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Autore: Alexiel Mihawk    24/12/2014    6 recensioni
«Come non sai cosa? Hai lasciato che prendessero la mia macchina e non sai nemmeno dove siano andati?»
La ragazza scrolla le spalle con indifferenza.
«Non sto dicendo che non me lo abbiano detto, semplicemente non li stavo ascoltando».
«Ma è la mia macchina!» geme Wasabi sconsolato.
«Vuoi ripeterlo di nuovo? Magari così ti si materializza davanti per magia».

In cui GoGo scopre un nuovo hobby: prendere in giro Wasabi.
Genere: Commedia, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: GoGo Tomago, Wasabi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Fandom: Big Hero 6
Prompt: Gogo/Wasabi, passaggio in moto
Parole: 532
Nota: In cui GoGo scopre un nuovo hobby: prendere in giro Wasabi.
 
 
Di gente senza casco e sorrisi sarcastici
 
 
«Ripetimi ancora dove sono le chiavi della mia macchina?» domanda massaggiandosi le tempie con due dita.
GoGo lo osserva con lo stesso sguardo di compassione che normalmente è riservato a Fred (più o meno ogni volta che apre la bocca), quindi, gesticolando vistosamente per evidenziare il concetto, ripete la frase.
«Le ha prese Tadashi, gli serviva il tuo catorcio per portare Honey a comprare non so cosa?»
«Come non sai cosa? Hai lasciato che prendessero la mia macchina e non sai nemmeno dove siano andati?»
La ragazza scrolla le spalle con indifferenza.
«Non sto dicendo che non me lo abbiano detto, semplicemente non li stavo ascoltando».
«Ma è la mia macchina!» geme Wasabi sconsolato.
«Vuoi ripeterlo di nuovo? Magari così ti si materializza davanti per magia».
«Il tuo sarcasmo è del tutto fuori luogo, e se dovessero fare un incidente e l’assicurazione non lo coprisse?» domanda preoccupato.
«Se guida Tadashi è impossibile, rilassati» risponde GoGo dandogli le spalle, per poi sbuffare scocciata nel sentirlo ricominciare a lamentarsi.
«E se si bucasse una gomma? E se finisse la benzina? E soprattutto io come torno a casa?».
«Credo che i tuoi amici nerd siano in grado di fare il pieno a quel catorcio che chiami macchina anche senza la tua supervisione, genio» borbotta infilandosi il casco e imboccando l’uscita del laboratorio.
Lo saluta agitando svogliatamente la mano, ma non fa in tempo a percorrere metà corridoio che sente un fastidioso formicolio alla bocca dello stomaco: senso di colpa.
Impreca sommessamente prima di tornare sui suoi passi e affacciarsi oltre le porte scorrevoli.
«Wasabi, muoviti, ti do un passaggio».
L’amico si illumina improvvisamente, ma ci vuole ben poco perché si ricordi che GoGo non ha una macchina, ma una pericolosissima moto che guida senza alcun riguardo per il codice stradale.
«Forse posso andare a piedi…»
«Muoviti. Adesso».
La segue, senza avere il coraggio di aprire bocca, ma quando si accorge che non ha intenzione di dargli un secondo casco ha una mezza crisi isterica.
«Senti, facciamo così» esclama la ragazza trattenendosi dallo strozzarlo «Me lo tolgo anche io per par condicio».
Non gli dice che in realtà è una scusa, perché ama sentire il vento tra i capelli e l’aria sul viso; ignora le sue accorate proteste e monta sulla moto, lanciandogli un’occhiata perentoria che potrebbe significare monta o ti lascio qui, ma anche monta o ti metto sotto. Così Wasabi, deglutendo a fatica, sale dietro di lei e con mani tremanti le circonda la vita.
«Ti prego vai piano» mormora.
GoGo piega la bocca in un sorriso sarcastico, come no. Non ci prova nemmeno ad andare per gradi, subito dopo avere messo in moto inizia ad accelerare; ride, sentendo la presa dell’amico sul suo petto farsi più forte, non lo vede, ma sa benissimo che sta serrando gli occhi.
«Tutto bene?» urla e il vento e la velocità si portano via le sue parole.
Wasabi lancia un urlo indistinto, probabilmente la sta implorando di frenare, ma lei lo ignora e spinge più forte l’acceleratore: questo sì che è uno spasso.
Quando finalmente arrivano di fronte allo sgangherato edificio in cui il ragazzo abita, GoGo frena bruscamente e con un sorriso di scherno lo osserva smontare e buttarsi a sedere sul marciapiede sporco.
«Mai più» esala faticosamente Wasabi.
«Peccato» lo prende in giro lei «Stavo cominciando a prenderci gusto nel sentirti urlare».






   
 
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