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Autore: Emma Bennet    22/12/2014    9 recensioni
[AU | Emma/Killian ♥ | ispirato al film "The Proposal - Ricatto d'Amore"] Emma Swan lavora per la Gold&French, importante redazione statunitense, come assistente di Killian Jones, talentuoso editor e severo caporedattore, ma soprattutto grandissimo stronzo.
Di nazionalità irlandese, un giorno Killian viene informato che il suo visto è scaduto e che, quindi, sarà costretto a tornare nel suo paese d'origine... A meno che non riesca a ottenere la Green Card tramite matrimonio.
"«Emma» mormorò «Vieni qui»
Emma alzò un sopracciglio, entrando nella stanza.
Qui gatta ci cova, pensò: Killian Jones non la chiamava mai per nome.
Killian le andò incontro, per poi attirarla accanto a sé e cingerle la vita con un braccio. «Cara, dolce Emma»
Emma rischiò di strozzarsi con la propria saliva.
Cosa diamine gli passava per la testa?!
«Signori» esordì Killian, rivolto a Gold e Belle, «Trovo che non vi sia momento più adatto di questo per rivelarvi la lieta notizia. Io ed Emma siamo fidanzati, e ci sposeremo presto»"
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Emma Swan, Killian Jones/Capitan Uncino, Mary Margaret Blanchard/Biancaneve, Regina Mills, Un po' tutti
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo Tre

In piedi davanti all'altare, Killian si domandò se stesse facendo la cosa giusta. Si domandò se costringere Emma a sposarlo fosse la cosa giusta. Sapeva che, se fosse stata ancora viva, a sua madre sarebbe piaciuta. Sì, Emma era esattamente il tipo di donna che sua madre avrebbe desiderato per lui: forte, intelligente, determinata, una donna con le palle, insomma.
Ad un tratto, il brusio intorno a lui si placò: la sposa aveva fatto il suo ingresso in chiesa. Era lì, in fondo alla navata, fiera come una regina, affascinante come una silfide, bella come un angelo... E lo guardava come se non ci fosse nessun altro intorno, come se ci fossero loro due soltanto. Con un sorriso appena accennato sulle labbra, Emma iniziò a incamminarsi verso di lui, senza mai smettere di fissarlo. Killian era incredibilmente nervoso: aveva le mani sudate e sentiva il cuore, nel petto, battergli all'impazzata, come se volesse saltare fuori da un momento all'altro. Eppure si trattava solo di una questione di affari, alla fine... Non aveva motivo di essere nervoso, no? Emma lo aveva quasi raggiunto, ed era così bella, Dio, era così bella... E presto sarebbero stati marito e moglie...

DRIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIN! Lo squillo del telefono fece svegliare Killian, interrompendo il suo sogno. L'uomo si mise a sedere di scatto, spalancando gli occhi. Aggrottando le sopracciglia, si guardò intorno, per poi ricordarsi dove si trovava. Lo sguardo gli cadde sulla figura di Emma, ancora addormentata, sul viso un'espressione distesa. L'aveva sognata. Aveva sognato il matrimonio, e lei era a dir poco stupenda...
Il telefono cominciò nuovamente a squillare, riportandolo alla realtà. Killian scosse la testa, e iniziò a tastare alla cieca il pavimento vicino al proprio giaciglio, alla ricerca del telefono.
«Swan» sussurrò «Swan! Cazzo, Swan! Telefono! Dov'è il mio telefono?»
Emma non aprì neanche gli occhi, limitandosi a borbottare qualcosa di incomprensibile.
«Swan! Non ho capito, dov'è il mio telefono?»
«Giacca. Destra. Tasca interna» Killian afferrò la giacca, che la sera prima aveva sistemato su una poltrona. Ecco quel dannato cellulare, finalmente! Il display lo informava che la chiamata proveniva da August Booth. Che cazzo gli passava per la testa a quello per chiamarlo alle sette e mezza di venerdì mattina?! «Pronto!» esclamò «Pronto? Pronto? Merda, qui prende malissimo!» Emma si coprì la faccia con le coperte, emettendo un verso di disappunto.
«August, mi senti? Pronto?»
«Oh, santo Cielo!» ruggì Emma «Ma ti sembra il caso?!»
«Scusa, mi dispiace! No, no August, non dicevo a te. Sì, certo che mi dispiace per non aver risposto subito, scusa anche a te. No, non stavo dormendo, tranquillo, non mi disturbi affatto»
Killian afferrò una vestaglia al volo, e poi uscì dalla stanza: chiaramente quella conversazione non sarebbe stata breve, ed Emma stava ancora riposando.
La cosa migliore era uscire fuori casa, così non avrebbe disturbato nessuno, e poi probabilmente all'esterno c'era anche un segnale migliore. Senza preoccuparsi di chiudersi la porta alle spalle, quindi, uscì dalla dimora degli Swan.
«August! Eccomi, ci sono, dimmi pure. Sì, sì, mi dispiace per averti tartassato con la stora di Oprah, ma certo che voglio che tu sia felice, mio carissimo August! No! No, August, non devi pensare al suicidio, cosa dici? Va tutto bene, calmati, ci sono io, va tutto bene. Chiamerò la redazione e annullerò l'appuntamento con Oprah»
L'abbaiare di un cane fece voltare Killian, infastidito dal rumore: era quella bestia malvagia che lo aveva attaccato la sera prima, doveva averlo seguito e adesso gli trotterellava intorno. L'uomo ebbe come l'impressione che avrebbe dovuto ricordarsi qualcosa riguardo quel cane... Cosa aveva detto Mary Margaret la sera prima? Non doveva dargli da mangiare? Non doveva giocarci? Non che gli sarebbe mai venuto in mente di giocare con quel coso, comunque.
«Certo che ti sto ascoltando, August» continuò intanto a telefono «La mia opionione? Onestamente credo tu stia commettendo un grave errore, mio caro, tutto il mondo dovrebbe conoscere il tuo talento!» Un'acquila iniziò a svolazzare sopra la tua testa, sempre più vicina, per poi scendere in picchiata nella sua direzione. Non farlo uscire! Ecco cosa aveva detto Mary Margaret!
«No!» gridò Killian, ma era troppo tardi: il volatile si era già avventato su Rumpelstiltskin, afferrandolo fra i propri artigli.
«No! Cazzo! Dammi quel cane, maledetta! Aspetta un secondo, August!» l 'uomo si lanciò alla rincorsa dell'acquila, che si stava alzando in volo «Mollalo! Cazzo, molla quel fottutissimo cane!» urlò, lanciandole contro il Blackberry. Il tiro mancò il bersaglio, ma l'espediente servì a distrarre l'animale, che fece cadere il cane. Giusto in tempo, Killian riuscì a prenderlo in braccio, facendo poi per avvicinarsi al telefono e raccoglierlo, ma l'aquila fu più veloce, rubadolo per poi volare via.
«No! No, cazzo, il telefono no! Ridammi il telefono, brutta stronza!» l'uomo cercò di tenere il passo dell'aquila.
«Prenditi il cane, invece! Prenditi questo cazzo di cane!» gridò, tenendo alto Rumpelstiltskin, come per porgerglielo «Prenditi questa fottuta bestia, cazzo!»

 

 

 

 

Non era passato molto tempo da quando Killian era uscito, che anche Emma, non riuscendo più a prendere sonno, si era alzata a sua volta. Indossando un felpone della sua Università per ripararsi, si trascinò fino al soggiorno, ancora mezza addormentata, trovando sua madre e sua nonna intente a osservare qualcosa fuori dalla finestra. «Buongiorno, bellezze» sbadigliò «Cosa state guardando?» «Il tuo fidanzato» le rispose Regina, ridacchiando «Sta pseudo-giocando con Rumpel» «E pensare che eravamo convinte che non gli piacesse! Non lo trovi adorabile?» Emma alzò un sopracciglio. Effettivamente, Killian correva in tondo tenendo il cagnolino in braccio, e sembrava stesse urlando qualcosa. Ma che diavolo gli passava per la testa? Era matto? «Andresti a chiamarlo, tesoro? Oggi ci aspetta una bella giornata: tu starai con noi, mentre per lui abbiamo organizzato una bella uscita fra uomini!» Emma acconsentì, non prima di aver lanciato un'occhiata preoccupata alle due donne. Chissà cosa avevano in mente... Uscì in giardino, ciabattando fino a raggiungere Killian. «Ridammi il telefono! Ti prego, ridammi quel fottutissimo telefono!»
«Sei impazzito? Parli da solo, adesso?»
L'uomo si voltò verso di lei, sconvolto. «Swan! Tua mamma aveva ragione! È arrivata un'aquila e ha afferrato il cane, ma poi l'ho salvato, e lei si è presa il telefono! Capisci? Si è presa il mio telefono!»
«Hai bevuto?»
«No, sul serio, si è presa il telefono mentre stavo parlando con August!»
In quel momento, a Emma ricordò un bambino a cui avevano rubato le caramelle.
«Va bene, va bene, calmati però. Dopo ti ordinerò un cellulare nuovo e una sim con lo stesso numero» gli rispose la ragazza, assestandogli una pacca di conforto sul braccio.
«Davvero? Grazie Swan, mi salveresti la vita»
«Dovere» Emma si strinse nelle spalle «Adesso però vatti a preparare, a quanto pare c'è un uscita fra maschi organizzata per te»
Killian strabuzzò gli occhi. «Ma io non voglio uscire! E poi ci sarà anche tuo padre, che ieri non sembrava molto felice all'idea di avermi come genero. No, grazie, rifiuto l'offerta»
«Non puoi rifiutare, Killian. Ci devi andare»
«No!»
«E invece ci vai»
«Non ci vado»
«Ci vai»
«Non ci vado»
«Ci vai. E adesso abbracciami, altrimenti penseranno che stiamo litigando» tagliò corto Emma, allacciando le braccia intorno al collo dell'altro e stringendosi a lui.
A Killian tornò in mente il sogno che aveva fatto, e l'immagine di lei vestita da sposa. Aveva sempre saputo che fosse una bellissima ragazza – fondamentalmente era impossibile non accorgersene – sin dalla prima volta che l'aveva vista, al colloquio di lavoro, ma negli ultimi giorni, ne era diventato molto più... Consapevole.
Assecondò i movimenti di lei automaticamente, abbracciandola di rimando, e attirandola ancora di più a sé. Le poggiò il mento nell'incavo tra il collo e la spalla, inspirando il profumo dei suoi capelli, lasciando vagare la mano destra sulla sua schiena, e poi più in basso, sempre più in basso...
Emma si irrigidì. Killian Jones le stava toccando il culo!
«Jones» soffiò.
«Shhh, non disturbarmi, sono momentaneamente in Paradiso»
Emma si sentì arrossire fino alla radice dei capelli.
«Jones! Piantala! Adesso!» esclamò «Osa toccarmi un'altra volta il culo, e giuro che ti taglio le palle mentre dormi»
Killian deglutì, staccandosi immediatamente.
«Ma che bravo fidanzato!» mormorò Emma, scuotendo la testa, per poi girare sui tacchi e allontanarsi.

 

 

 

 

Sul retro della casa, trovò suo padre intento ad esercitarsi nel tiro con l'arco.
«Giorno, papà» mugugnò la ragazza.
«Emma» David le lanciò un'occhiata, per poi incoccare una freccia, prendere la mira e lanciare, colpì uno dei cerchi più esterni. In realtà, il vero campione della famiglia era Mary Margaret, grande appassionata di quello sport, così tanto che aveva voluto che anche suo marito e sua figlia lo imparassero.
«Sono contento che tu mi abbia trovato, ci tenevo a dirti una cosa»
Emma lo guardò, un po' spiazzata: dopo la discussione della sera precedente, non sapeva cosa aspettarsi. «Dimmi pure»
L'uomo sbuffò leggermente, distogliendo lo sguardo, grattandosi la testa con l'aria di chi preferirebbe essere da tutt'altra parte. «Tua madre è un po' arrabbiata con me» esordì «A quanto pare non sono stato molto accogliente con te, ieri sera. È stato un po' uno shock scoprire che stai per sposarti, capisci, visto che non sapevamo neanche che avessi un ragazzo, in primo luogo» Emma alzò un sopracciglio, incrociando le braccia sul petto. Per tutta risposta, David deglutì, per poi schiarirsi la voce: «Volevo farti le mie scuse» La ragazza rimase in silenzio per un paio di secondi, soppesando il discorso del padre. Si morse il labbro inferiore, ma annuì. «Accettate» Afferrò uno degli archi appesi a una sbarra in legno, e una faretra contenente delle frecce; si affiancò al padre, incoccando una freccia e prendendo la mira, per poi rilasciare di colpo la corda dell'arco. Quasi al centro.
Emma si leccò le labbra, stringendo gli occhi. No, il tiro con l'arco non era mai stata la sua passione, ma era abbastanza brava. Decisa a riprovare, ripeté le operazioni e tirò di nuovo. Ancora una volta, la freccia andò a colpire un punto vicino al centro, ma non il centro preciso.
«Comunque sia...» continuò David.
«Mmm?»
«Per quanto riguarda questa faccenda del fidanzamento... Tieni a mente che esistono dei fidanzamenti molto lunghi. Davvero molto. Dei fidanzamenti che finiscono per non arrivare al matrimonio, fidanzamenti che, per l'appunto... Finiscono. Che vengono interrotti quando una delle due parti si rende conto che sta commettendo un errore e...»
«Papà!» Emma lo interruppe, volgendosi a guardarlo «Io non ho alcuna intenzione di interrompere il mio fidanzamento»
L'uomo sospirò, scuotendo la testa. «Emma, tu sei ancora giovane, non ti rendi conto di certe cose. Chiaramente la cosa giusta da fare è lasciare quell'uomo che non ti merita, lasciare New York e tornare qui, a Storybrooke, a casa. Potresti iniziare come mia assistente, e poi seguire le mie orme, intraprendendo una carriera politica. Tu hai delle responsabilità qui»
«Ci risiamo! È sempre la stessa storia, papà, ma la verità è che tu non hai ancora accettato il fatto che io mi sia trasferita a New York»
Emma sentì la rabbia crescerle nel petto, come un'onda pronta a investire tutto quello che si trovava sulla sua strada. «Sai cosa? Mi dispiace. Mi dispiace per te, papà: mi dispiace che tu non abbia avuto una figlia diversa, una che sarebbe stata contenta all'idea di rimanere qui per tutta la vita e di seguirti nel tuo lavoro, una che avrebbe sposato qualcuno di tuo gradimento, ma quella non sono io. A te sembrerà strana la mia vita a New York, chiusa in un ufficio a leggere libri, io invece sono felice. Sono felice a New York e sono felice con Killian, non lo capisci?» gridò, fuori di sé.
David rise, amaro. «D'accordo, d'accordo» alzò le mani, accondiscendente «Voglio credere che tu sia soddisfatta del tuo impiego e che la vita in una metropoli sia più adatta a te di una vita in un paese come Storybrooke. Anzi, ti credo e mi va anche bene così... Ma quell'uomo? Andiamo, Emma, lui non è l'uomo giusto per te. È un egocentrico, un egoista, un... Un pirata! Lo sai, l'hai sempre detto anche tu!»
«Non tutte trovano il Principe Azzurro, papà. Anzi, non tutte vogliono un Principe Azzurro. Io non sono una principessa, non ho bisogno di un principe. Forse un pirata è quello che fa per me»
Emma tirò un'ultima freccia: stavolta colpì il centro. Rimase ad ammirare il risultato per un paio di secondi, poi abbandonò l'arco sul prato e se ne andò, senza degnare suo padre di un'ulteriore sguardo.


 


 


 


 

Poco dopo, Killian sedeva sul sedile in pelle del Range Rover nero di David Swan. Chiaramente l'adorabile Principe Azzurro si trattava bene.
«Allora, David... Posso chiamarla David, vero?»
L'uomo bofonchiò una risposta non molto chiara. Dal canto suo, Killian non era sicuro di volesse sapere cosa avesse detto. «Dov'è che stiamo andando?»
«Nessuna sconsiderata festa di addio al celibato, mi dispiace. Non ho intenzione di adattarmi alle barbarie di voi abitanti di città, soprattutto quando stai per abbandonare il tuo status di celibe per sposare la mia bambina»
Killian si trattenne dal fargli notare che Emma, dopotutto, decisamente non era più una bambina e si limitò a stringersi nelle spalle.
Una volta parcheggiata l'auto, Killian si rese conto di trovarsi alla periferia del paese. Si affrettò a seguire l'altro lungo un vicolo, fin quando non si fermarono di fronte a un pub dall'aspetto leggermente decadente. L'insegna, vecchiotta e alquanto sbiadita, recitava “La Foresta di Sherwood”. Killian alzò un sopracciglio: seriamente, che problemi avevano gli abitanti di Storybrooke con i personaggi delle favole? La cosa cominciava a diventare ossessiva.
«David! Finalmente, sei arrivato, ti stavamo aspettando» un uomo dall'accento inglese, poco più grande di David, andò loro incontro, aprendo la porta e facendo entrare i due uomini nel locale. «Tu devi essere Killian, piacere, è bello avere intorno qualcun altro che non sia americano, tu sei irlandese, giusto? Io sono Robin comunque, Robin Hood»
Killian spalancò la bocca. Robin Hood?!
L'altro, per tutta risposta, scoppiò a ridere. «Ehi, non c'è bisogno di fare quella faccia! Mi rendo conto che i miei genitori avrebbero potuto scegliere un nome diverso, visto il cognome che mi ritrovavo... Ma non è che io ci possa fare qualcosa, giusto?»
L'uomo aveva un sorriso gioviale e sembrava anche simpatico, a dirla tutta. O per lo meno, non aveva l'aria di volergli saltare addosso e ammazzarlo da un momento all'altro, a differenza di David. Perciò, Killian si ritrovò a sorridergli di rimano e a stringere la mano che l'altro gli offriva: «A quanto pare io sono noto con il nome di Capitan Uncino, quindi credo che andremo d'accordo»
Robin rise di nuovo, assestando una pacca amichevole sulla schiena dell'irlandese. «Vieni con me, ti presento gli altri»
Killian lo seguì nella sala centrale del pub, terribilmente british in tutto e per tutto: era arredato con tavoli e sedie in legno massiccio, un grosso bancone faceva capolino alla loro sinistra mentre, in fondo alla sala, c'era un piccolo palchetto. Alle pareti, vi erano appesi poster di svariate rock band, diverse Union Jack e citazioni a favore della birra e di Sua Maestà la Regina.
A un tavolo, vi erano seduti tre uomini, che al loro ingresso si voltarono a guardarli. Uno di loro era Neal, anche conosciuto con il soprannome di carciofo, che salutò David e Killian con un sorriso aperto.
«Allora, mi sembra che tu conosca già Neal» cominciò Robin, facendo le presentazioni, per poi accennare con il capo agli altri due uomini. Uno di loro, probabilmente un coetaneo di Killian, aveva una fronte alta e un'espressione simpatica sul viso. «Io sono Will Scarlet, amico» esordì quest'ultimo, con un fortissimo accento inglese.
«Ah, anche tu inglese, vedo!»
«Aye, bloody hell, eccome se lo sono!»
«Abbiamo finito con queste inutili chiacchiere? Si può cominciare adesso?»
A parlare era stato il quinto uomo, sulla sessantina, con un berretto di lana calcato sulla testa e una barba ispida.
«Smettila di brontolare, Leroy, e presentati al nostro ospite» lo ammonì Robin, senza però perdere il suo tono bonario.
«Sì, sì, è un gran bel piacere conoscerti, irlandese. E se saprai giocare e non ti dispiacerà condividere un goccetto, potrei persino ritenerti un partito adatto per la nostra Emma, ma adesso cominciamo»
Fu solo allora che Killian notò il panno verde che ricopriva il tavolo, e un mazzo di carte francesi in un angolo.
«Cos'è questa, una sorta di bisca clandestina?»
«Ti ricordo che sono il sindaco della città, Jones» David lo fulminò con lo sguardo «Non permetterei l'esistenza di bische clandestine, qui a Storybrooke, e di sicuro non vi prenderei parte»
«Suvvia, David, il ragazzo stava scherzando» Robin gli allungò una gomitata «No, mio caro, non c'è niente di illegale qui: solo un paio di amici che si incontrano per una birra e una partita a carte. Tu sai giocare a poker?»
«Aye, direi proprio di sì. Texas Hold'em?»
«Molto bene. Allora, signori, non ci resta che prendere una birra e iniziare!»



 

 

Diverse ore dopo, il gioco era ancora in corso. Leroy si era tirato fuori già da un po', e adesso giaceva con la testa poggiata sul tavolo, sonnecchiando, e con diversi boccali di birra ormai vuoti davanti a sé. Anche Neal aveva dovuto abbandonare il ruolo di giocatore, e adesso si limitava a fare il mazziere.

Will era il più sfavorito dei quattro rimasti in gioco, aveva dimostrato di possedere un buon potenziale, ma era troppo avventato e decisamente sfortunato; Robin era in una posizione intermedia, sicuramente più esperto dell'altro, ma un po' scarso nei bluff. Killian e David, invece, erano quelli in vantaggio, con più fishes di tutti: era chiaramente un testa a testa, ed entrambi erano intenzionati a vincere.
Questa sarebbe stata la mano definitiva, Killian se lo sentiva, e avrebbe dato del suo meglio per portarsi a casa la vittoria.
Il mazziere distribuì due carte coperte a tutti i giocatori. A Killian capitò una coppia: due donne, la Regina di picche e la Regina di fiori. Non male come inizio, davvero non male.
I quattro uomini puntarono le proprie fishes, dopodiché il mazziere – dopo aver bruciato la prima carta, come da routine – ne scoprì tre sul tavolo. Nove di picche, Re di fiori e Regina di quadri.
Killian sentì il sangue gelarsi nelle vene, ma non mosse un muscolo, sforzandosi di rimanere impassibile. In mano aveva già un tris!
Fece la sua puntata, alzandola rispetto alla precedente: avrebbe potuto vincere davvero! Will scosse la testa, gettando le carte sul tavolo.
«Per la miseria! Non credo proprio faccia per me, gente: io foldo»
Robin e David, invece, pagarono la propria quota, continuando a giocare.
Robin prese una nuova carta dal mazzo. Se fosse stata un'altra donna, Killian avrebbe avuto in mano un poker, e una vittoria assicurata. Regina di cuori, vieni a me, ti prego. Non ti ho mai desiderato tanto come in questo momento.
Nove di fiori.
Killian deglutì, deluso. Certo, c'era ancora un'altra possibilità, ma era alquanto remota. Aumentò di poco la puntata precedente, e attese che gli altri due facessero lo stesso, ma David aggiunse altre fishes.
«Raise» sentenziò, lanciandogli uno sguardo di sfida: aveva raddoppiato la puntata.
Killian alzò un sopracciglio, deciso a non demordere. «Vedo» commentò, aggiungendo le fishes mancanti, e anche Robin lo seguì.
Neal prese una carta dal mazzo, bruciandola, e poi girò quella seguente: l'ultima carta.
Regina di cuori.
Killian avvicinò tutte le proprie fishes al piatto che conteneva le puntate.
«All in»
Robin fischiò fra i denti. «Nah, non fa per me, ragazzo»
«Vedo» rispose invece David, andando anche lui in all in.
A quel punto girarono le carte: Killian le sue due Regine, mentre David mostrò un nove di quadri e un Re di picche che, sommate alle carte sul tavolo, gli garantivano una coppia di Re e un tris di nove, un full in piena regola. Ma non c'erano dubbi: Killian e il suo poker di donne avevano vinto.
«Killian è il nostro vincitore, signori!» annunciò Neal, battendo le mani.
«Eh? Che è successo?» domandò Leroy con la bocca impastata, svegliandosi di colpo.
«Il ragazzo ha vinto»
«Uh? Bene, irlandese, offrici da bere con tutti quei soldi, allora!»
Killian scosse la testa, allontando da sé le fishes. «Non voglio i vostri soldi»
«Di cosa stai parlando, ragazzo? Sono tuoi» rispose Robin, e persino David fece un cenno d'assenso con il capo. «Hai vinto tu, Jones. Prendili»
«Molto bene, vuol dire che vi offrirò da bere per tutto il weekend» commentò, sorridendo, per poi servirsi un'altra birra e avviarsi fuori al locale a prendere una boccata d'aria.
Prese un bel respiro, sentendo tutti i muscoli che si rilassavano improvvisamente, dopo essere stati a lungo in tensione, e si concesse un lungo sorso.
Dietro di lui, la porta del locale si riaprì, mentre Neal lo raggiungeva, anche lui con una birra in mano.
«Ehi. Tutto bene?»
Killian aprì la bocca per rispondere, ma improvvisamente si sentì molto confuso. Andava tutto bene?
«Io...»
«Stai tranquillo, so cosa stai pensando. Gli Swan possono essere una famiglia complicata, a volte»
Killian sorrise. «Aye, credo proprio di sì»
«Storybrooke è un po' diversa da New York, eh?»
«Già, un po'» rispose l'irlandese, sogghignando. «Tu ci sei mai stato?»
«No, mai. Era il sogno di Emma, non il mio»
«Era una storia seria, la vostra?»
Neal si grattò il mento, tirando su con il naso. «Ci siamo messi insieme al liceo, e poi è durata anche al college, ma sai... Eravamo solo dei ragazzi»
«E come mai vi siete lasciati?»
«Beh, sai, erano anni che Emma parlava di trasferirsi, diceva che New York la stava aspettando. Io non le avevo mai detto niente al riguardo, ma non credo di aver mai preso in considerazione la cosa sul serio. Non ho mai voluto andarmene davvero da Storybrooke, capisci? Io sono cresciuto qui, questa è casa mia... In ogni caso, la sera prima della nostra laurea, lei mi chiese di andare a vivere insieme. A New York. E io...»
«E tu hai detto di no» concluse Killian per lui. Neal si strinse nelle spalle. «Esatto. Non era il mio destino, suppongo. In ogni caso, tu sei un uomo fortunato: Emma è meravigliosa, sotto tutti i punti di vista»
Killian lo guardò a lungo, in silenzio. «Ne sono ben consapevole» disse alla fine, serio.
«Ne sono sicuro!» rise l'altro, battendogli una pacca sulla spalla. Avvicinò il proprio boccale a quello dell'irlandese.«Alla vostra salute!»

 



 

Il rientro a casa fu breve e silenzioso, in macchina David non aprì bocca, e neanche Killian provò a fare conversazione, perso com'era nei suoi pensieri.
Una volta arrivati a villa Swan, trovarono Mary Margaret seduta, ritta come una regina, sul divano in soggiorno, con un'espressione in volto che non presagiva nulla di buono. Quando li vide, dedicò un'occhiata di fuoco al marito, per poi sorridere dolcemente all'altro.
«Ciao, Killian caro. Com'è andata? Spero tu ti sia divertito»
Killian si grattò l'orecchio. «Direi bene» rispose, scrollando le spalle «Ho vinto io»
La donna batté le mani, apparendo sinceramente contenta «Oh, mi fa piacere!»
Killian le rispose con un sorriso, dopodiché calò il silenzio. Un silenzio alquanto pesante, pensò l'uomo.
«Emma?» domandò.
Il sorriso di Mary Margaret si congelò sulle sue labbra mentre tornava a fulminare il marito con lo sguardo. «Emma è nella dépandance, caro. A sparare»
«A sparare?!»
«Sì, vi abbiamo allestito un piccolo poligono privato, ed Emma, quando è nervosa, ci va sempre»
Killian corrugò la fronte. «Come mai è nervosa? Ho fatto qualcosa io o...?»
«Oh no, caro, tu non devi preoccuparti, non è causa tua se Emma è nervosa. Non è vero, David?»
«Io non ho fatto niente» rispose quest'ultimo «Abbiamo solo... Parlato con franchezza dei suoi progetti per il futuro»
«Ma davvero? Che bello!» rispose sarcastica Mary Margaret.
Capendo l'andazzo, Killian decise di levarsi di torno. «Io salgo a farmi una doccia» salutò, per poi voltarsi verso David, allungandogli la mano. «Grazie per avermi invitato. È stata una bella partita»
David lo fissò senza fare niente per alcuni secondi, poi si decise a stringergli la mano. «Figurati»
Senza neanche aspettare che Killian lasciasse la stanza, Mary Margaret si alzò in piedi, portandosi le mani sui fianchi. «Qual è il tuo piano, eh David? Vuoi fare in modo che Emma non venga più a trovarci? Emma è mia figlia, e io riesco a vederla una volta ogni tre anni, e questo solo per colpa tua! Non ne posso più, quindi vedi di appoggiare questo matrimonio con Killian, perché io sono stanca di tutto questo: se non facciamo attenzione, finirà che ci ritroveremo in questa casa enorme, io e te da soli con i nostri litigi, e Dio non voglia che facciano anche un nipotino e che non ce lo facciano vedere! Sistema questa cosa, David, una volta e per tutte, e fallo subito»
Terminato il suo monologo, Mary Margaret aveva le guance arrossate e gli occhi lucidi, ma era decisa a non piangere. Dedicò un ultimo sguardo minaccioso al marito prima di girare sui tacchi e lasciare la stanza, lasciando l'altro a riflettere sulle proprie azioni.

 


 

«Haters gonna hate, hate, hate, but baby, I'm just gonna shake, shake, shake, shake it off, I shake it off, yeah¹»
Killian Jones canticchiava godendosi il getto caldo dell'acqua. La prossima casa dove avrebbe abitato avrebbe avuto senza dubbio il bagno in camera. Chiuse il rubinetto e uscì dalla doccia, guardandosi in giro cercando un asciugamano. Dove diamine li tenevano gli asciugamani? Sembrava non ce ne fosse uno in tutto il bagno. Aprì cassetti e mobili vari, ma di un asciugamano neanche l'ombra.
Intanto, Emma aveva finito di sparare ed era rientrata in camera, alle orecchie le cuffie con la musica al massimo del volume. Una bella doccia per finire di rilassarsi era quello che ci voleva, pensò, e aprì l'armadio con la biancheria prendendo un telo qualsiasi, e poi uscì fuori al balcone per godersi gli ultimi raggi di sole della giornata, iniziando a spogliarsi e seminando vestiti in giro.
Sentendo dei rumori, Killian aprì la porta del bagno, dando un'occhiata alla stanza da letto; notò una maglietta dal taglio femminile per terra, forse Emma era rientrata.
«Emma?» chiamò «Emma!»
L'uomo si strinse nelle spalle: doveva essere uscita di nuovo. In quel momento, si accorse che l'anta dell'armadio era mezza aperta, e si intravedevano delle asciugamani. Eccole, quelle bastarde!
Fece per uscire dal bagno, quando Rumpelstilskin gli si parò davanti, abbaiando.
L'uomo fece un salto indietro, urlando. «Argh! Cosa ci fai tu qui, bestia? Sparisci!» urlò, ma il cane sembrava non aver la minima voglia di andarsene, e continuò ad abbaiargli contro.
«Smettila! Smettila, ho detto! Senti, mi dispiace per la storia dell'aquila, okay? Non l'ho fatto apposta, è solo che mi serviva il telefono, ora puoi farmi il favore di levarti di torno?»
Niente da fare.
Killian sospirò. Lo sguardo gli cadde sul phon, forse al cane sarebbe piaciuto. Provò ad accenderlo e a puntarlo nella sua direzione, e immediatamente Rumpelstilskin smise di abbaiare.
«Ecco fatto, ti piace eh? Bravo cagnolino»
Il cane gli si avvicinò, e Killian gli fece scivolare sotto un tappetino, per poi spostarlo alle proprie spalle, e chiudendo la porta del bagno. Lui era fuori, la bestia era dentro. Fortunatamente.
Fissò soddisfatto la porta chiusa, sentendosi potente, dopodiché fece per girarsi, ma andò a sbattere contro qualcosa. O meglio, qualcuno.
«Che cazz...»
La prima cosa di cui si rese conto fu che era andato a sbattere contro Emma.
La seconda fu che erano caduti entrambi, uno addosso all'altro.
La terza fu che lui era nudo.
La quarta fu che lo era anche lei.
Poteva chiaramente avvertire la sua pelle, calda e liscia, contro la propria, bagnata e più ruvida. Poteva avvertire le rotondità dei suoi seni, e i capezzoli turgidi che gli accarezzavano il petto, e...
«Oh mio Dio!» esclamarono entrambi, all'unisono.
«Ma sei tutta nuda!» esclamò lui.
«Ma sei tutto bagnato!» esclamò lei.
Si staccarono di botto, con Emma che cercava di coprirsi con le mani. «Non guardare!» strillò, strappandosi gli auricolari dalle orecchie «Perché cazzo sei tutto bagnato?» chiese, mentre lui domandava «Perché cazzo sei tutta nuda?»
La ragazza si rifugiò dietro a una poltrona, mentre Killian cercava di raccattare un asciugamano.
«Dio santo, copriti! Ti si vede tutto!» gli ordinò, afferrando a sua volta la prima cosa che le capitava sotto tiro. Accorgendosi che era la “portacicogna”, la buttò all'aria, prendendo un'altra coperta.
«Si può sapere che ti salta in testa?» la rimbrottò lui, avvolgendosi un telo intorno ai fianchi.
«A me? Io me ne stavo fuori al balcone per fatti miei!»
«Ti ho chiamata, cazzo, ho urlato! Non mi hai sentito?»
«No, avevo le cuffie... Tu, piuttosto! Perché eri bagnato? Perché mi sei saltato addosso?»
«Stavo facendo una cazzo di doccia, e non ti sono saltato addosso! Il tuo cane mi stava aggredendo, così l'ho chiuso in bagno e mi stavo allontanando e tu sei spuntata all'improvviso!»
Emma alzò gli occhi al cielo, scuotendo la testa. «Ma che problemi hai con quel cane? Anzi, non rispondermi, vado a farmi una doccia»
«Brava, fai bene, sei sudata!»
«Grazie! Bel tatuaggio comunque» gli rispose lei, sorridendo sotto i baffi: non le era sfuggita l'ancora disegnata sulla parte alta del bicipite sinistro.
Si diresse verso il bagno, e quando aprì la porta, Rumpelstilskin schizzò fuori, abbaiando furiosamente.
«Ecco! Lo vedi come fa?» urlò Killian.
«Ma certo, hai rischiato proprio una brutta morte, la zanna assassina della bestia avrebbe potuto ferirti gravemente» gli rispose lei, acida, per poi sbattersi la porta alle spalle. Vi si appoggiò con la schiena, chiudendo gli occhi. Immediatamente, le si formò dietro le palpebre l'immagine di Killian bagnato e nudo come mamma l'aveva fatto. Emma riaprì di scatto gli occhi, cercando di smettere di pensarci. Non che fosse stata una brutta vista, anzi... Non gli si poteva dire niente che non fossero complimenti, ammise fra sé e sé, ripensando agli addominali ben scolpiti, ai peli scuri che gli adombravano il petto, al sedere sodo e al... Smettila, Emma!, si ammonì. Una doccia gelata era quello di cui aveva bisogno. Forse l'avrebbe aiutata a calmarsi, e il sangue avrebbe smesso di ribollirle nelle vene.

 

 


 

Qualche ora dopo, Emma si rigirava nel letto, senza riuscire a prendere sonno, ben consapevole della presenza di Killian sdraiato per terra, poco distante da lei, che doveva essere altrettanto sveglio, a giudicare dal fatto che continuava a sbuffare e muoversi. La doccia fredda non aveva aiutato, né l'aveva fatto la cena a base di ostriche («Sono potenti afrodisiaci, sapete?» aveva commentato Regina, guardandoli maliziosamente).
«Ancora non posso crederci»
Fu lui a rompere il silenzio per primo.
«A cosa?»
«Eri... Tutta nuda»
Emma si sentì arrossire, e si portò le coperte fin sopra i capelli, desiderando scomparire in maniera più permanente. «Possiamo smettere di parlarne, per favore?»
Lui fece spallucce. «Però è vero: eri tutta nuda»
«E tu eri tutto bagnato»
Killian rise.
«Posso farti una domanda? Qual è il problema fra te e tuo padre?»
«Questa domanda non c'è nel fascicolo, sono spiacente» tagliò corto Emma, rabbuiandosi.
«E dai» la pregò lui «Non dovevamo sapere tutto l'uno dell'altra?»
«Tutto tranne questo. Buonanotte» rispose lei, girandosi su un fianco.
Lui sospirò, poi si schiarì la gola. «Mi piacciono i film d'amore»
«Che cosa?»
«Mi piacciono i film d'amore. So che è strano, perché sono un uomo, ma mi piacciono. Notting Hill e Pretty Woman sono tra i miei film preferiti di sempre. E mi piace anche Taylor Swift. In generale sono più per il rock'n'roll, ma quella ragazza ci sa fare, è il mio piacere musicale segreto. Quando ero al liceo ero in una band, ci chiamavamo The Pirates, il che è strano visto che in ufficio mi chiamate Capitan Uncino. Io ero il frontman, comunque. So cantare e suono la chitarra, la musica fra le mie più grandi passioni. Non amo i fiori in casa, mi ricordano i funerali. Dopo il litigio con Mendel sono andato in bagno e ho tirato un pugno al muro perché non potevo darlo a lui, non mi erano piaciute le cose che mi aveva detto, ma forse non aveva tutti i torti. Ogni anno a Natale rileggo Racconto di Due Città, di Dickens: è il mio libro preferito. Ed era anche il preferito di mia madre. Lei è morta quando avevo tredici anni, e mio padre ci ha abbandonati l'anno dopo, così siamo rimasti solo io e mio fratello maggiore. Lui ha lasciato gli studi e ha iniziato a lavorare per mantenerci. Liam non era solo mio fratello, ma anche il mio migliore amico... Non era come me, lui. Lui era buono, il più buono di tutti, era la persona migliore che conoscessi. È morto cinque anni fa, aveva un cancro. Qualche mese dopo Milah, la mia ragazza, mi ha lasciato: diceva che ero diventato troppo depresso. Ero convinto che saremmo stati insieme per sempre, e invece... Suppongo che le cose non vanno mai come ti aspetti. Non ho una storia seria da allora: si può dire che “solo sesso e niente amore” sia diventato il mio motto. Il tatuaggio con l'ancora l'ho fatto dopo la morte di Liam. Di sicuro ci sono tantissime altre cose da dire su di me, ma al momento è tutto quello che mi viene in mente»
Quando Killian finì di parlare, calò il silenzio.
Emma si morse il labbro inferiore, cercando disperatamente qualcosa da dire. Non immaginava che l'uomo avesse perso tutte le persone a lui più care, la ragazza non riusciva neanche a immaginare il dolore che doveva aver provato, da ragazzino, quando aveva perso entrambi i genitori nel giro di un anno. E, da adulto, aveva dovuto riprovare la stessa sofferenza, perdendo le ultime due persone più importanti che gli erano rimasti, il fratello e la donna che amava. Lei era stata proprio una stronza... Era normale che fosse diventato così. Così cinico, così freddo. Così Capitan Uncino.
«Sei ancora lì, Swan?»
«Sì» rispose lei. Le tremava la voce. «Sono qui, Killian»
Lo aveva chiamato per nome. Lo aveva chiamato per nome, e così facendo Emma sperava di essere riuscita a esprimere tutto quello che provava.
Mi dispiace. Mi dispiace per tua madre, nessun bambino dovrebbe crescere senza, nessuno dovrebbe perderla quando è così giovane. Mi dispiace per tuo padre, mi dispiace che abbia scelto di abbandonarvi quando sarebbe dovuto essere la vostra forza, il vostro punto di riferimento. E mi dispiace per tuo fratello, e anche per quella stronza della tua ex, che ti ha lasciato quando tu avevi più bisogno di lei... E non sei una brutta persona. Non avere paura di esserlo, perché non lo sei.
Quelle parole non dette riecheggiarono nell'aria, ma in qualche modo Killian le colse. E sorrise.
«Davvero non esci seriamente con una donna da cinque anni?»
«È l'unica cosa che ti ha colpito?» scherzò lui «Cos'è, Swan, ti informi sulla concorrenza? Tranquilla, sei l'unica»
Emma ridacchiò. Sapeva che era tutta finzione, eppure... Eppure quel “sei l'unica” le aveva fatto piacere. Le aveva fatto battere il cuore più forte, l'aveva fatta sorridere spontaneamente. Dietro la facciata di pirata spietato e senza cuore, si celava molto di più: si celava un uomo, un uomo che aveva amato e perso, un uomo che aveva sofferto e che soffriva ancora. Un uomo che un cuore ce l'aveva eccome, e aveva anche dei sentimenti, che sapeva essere anche divertente, all'occorrenza, e gentile ed educato. No, non era per niente una brutta persona.
«E così Taylor Swift, uh? Ma come ti fa a piacere?»
«Ehi, lasciala stare. Haters gonna hate, hate, hate²»
Emma rise, coprendosi la bocca con le mani.
«Che c'è?»
«Niente, speravo che cantassi questo pezzo. Non sei male come cantante, dopotutto»
Anche Killian si unì alla sua risata. «Grazie!»
«E... Killian?»
Il proprio nome suonava stranamente bene, sulle labbra di lei. Gli piaceva quando lo chiamava per nome.
«Sì?»
«Non vorrei che fraintendessi. Non è vero che sei una brutta persona. Sei una bellissima persona»
Killian sorrise, al buio. «Grazie»
«I stay up too late, got nothing in my brain, that's what people say, mmm, that's what people say³ »
L'uomo ridacchiò. «Allora anche a te piace la Swift!»
«'Cause the players gonna play, play, play and the haters gonna hate, hate, hate, baby I'm just gonna shake, shake, shake, shake it off, I shake it off!»
Anche lui si unì alla ragazza, intonando la stessa canzone. «'Cause the heartbreakers gonna break, break, break and the fakers gonna fake, fake, fake, baby I'm just gonna shake, shake, shake, shake it off!»
Alla fine, entrambi scoppiarono a ridere. «Potremmo formare una band!»
«Mi sembra un'ottima idea, ma prima mi sa che dovremmo dormirci su»
«Buonanotte, Emma»
«Buonanotte, Killian»


 


 


 


 


 


 


 


 


 

¹ Shake it off, di Taylor Swift. Se non la conoscete, correte ad ascoltarla: click , questa canzone mette un'allegria unica! *_*
La traduzione del verso citato, comunque, è: “quelli che odiano odieranno, odieranno, odieranno, ma tesoro, semplicemente io mi scrollerò, scrollerò, scrollerò tutto via di dosso. Mi scrollo tutto via di dosso”.


 


 

² Stessa fonte: shake it off. “Quelli che odiano, odieranno, odieranno, odieranno”.


 


 

³ Anche questa citazione, così come le prossime in corsivo, provengono da Shake it off. La traduzione è la seguente: “Vado a letto troppo tardi, non ho niente nel cervello, questo è quello che dice la gente, mmm, questo è quello che dice la gente.
Perché quelli che giocano giocheranno, giocheranno, giocheranno, e quelli che odiano odieranno, odieranno, odieranno, tesoro io mi scrollerò, scrollerò, scrollerò tutto via di dosso.
Quelli che spezzano i cuori li spezzeranno, spezzeranno, spezzeranno, e quelli che fingono fingeranno, fingeranno, fingeranno, tesoro io mi scrollerò, scrollerò, scrollerò tutto via di dosso.


 


 


 


 


 

Author's Corner: della serie “chi non muore, si rivede” immagino XD Ebbene sì, eccomi tornata, dopo ben cinque mesi di assenza, e menomale che avevo promesso di aggiornare una settimana dopo! Mi dispiace, davvero, mi dispiace molto, ma sono successe diverse cose nella mia vita, sia molto belle che molto brutte, che mi hanno allontanato da EFP. Giuro che il prossimo aggiornamento arriverà prima, ve lo prometto solennemente ù__ù
Ma passando al capitolo... Prima di tutto, scusate se è così lungo XD ma spero vi sia piaciuto almeno tanto quanto è piaciuto a me scriverlo, soprattutto nella parte dell'incidente XD Inoltre, scopriamo di più anche sul passato del nostro Killian, e vediamo che non ci sono sempre state rose e fiori per lui. Mi auguro anche che la parte relativa al poker sia piuttosto chiara, ho cercato di dare tutte le spiegazioni possibili per chi non fosse pratico, ma se non avete capito qualcosa, chiedete pure! Ogni parere, critica o suggerimento è ben accetto, as usual *_* Grazie mille a tutte le persone che hanno aggiunto la mia storia fra i preferiti, fra le seguite, o che vi hanno dedicato anche solo due minuti del loro tempo leggendola, e grazie soprattutto a chi si è fermato a recensire (mi accingo a rispondervi proprio adesso) ^^
A presto, giurin giurello, la vostra
Emma


 


 

   
 
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