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Autore: FiammaBlu    24/12/2014    3 recensioni
Ho scritto questo romanzo molto tempo fa, si può dire sia stato il primo lavoro serio in cui mi sono cimentata. Ve lo propongo e spero vi divertirete anche voi a seguire i tre fratelli protagonisti della storia nelle loro avventure che li porteranno a crescere e a prendere in mano le redini della famiglia.
L'ambientazione è fantasy, inventata, ma segue le regole di D&D.
Sono 30 capitoli.
Il boia, che stava per tirare la leva della botola, si fermò guardandola. Sanie salì sulla piattaforma seguita da due soldati della Guardia Reale del Sultano. Indossava uno stupefacente abito bianco, quasi trasparente, che poco lasciava all'immaginazione. I capelli ricci e lunghi erano sciolti in una nuvola sulla schiena e indossava un paio di sandali bassi e ricamati.
Artiglio Rosso osservò ogni suo passo, la bramava e ammirava con lo sguardo e sorrideva della sua audacia. Sanie lo raggiunse, si asciugò le lacrime che scorrevano incessanti, lo fissò qualche istante, gli circondò il collo con le braccia sensuali e lo baciò profondamente.

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Genere: Avventura, Azione, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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30. Il Matrimonio


Il caldo soffocante dell'estate piegava i corpi e addormentava le menti. Durante le ore più torride era praticamente impossibile uscire. Celia e Klod erano nel giardino della villa estiva cercando un po' di frescura. La settimana seguente alle loro prove Klod aveva lasciato la Guarnigione e Celia il Monastero. Da quel momento, la giovane, aveva accantonato l'emozione del cavalierato ottenuto e perduto e si era chiusa in sé stessa, apatica e malinconica, in attesa del matrimonio con Alexei che si sarebbe tenuto il primo giorno di settembre.

Klod aveva rivisto Arielle e non era stato facile farsi perdonare il suo incontro ravvicinato con la bionda della taverna. Era arrivato addirittura a scriverle una poesia e a donarle i rubini che aveva trovato nella catacombe di Hilizia. Celia alzò lo sguardo e lo osservò sulla panca accanto alla sua, disteso coi piedi accavallati, le braccia muscolose sollevate dietro la testa, gli occhi chiusi. Forse era troppo giovane per una relazione stabile. Avrebbe dovuto farsi le ossa al castello sotto il loro padre e magari più avanti legarsi a una donna. Temeva che Arielle avrebbe sofferto. Tornò al libro che stava leggendo, riprendendo la lettura.

Un rumore di sassolini la avvisò che stava arrivando qualcuno. Sollevò di nuovo lo sguardo e vide Kathe al braccio di Erik. Fu costretta a spalancare gli occhi. Erik era impeccabile e aveva perduto completamente quell'aspetto trasandato da ladro avventuriero. Indossava un elegante farsetto ricamato, camicia bianca e pantaloni neri. Dedusse che aveva parlato con suo padre e in qualche modo riacquisito la sua posizione. Cosa non si fa per amore…

- Siete splendidi! - esordì felice alzandosi e abbracciandoli con affetto. In fondo, alla fine, si era affezionata anche ad Erik, che più volte le aveva dimostrato l'amore che provava per sua sorella. Klod si tirò su, svegliato dal trambusto.

- Sei la stessa persona? - disse borbottando, rivolto ad Erik e stringendogli il braccio.

- Sempre io - sorrise in modo misterioso, lucidando distrattamente un bottone.

- Dimmi che ti porti via mia sorella - lo implorò sussurrando. Erik rise.

- In realtà credo che sia stata lei a portare via me... - rispose portandosi una mano fra i capelli.

Celia e Kathe, tenendosi le mani strette, si sedettero sulla panca.

- Sei radiosa, Kathe - le disse con occhi sorridenti. Era bellissima, i capelli acconciati all'insù, lucenti e biondi, una veste di seta verde pallido che riprendeva perfettamente i suoi occhi colmi di felicità.

- Erik e suo padre hanno discusso due giorni - sussurrò Kathe parandosi il volto con un ventaglio variopinto.

- Mi sembra che sia stata una discussione fruttuosa - Celia le strizzò un occhio in segno d'intesa.

- Cosa farai adesso? - aggiunse quando smisero di ridere.

- Per ora resterò alla scuola qualche mese, forse fino alla fine dell'anno. Insegnerò... - rispose celando una misteriosa impazienza. Celia la osservava incuriosita.

- Kathe, qualcosa non va? - domandò sospettosa sorridendo. La sorella arrossì e Celia ebbe un tuffo al cuore.

- Siamo appena usciti dallo studio di nostro padre. Erik ha chiesto la mia mano! - disse quasi singhiozzando senza più trattenersi. Klod si voltò prima verso le sorelle, poi stritolò Erik in un abbraccio ruvido.

- Non ti invidio per niente amico mio - gli sussurrò in un orecchio senza farsi sentire dalla sorella, suscettibile e lunatica.

Si abbracciarono ridendo felici, scambiandosi battute e condividendo ricordi delle loro avventure mentre il sole calava lentamente all'orizzonte sui campi dorati.

- A proposito, Celia, nostro padre deve parlarti, raggiungilo nello studio - esordì Kathe all'improvviso battendosi una mano sulla fronte. Celia si oscurò e istintivamente portò due dita all'anello di Alexei.

- Torno subito - comunicò a tutti alzandosi e ripercorrendo il sentiero di ghiaia.



La frescura dello studio la fece sospirare di sollievo. In quei pochi minuti aveva cercato di immaginare il motivo di quel colloquio. Quando erano tornati a casa, entrambi i genitori si erano profusi in complimenti e domande, soprattutto la loro madre, con le lacrime agli occhi, aveva voluto sapere ogni cosa. La sera precedente, a cena, Erika era apparsa provata e stanca, con gli occhi rossi come avesse pianto. Aveva mangiato poco e si era ritirata subito. Fabris invece aveva mantenuto lo stesso contegno di sempre e parlato con loro fino a tardi. Celia non aveva dato peso alla cosa finché non la vide seduta sulla poltrona vicino alla finestra appena entrata nello studio.

Nell'istante in cui chiuse la porta si rese conto che era accaduto qualcosa. Fabris era seduto alla grande scrivania, i gomiti appoggiati e le dita unite per i polpastrelli.

- Vieni, Celia - fece un gesto delicato con la mano e lei si fece avanti, un brivido gelido le attraversò la schiena. Guardò sua madre che sostenne lo sguardo solo un attimo poi lo distolse come se fosse seccata della situazione.

- Buonasera, padre, madre - cercò di sorridere ma Erika rimase impassibile, rigida sulla poltrona.

- Non ho intenzione di girare intorno alla questione, quindi verrò subito al punto - era tipico di suo padre non perdere tempo in tanti giri di parole. Si alzò e si mise davanti alla scrivania appoggiandosi e incrociando le braccia al petto.

- Ascolto, padre - disse in un sussurro, terrorizzata da quella voce solenne e severa.

- Ho incontrato il Duca Arstid e abbiamo convenuto che non è necessario un matrimonio per scambiarsi vantaggi commerciali, quindi abbiamo rotto il fidanzamento. Puoi rendermi l'anello - proferì serio porgendo la mano aperta davanti a sé. Osservare il volto della figlia che non riusciva a mantenere la meraviglia fu la cosa più appagante e seppe davvero di aver fatto la cosa giusta. Non era stato facile prendere quella decisione, ma alla fine aveva ceduto.

Celia lo fissò immobile, non era certa di aver capito bene. Guardò sua madre e comprese all'istante perché era così afflitta: il matrimonio dell'anno era saltato insieme al futuro roseo di sua figlia e come ciliegina sulla torta era sicura che suo padre non l'avesse coinvolta più di tanto.

Fabris attendeva ancora con il palmo della mano aperto, un lieve sorriso gli increspava le labbra, le stesse che aveva suo fratello.

Celia si guardò la mano, sfilò l'anello lentamente, il cuore che galoppava come un cavallo impazzito. Il sole aveva abbronzato la mano e una fascetta bianca era sotto l'anello. Si avvicinò lentamente e lo mise nella mano protesa.

- Cosa significa, padre? Ho fatto qualcosa di sbagliato? - era sicura che tutto derivasse dal fatto che aveva rimandato per completare il cavalierato dell'Ordine. Fabris scosse la testa.

- E' una decisione che ho preso in prima persona coinvolgendo il Duca. Tu non hai alcuna parte in tutto questo - la fissò con sguardo chiaro e limpido. Non le stava mentendo ma aveva la mente confusa e piena di immagini che si accavallavano.

- Sebbene tua sorella abbia un ruolo in tutta questa faccenda - aggiunse visto il silenzio della figlia.

- Kathe? - era sconvolta. Come poteva sua sorella avere una parte nella rottura del suo fidanzamento? Fabris sorrise.

- E' una giovane coraggiosa che ama il rischio nonostante il fisico minuto - il Conte spostò lo sguardo sulla moglie che lo fissò freddamente.

- Kathe? - ripeté di nuovo Celia stupita oltre ogni modo.

- E' venuta da me, mesi fa, mi ha messo davanti alcuni fatti e incredibilmente mi ha fatto notare una diversa via commerciale - piegò la testa di lato, come se riflettesse fra sé e sé.

- Quali fatti? - Celia si raddrizzò, raffreddando improvvisamente la voce. Fabris poggiò l'anello sul tavolo e incrociò nuovamente le braccia al petto. Non era mai a suo agio quando doveva parlare di queste cose coi figli. Sarebbe stata sicuramente più adatta la sua dolce moglie ma da quando aveva saputo tutta la faccenda si era chiusa in un silenzio ostinato.

- Sir Mark Nateshwar - scandì perfettamente il nome del Cavaliere. Celia diventò terrea e per poco non cadde in ginocchio.

- Padre io non... - iniziò balbettante. Possibile che Kathe non si facesse mai gli affari suoi?

- Lo so - la fermò subito suo padre alzando una mano - So chi è Sir Mark, chi è suo padre e che il Patriarca è suo zio - aggiunse lentamente Fabris, ma quando Celia spalancò la bocca seppe che probabilmente non sapeva di quella parentela illustre.

- Patriarca? - balbettò, si sentiva una stupida ma non stava capendo niente.

- La madre di Sir Mark è la sorella del Patriarca - Fabris soddisfece la sua curiosità.

Celia afferrò la sedia vicina e si sedette. Fabris non poté fare a meno di aprirsi in un sorriso.

- Ho visto come si comporta nei tuoi confronti quel Cavaliere e non ho niente da ridire, ma non azzardarti a fare le cose di nascosto - proferì subito serio, la voce fredda come ghiaccio.

Celia lo osservò piegando la testa da un lato, ripensando a ciò che era avvenuto tre anni prima nella biblioteca del Monastero.

- Padre, non credo di capire... - che confusione! Quando, suo padre, aveva visto come si comportava Mark con lei?!

- Ho scritto all'Alto Chierico, Adam Nateshwar - lo disse sospirando, tenendo gli occhi nocciola in quelli azzurri della figlia.

- Avete scritto all'Alto Chierico? - ripeté la frase anche se era ovvio.

Erika si alzò di scatto dalla sedia raggiungendola.

- Smettila di ripetere ogni cosa come se fossi stupida! Lo ami? - domandò a bruciapelo. Se avesse lasciato finire il marito si sarebbe fatto notte. Fabris mascherò un sorriso osservando la moglie.

- Madre? - non era sicura che le avesse fatto veramente quella domanda. Erika alzò gli occhi al cielo spazientita.

- Sei innamorata di quel... Cavaliere? - a stento riuscì a pronunciare il grado dell'Ordine, probabilmente non lo giudicava all'altezza. Era da tempo che Celia aveva accettato la situazione così non le fu difficile rispondere.

- Sì - rispose fissando la madre.

- Bene - ribadì Erika - E puoi tornare alle tue spade e a quel maledetto Ordine che ti ha portata via da noi! - ringhiò piangendo, appoggiandosi al marito e nascondendo il volto fra le mani. Celia si sentì mancare. Non avrebbe mai voluto che sua madre la prendesse così né che credesse che Mark o l'Ordine avessero una qualche responsabilità nell'impegno che aveva preso.

- Madre, la mia devozione e la fede che provo vengono dal mio interno. C'è stato un momento in cui la Dèa Madre Sosistras mi ha toccato il cuore e l'anima e lì ho saputo per certo che questa era la mia vocazione ed è ciò che vide l'Alto Chierico nei Giardini quella sera di tanti anni fa, quella luce che mi arde dentro e che mi permette di richiamare la magia divina - disse accalorandosi con gli occhi che brillavano.

- Spero vivamente che in futuro ti ricorderai della decisione che abbiamo preso - proferì suo padre abbracciando la moglie.

- Non potrò mai dimenticarlo, padre - trattenne a stento la felicità che traboccava dal cuore. Sarebbe potuta tornare all'Ordine, avrebbe potuto essere un Chierico Cavaliere, avrebbe potuto avere Mark, se ancora l'avesse voluta. Si rialzò ed uscì dalla stanza appoggiandosi alla porta. Esalò tutto il respiro, poi corse ai Giardini dai suoi fratelli.



Due giorni dopo Celia aveva ripreso il suo posto presso l'Ordine nel Monastero di Torap. Le avevano assegnato una camera sul piano dei Cavalieri e aveva appena ritirato la sua armatura e gli abiti del suo nuovo ruolo. La distese sul letto toccandola lievemente. Era nera, come il mantello e la tunica, con leggeri ricami argentati. Sorrise compiaciuta, tutti gli sforzi alla fine erano stati ripagati.

Quando si era presentata nello studio dell'Alto Chierico c'erano stati i soliti convenevoli e si era meravigliata nello scorgere un lampo divertito nei suoi occhi. Non aveva parlato della lettere che il Conte gli aveva inviato e lei non tentò neppure di portare il dialogo in quella direzione. Sir Adam l'aveva avvisata che molto presto avrebbe avuto il suo incarico presso un nuovo Monastero e che avrebbe potuto impiegare i prossimi giorni come meglio credeva.

Si riscosse dai ricordi, ripose tutto nel baule e corse alla sala d'armi dove sperava di incontrare Rhienne e Locanir. Si stavano allenando e un brusio serpeggiò fra coloro che si trovavano ai bordi quando lei entrò. Rhienne la raggiunse immediatamente abbracciandola.

- Come puoi essere qui? - le chiese sussurrando per non disturbare. Uscirono nella corte, il sole che ardeva alto nel cielo.

- E' una storia lunga - iniziò e le raccontò ogni cosa delle ultime settimane.

- E' incredibile, sono contenta che tu possa restare nell'Ordine! - l'amica la abbracciò di nuovo.

- Anche io stento a crederci - sussurrò Celia per timore che l'incanto finisse.

- Sir Mark lo sa? - appena Rhienne pronunciò quella frase si rese conto di aver detto la cosa sbagliata. Celia si rabbuiò e distolse lo sguardo.

- Non ancora - rispose, incerta anche su ciò che avrebbe dovuto fare davvero.

- Vai da lui, Celia - Rhienne la prese per le mani, catturando il suo sguardo. Celia risentì le voci dei suoi fratelli che le avevano detto la stessa cosa. Avrebbe potuto usufruire dei giorni che le aveva dato l'Alto Chierico…



Durante il viaggio che la portò ad Albany cambiò idea almeno venti volte e altrettante rischiò di tornare indietro. Non era sicura che fosse la cosa migliore e non aveva alcun diritto di sconvolgere la vita a quell'uomo dopo averlo respinto innumerevoli volte. Lo spettacolo del Monastero, arroccato sul fianco della montagna, era mozzafiato. Si voltò credendo di vedere i suoi fratelli come se fossero lì con lei, nel primo viaggio che avevano fatto insieme. Diresse il cavallo lungo la strada battuta e ironizzò come il cerchio sembrasse chiudersi.

Quando raggiunse le grandi porte, una piccola si aprì, permettendole di entrare col cavallo. Lo lasciò al chierico che l'accolse con un saluto rispettando il suo grado di Cavaliere mostrato dalla tunica nera e argento sotto il mantello.

- Dov'è Sir Mark? - domandò gentilmente assestandosi il mantello. Ormai la notte aveva ammantato tutto.

- Vado subito ad avvisarlo - rispose prontamente il chierico.

- Non preoccupatevi, conosco la strada - non aveva assolutamente voglia di confrontarsi con lui ma nascondersi non aveva senso, doveva affrontare ciò che celava in fondo al cuore. Percorse i corridoi con passo svelto, sicura della meta. Davanti alla porta del Cavaliere bussò con decisione. La sua voce profonda dall'altra parte l'autorizzò ad entrare. Girò il pomello ed entrò con decisione.

Mark era chino sulla scrivania, alzò la testa con noncuranza, poi scattò in piedi, il calamaio si rovesciò e l'inchiostro si sparse sulla pergamena che stava scrivendo.

- Celia! - come poteva essere sulla porta del suo studio? Indossava l’armatura da Cavaliere eppure aveva lasciato l'Ordine! Aggirò lentamente la scrivania mentre lei gli andava incontro. Aveva uno sguardo indecifrabile sebbene sorridesse lievemente.

- Mark, lavori a quest'ora? - gli domandò fermandosi a qualche passo da lui. E fu sicura di aver fatto la scelta giusta. Era la sua metà, il suo completamento, loro due avrebbero creato un precedente nell'Ordine.

- Stai bene? E' successo qualcosa? Perché sei qui? - fece le domande una dietro l'altra, quasi senza respirare. Celia lo osservò piegando leggermente la testa e sorridendo. Si tolse i guanti e il mantello e li gettò sulla sedia vicina alla scrivania. Adorava quando si preoccupava per lei.

- Va tutto bene, Cavaliere - rispose pacatamente facendo un passo avanti. Mark si irrigidì e rimase immobile. Era atroce averla così vicino e non poterla neanche sfiorare. Indicò la tunica che indossava.

- Ti sta bene - le sorrise, cercando di rilassarsi - Perché la indossi? -

- Perché me la sono guadagnata - rispose lei facendo un altro passo avanti e mantenendo gli occhi nei suoi. Avvertì la sua tensione e sentiva il cuore batterle all'impazzata.

- Perché sei qui? - le chiese di nuovo. Era vicina, troppo vicina e non andava affatto bene.

- Per scusarmi - la risposta lo spiazzò completamente. Celia perse all'istante quell'atteggiamento sfrontato, abbassò lo sguardo e arrossì.

- Di cosa? - le domandò socchiudendo gli occhi senza comprendere.

- Di questo - colmò la distanza che la separava da lui, fermò le mani sul suo torace e, sollevandosi, appoggiò le labbra sulle sue. Mark l'afferrò per le spalle e un attimo dopo intensificò il bacio abbracciandola con forza.

Quanto le era mancato. Si domandò come avesse potuto vivere in quei tre anni lontana dalle sue labbra e dalle sue braccia. Le mani forti scorrevano sulla sua schiena riempiendola di brividi, anticamera di ciò che sarebbe seguito.

- Che stai facendo, Celia? - sussurrò sulle sue labbra con voce roca.

- Ti sto baciando, Mark - rispose, e una scossa l'attraversò quando sfiorò le sue labbra.

- Non sarò in grado di fermarmi, questa volta - ammise lui stringendola ancor più a sé.

- Non devi - e Mark soffocò la sua risposta con un altro bacio ardente.



Tutte le fatiche di Erika per organizzare il matrimonio di Celia, che non ci sarebbe mai stato, non furono vanificate. Con incredibile meraviglia di tutti, Klod chiese la mano di Arielle due settimane dopo il reintegro di Celia nell'Ordine. Il castello era in fermento e decine di cameriere trasportavano tovaglie, fiori, argenteria. Erika visionava su tutto e sembrava aver superato la delusione di vedere la sua primogenita sposata al figlio del Duca. Era felice per Klod, Arielle era una giovane vibrante e determinata e riusciva a gestire quel suo figlio cocciuto e ribelle. Il castello aveva tante stanze e avrebbe accolto la nuova famiglia senza problemi, insieme ai figli che avrebbero voluto avere.

L'estate stava volgendo al termine, il sole non era più così caldo e si poteva stare fuori anche durante le ore centrali della giornata. Erano stati chiamati cantori, musici maghi, e fuori dal castello c'era un circo intero con spettacolari animali esotici e mostri incatenati.

- Sarà una bellissima giornata domani - sospirò Kathe appoggiata al grande olivo al centro del giardino mentre osservava Klod poco lontano che chiacchierava con Erik e Mark.

- Sì, ma ti rendi conto? Si sposa... - Celia era ancora basita per la rivelazione nonostante fosse trascorso quasi un mese.

- Non vorrei essere Arielle... - borbottò Kathe abbassando la voce il più possibile. Celia rise e i tre uomini si girarono. Klod le raggiunse sorridendo, Erik e Mark rimasero all'ombra della grande quercia.

- Ho come l'impressione che stiate ridendo di me - le guardò di sottecchi. Indossavano entrambe un abito azzurro che riprendeva perfettamente i loro occhi in quella limpida giornata. Celia per una volta aveva abbandonato quella lugubre armatura nera a favore di qualcosa di più femminile.

- Ahimè, sì - ammise Celia con un sorriso caldo.

- Dov'è Arielle? - chiese Kathe guardandosi intorno.

- Non ne ho idea. Sarà chiusa in qualche stanza con sua madre e la nostra - alzò le spalle - Non immaginavo che per indossare un abito e pronunciare una promessa servissero tre giorni di reclusione... - borbottò infelice. Aveva sperato di trascorrere quel tempo in modo più piacevole chiuso in camera con lei ma tutti i suoi sogni si erano infranti quando l'aveva vista sparire in mezzo a uno sventolare di gonne e sete, senza neanche un bacio.

- Ma cosa ti aspettavi? Non lo sai che serve tempo per prepararsi? - Kathe gli mollò un pugno sul braccio arricciando le labbra irritata.

- A me bastano dieci minuti - ribatté lui sorridendo amabilmente.

- Ma se siamo state costrette a darti la stanza in fondo al corridoio che aveva il suo bagno perché tu non uscivi mai! - lo rimbeccò indignata Celia mettendo le mani sui fianchi. Klod abbassò lo sguardo e tossicchiò imbarazzato.

Fabris osservava i tre figli dalla finestra dello studio, la stessa della sera del ballo in cui Kathe venne a parlargli. Sorrise appena guardandoli, ormai cresciuti, e gli tornò in mente il giorno della nascita di Klod. Erano passati molti anni ma tutti gli sforzi fatti erano stati ripagati. Una delle figlie doveva aver fatto una battuta particolarmente pungente sostenuta dall'altra perché Klod prese a rincorrerle con le braccia protese. Le due ridevano come matte e si gettarono fra le braccia dei rispettivi uomini ma questo non le risparmiò dalla punizione del fratello. Ridevano tutti e il suo petto si gonfiò di orgoglio. Avvertì il profumo di sua moglie ancor prima che arrivasse. Le cinse la vita con le braccia e sospirò guardando il giardino.

- Se potessi scegliere l'eternità, ripeterei questa storia all'infinito - proferì Fabris abbracciando la moglie con tenerezza.




..: Angolo dell'Autrice :..


Non sono solita scrivere angoli dell'autrice, ma per questo manoscritto ci tengo particolarmente. Alcuni di voi che lo hanno letto, magari avranno riscontrato una certa noia o staticità nella narrazione, oltre che una trama scontata. Questo dipende da due fattori: il primo è che l'ho scritto quando avevo ventanni (mancavano pochi capitoli che ho completato nel 2009) e il secondo è che è autobiografico. Lo iniziai a scrivere quando morì mio padre ma non riuscii a terminarlo sebbene mi aiutò a metabolizzare parte di quel vuoto che non si è mai più riempito. Quindi questo libro è soprattutto per lui, Fabris Hianick, e per mia madre, Erika. Poi ci sono i miei fratelli, Katherine e Klod, senza i quali la mia vita sarebbe stata davvero una noia. Una menzione speciale la merita Erik, che è stato veramente il fidanzato di mia sorella e ora marito, al quale posso solo fare le mie congratulazioni per esseri preso una delle donne migliori che io conosca. 

Quando iniziai a scriverlo, Mark Nateshwar era un personaggio di fantasia e quando l'ho revisionato l'ho reso simile all'allora fidanzato, che poi è divenuto mio marito. La sua calma serafica, la sua pragmaticità, il suo istinto di protezione nei miei confronti, si adattavano perfettamente al personaggio che avevo inventato e trasformarlo in lui è stato semplice. Come se i miei sogni di ragazza si fossero concretizzati in una persona vera ^_^

E ovviamente io sono Celia Hianick. 

Ci ho messo anni per darlo ai miei familiari da leggere e anni per decidere di pubblicarlo. 

Spero vi siate divertiti in compagnia della mia famiglia e mia!

Vi abbraccio con affetto sapendo che, in parte, avete partecipato a questa avventura, leggendola.


Cecilia Cianchi

   
 
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