Anime & Manga > Uta no Prince-sama
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Autore: Starishadow    23/12/2014    8 recensioni
Se siete curiosi di vedere come sarebbero i figli (e le figlie) dei nostri sette idols, e vi fa piacere seguirli lungo la loro strada, leggete pure questa storia!
Come se la caveranno gli Starish in versione papà, alle prese con un gruppo di adolescenti curiosi di esplorare il mondo a modo loro?
(Raccolta di OS, molte sono song-fic, spero che vi piaccia!)
Genere: Generale, Introspettivo, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Raccolta, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Nota dell’autrice: Ok, non uccidetemi ahahaha ho sentito questa canzone e me ne sono innamorata… allora ho iniziato a pensare a come usarla, e… e… e non so bene come è venuta fuori questa! XD
So che la canta Elisa, ma in fondo l’ha scritta Ligabue e… e quindi potrebbe anche essere cantata da un papà alla sua cucciolina/suo piccolo, no? *sì sto cercando di convincervi xD*
E siccome morivo dalla voglia di vedere gli Starish in versione papà… non ho resistito! *si nasconde dietro Kira* spero che non vi faccia schifo!!
Ho usato una strofa per ognuno, e nel ritornello un po’ tutti.
Ultimissima cosa! Non ho specificato con chi sono fatti i vari bambini perché, sebbene io abbia le mie ship *coff coff* non me la sentivo di “imporle” sui lettori, quindi, immaginate che abbiano fatto questi bambini con chi volete (voi, Nanami, Tomo-chan, Ringo-sensei… chiunque! XD) e… niente, buona lettura!!! ^.^
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Sarà difficile diventar grande 
prima che lo diventi anche tu 
 
Otoya osservò il fagottino che le infermiere gli porgevano, mentre le sue braccia si rifiutavano di reagire agli stimoli che la sua mente tentava confusamente di mandar loro.
Era… suo figlio… quell’esserino fragile e delicato avvolto in quella copertina celeste?
«Otoyan» lo richiamò dolcemente Reiji, sorridendo, mentre Tokiya lo spingeva delicatamente verso la donna che sorrideva comprensiva e gli porgeva il bambino.
«I-io» balbettò il ragazzo, battendo le palpebre e facendo un passetto esitante, mentre finalmente le sue braccia si sollevavano e accoglievano il fagottino tiepido in un abbraccio che aveva qualcosa di esitante, ma anche di protettivo.
Aveva pensato che, come l’avesse preso, avrebbe fatto cadere il bambino, o l’avrebbe spaventato tanto che quello avrebbe iniziato a piangere come un disperato, invece le sue braccia sembravano fatte apposta per tenere stretto quel neonato, le sue mani avevano trovato immediatamente dove posizionarsi, e il bambino lo guardava tranquillo, curioso… e dopo pochi secondi in cui padre e figlio erano rimasti  a fissarsi, entrambi si erano aperti in un sorriso luminoso e - nel caso di Otoya - accompagnato da due grosse lacrime di felicità.
«Ciao, Hikaru» sussurrò, sfiorando il viso del piccolo con le labbra, mentre altre lacrime gli restavano impigliate fra le ciglia.
E in quel momento, quello che un tempo era stato il più rumoroso, disordinato ed infantile degli Starish aveva capito che era il momento di cercare di crescere un po’… per lo meno prima di trovarsi davanti a suo figlio che gli dava dell’immaturo.
 
tu che farai tutte quelle domande 
io fingerò di saperne di più 
 
«Papà, ma perché il sole è caldo?»
«Perché… è fatto di fuoco» Tokiya si trattenne a stento dal fare una smorfia a quella sua risposta mentre suo figlio, comodamente sdraiato sull’erba con la testa sulle sue gambe, indicava l’astro sopra di loro. Effettivamente, non era la migliore delle sue risposte, ma non era esattamente preparato a quella domanda.
«E… di cosa sono fatte le nuvole?»
Una parte dell’adulto voleva dire “nebbia”, però c’era qualcosa negli occhi grigioblu del bambino, nel modo in cui fissavano il cielo pieni di domande e meraviglia, che gli fece comparire un sorrisino intenerito sulle labbra:
«Secondo te di cosa sono fatte?» chiese, il bambino voltò lo sguardo verso di lui con un’espressione scettica.
«Qui le domando le faccio io» disse, prendendo un’espressione di superiorità, mentre si sollevava a sedere e rideva leggermente. Tokiya lo afferrò e cominciò a fargli il solletico:
«Ah sì? E come mai?» il piccolo continuò a ridere «Allora, commissario Hayato?» ghignò il più grande.
«P-P-perché t-tu sei un adulto» rise Hayato, divincolandosi e sfuggendo alla presa del padre «e io un bambino. Quindi io faccio domande e tu mi dai risposte. Semplice no?»
Il sorriso di Tokiya prese una sfumatura quasi triste, mentre la fiducia che suo figlio aveva in lui lo commuoveva… davvero pensava che lui avesse le risposte ad ogni sua piccola domanda?
«Non so proprio tutto» ammise, anche se il bambino non sembrava credergli «però una cosa la so per certo».
A quel punto Hayato si accigliò ed inclinò la testa da un lato, incuriosito, prima di venire catturato di nuovo dal padre, ma stavolta in un raro abbraccio gentile ed affettuoso.
«So che sei la persona a cui voglio più bene in tutto il mondo» sussurrò Tokiya, nascondendo il leggero rossore che aveva sulle guance nei capelli scuri del figlio, che dal canto suo sorrideva soddisfatto e ricambiava la stretta.
 
metterò via i giochi 
proverò a crescere 

«Papà, ti prego basta!!! Non voglio il peluche di Piyo-chan!» sbraitò una versione in miniatura di Natsuki mentre correva per tutta casa «Posso dormire anche senza!!»
«Ma Piyo-chan ti aiuterà a fare bei sogni!!» protestò l’uomo, inseguendo il bambino di sette anni brandendo due peluche a forma di pollo “adorabile” secondo lui, decisamente inquietante nell’opinione di tutti gli altri.
«Incubi semmai!!» sbraitò il ragazzo «Continua così e vado a vivere a casa di zio Syo, anche se non posso sopportare Aoi e Nie, preferisco loro!!!» e, per chi fosse al corrente dell’odio che era nato fra i due gemelli figli di Syo, e il piccolo Satsuki, l’affermazione conteneva in sé tutto il ribrezzo che il bambino provava per quei peluche.
«M-Ma Satsu-chan! Ti ho pure preso il completino da notte di Piyo-chan»
«Lasciami stare!!!!!»
Alla fine, Satsuki si nascose dietro un divano, e il padre continuò a cercarlo invano a lungo, per poi fermarsi e prendere un’espressione inaspettatamente seria… quasi amara.
Lasciò cadere i pupazzi e sorrise:
«Hai ragione, Satsu-chan… in effetti sono inquietanti» il bambino non si mosse, confuso… era forse una trappola? «Credo che… sarebbe ora che io smetta di giocare e costringerti ad essere più adulto di me… Ne?»
Colpito da quelle parole, Satsuki si decise a fare capolino:
«Papà…?»
«Oh, eccoti!» l’uomo non gli balzò addosso, ma sorrise come suo solito, anche se aveva gli occhi lucidi «Dai, andiamo a nanna… niente Piyo-chan, prometto»
Il bambino uscì dal nascondiglio, ancora confuso, ma quando il padre gli diede le spalle per salire verso le camere da letto, si fermò e raccolse i due Piyo-chan. Poi cominciò a correre e lo superò, fiondandosi nel suo lettino e stringendo a sé i peluche.
Quando Natsuki entrò a rimboccargli le coperte, gli occhi scintillarono deliziati:
«Oooh Satsu-chan! Sapevo che alla fine ti sarebbero piaciuti!!!»
E mentre veniva soffocato in un abbraccio micidiale, il povero Satsuki capì di essere stato ingannato dal suo stesso padre… ma la cosa non gli dispiaceva poi così molto.
«Sempre meglio di dividere la camera con Aoi e Nie» bofonchiò, soffocato nel petto di Natsuki.
Sarà difficile chiederti scusa 
per un mondo che è quel che è 
io nel mio piccolo tento qualcosa 
ma cambiarlo è difficile 

Rientrare a casa e trovare tuo figlio di cinque anni nascosto sotto un tavolo potrebbe essere una cosa che non ti aspetti, ma Masato riuscì a gestire abbastanza diplomaticamente la questione.
Lasciata cadere la borsa che conteneva infiniti grafici di aziende fallite, si inginocchiò davanti al tavolo, fino ad incontrare gli occhioni blu del bambino.
«Kaito-kun?» chiese, alzando un sopracciglio, l’altro abbassò gli occhi «Che succede? Vieni fuori, dai…»
Il bambino scosse la testa ed indietreggiò ancora, con allarme del padre che controllò che non colpisse nulla con la nuca o il collo.
«Ho paura» ammise Kaito, battendo le palpebre.
«Paura di cosa, Kai-kun?» il figlio era l’unico a cui Masato avesse mai dato un soprannome… se non si contava Ren all’età di otto anni. E non contava.
«F-fuori… insomma, prima nonno ascoltava la radio… parlavano di guerre, morti…»
Masato fece una smorfia. Avrebbe preferito che suo figlio non sapesse quello che succedeva fuori almeno per un altro po’, almeno fino a quando non avesse capito meglio…
Gli sorrise e tese una mano verso di lui:
«Vieni fuori, piccolo… ci sono io»
Kaito lo guardò, poi allungò una manina e lasciò che il padre lo aiutasse ad uscire dal suo nascondiglio, prima di fiondarglisi fra le braccia ed iniziare a singhiozzare spaventato.
Masato sorrise dolcemente:
«So che non posso cambiare il mondo, anche se lo farei per te… ma farò tutto quello che posso per renderlo un pochino migliore… va bene?»
Kaito soffocò un paio di singhiozzi e si asciugò gli occhi, prima di guardarlo seriamente:
«A me basta che non mi lasci da solo» ammise, spiazzando per l’ennesima volta il padre con la sua schiettezza.
«Mai» promise Masato, sollevando il bambino e lasciando che nascondesse il visino umido nella sua spalla.
Lanciò uno sguardo alla borsa per terra… forse qualcosa poteva iniziare a farla…
 
sarà difficile 
dire tanti auguri a te 
a ogni compleanno 
vai un po' più via da me 

Syo rimase in disparte ad osservare i gemelli che giocavano e ridevano alla festa del loro dodicesimo compleanno, mentre non riusciva ad impedirsi di stare leggermente imbronciato.
«Seriamente? È un compleanno, Syo, dovresti almeno tentare di sorridere!» lo riprese Ai, sbucandogli vicino e porgendogli un piattino con una fetta di torta, il biondo la prese, sospirando:
«Lo so ma… non riesco a smettere di pensare ad una cosa» ammise, arricciando il naso.
«Che crescono troppo in fretta?» se c’era una cosa che Ai non aveva mai perso, quella era la schiettezza e il suo andare dritto al punto. Se quello fosse un pregio o un difetto, i suoi amici dovevano ancora deciderlo.
«Sì… ad ogni compleanno, li sento andare un po’ più lontano da me. E so che in realtà è giusto che sia così, perché onestamente se Nei dichiarasse di voler vivere a casa fino ai quarant’anni lo caccerei via io per primo…»
«Se fosse Nei, perché voi due siete peggio di cane e gatto, ma se fosse Aoi, sono quasi sicuro che non rifiuteresti» ridacchiò Ren, sedendosi accanto a lui «sì, Chibi, ho origliato… la mangi quella fetta?»
«Ren, continua così e ingrassi» sbuffò Syo, passandogli il piatto «e non chiamarmi Chibi, sono più di dodici anni che te lo dico!!»
Il biondo non si scompose:
«Una volta di più non guasta»
«Comunque no, caccerei pure Aoi» tornò al discorso Syo, ignorando Ren come sempre «però… cavolo, hanno dodici anni e a me sembra passato un mese da quando si svegliavano nel cuore della notte a turno
Ai rise:
«Non ti mancherà anche quel periodo»
«Fingi pure di non capire, ma anche a te manca il tempo in cui cambiavi i pannolini a tua figlia!»
Ai tossicchiò e si guardò attorno, innocentemente.
«Nemmeno io voglio che la mia principessa cresca ma… cosa ci puoi fare?»
Syo si incupì:
«Niente. È questo che mi scoccia»
Fu in quel momento che Nei arrivò zoppicando e trattenendo le lacrime, mentre si stringeva una mano ai jeans scuri:
«Papà» mugolò, guardandolo implorante, Syo fu al suo fianco in un attimo.
«È caduto… e gli fa male il ginocchio» spiegò Aoi, correndo accanto al gemello e posandogli una mano sulla spalla, preoccupato.
Ren e Ai sorrisero, prima di guardarsi con aria complice.
Syo poteva sentirli crescere in fretta quanto voleva, ma i due gemelli non sembravano essere poi così disposti ad andare avanti per conto loro… non a dodici anni e, probabilmente, non a diciotto.
Il legame fra quei tre era semplicemente troppo forte.
 
A modo tuo 
andrai 
a modo tuo 

Satsuki Shinomiya, Hayato Ichinose, Harumi Aijima, Maiyumi Jinguji, Hikaru Ittoki, Aoi e Nei Kurusu, e Kaito Hijirikawa ben presto diventarono i bebè, e poi i bambini, e poi gli adolescenti più seguiti dalle fangirl che un tempo avevano adorato i loro genitori… o forse dalle figlie di quelle fangirl?
L’ammirazione per quel gruppo di ragazzini crebbe quando fondarono a loro volta una band, scegliendo il nome di Starkids, e cominciarono a far musica a modo loro, senza seguire le orme dei loro genitori, ma senza nemmeno prendere strade completamente diverse. Perché sì, Maiyumi era il flirt al femminile del gruppo, in costante litigio (e tensione sessuale, ammettiamolo) con Kaito, e Hikaru non perdeva occasione di far saltare i nervi ad Hayato, ma allo stesso tempo, Satsuki non voleva avere nulla a che fare con le cose piccole e carine, preferiva azione e cose “da uomo”, e un impensabile infantilità era emersa proprio in Nei, che però riusciva a dosarla con la giusta dose di ironia…
Ognuno di loro aveva preso il meglio dai loro genitori, e poi l’aveva trasformato a modo suo.
Sarà difficile vederti da dietro 
sulla strada che imboccherai 
tutti i semafori 
tutti i divieti 
e le code che eviterai 


Quando Hayato chiese a Tokiya di aiutarlo a prendere la patente, l’ex idol aveva iniziato a sudare freddo.
Un po’ perché la macchina era nuova.
Un po’ perché far guidare Hayato voleva dire mettersi completamente nelle sue mani.
Un po’ perché si sarebbe dovuto abituare a vedere quello che fino a poco tempo prima era il suo bambino andare avanti per la sua strada, raggiungere le sue destinazioni senza più bisogno di lui… e avrebbe iniziato ad aspettarlo sveglio la sera, anche se avrebbe costantemente negato quest'ultimo fatto…
«Allora papà? Guidi con me?» ripetè il ragazzo, sorridendogli malizioso «O hai troppa paura?»
«La paura l’avrai tu se mi fai anche solo mezzo graffio sulla macchina, ragazzino» rispose Tokiya, lanciandogli le chiavi dell’auto, Hayato le prese al volo e, con un bagliore negli occhi, corse verso il parcheggio, seguito dal padre che, ormai, stava lentamente accettando l’unica verità che c’era: doveva lasciarlo andare. Fine della storia.
Era stato il bagliore negli occhi di suo figlio che gli aveva fatto capire che, in qualche modo, Hayato avrebbe sempre trovato il modo di tornare da lui.
 
sarà difficile 
mentre piano ti allontanerai 
a cercar da sola 
quella che sarai 
 
Cecil si avvicinò lentamente alla porta socchiusa, da cui riusciva a scorgere vagamente la figura della sua bambina esibirsi davanti a giudici dall’aria severa. Sapeva che Harumi amava ballare, e che se quella compagnia di ballo l’avesse presa, lei sarebbe stata al settimo cielo… però vederla lì, a metà fra il suo destino e il suo presente, fra la realtà e i sogni, più bella, appassionata e fragile che mai, gli fece contorcere lo stomaco… lei sarebbe andata incontro al suo futuro, e lui doveva solo appoggiarla, sostenerla e continuare ad amarla come aveva sempre fatto.
Peccato che per quella audizione però non avesse scelto di esibirsi nell’Agnadance… sarebbe stata più d’impatto.
Sarà difficile 
lasciarti al mondo 
e tenere un pezzetto per me 
e nel bel mezzo del 
tuo girotondo 
non poterti proteggere 


L’esperienza più traumatica che a Ren potesse succedere fu quella di avere una figlia femmina.
Si era sempre immaginato di avere un maschio a cui insegnare a far cadere le donne ai suoi piedi, con cui parlare di “cose da maschi”… e poi invece si era trovato fra le braccia un involucro di coperte rosa, dove dormiva beatamente la creatura più piccola e delicata che avesse mai visto… e il suo mondo non era stato solo stravolto, ma completamente smontato e ricostruito in maniera del tutto diversa.
Masato naturalmente l’aveva trovato più che giusto, Tokiya aveva borbottato “Karma” con fare sardonico, Syo e Otoya si erano rotolati a terra dalle risate.
Ma Ren non era riuscito a togliere gli occhi di dosso dalla figlia, sebbene non riuscisse a veder bene per via di qualcosa che gli era calato davanti ad essi, come una patina liquida che gli gocciava giù dalle guance.
E nel corso degli anni aveva visto la sua Maiyumi crescere e diventare sempre più bella e sempre più simile a lui… come lui si era divertito a giocare con le ragazze, a lei non dispiaceva stuzzicare i ragazzi… ma non c’era cosa che lo preoccupasse di più. Quando la vedeva mano nella mano con uno di quelli, iniziava a sudare freddo, e la sua mente cominciava ad architettare modi per uccidere quell’essere se avesse fatto male alla sua little princess.
E la prima volta in cui la vide piangere sul pavimento della sua camera, dopo l’unica volta in cui aveva amato invece di giocare, circondata di ricordi distrutti e sogni infranti, poco mancò che anche il suo cuore si spezzasse. Si inginocchiò vicino a lei e lasciò che lei si aggrappasse a lui come un naufrago ad un salvagente, mentre le baciava via le lacrime dalle guance.
Non era riuscito a proteggerla nel mezzo del suo giocare, crescere, sperimentare… non avrebbe potuto farlo nemmeno volendo, non aveva potuto farlo, e ora Maiyumi era a pezzi, e lui non sapeva cosa fare.
Per la prima volta si pentì di aver fatto soffrire quelle ragazze.
«Papà» singhiozzò la ragazza, mentre le sue lacrime si tingevano di nero grazie al mascara «non voglio più innamorarmi»
«No, princess… non puoi non innamorarti. Per quanto a me non dispiacerebbe, sia chiaro… succederà ancora»  la sentì irrigidirsi, pronta a protestare, e le posò due dita sulle labbra, zittendola «ma non farà sempre male… quando ti innamorerai di quello giusto - alias il mio peggior nemico» Maiyumi ridacchiò, e il suo sorriso roseo tornò a trionfare su tutte quelle lacrime nere «non farà così male»
«Però… finchè non trovo quello giusto…» iniziò lei, sistemandosi meglio nell’abbraccio del padre «posso limitarmi a voler bene solo a te?»
Ren le baciò la fronte:
«Non potrei chiedere altro»
 
sarà difficile 
ma sarà fin troppo semplice 
mentre tu ti giri 
e continui a ridere
 



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Nota dell’autrice: et voilà! L’ho detto che sono in vena di fluff… xD
Ho festeggiato la patente con questa FF insomma ahahaha! *si sente potente* xD
Spero che vi sia piaciuta! Fatemi sapere e…. non so, vi piacerebbero altri capitoli centrati ognuno su uno Starish con il figlio? Perché io un paio di idee le avrei, ma non mi va di “imporvele” se non vi piacciono ahaha
A presto!!
Bacioni!
- Starishadow
   
 
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