso il lusso di raggomitolarsi su se stesso, le braccia avvolte al petto per scaldarsi il più possibile, le mani strette nei pugni come se si trovasse nel mar glaciale artico. Invece di usarle per completare quella benedetta lettera.


Cosa aspettava, insomma?! Che lei fornisse l’intero edificio di un inutile (e costoso) impianto di riscaldamento?! Illuso! Se voleva tanto scaldarsi, l’aveva lei un bel lavoro manuale che avrebbe fatto tanto piacere a Sasuke. Pensò di manifestare la propria presenza e comunicargli la lieta novella, quando la porta dell’ingresso si aprì di scatto.

“Buon Natale, sorellina!”


La voce era inconfondibile. Acuta, calda, allegra. In una parola, insopportabile.

Cosa aveva mai da essere così felice? Che persona ingenua e sprovveduta, Nabiki ancora si meravigliava di come loro due potessero essere nate dagli stessi genitori. Con Kasumi si era rassegnata da tempo, ma quanto ad Akane, beh si era illusa che almeno lei, dopo tanti anni, avesse imparato una volta per tutte come si stava al mondo.

Nabiki lasciò la propria stanza e le andò incontro. “Buon Natale?” non poté trattenersi dal replicare. “Che stupidaggine!”

L’interlocutrice la fissò con uno sguardo tra l’incredulo e lo scandalizzato. Il volto tradiva tutte le sue emozioni, come ai tempi della scuola: non cambiava mai di una virgola, povera piccola, ingenua Akane. Per quanto tempo ancora non avrebbe capito che Ryoga e P-chan erano la stessa persona? Per quanto ancora avrebbe continuato a credere a quel… quel…

“Natale una stupidaggine, Nabiki?” le disse. “Non puoi pensarlo sul serio. Nemmeno tu.”

“Certo che lo penso, invece.” replicò secca. “Non vedo come ci possa riguardare se non come l’ultimo estremo del consumismo occidentale che va tanto di moda in questi tempi. Ecco, l’unica cosa buona: quando viene questo periodo dell’anno, la gente consuma; e io vendo e faccio soldi. Però ci sono tante altre cose cattive, come quei bambini che ti assordano le orecchie cantando stupide melodie, quei lavoratori che hanno l’ardire di chiedere la tredicesima, quelle famiglie che invece di produrre ricchezza perdono tempo ad addobbare l’albero… e soprattutto, come dovresti ben sapere, con questo tempo il tuo fidanzato ha meno voglia di bagnarsi con l’acqua fredda e di girare mezzo svestito per la vostra casa. E Sasuke che foto mi fa, me lo dici?!”

“La nostra casa?!” La cara sorellina, ovviamente, era rimasta catturata da quella sola parte del monologo. “Sai benissimo che è anche casa tua e puoi tornarci quando vuoi.”

“Non ci tengo proprio.” replicò. “Forse andrà bene per te, Ranma e i nostri padri. Perfino Kasumi pare avere capito l’antifona, tanto che ha fatto lei il primo passo con Tofu, si è sposata e ora vive da lui. Il dottore ha pure una carriera davanti a sé, mica come voi, con le vostre arti marziali.”

L’espressione di Akane cambiò radicalmente. Ah, già. Sciocca Nabiki, si rimproverò in silenzio, dovresti saperlo che quello è l’unico tasto che nemmeno tu puoi toccare.

“Cos’hai contro le arti marziali?!”


“Niente.” rispose, decidendo di far valere la ragione sull’emotività della sorellina. “Solo che non fanno guadagnare soldi.”

“Sei impossibile, Nabiki!” si rassegnò l’interlocutrice. “Faresti di tutto per il denaro.”

“L’ho già fatto.” sorrise. “Guarda come ho spolpato quell’imbecille di Kuno.”

“Avrei tanto preferito non vedere… nemmeno il senpai si meritava un trattamento del genere. Sposarlo con l’inganno e poi divorziare e prenderti quasi tutti i suoi beni. Questo è troppo anche per te.”

“Sorellina.” decise di accantonare il tono accondiscendente e provare a fare un discorso serio. “Dovresti averlo capito, ormai… il mondo non è un luogo incantato dove puoi tirare a campare con le arti marziali, ti accadono ogni giorno le cose più incredibili e sposi qualcuno per amore sapendo che condividerai con lui il resto della tua felice esistenza. Torna alla realtà, Akane. Smettila di credere in una magia che non c’è!”

“Nabiki!”

“E tu e Ranma, scommetto che dopo tutti questi anni… non siete ancora andati a letto insieme! E perché? Solo perché non avete abbastanza soldi per sposarvi e mettere su famiglia.”

“Ma di cosa stai parlando?!” gridò Akane, accigliata e allo stesso tempo tutta rossa dall’imbarazzo. La solita bambina. “Non saranno i nostri genitori a decidere… e soprattutto tra me e lui non c’è assolutamente…”

“Risparmiati la solita tiritera.” la zittì. “Credi nel Natale? Liberissima! Ma in quanto a me, lascia che lo viva a modo mio.”

“Cioè, non vivendolo affatto.” osservò la sorella. “Non credevo arrivassi a questo punto, sei senza cuore.”

“Certo che un cuore ce l’ho… ma serve a me per vivere.” scherzò. “E poi non dirmi che non so essere buona, non vedi come ho aiutato Sasuke, che viveva sotto i ponti?”

“Sei tu che ce l’hai buttato, lì sotto!” replicò Akane. “L’hai messo in mezzo alla strada insieme a tutta la famiglia Kuno, pignorando la loro villa. E nemmeno ci abiti.”

“Ovvio che no. La rivenderò al miglior offerente, riservandomi un buon margine di profitto: Mikado Sanzenin e Picolet Chardon si sono già fatti avanti per le trattative, se mi va bene ci ricavo una bell’asta tra loro due e tanto di guadagnato per me.”

“La… la storica dimora della famiglia Kuno occupata da estranei? Non può farlo davvero.” gemette una nuova voce.

“Certo che posso. Piuttosto tu cosa ci fai qui?!” Fulminò Sasuke con un'occhiata glaciale. “Ti decidi a tornare a lavorare?!”

“Ma veramente” balbettò lui “il mio lavoro l’avevo finito, è ora di chiusura.”

“Il tuo orario di lavoro termina alle sette del pomeriggio.”

“È vero.” disse Sasuke. “Ma oggi è la vigilia di Natale, anch’io esco prima. Non ricorda più di quando ho chiesto e ottenuto questa concessione?”

Sospirò. Dunque si rivolse con aria stanca alla sorellina: “Ecco, lo vedi quant’è bello il tuo Natale?!”

Non ricevendo risposta, tornò a fissare il suo tuttofare.

“Va bene, esci pure se ci tieni a perdere tempo!” disse. “Comunque ricordati che domani ti aspetto alle otto in punto.”

“Ma domani è Natale.”

“Sai che m’importa!” sbuffò, tornando nella sua stanza e mettendosi a controllare certi conti. “E bada che se tarderai di un solo minuto, sarai licenziato.”

“No, per carità!” supplicò il servitore. “Sarò puntuale, signorina Nabiki!” e si congedò, non prima di aver ricevuto degli auguri sinceri dalla minore delle Tendo e averli lietamente ricambiati.

“Nabiki, non ti vergogni?!” esclamò infine Akane, entrando nell’ufficio.

“Te l’ho già detto che cosa penso della tua festività. E ora se vuoi scusarmi…”

“Va bene.” chinò il capo lei. “Almeno vieni a pranzo da noi, domani.”

“Sei matta? Dovrò lavorare tutto il giorno, per recuperare questo pomeriggio perso. A proposito, ti avevo appena chiesto di non farmi perdere altro tempo!”

“Ma Nabiki…”

“Ciao.”

“Sarai tutta so…”

“Ciao.”

“Ciao anche a te, Nabiki. E buon Natale, perché voglio credere che ci sia del buono anche in te.”

E con quelle parole fu finalmente lasciata in pace, libera di lavorare nella più completa solitudine. Almeno fino a una mezz’ora più tardi.

“Scusate, è permesso?” disse una voce.


“Lei chi è? E come mai il mio impiegato l’ha fatta entrare?!” replicò Nabiki, alzando lo sguardo.

“Veramente qui non c’è nessuno, però la porta era rimasta socchiusa…” mormorò sommesso un vecchietto tutto incurvato, varcando l’uscio ed entrando nel suo sancta sanctorum.


Incuriosita, lo osservò più attentamente: sembrava un personaggio uscito da un manga, con quel mento sporgente, il naso aquilino, il paio di occhiali sottili e le due spesse sopracciglia bianche, che tanto contrastavano con quel suo capo quasi del tutto pelato.

“Tutto chiaro.” disse ad alta voce, più a se stessa che al proprio interlocutore. Non sapeva con chi avercela di più tra Sasuke e Akane.

“Non è il caso di allarmarsi, non sono un delinquente.” disse il vecchietto. “Lei, piuttosto, non si agiti e stia attenta a non cadere dalla sua sedia.”

Neanche ebbe finito di proferire quelle parole, che Nabiki cadde dalla sedia. Si rialzò malamente.

“Che cosa vuole, allora?” chiese.

“Ecco, questa è la ditta Tendo & Kashao, credo.” riprese lui. “Con chi dei due ho il piacere di parlare?”

“Il signor Kinnosuke Kashao se n’è andato tre anni or sono.” rispose lei. “Proprio in questa notte.”

“Mi perdoni.” abbassò il capo. “Non immaginavo…”

“Che cosa ha capito?!” lo interruppe. “Quell’infame ha lasciato il Paese dopo aver comprato a credito un sacco di merce mettendola sul conto di questa ditta.” Se ci pensava! Quel maledetto l’aveva fregata. Ma lei gli aveva reso pan per focaccia… una telefonata a certi amici, un piccolo intervento su certi computer e voilà, i conti di Kinnosuke sulle banche svizzere si erano magicamente azzerati.

“Eppure, il nome della ditta impresso sulla targhetta del portone diceva…”

“Niente. Quella è la vecchia targhetta, ma la tengo ancora là per due motivi: perché mi ricorda il grande sbaglio che feci ad associarmi a quell’idiota e, più importante, perché non mi va di buttare i miei soldi per comprarne una nuova.”

Il vecchietto si ricompose. “Dunque mi trovo di fronte alla signorina Tendo, presumo.”

“Lei piuttosto, chi è?”

“Oh, io… nessuno di importante, ho fatto per anni il maggiordomo di una villa ora disabitata. Ne avrà sentito parlare, è arredata in stile occidentale e la gente la chiama villa dello specchio.”

“E cosa vuole?”

“Vede, questo è un periodo di feste ed è giusto che tutti lo vivano in modo felice, anche chi è meno fortunato di noi. Proprio per questo, la nostra organizzazione sta cercando di raccogliere fondi per comprare ai poveri qualcosa da mangiare e da bere, e l’occorrente per scaldarsi. Contiamo sulla sua generosità, un piccolo contributo che però, sommato ad altri, renderà felici tante persone.”

Nabiki si lasciò sfuggire una smorfia annoiata.

“Lei purtroppo conta male. Non ho niente da offrirle.”

“Cosa? Strano, credevo che questa ditta fosse ben messa economicamente.”

“Lo è eccome. Gli affari vanno a gonfie vele e posso ben dire che mezzo quartiere di Nerima fa parte delle mie proprietà.”

“Ma allora…”

“Allora non ho niente da offrirle, perché non voglio offrire niente. Punto.”

“Capisco.” fece per andarsene. “Arrivederci e buon Natale.”

Ancora il Natale?! “Ma quale buon…”

Irritata, si alzò istintivamente di colpo, solo per venire a sua volta colpita da un dolore allucinante.


“Ah!” disse lui. “E non si alzi imprudentemente di scatto per accompagnarmi alla porta, mi raccomando! Deve stare attenta a non prendere il colpo della strega, è così fastidioso.”

“È inutile dirlo dopo che l’ho fatto!” gridò lei, mettendolo veramente alla porta. Incredibile, era riuscita a perdere la calma. Lei! Tutta colpa del Natale. Bah, stupidaggini!

Molte ore più tardi, Nabiki lasciò finalmente l’ufficio e scese sulla strada buia e gelata. La nebbia e l’oscurità si erano fatte fitte, il freddo sempre più intenso. La gente era rientrata nelle proprie case, a festeggiare al caldo, ormai da molto. Dall’interno delle dimore riuscivano comunque a trapelare voci gioiose e risate spensierate.


Povera gente sprovveduta! La maggior parte di quelle persone lavorava per lei o comunque le doveva qualcosa, dunque Nabiki sapeva che guadagnavano paghe da morti di fame e annegavano nei debiti. Eppure erano allegri, il loro giorno finiva in letizia. Folli! La sua giornata, invece, non era ancora finita...

Il dolore alla schiena non era diminuito nemmeno un po’. Adesso era lei ad essere incurvata, e l’umore non ne giovava. Entrò nel ristorante di Ukyo.

“Mi dispiace ma il locale è chiu… oh, Nabiki!”

“Buonasera, signorina Nabiki! E buon Natale!”

“Non c’è bisogno che ti inginocchi sempre, stupido. Né che tu ti metta a lustrarle le scarpe come stai facendo adesso.” Ucchan riprese il kunoichi maschio che lavorava per lei con un leggero pugno sul capo.

“Ah! Mi perdoni, l’abitudine!” disse Konatsu. “Il fatto è che… sono stata sconfitta dalla povertàaaa!”

“Piantala di usare quel vecchio apparecchio per il karaoke tutto scassato, e va’ a fare qualcosa di più utile!”


Accertatasi che il suo cameriere fosse andato via, Ukyo la squadrò attentamente e incrociò le braccia. “Non credo tu sia venuta qui per mangiare un’okonomiyaki, sbaglio?”

“Non sbagli.”


“E allora, avanti.”

“Presto detto. Vi do un giorno, un solo altro giorno. Dopodiché vi sfratterò.”

L’interlocutrice strinse con maggiore forza il manico della sua enorme spatola da okonomiyaki.

“Tu non puoi!”


Nabiki si lasciò sfuggire un mezzo sorriso. Sapeva che gli affari di Ukyo stavano andando piuttosto male, del resto le sue okonomiyaki non potevano reggere la concorrenza di quella “robaccia occidentale”, come la chiamava Ucchan, propugnata dai nuovi fast food comparsi in città nell’ultimo anno. Certo, non aiutava i buoni rapporti il fatto che quella catena di negozi appartenesse a lei.

“Sì che posso, invece!" disse. “Il locale Piccola Ukyo è mio, me l’hai venduto due anni fa: tu e Konatsu l’avete solo in affitto e mi dovete, tra l’altro, diverse mensilità arretrate.”

“Va bene, ma come posso procurarmi i soldi la notte di Natale?”

“Non è affar mio. Domani tornerò. E se non riuscite a procurarvi i soldi, allora vi converrà passare questa notte a fare i bagagli!” Detto questo, uscì soddisfatta.

Eccola, la magia del Natale, disse tra sé. A qualcosa era servita, alla fine. Aveva fatto rammollire Ukyo, per esempio, che non aveva opposto eccessiva resistenza – un tempo l’avrebbe fatta uscire minacciando di prenderla a spatolate – rendendole così il lavoro sommamente più semplice. Chissà se sarebbe stato così facile anche con…

“RAANMAAA, dov’è la mia bambina e perché tu non sei con leeei?!”


Anche se sbirciato di nascosto dalla finestra, lo spettacolo era imperdibile come sempre.

“Ca-calmati!” uno spaventato ragazzo col codino tentò di rabbonire una faccia gigantesca di demone dalla lingua biforcuta con le sembianze vagamente somiglianti a quelle di suo padre. “Akane è solo uscita per invitare a casa nostra i familiari… compresa Nabiki, ci teneva tanto a lei. Ho provato a farla desistere, ma quella stupida è così cocciuta. Sicuramente avrà fallito e ora starà passeggiando per le strade cercando di smaltire l’arrabbiatura.”

“Piccina mia!” piagnucolò l’uomo più grande. “Tutta sola ed esposta alle intemperie!”

“Non ti sembra di esagerare?” sorrise nervosamente quello più giovane.

Non cambiavano mai, pensò. Smise di giocare a fare la spiona e alzò lo sguardo all’ingresso di casa Tendo: l’abitazione sì, quella era cambiata, molto più decrepita e malridotta di quanto fosse mai stata in passato, anche nei suoi momenti peggiori. E con Ranma ne aveva conosciuti parecchi.


Ma non aveva voglia di muoversi a pietà, il suo umore non era migliorato, anzi. Il dolore alla schiena non voleva saperne di lasciarle un momento di sollievo, e questo la rendeva più aspra e vendicativa.

Adesso i suoi pensieri erano concentrati sulle parole di Akane, che avevano contribuito non poco a peggiorare quella giornata già orrenda di per sé: piena di gioia e letizia da parte di tutti quanti, sentimenti che poi erano completamente ingiustificati.


Lo spirito natalizio. Gliel’avrebbe fatto vedere lei, ad Akane, lo spirito natalizio. Era il momento di attuare quel vecchio piano predisposto da tempo per un’occasione speciale.

“Salve a tutti.” Si annunciò, dopo avere aperto con le sue chiavi.

“Nabiki...” mormorò sospettoso Ranma, accorrendo in corridoio insieme a suo padre. Sicuramente il suo istinto da artista marziale gli stava consigliando di tenere la guardia alzata. Ma lei non era un avversario qualunque.

“Un uccellino, anzi, le vostre grida” proseguì “mi hanno raccontato che Akane non è momentaneamente in casa. Meglio. Così io e te, Ranma, potremo parlare con calma.”

Prese il ragazzo col codino in disparte.

“Cosa vuoi?!” disse Saotome con tono secco.

“Ricorderai” rispose “che il terreno su cui sorge il dojo si trova proprio nel bel mezzo del futuro centro commerciale che la mia impresa ha intenzione di edificare in questo quartiere.”

“Ricordo. Ma forse sei tu che dimentichi” replicò Ranma “che la palestra Tendo appartiene a tuo padre. Ad ogni modo Soun l’ha già destinata a me e Akane, perché potessimo gestirla per insegnare le arti marziali, e non ne farebbe niente senza prima consultarci.”

“Oh, io non dimentico mai. Dovresti saperlo bene.”

“Allora non avrò bisogno di darti una seconda volta la stessa risposta.”

“Già. Mio padre finirei per convincerlo, a vendermi questo terreno: il problema è smuovere voi altri due testardi.”

“Bene, mi sembra che tu alla fine sia venuta qui per nulla.”

“Non direi proprio...” Nabiki estrasse qualcosa dalla tasca. “La riconosci questa?”

Ranma si lasciò sfuggire un urlo di sorpresa.

“Ma… ma tu come hai…” balbettò nervoso e imbarazzato, con gli occhi che quasi gli uscivano dalle orbite.

“Mmh, sarebbe un vero peccato” continuò incurante “se Ukyo o Kodachi ricevessero questa foto che ritrae te e la mia sorellina, così dolci e teneri, mentre…”

“Dammela!” Ranma si scagliò contro di lei. “Amaguriken!”

Con un veloce movimento delle mani le sottrasse la foto, e senza esitare un solo momento di più la strappò in mille pezzi.

“Ah! Stavolta te l’ho fatta!” esclamò trionfante.

“Che illuso. Guarda che ne ho altre decine di copie, tutte già pronte per essere spedite ad Ucchan, alla Rosa Nera… e infine a Shan-Pu, che si trova in Cina a passare le festività nel suo villaggio. La posta arriva anche a Joketsuzoku, oggigiorno.” guardò divertita l’espressione di giubilo del ragazzo mutare nello sconforto più totale.

“Maledetta…!” borbottò ringhiante Ranma.

“Che disastro sarebbe!” esclamò con finta preoccupazione. “Dopotutto tu e Akane non siete ancora sposati e le tue altre fidanzate, finora ignare, non si rassegnerebbero tanto facilmente: come minimo quelle pazze finirebbero per distruggervi la casa, sempre che poi, tra chui, spatole e clavette, non succeda qualcosa di peggio alla mia povera amata sorellina…” Poi assunse un’espressione di sfida: “Dato che hai appena cercato di fregarmi, sarò meno conciliante che mai. Domani mattina porterò il contratto, una firmetta di papà col consenso di voi due fidanzatini e tutte le copie di quella foto, negativo compreso, andranno bruciate. Arrivederci. E risparmiati, almeno tu, gli auguri di buon Natale!”

Un soffio di vento più gelido degli altri accompagnò il suo congedo da casa Tendo.

*******

“Ho visto abbastanza. Dobbiamo fare qualcosa, quella donna sta esagerando!” sbottò esasperata. “Tu che ne pensi, Harumaki?”

“Sono d’accordo, piccola Kogane.” disse il suo interlocutore più vicino, un vecchio uomo sdentato con gli occhi a palla. “Non è giusto che mezzo mondo compri le cartoline natalizie raffiguranti quella povera ragazza senza veli… tra l’altro mi è molto simpatica, è identica alla mia amata Gyoko.”

“Bene, è deciso!” intervenne un panda mal scarabocchiato. O almeno credeva fosse un panda, non conosceva quello spirito se non di vista. “Ma come operiamo? Qualcuno ha un’idea?”

“Una l’avrei io, l’umana non deve passarla liscia!” sentenziò l’unico tra loro che fino a quel momento aveva taciuto, un altro spirito strambo che assomigliava vagamente a un cane marino strabico. “Tra l’altro ha commesso del male nei confronti di quel ragazzo, Natsuhiko… no volevo dire Kuno, che tempo fa mi fece i complimenti rendendomi tanto felice. Nabiki Tendo deve pagarla e io ho già preparato da tempo qualcosa di speciale per lei. Per questo vi ho riuniti qui.”

“Interessante, illustraci il tuo progetto!” lo incitò Kogane.


“Vi dirò. Innanzitutto dovrete aiutarmi a contattare certi altri nostri colleghi…”

*******

“Alla fine è stata una giornata abbastanza fruttuosa, nonostante le arrabbiature e il mal di schiena...” si disse, rientrando nel proprio appartamento. Un misero appartamento, di una casa che nemmeno le apparteneva – lei, che possedeva mezza Nerima. Un bel paradosso, effettivamente.


Girò la chiave nella serratura. Fu proprio a quel punto che le accadde un evento stranissimo. Non vide più la targa appesa alla porta.

“Non può essere!” mormorò a voce alta per rassicurarsi. “Devo essere stanca per il troppo lavoro.”

Chiuse le palpebre. Forse non l’aveva visto. Non doveva nemmeno starci a pensare. Eppure… eppure era così reale. Nabiki avrebbe potuto giurare di aver visto il volto del suo ex socio d’affari Kinnosuke Kashao.


--
   
 
Leggi le 3 recensioni
Ricorda la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Ranma / Vai alla pagina dell'autore: Kuno84