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Autore: Lady R Of Rage    24/12/2014    6 recensioni
[Sequel di "Finchè Morte Non Ci Separi"]
Dicono che a Natale tutti diventino più buoni.
Sarà vero, ma ci sono anime talmente nere che nemmeno la magia del Natale è in grado di addolcire i loro cuori.
Questo però non significa che non gli piacciano le feste.
E la notte di Natale anche loro festeggiano, a modo loro.
[Crossover Multiplo Villain!Centric | Facilier/Yzma, Jafar/Malefica, Ade/Eris, accenni Bau Bau/Altra Madre e Jack Frost/Elsa | Buon Natale a tutti!]
Genere: Commedia, Demenziale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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Merry Wicked-Mas
(Perchè a Natale si può essere più buoni, ma non meno cattivi)

Tutti gli anni, il palazzo reale di Arendelle si illumina di bianco.
La sovrana del regno, la giovane regina Elsa, viene chiamata Regina delle Nevi e non a caso.
Tutti gli anni, il giorno di Natale, il palazzo di Arendelle ospita una grande festa cui prendono parte tutti i più buoni di ogni luogo. Si balla, si canta, si suona e ci si scambiano i regali, in un'atmosfera di allegria e spensieratezza.
Come sempre, fu Elsa ad aprire le danze, assieme al fidanzato Jack, seguita dalla sorella Anna e da tutti i principi e le principesse, i reali e i cittadini comuni, gli animali e le creature magiche.
Come tutti gli anni, però, vi fu qualcuno che si pose la medesima domanda.
Cosa facevano i loro nemici durante la festa?
Perché non cercavano mai di attaccarli mentre erano disarmati, indifesi e impreparati al combattimento?
La risposta è semplice, come solo i miracoli di Natale sanno essere.
Anche a loro, dopotutto, piacevano le feste.
 
Al capo opposto del mondo, ben lontano dalla temperata Arendelle, si ergeva la Montagna Proibita, sede della Signora di tutti i Mali, la potentissima strega Malefica.
Ogni anno, il giorno di Natale, anche il suo castello si illumina, non del bianco della neve, ma piuttosto del nero della morte e del rosso del sangue.
E dalla sala grande provenivano in quel momento grida acute e trapananti, che non derivavano dal dolore per la perdita di un caro o dalla sofferenza della tortura, quanto piuttosto dalla più genuina, legittima e profonda frustrazione.
 
-ADESSO BASTA!-
Un urlo di rabbia incontrollabile esplose nella Sala Grande. Lo stanzone dalle lucide pareti di ardesia era illuminato a malapena da enormi torce di fuoco verde, e dalla poca luce che trapelava attraverso gli ampi finestroni gotici, svettanti su un paesaggio spoglio, cupo e desolato: La Brughiera.
Nel mezzo della sala, una patibolare figura avvolta dal fuoco gridava furibonda il proprio fastidio.
-È incredibile. Io, il Dio della Morte, devo trovarmi a fare una cosa simile. Preferivo un milione di volte stare a guardare quelle noiosissime anime per ventiquattro ore al giorno.-
-Avanti, Ade, placa i bollenti spiriti.- soggiunse tranquillo un uomo alto e scuro con indosso una ricca tunica rossa. -Se non fosse per te avremmo finito mezz'ora fa.-
-Tu divertiti quanto vuoi, Jafar, ma io non intendo restare qui un minuto di più. Insomma... Ve ne rendete conto? Attaccare addobbi? Ma vi sembra un lavoro adatto a me? È una noia mortale, ti si incrociano gli occhi, e questa robaccia appiccicosa mi sta imbrattando le dita.- strepitò Ade agitando le braccia come un forsennato.
-Bada a come parli, fiammella.- si intromise Ursula sollevando con i tentacoli alcune lische di pesce giallognole e putrescenti. Altre simili erano appese sopra le finestre come festoni.
-La mia colla di pesce è un prodotto brevettato!-
-Beh, avresti dovuto brevettarla meglio, sembra la bava di un Ciclope- Ade si strofinò le mani sulla tunica di vento e tirò un pugno alla tavola nera di pietra che occupava il centro dello stanzone. -Questo lavoro è per gli scagnozzi.-
-Davvero?- domandò la strega del mare mettendo le mani sui fianchi. -Beh, non mi sembra che i tuoi diavoletti siano serviti a molto.-
Qui, con un tentacolo indicò il soffitto della sala, dove Pena e Panico penzolavano da una trave come un improbabile lampadario, intrappolati in un bozzolo del filo che avrebbero dovuto appendere al soffitto. I due diavoletti si guardarono l'un l'altro, imbarazzati.
-Ade non sarà di buon umore quando riusciremo a liberarci.- balbettò Panico intrecciando le dita.
-Vuoi dire SE riusciremo a liberarci.- puntualizzò l'altro, indolente.
Panico esitò un attimo. -Sì...- disse poi sorridendo beato. -Se mi piace.-
 
-Avanti, Ade, lasciati andare.- disse vivacemente Facilier. Dal centro della stanza controllava con il suo inseparabile bastone le sue numerose ombre, che volando leggiadre in ogni angolo della stanza attaccavano lunghe e strane ghirlande alle pareti dello stanzone. Alcune di esse erano fatte di ossa intrecciate, altre di rovi spinosi, altre ancora di quelle che sembravano ragnatele.
-Tra un po' avremo finito i preparativi e potranno venire tutti quanti. Non vedo l'ora di rivedere quel pazzo di Rothbart, e il caro Hans... e ovviamente il vecchio Uncino, ça va sans dire.-
-Io non vedo l'ora di rivedere le amiche!- sua moglie Yzma contava sulla mano unghiuta. -La cara Gothel, e Magò, Grimilde, Narissa, la Fata Madrina, poi l'Altra Madre, Zelda, Eris e...-
-Frena, frena, frena.- la interruppe trafelatamente Ade. -Hai detto Eris? Viene anche Eris?-
-Ti è rimasto dello zolfo nelle orecchie per caso? Certo che viene!- rispose Yzma.
Un'ondata di fuoco attraversò il corpo di Ade. Dopo un attimo di pausa il dio rivolse lo sguardo al soffitto.
-Pena! Panico! Scendete subito di lì, abbiamo una sala da addobbare!-
 
I preparativi andavano ormai avanti da ore. La sala prima spoglia e vuota era stata ornata in mille modi diversi.
Un gruppo di carte dipingeva allegramente di rosso le pareti, canticchiando un buffo motivetto. Al centro della sala svettava per così dire uno stentito abete secco e spoglio, addobbato con decine di teschi e ossa varie in luogo di palline e ghirlande.
-Una curiosità: ma quei teschi da dove arrivano?- domandò Facilier curioso.
-Che cavolo ne so? Li ha portati Shan Yu, c'e ancora un po' di sangue sopra.- rispose Jafar indicando con lo scettro il capo unno, che assieme ai suoi forzuti uomini spostava tavoli e sedie.
La festa dei loro nemici precedeva come unico programma canti e danze, dal tramonto fino all'alba. Loro, invece, avevano in odio il ballo quasi come il bene stesso, cosicché per animare le loro feste si mettevano d'accordo: ognuno provava a inventarsi qualcosa per dare tono alla serata.
Intanto iniziavano ad arrivare i primi ospiti, nei loro abiti migliori. Venivano da ogni luogo e dimensione, ma erano ben felici di percorrere tutta la distanza se questo significava potersi finalmente riunire con gente del loro stampo.
-Quest'anno ci sarà da divertirsi.- disse Facilier a Yzma. -Pare che Lord Shen e Tai Lung si sfideranno in uno scontro di Kung Fu. Poi ci sarà il duello con la spada tra Ruber e Shan Yu. Il principe Giovanni ha detto che vuole sfidare il vincitore, ma se fossi in lui mi ritirerei. Dopo verrà un duello corpo a corpo tra Scar e Shere Khan. Dopodiché la Fata Madrina ci canterà il suo ultimo successo. Infine, Rothbart si esibirà con la sua band. -
-Da quando ha una band?- domando l'alchimista.
-Da adesso.- rispose Facilier. -Lui, Clavious e Zelda. Si fanno chiamare i Forbidden Arts.-
-Questo non voglio perdermelo.- disse l'alchimista. -Quei tre non riescono a stare nella stessa stanza senza litigare... Scoppierà una rissa coi fiocchi!-
Si frega le mani soddisfatta: -Qualcun altro?-
-Pare di no. Turbo voleva mettere su un rally, ma gli hanno detto che non c'è spazio. Ho anche sentito che Tzekel Kan vuole fare un sacrificio umano davanti a tutti.-
Yzma sorrise interessata. -Questo è...-
-Questo è inaccettabile!- tuonò una terza voce. -I sacrifici vanno compiuti in un determinato momento, in un luogo preciso! A voi non l'ho detto?-
I due si voltarono di scatto. Eccolo lì, il loro migliore amico, nonché celebrante delle loro nozze: capelli neri legati in una coda perfetta, abiti succinti di foggia precolombiana, schiena appoggiata al muro, naso sempre orribilmente grosso e sorriso lungo fino alle orecchie.
Fu solo questione di secondi prima che Yzma e Facilier non gli saltassero addosso a braccia larghe.
 
-Miei cari...- disse quello dopo pochissimo tempo. -È sempre un piacere rivedervi dopo tanto tempo, ma è opportuno che vi stacchiate: la gente ci fissa.-
E dato che era vero, i due saltarono indietro come se avessero preso la scossa, per poi afferrare più dignitosamente le braccia dell'amico e trascinarlo dentro alla sala gremita.
-Ma guarda un po' chi c'è! Siamo tornati dal regno dei morti, mio caro! - esclamò Facilier schiacciando con due dita la guancia del compagno. Staccò subito la mano, disgustato, e se la strofinò sul frac: la sua pelle olivastra aveva una consistenza strana.
-Avevo cose da fare, laggiù. - disse Tzekel Kan. -Quei miscredenti sono più duri del solito in questo periodo. Tirano fuori un mucchio di frasi sull'amore e sulla famiglia, ma se credono che ci caschi sono in errore. Quel mucchio di bugiardi mentitori dovrebbe essere eliminato, dal primo all'ultimo.-
-Per fortuna adesso sei qui assieme a quelli che contano davvero. - trillò Yzma. -Finalmente potrai lasciar stare quei pezzenti e festeggiare come si deve.-
L'altro annuì, sorridendo distrattamente.
-Ti piace il Natale, Tzekel Kan?- domandò Facilier.
-Onestamente non ci sono abituato.- rispose l'altro vagamente imbarazzato. -A El Dorado avevamo un calendario un po' diverso.-
-Immagino.- ridacchiò Yzma. -Il Sacrificio di Inizio Anno, quello di Metà Inverno, quello di Primavera, quello della Stagione Calda, quello del Solstizio...-
-Non osare!- intimò Tzekel Kan sollevando il pugno arrabbiato.
-Hai dimenticato il Sacrificio dell'Equinozio. Molto importante. -
Yzma e Facilier si guardarono, incerti se ridere o scappare.
-Comunque no, non conosco affatto bene questo Natale di cui tutti parlano.- disse Tzekel Kan sistemandosi il codino.
-Tuttavia, se le condizioni lo impongono, sono disposto a...- non riuscì a finire la frase.
 
-Levati di mezzo!- Un uomo massiccio, che indossava un abito viola in stile cinquecentesco, spuntò improvvisamente da dietro e lo spinse a terra con una manata. Dietro di lui, un gruppo di uomini in armatura da coloni inglesi ridacchiarono beffardamente procedendo in fila per due. Un ragazzetto allampanato in abito giallo correva freneticamente dietro al gruppo, reggendo in mano un cuscino su cui giaceva indolente un cagnetto bianco.
-Maledetti selvaggi.- imprecò tra sé e sé l'uomo in viola gettandosi prepotentemente il mantello dietro la spalla. -Non solo rubano il nostro oro, ma non portano neanche rispetto all'autorità reale. È decisamente primordiale, non è vero, Wiggins?-
-Certissimamente, signor Governatore.- rispose il ragazzetto in giallo, sempre correndo affannato
Yzma digrignò i denti producendo un verso inarticolato, mentre Facilier allungò il suo bastone verso la mano di Tzekel Kan per aiutarlo a tirarsi su.
-Ratcliffe...- mugugnò irritato lo stregone. -Pensavo non lo avessero più invitato dopo l'ultima volta.-
-Quale ultima volta?- domandò Yzma accendendosi come un fiammifero. -Intendi quando alla cena del Ringraziamento ha chiamato Shan Yu "sporco muso giallo"? A me sorprende che ne sia rimasto qualcosa dopo. Comunque se Malefica dice che veniamo tutti vengono tutti, anche i prepotenti sfacciati. È persino peggio di Kuzco, almeno lui aveva ritmo.-
Facilier lanciò uno sguardo pieno di odio alla figura panciuta del Governatore, poi si rivolse a Tzekel Kan, che si guardava intorno con uno sguardo talmente confuso da sembrare quasi tenero.
-Ignoralo, amico. Si crede chissà chi solo perché ha un esercito, ma se vedesse almeno la metà delle cose che sai fare scapperebbe come un coniglietto.-
Il sacerdote scrollò le spalle: -È un vero peccato che i giaguari di pietra non passino dalla porta, no?-
 
Improvvisamente nel mezzo della sala si accese una fiamma verde e nera, simile a quelle che ardevano sulle torce. Tutti i presenti si voltarono verso di essa in atteggiamento riverente. Si udì un miagolio di dolore e una risata incontrollabile attraversò la sala: la fiamma si era formata proprio sulla coda del Principe Giovanni, che urlando come un gattino si era lanciato in una brocca d'acqua per spegnere la fiamma.
Solo Shere Khan non rise: -Non è affatto divertente, lo dico per esperienza.-
La fiamma diventò sempre più grande, finché dalle faville crepitanti non apparve una figura umana. La potente Malefica, dalla pelle verde e dagli abiti neri.
-Lei si che ha classe.- esclamò ammirata Ursula ripassandosi il rossetto di mollusco.
-Poteva almeno aiutarci ad addobbare quella maledetta sala.- protestò Ade con le braccia incrociate.
-Taci, residuo di un dio.- Si intromise Jafar. -Non interrompere.-
Ade avrebbe volentieri risposto nel suo solito modo sarcastico, ma qualcosa lo bloccò. Quel qualcosa, per la precisione, fu l'espressione di Jafar.
Aveva un sorriso sulle labbra aperto e rilassato, uno sguardo leggero e distratto negli occhi cerchiati di kajal, e le sue dita accarezzavano assorte il pomolo del bastone in un modo che dava da pensare che qualcosa di grande e inspiegabile stava accadendo nella mente del visir.
Anche il pappagallo Iago, che svolazzava lì accanto, se ne  accorse.
-Ehi, Jafar, cosa ti prende?- gracchiò indispettito appollaiandosi sulla sua spalla. -Jafar, sto parlando con te! Mi senti?-
Becchettò l'apice del suo copricapo un paio di volte: -Sei innamorato, per caso?-
L'ultima frase fu fatale per il pennuto. Jafar, come ripresosi dall'ipnosi, sbatté gli occhi e sollevò appena il bastone a forma di cobra. Si udí un sibilo acuto e un grido gracchiante, e un attimo dopo Iago era immerso in una coppa piena fino all'orlo di rum amaro, nella quale faticava a stare a galla.
Si udì un'altro scroscio di risa per tutta la sala. In soccorso di Iago vennero per fortuna Pena e Panico, animati da un insolito, ma forse non tanto, spirito di solidarietà.
-Sai cosa penso?- sussurrò Pena badando a non farsi notare.
-Cosa pensi?- rispose Panico agitando le braccia.
-Penso che sia innamorato per davvero.-
E a quelle parole, i due diavoletti e il pappagallo iniziarono a ridere in disparte.
 
Intanto Malefica aveva finito di materializzarsi nella stanza, e la fiamma verde si stava diradando. La figura della strega era imponente, rispettabile: le torce illuminavano la sua pelle verde e le grandi corna appuntite, e tracciavano ombre profonde sul suo volto sottile e compassato.
Diablo, il suo diletto corvo da compagnia, appollaiato su una trave, gracchiò una volta come per fare un annuncio; la strega squadrò una volta la sala gremita, poi parlò.
-Miei cari e graditi ospiti, sono orgogliosa di darvi il benvenuto all'annuale ricevimento di Natale della nostra comunità e di accogliervi presso il mio castello.-
La sua voce fredda e autoritaria si diffuse magicamente in ogni angolo della sala. Molte delle donne presenti, persino la vanitosa Grimilde, stavano ad ascoltare con gli occhi sbarrati, ebbre di ammirazione, e persino Ade dovette ammettere che la strega, seppur scansafatiche, aveva carisma da vendere. Quanto a Jafar, le sue dita erano  strette attorno al suo bastone tanto da far sbiancare le nocche sotto la pelle ambrata, e la sua espressione era talmente assente e compiaciuta che più di uno tra i presenti diede di gomito a un altro e gliela indicò ridendo senza che lui se ne accorgesse.
-I lunghi discorsi pieni di niente non si addicono alla nostra reputazione e autorità, perciò non aspettatevi nulla del genere.- proseguì intanto Malefica.
-Tenete perciò a mente che questa cerimonia non è soltanto una mera festa. È un simbolo della nostra comunità, in opposizione a quella dei nostri nemici. Rappresenta la nostra forza e la visione del mondo che ci caratterizza. E indica, con il suo fasto e la sua aura di oscurità in un giorno caratterizzato secondo tutti - e qui storse la bocca in disgusto -dalla più profonda e sciocca bontà, che la nostra autorità non può essere e non sarà messa in discussione mai e in nessun modo.-
Malefica sollevò lo scettro e lanciò un luminoso fulmine  verde verso la cima dello stentito abete. Il raggio elettrico si concentrò in un punto sopra la cima dell'albero, condensandosi in un globo verde luminosissimo, che rischiarava quasi a giorno l'area circostante.
La strega posò lo scettro e concluse: -Miei amati compagni, fedeli servitori delle Forze del Male, dichiaro ufficialmente iniziata la festa.-
 
La grande sala era gremita di tavoli in pietra nera rozzamente incisa, grandi abbastanza da accogliere due o tre persone l'uno. Al centro dei tavoli, come unico ornamento, vi erano delle candele verdi inserite in dei teschi come dei macabri portacandela.
Dal portone principale entrò uno stuolo di diavoletti in armatura di rame, che reggevano nelle mani simili a zampe innumerevoli piatti cesellati ripieni di ogni leccornia.
Al tavolo più grande, seduti su delle sedie di pietra stavano Malefica, Jafar e Ursula. I loro volti apparivano ancor più sepolcrali sotto la fredda luce delle candele.
Un diavoletto trottò nella loro direzione reggendo in mano un vassoio pieno di pesce vivo. Malefica e Jafar fecero segno di no con la testa, mentre la Strega dei Mari si leccò le labbra soddisfatta. Afferrò una forchetta e riempì il piatto fino all'orlo.
-Che delizia.- esalò soddisfatta mangiando con lo sguardo i pesci ancora palpitanti che boccheggiavano nel piatto. Ne infilzò uno con la forchetta e incurante dei suoi spasmi lo ingoiò in un sol boccone.
-Faresti meglio ad andarci piano col buffet, Ursula.- sogghignò Jafar. -Quella povera sedia è solo fatta di pietra, potrebbe non reggere a lungo.-
-Ma stai zitto, maniaco dei serpenti.- rispose la strega ingoiando un'altra consistente forchettata. -Se non vuoi che ti afferri coi miei tentacoli e ti sbatta contro il muro finché non piangi, faresti meglio a riflettere prima di aprire bocca.-
Il visir non poté trattenere un accenno di timore -Ti preferivo quando eri Vanessa.- disse per dissimularlo. -Eri meno espansiva, e anche meno espansa.-
-A proposito.- intervenne Malefica per porre fine all'alterco. -Che fine ha fatto quella simpatica ragazza?-
-Non la uso più, non alle feste. L'ultima volta Gaston mi girava intorno come un topolino ipnotizzato.- Ursula sistemò l'abbondante didietro sulla sedia e tornò a guardare l'altro interlocutore.
-E comunque, Jafar, cosa vuoi che mi importi dei miei fianchi? Non sono come quelle noiose principesse: ho altro a cui pensare piuttosto che alla ricerca del vero amore.-.
-Non nominare nemmeno quelle bambine svampite. Se penso che in questo momento sono alla loro stupida festa a ballare con i loro imbecilli di principi come se non ci fosse nient'altro da fare nella loro vita mi viene voglia di bruciare qualcuno.- sbottò Jafar, che sembrava essersi dimenticato di star discutendo.
-Quelle sciocchine. Non sanno niente e non sanno fare niente. Potresti vendergli della sabbia e loro crederebbero che sia polvere d'oro. E diamine, se sono appiccicose. Ma gli basta sfoderare il loro bel faccino perché tutti si dimentichino di strigliarle come si deve. - Ursula aveva ripreso il bandolo della discussione, e sputava fuori parola per parola tutto il suo odio verso le dolci, gentili, graziosissime avversarie.
-Per non parlare dei loro uomini.- fece Malefica. -Un mucchio di bellimbusti con il cervello di uno scoiattolo. Basta che la loro principessa inciampi in un sassolino e subito sfoderano la spada. E non si fanno nemmeno ringraziare. Sembrano così soddisfatti di avere una bambola per fidanzata.-
-Si dichiarano buoni e poi ti piantano il pennone di una nave nello stomaco.- sbottò Ursula dando un pugno al tavolo.
-O ti trafiggono con una spada.- sibilò Malefica.
-O buttano la tua lampada nella lava ardente.- sputò Jafar. -Cosa credono, che solo perché non gli piacciamo non sentiamo niente?-
Tutti e tre si guardarono, spruzzando il più accorato disprezzo dalle pupille scure.
-Lasciamo stare quelle oche.- tagliò infine corto Malefica. -Lasciamole alla loro bella festicciola a ballare e fischiettare. Verrà il giorno in cui cresceranno, e capiranno che i loro sorrisi non le porteranno a diventare forti e rispettabili per davvero.-
-Come noi, Malefica?- domandò suadente Jafar.
-Ci puoi scommettere.- rispose Ursula, e tornò a gettarsi sul cibo.
 
Ad un tratto un diavoletto si avvicinò al tavolo a mani vuote e sussurrò qualcosa all'orecchio di Malefica.
-Vogliate scusarmi.- disse la strega visibilmente seccata. -Ma pare che la Regina di Cuori abbia deciso di far decapitare Orazio e Gaspare. Se mi concedete...-
Si alzò da tavola e si incamminò verso l'altro lato della sala, dove uno stuolo di carte da gioco correva in tutte le direzioni sollevando strane lance rosse e nere.
Ursula si piegò sul tavolo e avvicinò la bocca all'orecchio di Jafar: -Hai portato ciò che ti ho detto?- chiese.
L'altro infilò la mano in una tasca della tunica e ne trasse un piccolo scrigno d'oro e pietre preziose.
-Eccolo qui. Direttamente dal tesoro del Sultano di Agrabah. Tanto quel vecchio è talmente stupido che non se ne accorgerà mai.-
Jafar aprì il cofanetto e mostrò il suo contenuto all'interlocutrice. La Strega dei Mari sgranò gli occhi.
-È decisamente perfetto. Neanche io saprei resistere.- disse compiaciuta.
Iago, appollaiato su una trave nelle vicinanze, beccava avidamente dei chicchi di granturco da un ricco piatto.
-Io dico che dovresti farlo adesso, Jafar, prima che la signora si distragga appresso a qualcun altro.- gracchiò alzando il becco dal cibo. Jafar scosse la mano e fece segno di no con la testa.
-Pazienza, Iago, pazienza. Adesso non va bene. Troppa calca e troppo rumore.-
-Ha ragione.- disse Ursula succhiando un'ostrica rumorosamente. -Troppo presto. Meglio aspettare che l'atmosfera si plachi, tanto non va da nessuna parte.-
Gettò alle spalle il guscio del mollusco, ormai vuoto, e puntellandosi sui grossi gomiti guardò fisso Jafar.
-Ricorda, sii conciso e dignitoso.- disse a bassa voce. -Guarda negli occhi e soprattutto niente inutili salamelecchi: dritto al punto.-
-Devo concedertelo, Ursula, i tuoi consigli sembrano validi.- disse Jafar rimettendo lo scrigno nella tasca.
-Non scomodarti, adulatore. So di essere un'esperta.- Ursula si piegò all'indietro sulla sedia in un gesto che nelle sue intenzioni sarebbe dovuto essere sensuale, e gettò all'indietro i corti capelli bianchi. 
-Io porto la gioia nei cuori della gente. È questo che si fa a Natale, no?-
Poi si rimise dritta e guardò di nuovo fisso Jafar: -L'importante è che mi si paghi. E tu...-
L'altro prese con tutta calma un secondo scrigno dalla tunica e lo porse alla strega, che lo aprì tutta eccitata e soffocò un grido di eccitazione.
-Hai dimostrato di esserne degna, donna polipo. Indossalo con cura, è uno smeraldo vero.- disse Jafar a mezza bocca, guardando in lontananza la figura scura di Malefica che riportava ordine tra le carte da gioco.
Ursula si infilò al dito il grosso anello a forma di drago marino, con in bocca una pietra verde acceso grande come una nocciolina: -Ora quella sgualdrinella di Morgana capirà chi delle due ha più stile.-
 
-Te lo dico per l'ultima volta, sparisci dalla mia vista!-
-Andiamo, non ti va di fare due chiacchiere io e te?-
Pitch Black si voltò rapidamente, raggi di energia neri e lucidi che brillavano nelle sue mani pallide.
-Senti un po', tu. Non ho idea di chi o cosa tu sia, ma voglio che tu te ne vada. Non ti sopporto più.-
L' Uomo Nero sembrava più magnifico ed elegante che mai sotto la luce trasversale delle torce. Gli occhi dorati brillavano di macabra rabbia mentre cercava di liberarsi dal suo stravagante interlocutore. Era dall'inizio della serata che gli girava intorno, e dopo mezz'ora di pedinamenti Pitch cominciava seriamente a non poterne più.
Desiderava solo che quella odiosissima cena finisse e potesse andarsene da là e tornare a lavoro. Odiava il Natale come nessun'altra cosa al mondo: luce, allegria, colori... Un compendio di tutto ciò che non sopportava. Questo senza nemmeno contare la parte peggiore di tutte: l'influenza del suo nemico acerrimo Babbo Natale, che tutte le volte, quel particolare giorno dell'anno, gli si opponeva con una forza sempre maggiore. Nemmeno la compagnia di gente più vicina ai suoi gusti bastava a tirarlo su.
E ora ci si era messo anche quello strano individuo che gli ronzava intorno come una zanzara. Aveva l'aspetto di un grosso sacco di iuta marrone con braccia, gambe e due occhi cavi ritagliati nella tela.
-Salve, io sono Mister Bau Bau, e ho voglia di dirti due paroline sul Natale.- aveva esordito, e ai suoi tentativi di ignorarlo aveva risposto girandogli continuamente intorno, senza curarsi minimamente del suo fastidio.
Pitch non sapeva chi fosse né cosa volesse, ma di una cosa era assolutamente certo: se non fosse stato per il rigido protocollo di Malefica che vietava le risse, lo avrebbe tolto di torno degnamente.
-Mi sa che devo spiegartelo più chiaramente, creatura. Io il Natale non lo sopporto, e voglio solo andarmene da qui il prima possibile. Quindi evita di tediarmi con uno dei soliti discorsetti sull'importanza di questa festa, perché non mi interessa.-
Il sacco incrociò stizzosamente le braccia, senza smettere di sorridere: -Mi sa che siamo partiti col piede sbagliato, tu ed io. Ricominciamo daccapo, ti va? Salve, io sono Mister Bau Bau, e ho voglia di dirti due paroline sul Natale.-
Pitch alzò gli occhi verso il soffitto: -E io te lo ripeto dato che a quanto pare non capisci: a me il Natale non piace.-
Il sacco portò una mano al buco che faceva da bocca e ridacchiò: -Sei tu che non capisci: neanche a me piace. È mezz'ora che cerco di dirtelo.-
Pitch ammutolì, guardando il grosso sacco vivo di vita propria con sorpresa mista a terrore, sconcerto e inattesa aspettativa. Raramente, per non dire mai, gli era capitato di trovare qualcuno con cui condividere l'odio per quella fastidiosa festa tutta luci e bontà. L'idea che di fronte a lui qualcuno, pur soltanto un sacco di insetti, potesse condividere quell'odio, lo confondeva ma allo stesso tempo lo allettava.
-Prosegui.- riuscì a dire.
Mister Bau Bau gli girò intorno saltellando sulle corte gambe e riprese: -Tempo fa, giù alla vecchia Halloween Town, ho conosciuto quel vecchietto che tutti dicono essere il re del Natale o giù di lì. Volevo mangiarmelo, sai, farmici un piatto da gourmet con ragni e frappé, ma...-
-Scusa se ti interrompo.- Si intromise Pitch, in tono vagamente agitato. -Cos'è che volevi fare?-
-Te l'ho detto, no? Mangiarmelo. Assieme a qualche succoso insetto.-
Pitch portò per un attimo una mano alla bocca con aria spaventata, poi il fascino dell'idea inizio a farsi largo in lui.
-Effettivamente non sarebbe male. Lui e tutti i suoi amici Guardiani. Incluso il caro Jack...-
-Jack?- Sul viso cavo del sacco si era dipinta un'espressione totalmente sorpresa. -Quale Jack? Intendi forse lo stesso Jack che mi ha fatto a pezzi tempo fa? Jack Skeletron, che era morto e doveva rimorire?-
-No.- rispose basito Pitch. -Parlo di Jack Frost il Guardiano. Non conosco nessuno Skeletron, e non vedo perché dovrei conoscerlo.-
Fece una pausa: -Che bizzarra coincidenza.-
-Trovi anche tu? È decisamente imbarazzante la quantità di Jack fastidiosi presenti nelle nostre verminose vite.- rispose eccitato Bau Bau.
-Cominci a piacermi, spilungone. Ti va di venire a farmi visita giù ad Halloween Town? Ci mangiamo una torta di ragni e facciamo una partitina ai dadi. Sai, io sono un giocatore.-. Il sacco ammiccò, giocherellando con un paio di dadi fluorescenti.
-Poi devo assolutamente presentarti la mia signora.-
Quale signora, stava per chiedere Pitch, domandandosi in cuor suo quale signora potesse essere tanto perduta da avvicinarsi a un simile individuo.
La risposta venne pochi secondi dopo nella forma di una donna dai capelli neri, che indossava un grazioso abito nero a puntini bianchi che le dava un'aria materna e gentile. Ad eliminare ogni parvenza di simpatia e giovialità dalla donna provvedevano però i due bottoni neri che sostituivano i suoi occhi.
Ai suoi piedi avanzavano tre strani bambinetti, che indossavano rispettivamente un costume da diavolo, uno da strega e uno da scheletro. I bambini ciarlavano tra di loro vivacemente, e Pitch colse qualche parola: "pinze" "mazza chiodata" "trabocchetto" "veleno" "insetti". Sorrise affascinato: di norma odiava i bambini, ma quei tre sembravano per lo meno tollerabili, anzi, quasi simpatici.
-Vado, Vedo, Prendo!- esclamò Bau Bau. -Salutate il signor Pitch Black. Lui è l'Uomo Nero, e fa paura proprio come noi.-
I bambini, a quelle parole, corsero eccitati nella sua direzione, e aggrappatisi alla sua veste iniziarono a subissarlo di domande come suoi ammiratori.
-Quanta paura fai?-
-Hai mai ucciso qualcuno?-
-Sai fare i trabocchetti?-
-La gente scappa quando ti vede?-
-Ti piacciono i ragni e il frappè?-
Pitch li guardò stranito. Quelle piccole pesti gli avrebbero sicuramente rovinato l'abito nero, e le loro vocette acute gli perforavano i timpani. Non c'era neanche l'opzione di ordinare a Mister Bau Bau di riprendersi i bambini: il sacco si era allontanato a braccetto con la donna dagli occhi di bottone, che da lontano sembrava anche star cambiando forma. Diventava più alta, più magra e più pallida, e la gonna da brava madre si era trasformata in otto sottili zampe da ragno.
"Questa gente è fissata con i ragni" pensò Pitch sovrappensiero. Proprio in quel momento udì le vocine di Vado, Vedo e Prendo che pigolavano eccitate.
-Che cosa disgustosamente forte! Ancora, ancora!-
Pitch si guardò sorpreso la mano: con tutto quel parlare di ragni era finito a plasmare uno con i suoi poteri, senza nemmeno rendersene conto.
Tuttavia, Vado Vedo e Prendo sembravano apprezzare la cosa. Sembravano apprezzare tutto: i suoi poteri, il suo aspetto e persino la sua natura di portatore di paura.
Nessun bambino aveva mai reagito così prima di allora, e chissà tra quanto tempo sarebbe ricapitato un momento simile.
Certe occasioni, decise Pitch, andavano prese al volo.
-Volere vedere qualche altro trucco?- domandò Pitch accattivante, creando con la mano altri ragni neri.
Vado, Vedo e Prendo sbarrarono le bocche. I visetti sepolcrali brillavano divertiti.
-Ancora, ancora!-
Pitch socchiuse divertito gli occhi dorati. -Che simpatici bambini.-
 
-E così io gli ho detto: certo che puoi vedere il mio antro. Solo se non tocchi niente, non dici niente, non pensi a niente e non fai niente.-
Facilier sorseggiò elegantemente un bicchiere di champagne dorato e sorrise mentre ascoltava il racconto di Yzma.
-E lui cosa ha fatto?-
-Kronk? Cosa vuoi che abbia fatto?- rispose Yzma graffiando il tavolo di pietra con le unghie. -Si è bevuto un intera boccetta credendo che contenesse succo di limone. Si è trasformato in un rinoceronte e ha cominciato a devastare tutto. Per pagare i danni ho venduto di nascosto uno degli specchi dell'imperatore e ho dato la colpa per la sua sparizione a uno dei contadini.-
Facilier ridacchiò. -È quasi meglio di quella volta che ho venduto a un avventuriero un amuleto che rendeva affascinanti. È finita che sua moglie non lo ha riconosciuto e ha chiamato la polizia. Poco ci è mancato che lo facessero condannare.-
Yzma scoppiò a ridere fragorosamente, mettendo in mostra il pezzo di broccolo incastrato tra i suoi denti da chissà quanto tempo.
-Tu si che hai classe.- disse sfiorandogli la mano con un dito scheletrico.
-Non come quel cercopiteco del mio assistente.-
E per l'irritazione, l'alchimista strinse forte nella mano il bicchiere di metallo cesellato, facendolo a pezzi.
Facilier sbarrò gli occhi: quanto era forte sua moglie?
-Te ne prendo un altro.- disse rapidamente, temendo l'ira di Malefica. -Lascia fare a me, e nessuno si accorgerà che ne manca uno.-
Lo stregone si alzò dal tavolo e si diresse verso l'uscita. Yzma, rimasta sola al tavolo, girava distrattamente il dito unghiuto nel piatto, senza preoccuparsi delle condizioni del cibo. Ogni secondo che passava era sempre più convinta che non era stato troppo tardi per sposarsi. 
Ad un tratto, un movimento alle sue spalle attirò la sua attenzione. Yzma si voltò di scatto e si trovò davanti uno Tzekel Kan dall'aria turbata. I capelli neri gocciolavano uno spesso liquido rosso fiamma che gli rigava il volto scuro tingendolo di vermiglio.
Yzma trasalì e lasciò andare il piatto, che si frantumò in mille bricioli.
-Ma che hai fatto, un sacrificio? Grondi sangue.- esclamò, incerta se essere eccitata o terrorizzata.
-Questo NON è sangue.- rispose l'altro ripulendosi la guancia sinistra. -È vino rosso.-
L'espressione dell'alchimista si bloccò.
Dopo lunghi secondi di pausa riuscì ad alzare un sopracciglio e a parlare. -E di grazia, per quale ragione logica dovresti versarti in testa un bicchiere di vino?-
Prima che Tzekel Kan riuscisse ad aprire bocca, sopraggiunse Facilier a passo di carica, con un'espressione di fastidio profondo dipinta sulle labbra.
-La "ragione logica" è che non se l'è versato da solo,-
E con un gesto secco indicò la tavola.
Yzma si irrigidì: -Ancora quel... -
Tzekel Kan annuì, sgocciolando vino: -Mi ha dato del ladro di oro, e appena mi sono girato per rispondere mi ha versato in testa tutta la coppa e mi ha detto "Stai al tuo posto, selvaggio".-
Si strofinò le mani sulle guance: -Uh, che disgusto.-
-Adesso ha ufficialmente superato il limite!- strillò Yzma, in modo tanto acuto da costringere i due amici a tapparsi rapidamente le orecchie. -Quel prepotente... Come può fare una cosa simile? Io lo... Lo...-
 
-Non curartene.- disse placido il sacerdote: -Ho risolto da me.-
Ad un tratto si udirono delle urla, e cinque colpi di fucile rimbombarono per tutta la sala. I due si voltarono di scatto.
La tavola fumava, in corrispondenza dei cinque buchi lasciati dalle pallottole nella pietra; di fianco al bordo giacevano i resti ormai deceduti di una coppa cesellata. Ratcliffe era salito in piedi sulla sua sedia, il fucile stretto in mano ancora puntato sulla tavola vuota.
L'intera sala era scoppiata in una risata incontrollabile, mentre Malefica, accortasi dei danni riportati dalla sua tavola, si avvicinava a passo di funerale alla sedia del Governatore inglese, che resosi conto della figuraccia fatta se la prendeva con il povero Wiggins.
Yzma e Facilier, che avevano mangiato la foglia, si voltarono lentamente verso Tzekel Kan.
-Ho risolto, vi ho detto.- disse quello serafico, sistemandosi i capelli grondanti vino.
Le sue labbra carnose si contrassero in un sorriso sadico: -Ho trasformato la sua coppa in un serpente a due teste. Così impara a portare rispetto al portavoce degli dei. -
I due coniugi si guardarono tra di loro, poi scoppiarono in una risata fragorosa che li piegò in due.
Nel frattempo la figura elegante di Malefica si era allontanata dalla tavola. Ratcliffe scese dalla sedia e avanzò a grandi falcate verso Tzekel Kan. Come gli fu vicino, lo sbatté con violenza contro la parete di pietra, poi sollevò il fucile e lo accostò seccamente alla sua gola.
-Ti avverto, piccolo sporco pagano che non sei altro.- intimò a denti stretti incollando il viso al suo orecchio. -Un'altro scherzetto del genere e ti ritroverai a marcire a vita nella Torre di Londra. Mi hai capito, impudente di un selvaggio?-
Detto questo si ritrasse di qualche centimetro per vedere l'espressione di paura che presumeva essersi dipinta sul viso del "selvaggio". Ma ebbe un'inaspettata sorpresa: non c'era alcun segno di paura sui tratti marcati del suo nemico. Il sacerdote sorrideva tranquillo, granitico, come se quelle parole per lui non avessero alcun significato.
Improvvisamente il Governatore sentì un tocco sulla spalla. Come si voltò incontrò con suo orrore i visi serafici, ghignanti, di Facilier e Yzma.
-Adesso tocca a noi avvertire.- disse lo stregone puntando il bastone sullo stomaco dell'uomo. -Se ti rivediamo a maltrattare il nostro celebrante, o veniamo a sapere che lo hai fatto, fai meglio a nasconderti perché...-
Toccò a Yzma concludere la frase: -Perché altrimenti potremmo, per puro caso, trasformarti in un simpatico animaletto. Tipo una rana, o un lama pieno di pulci. Poi potremmo, sempre per caso, succhiarti via tutto il sangue, e offrire in dono il tuo spirito ai nostri Amici, lì nell'Aldilà, un modo che possano nutrirsi.- fece una pausa e concluse trionfante.
-Ci hai capiti?-
Ratcliffe si guardò intorno, un'espressione di puro terr ore incisa sul viso. Strinse la presa sul fucile e provò a ribattere. Ma prima che vi riuscisse Tzekel Kan si fece largo tra i due. Sogghignava crudelmente, e una luce verde si era accesa nei suoi palmi. Un attimo dopo due ragni grandi come tazze da te si materializzarono nelle sue mani, agitando follemente le otto zampette come in una danza macabra.
Ratcliffe capì di essere sconfitto. Digrignando i denti gettò il fucile ai piedi del sacerdote, poi voltò la schiena e si allontanò verso la tavola.
Yzma circondò con le braccia la spalla di Tzekel Kan. -Ci provi solo a toccarti, quel balenottero smorfioso, e vedrà che regalo di Natale gli faremo io e mio marito.-
-Regali di Natale... Sì...-  mormorò Tzekel Kan pensieroso, accarezzandosi il mento totalmente dimentico della passata questione. -Credo che dovrei ringraziarvi per questo.-
-Ma smettila.- esclamò Facilier ruotandogli intorno con la grazia di un cobra reale. -È stato divertente, e poi...-
Qui stampò un bacio sulla guancia della moglie, e strinse con il braccio la spalla del suo amico.
-A Natale bisogna passare il tempo con le persone a cui si vuole bene, no?-
Yzma lo guardò scandalizzata.-Facilier! Da quando abbiamo una morale?-
-Noi possiamo prendere quello che vogliamo, quando vogliamo, se lo vogliamo, che agli altri piaccia o no.- ribatté lo stregone sorridendo smagliante.
-E adesso voglio questo: la mia amata e il mio migliore amico. Il resto può aspettare; non mi interessa.-
E detto questo circondò Yzma con le braccia e la baciò sulle labbra.
L'alchimista sorrise e rispose al bacio, solleticando la fronte dello stregone con il suo copricapo piumato.
Appoggiato al muro con le braccia conserte, Tzekel Kan guardava i due sorridendo soddisfatto. E anche se non lo avrebbe mai confessato a nessuno, in quel momento fu sicuro di aver sentito una lacrimuccia che gli scendeva lungo la guancia.
 
In un tavolo all'angolo della sala stava seduto un uomo da solo. Aveva i capelli rossi come l'argilla, e il suo viso era elegante e ben fatto; sarebbe potuto quasi sembrare il viso di un Buono, se non fosse stato per l'ombra cupa e sottile che gli cerchiava gli occhi, rendendo quel viso aristocratico quasi inquietante. L'uomo indossava abiti regali, e sul tavolo non c'erano che un bicchiere di vino e un pezzo di arrosto, non mangiati.
Improvvisamente l'uomo udí un fruscio sottile e abbassò gli occhi di scatto, senza dare segno di terrore alla vista del grosso leone nero accovacciato ai suoi piedi.
-C'è spazio nel tuo regno, Principe Hans Westergard?-
L'uomo alzò di malavoglia il dito guanto. -Accomodati a tuo piacimento, Re Scar della Rupe.-
Il leone parve sorridere attraverso le zanne. -Finalmente qualcuno che si ricorda che esisto. Mi piace il tuo stile. Sai, se fossi un leone potrei anche prenderti come mio secondo.-
-Mi sento onorato ma credo che passerò.- rispose il principe accennando un sorriso glaciale. -A me interessa un tipo diverso di regno.-
-Ah, giusto.- Scar rotolò sul dorso e scosse la criniera. -Il Regno del Ghiaccio. Sai, ho sentito parlare della Regina Elsa. Veramente amabile. Lagnosa come Zazu e forte come uno scarafaggio. Se questo è l'ideale di regina che avete voi umani referisco non avere niente a che fare con i vostri regni.
Hans ridacchiò -Non era del tutto meglio di tuo nipote Simba. Mi è bastato raccontarle che quell'ingenua di sua sorella era morta per colpa sua e lei ci ha creduto subito. Se non sbaglio anche tuo nipote ha fatto una cosa simile.-
-Non sbagli.- disse Scar. Sfoderò gli artigli e li strofinò contro la pietra del tavolo producendo uno stridore di lima.
-Però, che vita grama. Tanta ambizione, e ci ritroviamo sconfitti da una coppia di ragazzini in lacrime.-
Hans sospirò appena, e strinse la mano attorno al suo bicchiere. Poi allungò la mano verso la coscia di pollo, ma improvvisamente trasalì: il piatto si era sollevato a mezz'aria, e galleggiava nel vuoto di fronte a lui come sorretto da dei fili.
Anche Scar se ne accorse. Per un attimo la sorpresa parve farlo ammutolire, poi parve ricordarsi di una cosa. Sospirò e si mise a tamburellare il pavimento di pietra con le unghie.
-Avanti, fatti vedere.- disse. - Non fai ridere nessuno.-
Per tutta risposta una terza voce rispose: -Infatti non intendo far ridere nessuno; piuttosto spaventare.-
L'aria attorno al tavolo parve addensarsi; poi prese forma, trasformandosi in una creatura mostruosa dalla pelle squamata, viola come l'invidia. Aveva un corpo elegante e sottile, aggraziato addirittura; sembrava una grossa lucertola, ma gli otto arti e le tre piccole creste in cima al capo lasciavano presumere altrimenti. Due grandi occhi verde prato spiccavano in mezzo alla larga testa, fissando ora Scar ora Hans con aria di forzata supponenza.
-C'è qualcosa che ci devi dire?- domandò Scar
-No.- rispose la creatura, muovendosi con grazia attorno al tavolo. -Ho solo pensato che se questo deve essere il tavolo dei perdenti matricolati, dovreste fare un po'di spazio al numero uno nel settore.-
Scar roteò gli occhi, emettendo un ruggito saturo di fastidio. Hans, invece, inclinò due volte la mano, come per invitarlo a sedersi.
-Mettiti pure comodo, Randall Boggs.-
La creatura allungò il corpo slanciato sullo sgabello e si riempì un bicchiere di vino.
-Cosa ci fai qui, Randall?- domandò Scar senza nascondere il fastidio. -Quella fabbrica dove lavori, non fa una festa per Natale?-
-Certo che la fa.- rispose Randall incrociando le quattro braccia. -Ci sarei anche andato, ma ogni volta è la stessa storia. Appena entra Sullivan si dimenticano di tutto il resto. Arriva, saluta tutti neanche fosse il re del mondo.- a quelle parole Scar roteò nuovamente gli occhi. -Poi tutti vanno da lui e penzolano dalle sue labbra. "Ehi, signor Sullivan, è stato  così bravo quest'anno, continui così. Adesso facciamo un bel brindisi al signor Sullivan, che è il nostro numero uno. Vorrei dedicare questa canzone al signor Sullivan, perché lo ammiro tanto. Signor Sullivan, si fa una foto con noi?" Che cosa ridicola.-
Finita l'imprecazione, Randall strinse i pugni e sibilò tra i denti lasciando intravede la lingua biforcuta.
-Te l'ho detto un milione di volte, Randall.- disse Scar gattonando intorno al tavolo. -Perché non lo uccidi e non la fai finita?-
-E io ti ho detto un miliardo di volte, Scar.- rispose Randall. -che non vedo come posso dimostrare a quegli idioti senza cervello che sono io il migliore se...-
-Eppure- lo interruppe Scar. -In quell'occasione non hai avuto problemi a tentare di farlo fuori.-
Randall strinse i pugni, irritato. -Sai benissimo che era un caso particolare.-
Il mostro portò due braccia alle tempie. -Tutti credono che io non valga niente. Se riuscissi a far mangiare le mani a tutti loro le cose cambierebbero.-
-Sei troppo morbido, Randall.- disse Scar sogghignando. -Se fossi un re avresti le idee molto più chiare.-
-E questo cosa c'entra?- sibilò l'altro.
-Adesso piantatela, voi due.- ordinò Hans.
Scar e Randall tacquero all'unisono. E nel medesimo istante si chiesero perché: Hans non aveva alzato la voce, né sfoderato alcuna arma, eppure entrambi erano automaticamente piombati in silenzio. C'era del carisma in quell'uomo; il suo sguardo era freddo come l'ossidiana, ma emanava il fascino e la forza di un vero re. E per qualche ragione, più vi pensavano e più si sentivano meglio.
-Volete che la gente vi ammiri? Volete diventare il re, o il numero uno, o qualunque cosa? Benissimo, potete farlo. Ma vi assicuro che urlarvi contro in questo modo non cambierà le cose.-
Hans strinse il bordo del tavolo, squadrando i due litiganti con sguardo vigile e glaciale. Scar e Randall si guardarono in cagnesco, a denti stretti. Poi un'idea parve farsi largo nella mente di Randall. I suoi grandi occhi verdi si sgranarono come sorpresi.
-Io forse non sarò mai un re come voi due e non saprò mai che vuol dire.- disse. -Ma se mi chiedete se so cosa vuol dire vivere nell'ombra di qualcun altro... Beh, benvenuti nella mia vita. Ora, se ci tenete, me ne vado.-
Il mostro si sollevò sulle quattro zampe posteriori che fungevano da gambe e fece per scendere dalla sedia.
Prima che mettesse piede sulla terra sentì la voce di Scar che lo fermava.
-Tu non vai da nessuna parte.- ordinò il leone.
Randall trasalì. I suoi occhi verdissimi squadrarono il felino con circospezione. -Cosa vuoi fare?-
Scar si sollevò sulle zampe. Si avvicinò a Randall e puntò i suoi sottili occhi gialli nei suoi. Hans, che osservava la scena dal tavolo, fu sorpreso nel non vedere nessun accenno di supponenza nello sguardo del leone.
-Soltanto bermi qualcosa insieme a un compagno di sventura.- disse Scar salendo sulla panca. Guardò di nuovo Randall, e finalmente il mostro capì.
In fondo, almeno per Natale, persino loro tre avrebbero potuto mettere da parte il loro livore. Forse sarebbe servito  solo a renderlo più forte al termine della festa, ma a loro andava bene così, perché c'era qualcun altro con cui spartirlo.
E decise che, almeno per quella sera, Sullivan e il record di spaventi sarebbero stati lontani dalla sua mente. 
-Vedo che ci siamo capiti.- disse Hans, versandosi altro vino.
Tre bicchieri si alzarono all'unisono, mentre tre voci proclamavano assieme la loro eterna lotta per la supremazia.
-Buon Natale a noi! Alla faccia loro e dei loro amichetti.-
 
-Ehi, tu. Uomo Scheletrico, dico a te. Per caso hai visto Eris?-
Rasputin si voltò stancamente, alzando gli occhi dal suo piatto pieno di blinis russi.
-No che non l'ho vista. Perché ci tieni tanto, poi? Ti ha rubato la macchina o cosa?-
Ade decise che non era il caso di spiegare a quella specie di cadavere vivente che non aveva nessun conto in sospeso con la Dea della Discordia, anzi. Voltò le spalle e trattenne una fiammata di frustrazione: era da almeno mezz'ora che cercava dappertutto Eris, ma non la vedeva da nessuna parte, né qualcuno sembrava sapere dove si trovasse.
Ad un tratto gli parve di intravedere uno sprazzo violaceo e speranzoso avanzò nella sua direzione. Eccola lì, la bellissima Dea del Caos, che confabulava animatamente con qualcuno in lontananza.
Bevve un sorso di idromele da un bicchiere per calmarsi e si avvicinò alla graziosa figura della Dea parlando da solo senza nemmeno accorgersene.
-Allora... Mantieni la calma... Niente panico... Soprattutto evita le fiammate...-
Si passò una mano nei capelli infuocati ed esordì:
-Buonasera, Eris. Ti stavo cercando dappertutto.-
-Che coincidenza!- esclamò la dea fluttuando verso di lui. -Anche io stavo cercando te.-
Ade sorrise d'istinto, poi, resosi improvvisamente conto di trovarsi in una stanza affollatissima, decise che era meglio per lui e per la sua interlocutrice un posto meno affollato.
-Ti va di uscire?-
-Molto volentieri.- rispose la dea. Prese una mano di Ade e lo guidò lungo uno dei corridoi. Lui le venne dietro sorridendo in modo tale da sembrare quasi ipnotizzato.
Dal terrazzo della sala si vedeva il cupo paesaggio della Brughiera, illuminato da una pallida luna invernale: alberi secchi, fiumi grigi e paludosi, pianure brulle e polverose e numerosi castelli di pietra, ormai in rovina.
Eris sospirò come una ragazzina mentre guardava quel sepolcrale panorama.
-Ti piace? - domandò ad Ade, che l'aveva seguita da dietro.
-Più brutto della morte... Lo adoro.- rispose il dio sorridendo affascinato.
-Sto pensando di fare tutto il mondo così.- disse la dea. Ade squadrò nuovamente il cupo scenario. Non era più tanto sicuro che gli piacesse. Con quell aria grigia e opaca e quel freddo sottile che danzava nell'aria gli ricordava troppo l'Oltretomba, e Ade odiava quel luogo come poche altre cose al mondo.
Il dio alzò lo sguardo oltre le pesanti nuvole, dove si notava con qualche sforzo un magro raggio di sole. Là dietro, nascosto agli sguardi dei mortali da quella coltre di nuvole, c'era il Monte Olimpo, sede dei suoi compagni dei. In quel momento doveva essere vuoto: tutti gli erano probabilmente scesi ad Arendelle per prendere parte ai festeggiamenti. E come al solito, lui ne era escluso.
Istintivamente strinse le mani attorno al balcone. Li odiava tutti quanti, i suoi cosiddetti compagni, e più di tutti odiava suo fratello Zeus, che viveva da re in quella reggia paradisiaca della quale non avrebbe mai avuto un assaggio.
Improvvisamente gli tornò in mente Eris, che senza accorgersi che non la stava ascoltando gli elencava le più belle creazioni degli uomini e il modo con cui intendeva appropriarsene, materializzandole di volta in volta davanti ai loro occhi. Decise di riconsiderare il pensiero precedente: non odiava tutti gli dei, non tutti quanti. Eris gli sembrava essere l'unica tra di loro di cui riuscisse a tollerare la presenza. La sentiva più vicina di quanto non sentisse il suo stesso fratello. A differenza di lui, che era stato confinato in quello squallido e noioso Oltretomba per tutta l'eternità, Eris aveva spontaneamente scelto di allontanarsi dall'Olimpo, scegliendo di vivere da sola in un regno tutto suo con la sola compagnia di un certo numero di mostri orrendi. Il perché, non lo sapeva. La Dea della Discordia era un enigma anche per lui.
-Ade? Mi stai ascoltando?- la voce soave di Eris lo riportò prepotentemente sulla terra. La dea smaterializzò la perfetta miniatura del Partenone che galleggiava di fronte ai loro occhi e circondò con un evanescente braccio la spalla del dio.
-Non mi dire che stai ancora pensando all'Olimpo. Fidati di me, ti rovinerai l'anima con questa inutile storia.-
-No, Eris, certo che no, non stavo...- Ade cercò di giustificarsi muovendo le braccia a scatti, ma lo sguardo indagatore di Eris non lasciava spazio ad alcuna finta.
Sospirò pesantemente e ammise: -Sì, stavo pensando all'Olimpo. Dammi una buona ragione per non farlo.-
Eris sorrise, dando segno di aver compreso. Poi si smaterializzò dalla spalla di Ade e ricomparve seduta sul parapetto, la gonna di vento che si fondeva con la fredda aria invernale.
-Ancora con questa storia? Davvero, Ade, stai diventando noioso a furia di pensarci.-
Il suo sorriso si allargò: -Vuoi una ragione per cui non dovresti pensarci? Eccone una: è Natale. Non dovresti guastartelo con questi pensieri.-
Ade alzò le spalle: - Cosa vuoi che cambi? Che sia Natale, Pasqua o la fine del mondo, Mister Ehi-Tu-Fuori-Dalla-Mia-Nuvola non si degnerà mai di portare le sue olimpiche chiappe giù all'Oltretomba e farsi due domandine sul suo adorato fratellino.-
Il sorriso di Eris svanì. La dea incrociò le braccia e fluttuò  via dal parapetto, risalendo sul terrazzo. Ade alzò per l'ultima volta gli occhi verso l'odiato Olimpo e si voltò dirigendosi verso l'interno del palazzo.
Come superò Eris, la dea parlò nuovamente.
-Forse lui è meno importante di quanto credi.-
Ade si bloccò. Gli occhi rossi guizzarono di sorpresa mentre Eris riprendeva a parlare.
-Forse è un bene se non si degna di chiedersi come stai. Vuol dire che puoi dimostrare che non hai bisogno di lui per sentirti bene. Lui sarà anche tuo fratello, ma non ha saputo dimostrare di esserne degno. Qua fuori, invece, c'è gente acuta abbastanza da vedere quanto vale il Dio della Morte.-
-E chi sarebbero questi benemeriti?- domandò Ade scettico.
Eris si limitò ad ammiccare.
Improvvisamente entrambi percepirono un movimento alle loro spalle, e d'istinto si voltarono.
Appesi per le code alle travi del soffitto, Pena e Panico li sovrastavano a testa in giù. I due diavoletti sorridevano divertiti, ma quello che preoccupava il Dio dei Morti più di ogni altra cosa era i ramoscello che reggevano nelle mani: inutile negarlo, era proprio vischio.
La mascella di Ade cedette, mentre il bicchiere di idromele gli scappava dalla mano e si spandeva a terra. Eris, invece, sorrise tranquilla, come se sapesse sin dal primo momento cosa stava succedendo. Si voltò verso i due diavoletti e strizzò l'occhio nella loro direzione. Pena e Panico, tiratisi su, si diedero il cinque ridendo.
Passarono alcuni lunghissimi secondi prima che Eris parlasse.
-Allora.- disse soavemente fluttuando attorno a un Ade che non sapeva che pesci prendere. -Ti va di lasciarti andare?-
Il dio dei morti non seppe cosa rispondere. Per dissimulare l'imbarazzo iniziò a guardarsi intorno.
E finalmente li vide, oltre la finestra, nella grande sala.
Vide Yzma e Facilier che bevevano vino dai reciproci bicchieri, le braccia intrecciate e gli occhi abbandonati nel vuoto.
Vide Tzekel Kan che mostrava agli attoniti colleghi egiziani Hotep e Huy la tecnica migliore per un sacrificio umano fatto a regola d'arte.
Vide Ursula e Morgana che lanciavano allegramente pezzi di serpente arrosto l'una addosso all'altra.
Vide Rothbart, Clavious e Zelda che interrompevano l'ultimo pezzo a metà e iniziavano un duello a colpi di magia.
Vide Mister Bau Bau che accarezzava i capelli dell'Altra Madre di fronte a una invitante torta di ragni pronta per essere mangiata, mentre sotto al tavolo Vado Vedo e Prendo si ingozzavano di pandoro.
Vide Randall Boggs, intento a mostrare le proprie abilità mimetiche a un gruppo di cattivi ammaliati e plaudenti.
Vide Frollo e Ratcliffe seduti a un tavolo in disparte, immersi in un' accanita discussione su chi fosse più dannoso tra i selvaggi e gli zingari.
E vide Jafar e Malefica, nel mezzo della sala. Lui aveva appena estratto dalla tunica un anello con diamante, e... Sì. Era vero. Si era addirittura inginocchiato ai suoi piedi. E l'espressione sul viso di lei era indescrivibile, tanto sembrava compiaciuta, completa, soddisfatta.
Mentre i fuochi artificiali forniti da Lord Shen per la conclusione della festa iniziavano a crepitare nell'aria, illuminando di mille colori la buia sala, Ade tornò a guardare la bellissima dea del caos, e si rese conto di aver appena compreso, finalmente, il vero senso del Natale.
-Sì, mia cara.- disse sorridendo alla dea. -Mi va eccome.-
Poi le loro labbra si incontrarono, e ogni pensiero riguardante l'Olimpo parve svanire come per miracolo.
 
 
Angolo della Cuin:
Innanzitutto, buon Natale!
Poi bisogna ringraziare la Divina Makochan per avermi dato l'ispirazione per un nuovo, eclatante Villain!Crossover a tema natalizio.
Forse la Vigilia è un po' tardi per pubblicarlo, ma whatever. Spero che vi piaccia.
Innanzitutto, qualche doverosa spiegazione.
1. La Brughiera. Ebbene sì, Maleficent docet.
2. Il "ça va sans dire" di Facilier. Nel film non mi pare che usi mai frasi in francese, tuttavia dato che comunque viene da New Orleans ed è un uomo pieno di classe, ho pensato che ci sarebbe stata bene.
3. Lo "sporco piccolo pagano" di Ratcliffe. Sarebbe una citazione dalla versione inglese di "Barbari": "What did you expect from filthy little heatens?" Più figa che in italiano ma la bastardaggine è la stessa.
4. Facilier e Yzma sono marito e moglie. No, non sono impazzita. Questa FF è un ideale sequel a "Finché Morte Non Ci Separi" dove (per chi avesse commesso l'orribile crimine di non averla letta) l'Uomo Ombra e la Nonna Brutta di Dracula convolano a giuste nozze. Questo spiega anche perché chiamano Tzekel Kan "il nostro celebrante".
5. Eris e l'Olimpo. Per la gioia del mio shipping il mondo di Hercules e quello di Sinbad si collegano molto bene. Ecco perché non mi è affatto difficile inserire anche Eris nella contorta mitologia del film Disney. In tal modo, tra l'altro, becco due piccioni con una fava: chiarisco il rapporto tra i due dei e trovo una logica ragione per cui Eris, pur ricollegandosi agli eventi di Hercules, non è presente durante i medesimi.
6. Il cognome di Hans è Westergard. Non chiedetemi perché. So solo che in molte fanfiction si chiama così.
7. Rothbart, Clavious e Zelda hanno una band che si chiama Forbidden Arts. Qui niente da dire, solo un mio piccolo headcanon che potrebbe (POTREBBE) trasformarsi in una shot. Se a qualcuno interessasse, Zelda è alla voce, Clavious alla chitarra e Rothbart alla batteria.
8. Jafar è truccato. Sì. Andiamo, quelle linee nere attorno agli occhi non possono essere una voglia.
9. Se c'è qualche personaggio che non conoscete chiedete pure.
10. A differenza del precedente crossover, qui sono presenti anche personaggi in CGI e in stop motion. Più che altro per variare, ma ammetto che il fenomeno Frozen ha avuto la sua parte. Poi Randall Boggs è il mio cattivo Disney preferito, non potevo lasciarlo fuori di nuovo.
Questo è tutto. Per altre domande, di nuovo chiedete pure.
E ribadisco: BUON NATALE!
MiticaBEP97

 
  
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