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Autore: 9Pepe4    23/12/2014    8 recensioni
Quando finalmente Kíli notò Thorin, raddrizzò la schiena e lo salutò vivacemente con un: «Questo frutto è strano. Non si sbuccia».
Thorin si fermò dall’altra parte del tavolo e poggiò una mano sulla noce di cocco, abbassando lo sguardo sui due bambini. La chioma scura di Kíli era indomabile come sempre, mentre tra i capelli biondi di Fíli si scorgeva qualche treccina che glieli teneva lontani dagli occhi.
«Non ha la buccia, infatti» replicò Thorin. «Ha il guscio, come le castagne… e bisogna romperlo».
Gli occhi scuri di Kíli divennero tondi come monetine, e lui e Fíli si scambiarono uno sguardo.
Genere: Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Fili, Kili, Thorin Scudodiquercia
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
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Noce di cocco

Come Dís si fosse potuta permettere una noce di cocco, per Thorin rimaneva un mistero.
Non era certo un frutto che crescesse nell’Ered Luin, e solitamente le merci di provenienza remota costavano molto di più di quanto la stirpe di Durin potesse attualmente permettersi.
D’altra parte, Thorin conosceva sua sorella, e sapeva bene quanto fosse brava a negoziare…
Fosse come fosse, ora Kíli e Fíli sedevano fianco a fianco, intenti ad osservare con aperta curiosità la noce di cocco che troneggiava al centro del tavolo. Ne erano così intrigati che, quando Dís li salutò con un bacio sui loro capelli, parvero accorgersene a stento, così come a stento parvero accorgersi dell’arrivo di Thorin.
La loro postura era identica: gambe che penzolavano dalla sedia, braccia appoggiate sul piano del tavolo, mento posato sul dorso delle mani e occhi puntati sulla noce di cocco.
Dís si era recata a far visita ad una vicina che aveva partorito da poco, ed aveva affidato i figli a suo fratello, lasciandogli anche il compito di aprire il frutto.
Quando finalmente Kíli notò Thorin, raddrizzò la schiena e lo salutò vivacemente con un: «Questo frutto è strano. Non si sbuccia».
Thorin si fermò dall’altra parte del tavolo e poggiò una mano sulla noce di cocco, abbassando lo sguardo sui due bambini. La chioma scura di Kíli era indomabile come sempre, mentre tra i capelli biondi di Fíli si scorgeva qualche treccina che glieli teneva lontani dagli occhi.
«Non ha la buccia, infatti» replicò Thorin. «Ha il guscio, come le castagne… e bisogna romperlo».
Gli occhi scuri di Kíli divennero tondi come monetine, e lui e Fíli si scambiarono uno sguardo. Un istante dopo, il primogenito di Dís impugnò la spada giocattolo abbandonata sulle sue ginocchia, e menò un fendente deciso alla noce di cocco.
Seppur preso alla sprovvista, Thorin riuscì a tener fermo il frutto e ad evitare che rotolasse giù dal tavolo.
Fíli si preparò a ritentare, e suo zio dovette fermarlo con un gesto della mano. «Per rompere questo guscio serve qualcosa di più duro del legno».
Fíli guardò Thorin con aria insicura, lasciando cadere la spada sul pavimento. «La testa di Kíli?» propose poi.
Thorin aggrottò la fronte. Lanciò un’occhiata al suo nipote più giovane, che stava pungolando la noce con un dito, quindi tornò a fissare il più grande. «Come?»
Fíli diede una piccola scrollata di spalle. «Amad dice che Kíli ha la testa più dura del legno».
Con tutta la buona volontà, Thorin non riuscì a capire se fosse serio o meno. «La testa di Kíli non può essere usata per spaccare noci di cocco» chiarì comunque, a scanso di equivoci, prima che il piccolo potesse decidere di verificare le parole del fratello con una sonora zuccata.
Conoscendo Kíli e la sua totale mancanza di un qualsivoglia istinto di conservazione, non si era mai troppo sicuri.
«Oh… va bene» disse Fíli, sfregandosi le guance coperte da una peluria bionda. «Allora cosa si usa?»
Thorin sollevò la noce di cocco tra le proprie mani. Non era particolarmente grossa, anche se le sue dimensioni rivaleggiavano con quelle della testa di Kíli.
«Prima di tutto» disse, tornando ad appoggiarla sul tavolo, «mi serve un cavatappi. Sapete dove Dís tiene il cavatappi?»
Ci fu un istante di silenzio, poi Fíli sospirò un «io sì» e si lasciò scivolare giù dalla sedia, avvicinandosi alla credenza. Dopo aver rovistato in un paio di cassetti, trovò l’oggetto richiesto e lo portò a suo zio.
«E adesso?» s’informò ansiosamente, sbirciando la noce di cocco – impresa non facile, dato che il piano del tavolo era all’altezza del suo naso.
«Adesso mi serve un bicchiere» affermò Thorin.
«Io so dov’è!» saltò su Kíli, impaziente di seguire l’esempio del fratello e di rendersi utile.
Fíli lo sorvegliò senza dir nulla mentre scendeva dalla sedia e si precipitava alla credenza. Il compito gli richiese un certo impegno: per raggiungere un bicchiere, dovette alzarsi in punta di piedi, e la sua lingua rosea fece capolino tra le sue labbra in una smorfia di concentrazione.
Come colpito da un pensiero improvviso, Fíli si allontanò dal fianco dello zio e si diresse accanto al suo fratellino. Appena in tempo: il bicchiere scivolò dalle mani di Kíli, ma atterrò sano e salvo tra quelle del fratello maggiore. Nessuno dei due fece una piega, come se si fosse trattato della cosa più naturale del mondo, e portarono il bicchiere a Thorin.
Siccome Kíli, coi piedi ben piantati sul pavimento, non riusciva a guardare sopra al tavolo, tornò ad arrampicarsi sulla sua sedia, e Fíli corse ad accomodarsi vicino a lui.
A quel punto, Thorin trovò le macchie sul guscio della noce di cocco, ne scelse una e iniziò a scavare un buco col cavatappi. A operazione conclusa, capovolse la noce sul bicchiere e lasciò che il latte gocciolasse dal frutto.
Da parte di Fíli e Kíli ci fu un’esclamazione sorpresa.
«Che cos’è?» chiese il maggiore, sporgendosi sul tavolo. «Succo di noce di cocco?»
«Latte di noce di cocco» rispose Thorin.
Kíli emise un risolino. «Ha il guscio come le castagne e fa il latte come una mucca» commentò davanti all’occhiata di suo zio. Si allungò a toccare la noce. «Ed è anche pelosa come una mucca!»
Per qualche motivo, quel pensiero sembrava divertirlo davvero tanto. Fíli lo guardò quasi con fierezza, come se il suo fratellino avesse appena fatto l’osservazione più acuta del mondo.
Thorin si chiese se avrebbe dovuto dire qualcosa. Ma non sapeva cosa – ed elogiare Kíli per quel commento andava al di là delle sue forze – così rimase in silenzio e finì di svuotare la noce di cocco.
«Ma allora si beve?» domandò Fíli, con una certa delusione. «Non si mangia?»
«C’è anche una parte che si mangia» lo rassicurò Thorin.
«Allora la mangiamo?» indagò Kíli, eccitabile.
Suo zio indugiò. Dís gli aveva chiesto di aprire la noce di cocco, sì, ma non aveva detto nulla riguardo al servirla come merenda ai bambini. Probabilmente non era neanche l’ora di uno spuntino fuori pasto.
«Credo sia meglio aspettare».
La delusione colò sul viso di entrambi i suoi nipoti, poi Kíli assunse un’aria caparbia. «Io non voglio aspettare, voglio mangiare!»
«Kíli…» iniziò suo zio, con una punta di severità.
«Assaggiare, assaggiare!» reclamò il piccolo Nano, per nulla intimidito.
«Fíli, di’ a tuo fratello che non è ora di far merenda».
Il maggiore corrugò la fronte. «Ma ha fame» obiettò.
Thorin emise un sospiro esasperato. Non era bravo coi bambini, nemmeno coi suoi eredi. E dire che li conosceva piuttosto bene…
Da quando il marito di Dís era morto in battaglia, infatti, lui aveva cercato di aiutare sua sorella come meglio poteva… anche a crescere i bambini.
Sapeva che i suoi nipoti, quando dormivano, cambiavano continuamente posizione. Sapeva che Kíli amava raccogliere ciottoli rotondi e lanciarli contro un bersaglio, e che Fíli aveva già tentato di intagliarsi una pipa in un bastone trovato per terra.
Sapeva che il più piccolo non aveva quasi nessun ricordo di suo padre, ed era in grado di riconoscere – anche se non con l’immediatezza di Dís – l’espressione seria seria che compariva sul visetto di Fíli quando sentiva la mancanza del genitore scomparso.
Sapeva che non importava quanto cercasse di dissuaderli – quando raccontava loro storie di Erebor, venivano sempre a raggomitolarsi contro di lui.
Purtroppo, sapeva anche che avevano un appetito indomabile, ed era dura convincerli a non mangiare qualcosa. A dire il vero, Fíli sembrava nutrire un’avversione feroce nei confronti delle mele, ma disgraziatamente una noce di cocco era tutta un’altra storia…
«E va bene» capitolò Thorin.
Per un momento, lo attraversò un ricordo della montagna. Con tutte le ricchezze che avevano a quel tempo, lui e i suoi fratelli erano riusciti ad assaggiare un’enorme varietà di frutti esotici. Frerin in particolare aveva una predilezione per le noci di cocco, e…
Chiuse gli occhi un istante. Non era a suo fratello morto che voleva pensare. Invece, si chiese se anche Dís lo ricordasse, e avesse scelto quel frutto per questo.
In silenzio, andò a scegliere un coltello grande e ben affilato, quindi tagliò in due la noce di cocco. Dopodiché, staccò dal guscio qualche frammento bianco e lo porse ai suoi nipoti, che lo divorarono in un batter d’occhio.
«Non sa di castagna» fu il commento pensoso di Kíli.
«E neanche di mucca» replicò Fíli, facendolo ridere.
Poi entrambi tornarono a girarsi verso Thorin con una mano tesa ed esclamarono all’unisono: «Ancora!»
Il Nano pensò che, in fondo, una noce di cocco non poteva riempire i loro stomaci più di tanto, e li accontentò. Tagliando via la parte bianca e commestibile, fece attenzione a non rovinare il guscio. Con un po’ di cera e uno stoppino, Dís avrebbe certamente potuto trasformarlo in una lampada.
Pezzo dopo pezzo, Fíli e Kíli mangiarono circa metà della noce di cocco, e a quel punto parvero dirsi sazi. Scesero dalle sedie, ed andarono in un angolo ad intrattenersi coi giocattoli che Bifur e Bofur avevano intagliato per loro.
Thorin li osservò, e la sua espressione si ammorbidì. Sarebbe arrivato il momento in cui avrebbero potuto reclamare la patria e le ricchezze del loro popolo… E Fíli e Kíli avrebbero avuto tutti i privilegi che dei principi meritavano.
Certo, erano cresciuti nel conforto sulle Montagne Azzurre, e il loro popolo aveva grande rispetto del loro lignaggio… Ma nel futuro, oh, avrebbero avuto molto di più.
Thorin si riscosse da quei pensieri e mise via i resti della noce di cocco, pensando che il peggio della giornata fosse ormai passato. Si sbagliava, ma questo lo avrebbe capito soltanto quando Dís, vedendo che i bambini non mangiavano il pranzo a causa di una certa merenda non programmata, lo avrebbe rimproverato con la forza di una leonessa.














Note:
Giovedì scorso sono andata a vedere l’ultimo film e… uhm, sto ancora cercando di riprendermi.
Sia come sia, spero che questa cosina inutile vi sia piaciuta (“amad” significa “madre”, comunque, e per qualche oscuro motivo mi piace troppo come parola, quindi ho dovuto usarla).
  
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