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Autore: Alexis Cage    24/12/2014    3 recensioni
Ho riscritto la realtà. Anzi, così sminuisco quello che ho fatto: ho salvato il culo a tutto il mondo.
Ora penso di poter tranquillizzarmi, no? Insomma, ho degli amici, dei veri amici, una famiglia che mi vuole bene e, soprattutto, ho ritrovato quel rincoglionito di Evan.
Ma c'è di meglio: i poteri non esistono più. Posso fare la mia tranquillissima vita di merda, finalmente.
E invece...no. Perchè, a quanto pare, ci sono persone capaci di rovinarmi la vita all'infinito, anche dopo la morte...o anche da luoghi molto, molto lontani.
Del resto, non ci sono confini alla mia sfiga. Ormai l'ho capito.
E stavolta non riesco a non chiedermelo: sarò capace di rimettere tutto a posto...di nuovo?
PS AUTRICE: questa è la continuazione della storia (conclusa) "Il diario di una reclusa"...quindi consiglio ai pochi folli che pensano di leggere questa storia di farsi prima un giro nell'altra, o capirete ben poco
Genere: Avventura, Commedia, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Diari di gente altamente normale'
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Non avrei mai pensato di arrivare a questo punto.

Sono viva. Ammaccata, ma viva. E io, Ivy, Faber, nata come l'essere più asociale e sociopatico e antipatico e triste del creato...beh, tra poco sarò davanti a tutto il mondo. Tutto quello che ne resta.

E non riesco a preoccuparmene. Perchè, insomma...non è niente in confronto a quello che stanno passando loro. Hanno il diritto di sapere. Gli è successa una cosa orribile per colpa mia.

Cosa sarà mai l'ansia di parlare davanti a tanta gente? Come facevo a preoccuparmi di cose del genere, prima?

Quanto ero egoista.

-Vado?- chiedo alla tizia che si occupa della ripresa. Quella annuisce e alza cinque dita; poi, una per una, comincia ad abbassarle. Quando le ha abbassate tutte, guardo nell'occhio della telecamera che abbiamo rubato e comincio a parlare, tentando di non pensare che almeno tre miliardi di persone mi stanno guardando.

-Beh...salve.-

Sì. Non sono molto brava negli imput.

-Io sono Ivy Faber. Molti hanno conosciuto mio fratello, chi di fama e chi, purtroppo, personalmente. So che al momento a quasi tutti non importa se lo dico, ma una settimana fa lui è morto...per questo, ora, ci sono io qua a parlarvi. Scusate se abbiamo interrotto la normale messa in onda, ma penso che ognuno dei sopravvissuti abbia tutto il diritto di sapere cosa è successo veramente la settimana scorsa, quando tantissime persone sono morte solo perchè normali, senza poteri. Beh...se fossi in voi, io vorrei sapere cosa ha ucciso le persone che amavo, no?-

Mi fermo. Penso a cosa sto dicendo, a cosa dovrò dire. Vado avanti.

-Quando Nathan Faber ha rivelato l'esistenza dei pensatori, coloro che in qualche modo sono telepati o comunque con poteri che permettono loro di fare cose normalmente anormali, è nato il terrore per queste persone. Chi mai non avrebbe paura di qualcuno capace di leggere nella mente? Per questo, molti pensatori si sono riuniti accanto a Nathan...in cerca di una guida, dopo che coloro che pensavano amici avevano cominciato a dar loro la caccia. Perchè è questo che è accaduto: i pensatori si sono ritrovati braccati dai "normali" perchè diversi; è sempre la solita storia, no?-

Sposto gli occhi dalla telecamera e vedo che dietro, nell'ombra, c'è un po' di gente che mi ascolta...e tra loro ci sono Catchlyt e Nicolson.

-Con questo non nego che alcuni pensatori avessero voluto combattere per conquistare il potere, di certo non erano tutti innocenti come non tutti i normali sono stati colpevoli...ma molti non hanno avuto scelta. Molti sono dovuti scappare. Molti hanno visto la propria famiglia venire uccisa dai normali troppo impauriti dai poteri...molti hanno pensato che l'unica scelta esistente fosse schierarsi con Nathan, generare una guerra. Altri, però, non hanno accettato quest'unica opzione. Hanno deciso di combattere per i normali, nonostante gli stesso normali volessero ucciderli. Sono loro i veri eroi, dopo tutto.

Ma questo non ha mai fermato Nathan. Lui credeva in un mondo dove sarebbe esistita la pace...dove nessun bambino avrebbe dovuto subire quello che ha subito lui. Sì, perchè Nathan Faber non era solo un pazzo assetato di potere: era...umano. Come noi. A causa dell'amore che provava per colei che in questa realtà era sua sorella è diventato pazzo...ma voleva soltanto creare un mondo dove tutti sarebbero potuti vivere felici. Semplicemente. Ma, quando ha visto che la guerra non sarebbe finita, che ci sarebbero sempre stati un "normale" e un "anormale" a combattersi e a mietere vittime innocenti, ha deciso di eliminare una delle due parti. So che è stato crudele, so che era inumano. So che sono morti tutti, dal più terribile degli assassini al più innocente degli esseri umani. Sono morti tutti i normali, molti di voi hanno perso quelli che amavano...ma vi chiedo soltanto di riflettere. Solo per un istante.

Tutto quello che è accaduto è nato da questo...razzismo. Da questa idea per cui il diverso è cattivo e deve essere eliminato. Ha portato Lewis Faber a tentare di predominare sui normali, da lui ritenuti deboli, e Nathan Faber a ucciderli per interrompere la guerra. Ha portato qui me, Ivy Faber, a parlare al mondo dopo che tantissime persone sono morte. E le ho sentite...come le avete sentite voi, chi più chi meno. È stato orribile.

Ora vi chiedo di riflettere su questo: volete che riaccada? Volete che ricominci tutto da capo, che si riprenda a combattersi e uccidersi a vicenda, dandosi la colpa di ciò che è accaduto? Quelle persone sono morte; non si può tornare indietro. Adesso dobbiamo cercare di andare avanti...anche per loro. Pensate ai cari che avete perso: vorrebbero vedervi soffrire ancora? No. Abbiamo già perso tanto...facciamo in modo di non perdere di più. Perchè non sarebbe giusto per loro.

Facciamo in modo di non dimenticare, di ricordare tutto quello che è successo. E facciamo in modo che non accada mai più: tentiamo di non far subire ad altri il sacrificio che abbiamo subito noi. Loro sono morti...ora dobbiamo pensare ai vivi, a noi.-

Abbasso lo sguardo solo ora e mi accorgo di aver quasi completamente ignorato il foglio del discorso (scritto da Witness) e di aver aggiunto fin troppo. Va beh, tanto male non fa, no?

-Li ho sentiti mentre morivano.- dico mentre rialzo gli occhi verso l'occhio della telecamera. Accanto a quella, la tizia che la manovra comincia a fare con le dita il conto alla rovescia: tempo scaduto.

-E...e mi dispiace.- aggiungo un attimo prima che lei chiuda la mano a pugno. Poi la spia rossa sulla telecamera si spegne, e sono libera dal mio compito.

Quelli che hanno organizzato il tutto, praticamente dei genii indiscussi, cominciano a controllare sui computer com'è andata la cosa...e a quanto pare è andata bene: quasi tutta la poca popolazione mondiale rimasta mi ha vista mentre parlavo. Almeno adesso sanno cos'è successo.

-Però, Ivy.- mi dice Adrian mentre io mi rialzo dalla mia postazione da "presentatrice di telegiornale" su cui mi avevano piazzata per fare il mega annuncio -Sei stata brava...-

-Non ho detto abbastanza.- lo interrompo sul nascere. Insomma, non voglio che mi racconti balle per tirarmi un po' su di morale. Mi sfilo una manica della giacca elegante che mi hanno costretta a mettere...e poi mi ricordo che ho la spalla sinistra in ferie. Che merda.

-Mi dai una mano?-

Subito Adrian comincia a sfilarmi l'altra manica, e ovviamente in contemporanea dice:

-Andiamo, non c'era tutto questo tempo per fare un mega discorsone. E non è mica colpa tua se quella merda di gente che controlla la televisione non ci ha concesso una diretta mondiale...-

-Sai com'è, una settimana fa è crollato il mondo.-

Mi sfila il braccio dalla fascia che me lo fa tenere appeso al collo ed è come se mi pugnalassero alla spalla. Fa male.

-Scusa.-

-No, non fa...-

-Non dire balle. Come fai a dimenticarti sempre che ora chiunque può leggerti nella mente?-

Ah, già.

Che merda.

-A che punto è Cass?- chiedo ad Adrian mentre lui mi toglie definitivamente la giacca elegante...e mi sorprendo da sola. Da quando ho questa voce totalmente sfinita?

-Ci sta lavorando. Secondo me manca poco...ha già reso altri immuni, no? Con te dovrebbe solo rendere la cosa stabile, ma penso che non avrà problemi, ora che è con me...-

Probabilmente voleva dire "ora che è con noi al sicuro", ma nella sua testa al suo momento non c'è spazio per tutta questa gente. C'è spazio solo per lei.

-Andiamo, non sono così sdolcinato.- sbotta lui. Io alzo gli occhi al soffitto: mi sa che questa cosa dell'apertura mentale diventerà davvero problematica.

-Perchè da quando sono l'unica con la testa esposta tutti sono portati a leggermi il cervello?-

-Perchè sei terribilmente irresistibile? Dai, ti aiuto con la felpa e andiamo all'ospedale.- dice Adrian.

Dopo cinque minuti (tempo record) stiamo scendendo le scale del palazzo che ci ha "ospitati" per la diretta mondiale.

Mentre apriamo la porta dell'uscita d'emergenza e finiamo in un vicoletto solitario Adrian mi annuncia, col tono di uno che sta per rivedere l'amore della sua vita:

-Vado da Cass a prendere la macchina, cinque minuti e torno.-

-Fai con calma.- gli rispondo io. Così lui se ne va e me ne resto da sola accanto a due bei cassonetti verdi e col cielo che minaccia pioggia.

Odio la Danimarca. Non che il tempo sia meglio in Inghilterra, sia chiaro...ma qua mi sono successe un po' di cose che mi piacerebbe dimenticare presto.

Ah, giusto: in una tasca della felpa ho un cappellino: meglio metterlo, così sarò meno riconoscibile, no? Beh, non che corra rischi così alti: non è che la gente abbia molta voglia di uscire, adesso. Ci sono poche possibilità che qualcuno m'incroci e mi riconosca come "quella che ha fatto un discorso deprimente per tentare di mettere in chiaro quello che è successo visto che i governi fanno cagare eccetera eccetera".

Va beh, un cappellino è meglio di niente.

Me lo sto calcando per bene sulla testa, quando sento qualcosa di proprio strano: un lento e solitario applauso.

-Complimenti.- mi dice Witness.

È uscito dal palazzo al freddo e al gelo solo per farmi i complimenti?

-Beh, grazie.- gli dico. È strano: non l'ho sentito arrivare, non ho percepito la sua presenza. È come essere ciechi e sordi e senza tatto.

Non ero stata così inerme nemmeno nella mia realtà originale.

-Non ci aspettavamo che fossi così brava.- continua Witness mentre io rovisto nella borsa che mi hanno appioppato, alla ricerca di un qualcosa più pesante di una misera felpa da mettermi almeno sulle spalle. -Certo, dopo tutti quei morti ci aspettavamo una rivolta...e invece tu hai fatto capire a tutti che è inutile combattere ancora. Complimenti...-

-Il video è andato, quindi?-

-Sì. Così tutti sapranno. Eh, Evelyn...meglio che tu vada subito. Sarai la persona più famosa al mondo entro massimo due ore, e probabilmente alcuni non reagiranno in modo così pacifico. Probabilmente ti daranno la colpa.-

Beh, questo lo so già. È per questo che l'ho fatto...è quello che mi merito.

Mi rimetto la borsa sulla spalla sana, abbasso la visiera del cappellino per coprirmi meglio il volto e sistemo la felpa nera.

-Meglio se ti sciogli i capelli. Loro ti hanno vista con i capelli legati, se li tieni sciolti sei meno riconoscibile.-

-Oh...giusto.- dico, poi faccio come ha detto. Quando risposto gli occhi su di lui, vedo che i suoi sono puntati sul mio volto.

-Eh, senti...si è più saputo niente di tua madre? Era una potente ribelle, potrebbe aiutarci...-

-Non so dove sia. Probabilmente è scappata, non voleva uccidere Nathan.-

-Sì. Una madre non ucciderebbe mai i propri figli.-

"Ma un padre?" mi chiedo. E, come mi è accaduto mille volte in questa settimana, non è una domanda che resta privata nella mia testa.

Dio, a quanto pare ora sono la normale più normale mai esistita.

È fastidioso.

Witness (da dove sarà uscito questo nome?) s'irrigidisce e mi fissa per qualche istante, come fosse indeciso su cosa dire.

-Evelyn...-

-Meglio che tu vada dentro.- gli dico. E sono sincera.

Non voglio sapere com'è sopravvissuto, come ha fatto a cambiare aspetto, come è riuscito ad ingannare tutti. Anche Nathan, quando era andato nella sua base russa. Anche sua moglie, l'unica volta in cui si sono incrociati, prima dell'attacco suicida a Nathan.

Voglio solo che se ne vada.

-Non ho mai voluto che accadesse tutto questo.- mi dice lui, ignorando bellamente quello che gli ho detto. Io gli sorrido...e anche questo sorriso è sincero: sento tutto quello che mi sta accadendo come fosse un problema lontano.

Davvero nell'altra realtà ho lottato contro quest'uomo, l'ho visto morire?

-Invece volevi che accadesse esattamente questo. Complimenti, hai vinto: hai creato e distrutto il tuo perfetto erede. Vanne fiero.-

Vedo una macchina che si avvicina all'inizio del vicolo: sono Adrian e Cass.

Evidentemente l'uomo che ho accanto sente che devo andare, perchè dice in fretta e con un tono ansioso:

-Sei sicura che Karen non tornerà?-

-Non è affar mio.- gli rispondo subito, facendo qualche passo verso l'auto -Io non sono vostra figlia.-

Del resto...è vero, no? Non dovrei sentirmi in colpa me quello che sto facendo.

Se lo merita. Se lo meritano tutti e due.

Salgo sulla macchina senza voltarmi. Dopo qualche istante stiamo percorrendo la strada principale di questa città di cui non conosco nemmeno il nome, diretti all'ospedale.

-Allora? Come va?- mi chiede Cass, seduta davanti accanto ad Adrian -Ho visto il video, sai?, e avevi un'espressione così convincente e distrutta che veniva voglia di venire ad abbracciarti e spupazzarti...-

-È un modo per dirti che sei stata convincente.- chiarisce Adrian. Peccato, stavo cominciando a pensare che Cass ci stesse provando con me. Beh...quasi me lo aspetterei da lei: in una settimana non ho ancora capito come abbia fatto a finire dalla parte di Nathan. Insomma, è simpatica e dolce e ogni volta mi chiede come sto anche se sono una completa sconosciuta.

Mi sto affezionando troppo alla gente, in questo periodo.

-In realtà quell'espressione disperata e spupazzabile è quella che ho sempre.- noto io. Adrian sbuffa e senza voltarsi (ci credo, sta guidando) dice:

-Smettila di deprimerti, miss "disperata sono e disperata morirò". Ok, è successo un casino, ma ora è tutto finito. Possiamo almeno tentare di avere una vita normale, no?-

-Ho praticamente ucciso metà dell'umanità ma fa niente, andiamo avanti con la vita...- ripeto per la millesima volta questa settimana.

E succede una cosa che al momento non mi sarei aspettata: Cass si volta verso di me e vedo per la quarta volta questa settimana la sua espressione da incazzatura:

-Va bene, hai ragione. È colpa tua, contenta? Sei un'assassina, bene. Non andarne fiera. Del resto, sei stata solo manovrata da Nathan e appena hai avuto l'occasione di fermarlo l'hai fermato, evitando che accadesse il peggio. Odiati per questo. Pensa a che brave persone siamo noi, allora, no? Io ho tentato di evitare uccisioni di innocenti ma avrei potuto fare molto di più, lo stesso Adrian. Tutti avremmo potuto. Anzi, guarda un po': l'unica che in teoria ha tutto il diritto di non sentirsi in colpa sei tu, sai? Quindi facci il favore di non continuare a menarla e dacci tregua, che ti stiamo portando all'ospedale e tra poco lo rivedrai. Tirati su, cazzo!-

Ecco che tipo è Cass. Diretta e crudele, come serve a me.

-Dai, non maltrattarla così.- sbuffa Adrian. Non mi serve avere poteri strani per sapere che sta sorridendo.

-No, ha ragione.- lo contraddico io -Come tutte le altre volte che me l'ha detto, comunque. Stavolta m'impegno, va bene?-

-Se non riesci a fare di meglio.- sbuffa Cass...sinceramente arrabbiata per questo mio continuare a menarla sull'omicidio di massa che ho contribuito a fare. Come se mi conoscesse da sempre.

In qualche modo che non mi è molto chiaro le reti telefoniche mondiali non sono crollate (cosa che avevo dato per certo, nella mia fiducia per il mondo) e per questo non mi sorprendo quando sento il cellulare che mi hanno gentilmente offerto vibrarmi in tasca. Ho solo quattro numeri memorizzati: quello di di Adrian, quello di Cass, quello di Catchlyt (orrore) e...quello dell'ospedale.

Ovviamente non è Catchlyt che mi sta chiamando ora.

Tempo un millesimo di attimo e sto già dicendo, col cellulare attaccato all'orecchio:

-Pronto?-

-Evelyn Faber?- mi risponde una voce femminile.

-Sì, sono io.-

-Prima di tutto voglio dirti che secondo me non è colpa tua. Insomma, non avresti potuto fare tanto, Faber era una bestia. Comunque...ci hanno detto di contattare te se c'erano cambiamenti nella situazione di Sanders...-

-Sta bene?- la interrompo senza rendermene conto, mentre Cass si volta verso di me con un'espressione allarmata -Cosa gli è successo? Mi hanno detto che stava migliorando, che l'operazione è andata bene...-

-Sì, sta meglio. Si è stabilizzato...riteniamo che tra poco si risveglierà. Volevamo solo avvertirti di questo.-

Si risveglierà.

Oddio. Si risveglierà.

-Riusciresti ad arrivare in tempo? Sai...potrebbe reagire male, ci hai detto che non è pericoloso ma in questa situazione...-

-Sono già qua, arrivo tra poco.- le dico mentre entriamo nel parcheggio dell'ospedale. E penso non sia un bene che quasi mi lanci fuori dalla macchina per arrivare prima nella fatidica camera 213.

Sto impazzendo.

Dopo quelli che sono cinque minuti ma che nella mia testa sembrano cinque anni belli intensi, io e gli altri due coglioni arriviamo alla stanza d'ospedale dove tengono il quarto deficiente. Come sempre fatto in questa settimana, Adrian e Cass si piazzano fuori dalla porta per prevenire intromissioni di gente a cui non sono poi così simpatica come alla tizia che mi ha appena chiamata (ehi, non si può pretendere tutto dalla vita) e io, manco a dirlo, quasi scardino la porta mentre la apro per entrare.

E vedo qualcosa che, incredibile ma vero, per un istante mi rende...felice.

Evan è sveglio.

-Ehilà.- è la prima cosa che dice, con una voce roca per il poco utilizzo e con un'espressione un po' rimbambita dalla morfina. Io mi siedo sulla sedia che hanno piazzato accanto al letto apposta per me, e mi accorgo di stare sorridendo solo mentre gli rispondo:

-Ehilà. Hai una faccia proprio da schifo.-

-Anche io ti trovo bene.- sorride lui di rimando. Ormai comunichiamo così, già. Io lo insulto e lui sorride.

Si è svegliato e a quanto pare starà bene. Ehi, Babbo Natale...non ti pare un po' presto per i regali?

Si guarda un po' attorno; probabilmente si è svegliato davvero un secondo prima che io arrivassi. Poi solleva il braccio sinistro per guardare l'ago della flebo, e fa:

-Ehi, ma qua c'è qualcosa di nuovo.-

-Già. Quando ti sei sparato addosso da solo i marchingegni strani che avevi sono tipo collassati...beh, se tu avessi avuto ancora le parti originali saresti morto subito: con il polmone cibernetico o come cazzo si chiama hai resistito abbastanza. E Adrian è riuscito a rintracciare la figlia della tipa che ti aveva ricostruito dopo l'esplosione, Shepard, e lei a quanto pare sa tutto delle tecniche della madre perchè ti ha salvato, e visto che c'era ti ha rimesso a posto anche quelle...-

-Bastava dire che mi hanno messo delle dita nuove.- m'interrompe lui, muovendo il mignolo e l'anulare ritrovati della mano sinistra. Poi abbassa la mano e mi guarda con un'espressione strana:

-In che senso, quando mi sono sparato da solo?-

-Beh...era un attimo ovvio che Nathan avrebbe respinto il proiettile, no?-

-Quindi è colpa mia.- conclude Evan.

-Non sto dicendo questo.- obbietto io, ferita nell'orgoglio da questa accusa di dargli la colpa -Sto dicendo solo che era prevedibile.-

-Mi sono svegliato da cinque secondi e mi dai del coglione. Grazie, eh.- fa lui, poi sbuffa alzando gli occhi al soffitto...ma mentre lo fa sorride.

Sorride, il coglione.

-Sì, beh, potevi non rischiare di morire. Saremmo stati tutti più tranquilli, no...?-

-Che ti è successo al braccio?- m'interrompe senza tante cerimonie Evan. E io sposto gli occhi sulla mia spalla, quasi non ricordando che è sepolta sotto mille fasciature e sette bei punticini.

-Cass mi ha sparato. Cioè. Non è che volesse spararmi, ha mirato a Nathan e lui si è spostato, quindi ha beccato me perchè ero nella traiettoria. Non ti ricordi?-

-Mi sa che ero già andato per metà quando è successo.- confessa lui. E ora tocca a me sbuffare, prima di cominciare a raccontargli tutto.

Con calma...perchè non c'è più alcuna fretta, no?

-Allora. Non so se l'hai sentito anche te...-

-L'ho sentito.-

-I normali che urlavano?- gli chiedo per sicurezza, e lui annuisce:

-Sì.-

-Ma com'è possibile, se non hai poteri?-

-Penso sia una...connessione, chiamiamola così. Una connessione oltre a tutto, oltre ai poteri e ai non poteri e cazzate varie. Una cosa semplice che ci unisce.- prova a spiegarmi, e capisco che è quello che penso io da sempre ma che non sono mai riuscita a tradurre in parole -E penso che per questo tutti li abbiano sentiti. Pensatori e immuni...perchè adesso siamo solo noi, no?-

Eh, no.

-Ci sono io.-

Mi guarda confuso, e io aggiungo:

-Il generatore aveva bisogno di energia. Penso...beh, penso che per riportare in vita una persona normale sarebbero "bastate" le vite dei normali. Ma Nathan ha voluto riportare in vita me, quindi è ovvio che siano serviti anche i miei poteri.-

-Riportare in vita te? Mi sono perso.-

Giusto, giusto. Lui se n'è andato anche prima che la morta si risvegliasse dalla tomba.

-Nathan voleva riportare in vita la mia versione di questa realtà.- riprendo a spiegargli -Quella che hai conosciuto te, insomma. Quindi ha caricato il generatore con le vite dei normali e, in più, pure con i miei poteri. Per questo ti ha mandato a cercarmi in tutte le realtà: le Ivy troppo deboli sarebbero potute essere una spina nel fianco e quindi andavano eliminate; quella più forte, e quindi quella che aveva creato la nuova realtà, sarebbe stata la carica per il generatore.-

-Quindi ti ha tolto i poteri?-

-Sì.-

-Quindi sei l'unica normale.-

-...sì.-

Evan fa un'espressione strana, e aggiunge:

-Quindi poteva andarti peggio. Poteva ucciderti.-

In effetti...chissà perchè Nathan non ha fatto in modo che il generatore prendesse anche la mia vita come tributo. Ci sono troppi "chissà perchè" in questa storia.

-Già.-

-Poi? Cos'è successo?- chiede lui.

-Beh...io sono svenuta, e l'altra Ivy è tornata in vita. Ma Nathan aveva sbagliato a giudicarla, pensava che lei sarebbe stata dalla sua; invece l'ha distratto, dandomi il tempo di rompere il generatore e quindi farla morire.-

-Così Nathan sarebbe rimasto da solo, distrutto e disperato.- aggiunge Evan -Cristo...se l'è vista morire davanti agli occhi?-

-Si stavano abbracciando quando è successo.- gli dico io. E capisco che Evan la pensa esattamente come me: nemmeno lui augurerebbe una cosa del genere al suo peggiore nemico.

-Mi ricordo quando sei morta.- sussurra Evan, così piano che quasi non lo sento -Faber mi aveva già cancellato la memoria. Ma ho visto Nathan, e quello mi è bastato: era distrutto. E dal mio punto di vista, pulito da ogni ricordo e senza conoscere tutto quello che era successo, era evidente che avrebbe ucciso Faber...vostro padre. Non ho mai visto nessuno soffrire così.-

-Non volevo che lei gli morisse tra le braccia.- dico io. Dio, quanto mi sento in colpa.

-Quasi lo capisco.- aggiunge Evan, e mi accorgo dopo qualche istante che mi sta guardando mentre dice -Ora mi ricordo di quando sei caduta dalla scogliera. Ero convinto che fossi morta, sai? Vederti morire di nuovo sarebbe come morire...ed essere costretti a continuare a vivere. Una sofferenza unica. Quasi mi dispiace per Nathan.-

Oh, beh. Che bello sentirsi dire che sarebbe una sofferenza se morissi. Mai le mie orecchie hanno udito cosa più romantica. Ma ora basta, dai.

-Dopo sono arrivati Cass e Adrian.- continuo a raccontare -Cass ha sparato, ma Nathan l'ha sentita e si è spostato. E, come ti ho già detto, ha beccato me alla spalla. Poi ha sparato anche Adrian e l'ha ucciso.-

-Nathan non ha sentito anche lui?-

-...penso di sì. Ma, insomma...penso che abbia realizzato tutto. Cos'aveva fatto, cosa sarebbe diventato. E ha deciso di farla finita.-

-Meglio tardi che mai.- nota Evan.

Rimaniamo in silenzio per qualche istante: Evan pensa alla prossima domanda, io l'aspetto. Perchè è ovvio ciò che mi sta per chiedere.

-E adesso?-

-Adesso io non avrò una vita semplice.- rispondo, e sento di stare sorridendo senza alcuna allegria -Mezza oretta fa ho fatto una specie di registrazione in diretta mondiale, e ho raccontato tutto quello che è successo. Mi sembrava...giusto.-

-Si, certo.- sbuffa Evan, lasciandomi senza parole per il suo tono scazzato -Così tutti daranno la colpa a te e ti perseguiteranno per sempre. Ma quanto sei cogliona?-

-Scusa se è colpa mia se sono morti tutti, eh. La prossima volta ci penserò due secondi prima di...-

-Prima di cosa, di grazia?- m'interrompe Evan, e sembra davvero incazzato -Te non hai fatto proprio niente, anzi, sei quella che fino ad ora ha subito più di tutti. È Nathan il colpevole, non sei te. Potevi evitare di diventare il capro espiatorio di un massacro.-

Me lo dicono tutti, che palle.

-Almeno così mi sento meno in colpa..- obbietto, incazzata quanto lui per questa sua reazione idiota. Ma, come sempre, quello che dice dopo fa evaporare magicamente tutta la mia arrabbiatura:

-E ora che faremo? Potremo chiedere aiuto a Catchlyt, del resto lui sa cos'è successo davvero...spero che i governi che si formeranno non se la prenderanno con te...-

-Frena, bello.- lo interrompo dopo qualche secondo, e non riesco proprio a non sorridere. Ivy Faber, cogliona fino al midollo.

-Zitta, hai già combinato abbastanza guai in una settimana che sono fuori gioco...-

-In che senso "e ora che faremo"?-

Questo lo zittisce. Abbassa di scatto le braccia che aveva alzato per enfatizzare la sua incazzatura per le mie cazzate, fissa il muro per qualche istante e poi risposta gli occhi su di me con un'espressione che, giuro, è ferita:

-Una settimana e ti sei già trovata un altro? Che troia.-

-Dai, hai capito cosa intendo.- sbuffo io -Sarò, sono, nella merda fino al collo...vuoi seguirmi?-

-Ti dirò, la puzza di merda non mi dispiace.- risponde subito lui. Non gli tiro un pugno solo perchè è ancora mezzo ammaccato, e lui subito aggiunge:

-Ok, ok. È che...insomma, ti ho vista morire e ho passato due anni senza ricordarti. Non voglio perderti di nuovo. Anche perchè non conosco praticamente nessun altro in questo mondo...-

-Va bene. Ho capito.- lo interrompo prima che cominci a blaterare su quanto sia triste e solitaria la sua vita etc etc (oggi sono proprio egoista). Poi mi ricordo dei due coglioncelli qua fuori, e dico a Evan:

-Potremmo stare ancora con gli altri. Sai, non fare i lupi solitari, restare con quelli che ci hanno dato una mano.-

-Tipo Catchlyt?- nota lui, e io lo guardo male per l'espressione divertita che ha:

-Tipo Adrian e Cass. Sono loro che ci hanno salvato il culo, Adrian ci ha dato un'aiuto enorme ed è Cass che ti ha tenuto in vita fino a quando siamo venuti qua...solo perchè Adrian gliel'ha chiesto, visto che neanche ci conosceva.-

Non aggiungo che lei ha salvato la vita anche a me, impedendo che uno stupido proiettile nella spalla mi strappasse da questo mondo crudele. Chissà perchè, poi: perchè questo è rientrato nella lista di cose da tenermi per me? Perchè ricorderebbe che è stata Cass stessa a spararmi?

Non so se dirò mai a qualcuno del mio "viaggio interiore", comunque. E questo è un punto della lista di cose da tenermi per me un po' diverso da "Cass che prima mi ha quasi ammazzata e poi mi ha salvato la vita".

Anche perchè a quanto pare i miei poteri hanno fatto puf per sempre...ma non posso esserne sicura, no? E se il Nathan del viaggio interiore avesse avuto ragione? Se loro ("loro"?) fossero come pietrificati in me? Se, quindi, un giorno tornassero, e con quelli i casini?

Che vita incasinata.

-Che ti preoccupa, raggio di Sole?-

No. Non può averlo detto sul serio. Devo aver sentito male.

Alzo gli occhi, e vedo che Evan mi sta osservando con un'espressione divertita e tranquilla assieme.

-Quando hai quella faccia stai pensando a qualcosa che ti preoccupa. Che c'è stavolta?-

Non se n'è nemmeno accorto...ma questo non importa. Perchè, insomma, cosa mi può importare adesso?

Evan sta bene.

Sta bene e passeremo il resto della nostra vita insieme e pucci pucci ciao. Cioè, può accadere che ci aspetti un futuro roseo.

Togliendo la morte di tutti i normali (robetta) e la diretta mondiale che mi ha resa la colpevole principale della sopracitata morte di tutti i normali, beh...ora non c'è più niente, no? Possiamo starcene tranquilli a poltrire per sempre, come pensavo quando un'altra sua versione mi chiamava ancora "raggio di Sole".

-Niente.- dico a Evan, in attesa di una risposta con i suoi occhioni verdi spalancati -Non c'è niente per cui preoccuparsi, no? Non più.-

Sentendo questa massima lui fa un sorriso che non gli ho mai visto sul volto: semplice semplice, in pace.

-Già. Magari adesso qualcosa andrà per il verso giusto, eh?-

-Magari.- gli rispondo, e ci credo.

Ci credo davvero.

  
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