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Autore: Inco001    25/12/2014    12 recensioni
Harry e Louis sono due persone normalissime, sono i loro segreti a non esserlo. In particolare il segreto che hanno in comune, ecco, quello di normale non ha proprio niente, neppure ad Hogwarts.
Ma non è colpa loro, è il destino! O forse sono proprio loro?
“Innanzitutto doveva analizzare il problema. Be', aveva il corpo di Louis Tomlinson e la mente di Harry Styles. Semplice. Assurdo.”
“Fino a due giorni prima non si conoscevano nemmeno... E ora vivevano uno la vita dell'altro. Chissà, magari Louis aveva ragione, non poteva essere tanto male. O forse era solo molto molto peggio.”
[Hogwarts!AU] [Louis/Harry]
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson
Note: AU, Cross-over, What if? | Avvertimenti: nessuno
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..In Your Skin..
 
 
 
 
 
 
 
 





 
Fiori e tempeste - Parte 2 (o cosa non ho fatto per te...)
 
Louis percorse la distanza tra gli spogliatoi e la Biblioteca correndo. Quando arrivò aveva il passo trafelato e il fiato in gola. Non prese nemmeno un secondo per riprendersi, né per pensare. Che cosa avrebbe dovuto pensare, poi? Era tutto così confuso nella sua mente, tutto così privo di senso. Superò l'ingresso e si fiondò verso il tavolo che ormai considerava suo e di Harry -e anche di Malik, purtroppo.
Come previsto, Harry e Zayn erano lì e lo guardarono stupiti mentre incedeva verso di loro.
«Louis, l'allenamento è finito presto?!», esclamò Harry una volta che Louis fu abbastanza vicino. Louis ignorò il commento. Ignorò anche il modo in cui gli occhi di Harry si illuminarono al solo vederlo e il modo in cui si adombrarono quando si accorsero della sua espressione furiosa.
«Harry, noi due dobbiamo parlare». L'informazione sembrò mandare Harry nel panico. Malik, invece, rimase perfettamente a suo agio come sempre, ma le sue dita tamburellavano nervosamente sul tavolo. Quindi anche lui sapeva qualcosa...
«S-sì, certo», rispose intanto Harry, il suo tentativo di parere calmo fallì miseramente perché la sua voce tremava. «Va tutto bene?»
«Non qui», tagliò Louis. Non voleva discutere in Biblioteca e tanto meno di fronte a Malik.
Harry annuì nervosamente. «Sì, okay...», poi si alzò dalla sedia con lentezza.
Louis gli diede le spalle e si diresse verso l'uscita senza guardarsi indietro, era certo che Harry lo stesse seguendo. Louis condusse Harry fino al terzo piano, poi imboccò un corridoio deserto e una volta lì si fermò e si girò verso lui. Harry aveva dipinta in volto la più nervosa delle espressioni. Poteva significare solo una cosa: sapeva perché erano lì e sapeva di cosa dovevano parlare. Harry era colpevole. Louis non conosceva ancora il crimine, ma Harry era colpevole.
Si schiarì la gola, poi iniziò:«Liam dice», e non gli sfuggì l'ondata di terrore che attraversò il volto di Harry al sentire nominare Liam, «dice che sono settimane che non salto un allenamento di Quidditch. Ora, capirai anche tu che c'è un problema, perché io sono assolutamente certo di averne saltati diversi, dal momento che sono stato trattenuto in alcune occasioni, sai bene quanto me da cosa», spiegò, «E quindi non posso fare a meno di chiedermi: se io ero bloccato nel tuo corpo, il mio corpo come c'è andato agli allenamenti per tutto questo tempo?»
Harry rimase muto, con i denti a tormentare le labbra, lo sguardo basso e una piega nervosa a segnargli la fronte. Quel silenzio non fece che innervosire Louis.
«Harry, devi dirmi che cosa hai fatto», sbottò, « Anzi, come hai fatto. Hai finto di essere me durante gli allenamenti? Perché Liam non si accorto di niente? Perché-»
«Posso spiegare», Harry lo interruppe bruscamente, « Ti giuro che posso spiegarti tutto. Solo... non pensare che io non volessi dirtelo, sono stato sul punto di parlartene così tante volte, davvero, ma avevo paura che la prendessi nel modo sbagliato e non volevo rovinare tutto di nuovo e-»
«Si può sapere di che cosa stai parlando?»
Harry lo guardò per qualche istante con gli occhi verdi brillanti di timore, poi prese un respiro profondo e parlò: «Io gioco a Quidditch. Da un po'. Ho iniziato ad allenarmi qualche mese fa insieme a Zayn e da allora sono diventato abbastanza bravo, più o meno. E... negli ultimi tempi ho preso il tuo posto negli allenamenti con la quadra», disse, «Ecco, le cose stanno così».
Louis ci mise qualche istante per comprendere quelle parole. La sua testa non collaborava.
Qualcosa non tornava.
Rimase a bocca aperta, esterrefatto. Quello era... okay, avrebbe dovuto aspettarselo dopo aver parlato con Liam, ma aveva rifiutato l'idea perché gli sembrava troppo assurda. Nella sua testa quello era tutto uno scherzo. Harry e il Quidditch erano due mondi a sé stanti, lontani anni alluce. Come avevano potuto incontrarsi?
«Tu... davvero... è vero, Harry?»
Harry annuì lentamente, spaventato, ma serio. Assolutamente serio. Louis rimase a fissarlo sconcertato.
Forse avrebbe dovuto arrabbiarsi, ma al momento c'era solo una cosa che riusciva a pensare, una sola domanda che gli rimbalzava da una parte all'altra della testa: «Perché? Perché hai fatto una cosa del genere?», chiese.
Dopo qualche tentennamento, Harry rispose: «Volevo essere sicuro che se ci fossimo scambiati di nuovo avrei saputo cosa fare anche in un campo da Quidditch... Non volevo che tu dovessi vivere nell'imbarazzo per colpa mia. Stavi così male quella volta quando ti ho umiliato davanti alla scuola... E io non capivo perché per te fosse tanto importante, ma sapevo che dovevo fare qualcosa, allora-»
«Aspetta, vuoi dire che questa cosa va avanti da quando c'è stata l'amichevole?»
Harry annuì debolmente.
L'amichevole era stata ad Ottobre. Ottobre! Una vita prima. E Louis non sapeva nulla.
«Sono più di cinque mesi... Cinque mesi e non mi hai mai detto niente...»
«Lo so e, credimi, mi sentivo così in colpa a tenertelo nascosto, ma... All'inizio non ero nemmeno certo che avrei continuato. Non sapevo nemmeno volare, come potevo sperare di riuscire ad imparare a giocare a Quidditch? Che senso avrebbe avuto dirtelo? Poi, sorprendentemente, sono migliorato... Adesso so volare come se l'avessi sempre fatto e me la cavo anche con la pluffa e, non so come sia possibile, ma mi piace anche».
«Se... se le cose stanno così, allora perché hai continuato a tenermelo nascosto?»
Harry gli rivolse un'espressione colpevole. «Te l'ho detto, avevo paura di rovinare tutto...»
Louis sentì la rabbia montargli dentro: «E se lo avessi fatto adesso?»
«No! No, ti prego. Louis, non-»
«Avevi detto che non c'erano più segreti», lo accusò.
«Lo so, ma questo era diverso... Come potevo dirtelo se temevo sarebbe successo esattamente quello che sta succedendo? Come potevo rischiare di perdere tutto, di perdere te, solo perché ho cercato di fare qualcosa di buono proprio per te? So che ho sbagliato e mi dispiace, mi dispiace averti mentito per così tanto tempo, ma, ti giuro, l'ho fatto solo perché io ti-», si interruppe, «Perché sei così importante, così tanto... Ti prego, non roviniamo tutto per questa cosa, Louis, per favore...»
Louis sentiva una tempesta agitarsi dentro di sé. Non sapeva cosa dire. Non sapeva come interpretare le parole di Harry.
Harry gli aveva mentito per mesi. Aveva preso una decisione che lo riguardava direttamente e non gli aveva detto niente. Aveva fatto qualcosa che non avrebbe mai fatto, se non fosse stato per lui, solo perché...
Louis si chiedeva se dovesse assecondare la delusione e la rabbia che sentiva montargli dentro o lasciare che il desiderio di raggiungere Harry e rassicurarlo e abbracciarlo forte prendesse il sopravvento.
Dopo qualche secondo, prese la sua decisione.
«Incontriamoci davanti all'uscita principale fra venti minuti, vestiti comodo», disse.
«Che- perché?»
«Lo vedrai. Ci vediamo dopo».
 
 
 
 
Louis lo aveva scoperto. Harry sapeva che sarebbe successo, prima o poi. Averlo saputo non lo aiutava a sentirsi meno male ora che stava succedendo...
Aveva tirato tirato troppo la corda. Aveva rischiato troppo andando agli allenamenti al posto di Louis. Eppure ce l'aveva quasi fatta... Mancava così poco... Quattro giorni. Quattro giorni e poi sarebbe tutto finito, poi avrebbe confessato tutto a Louis, nel modo giusto. E invece, ad un passo dal traguardo, qualcosa era andato storto. Louis aveva scoperto quello che aveva fatto nel modo peggiore possibile e Harry aveva paura di quello che sarebbe successo...
Una cosa era sicura: Louis era incazzato, ferito anche. Ma Harry non aveva proprio idea di cosa stesse per succedere, non sapeva se le cose fra di loro fossero in procinto di andare a pezzi ancora una volta. Non voleva nemmeno considerare quell'opzione, in realtà. Ora come ora, l'idea di doversi separare da Louis era il pensiero più doloroso che potesse attraversargli la mente.
Aveva iniziato ad allenarsi a Quidditch per aiutare Louis e ora rischiava di perderlo per colpa di quella stessa cosa. No, non poteva andare così, non poteva finire così...
 
Quando arrivò al punto prestabilito da Louis, con qualche minuto di ritardo, Louis era già lì. E Harry non sarebbe potuto essere più sorpreso di quello che vide.
Louis aveva una Pluffa incastrata sotto il braccio e stringeva un manico di scopa per mano, nella destra teneva la sua scopa personale, nella sinistra una scopa anonima, simile a quella su cui Harry si era allenato con Zayn.
A quella vista si accese all'istante un'idea nella testa di Harry. Che Louis volesse per caso...
Louis non prestò attenzione al suo sguardo interrogativo e imboccò il sentiero che portava verso il parco.
Ancora una volta quel giorno Harry fu costretto a guardare la schiena di Louis allontanarsi e ancora una volta ne sentì il richiamo irresistibile e la seguì.
Louis taceva, Harry pensava.
«Stiamo andando al campo?», chiese. Così avrebbe tutto avrebbe avuto più senso...
«No. La mia squadra è ancora lì che si allena»».
In effetti quella non era la strada che portava al campo da Quidditch. Ma dove potevano mai andare con due scope? Harry non osò chiedere. La freddezza di Louis lo intimoriva. Louis era sempre stato allegro e anche quando non lo era fingeva di esserlo e cercava di supplire alle sue mancanze con sorrisi ed ironia. Ma così... con questo Louis freddo, sfuggente e con la voce priva del suo solito trillare vivace, ecco, con questo sconosciuto minaccioso Harry non sapeva come comportarsi.
Dopo che ebbero camminato per parecchi minuti, inoltrandosi sempre di più nel parco, Louis si fermò e «Qui va bene», annunciò.
Harry si guardò attorno, cercando un segno, un indizio, qualsiasi cosa che gli potesse svelare cosa passava nella testa di Louis in quel momento. Ma niente. Erano nel bel mezzo del nulla.
Louis lo aveva portato fino ad un ampio spiazzo erboso in prossimità del lago nero. Lì il prato si stendeva per decine e decine di metri in un susseguirsi di giovani steli d'erba verdissima e timidi fiori, i primi di quell'anno. Un pallido sole scintillava sul lago in lontananza e il vento, per quanto ancora freddo e sferzante, faceva danzare gli alberi al suo melodioso ritmo. La bellezza di quel posto era tale che per qualche istante Harry dimenticò tutto il resto e si lasciò semplicemente travolgere da essa. Poi, però, il suo sguardo scivolò sulla figura di Louis. Era anche lui bellissimo, degno di quel paesaggio quanto il più grazioso fiore. Ma in lui c'era qualcosa di inquietante e spaventoso, qualcosa che stonava in quella giornata che sapeva già di primavera. Negli occhi di Louis c'era una tempesta di neve e ghiaccio. C'era un conflitto, incastrato nella piega della sua fronte, una lotta tra due parti che, Harry lo sapeva, presto sarebbe giunta al termine. Ma come?
Harry si fece coraggio e, pur non essendo sicuro di voler sapere la risposta, domandò: «Cosa facciamo qui?»
Come risposta, Louis gli lanciò una scopa, la sua, e «Giochiamo», disse.
Harry afferrò la scopa al volo, ma, mentre Louis montava sulla propria, Harry rimase fermo dov'era, incerto. Che cosa avrebbero ottenuto giocando? Che cosa sarebbe cambiato, se avessero giocato? Harry voleva solo essere perdonato da Louis, solo quello... Non voleva giocare. Non era per questo, non era per affrontare Louis, che si era allenato per tanto tempo. Non poteva giocare con Louis! Non ne sarebbe stato in grado...
«N-non abbiamo gli anelli...», tentò, fu la prima scusa che gli passò per la mente.
Ma Louis disse, prontamente: «Vedi quegli alberi laggiù? Se guardi bene, a circa venti piedi d'altezza ci sono dei punti in cui le foglie sono più rade. Noi dobbiamo mandare la palla lì in mezzo, proprio come se fossero degli anelli»», Louis glieli indicò con le dita. Erano esattamente tre, larghi quanto un vero anello da Quidditch. Sembrava quasi che qualcuno li avesse realizzati apposta.
Con un po' di fantasia potevano andare. Ma Harry non voleva che andasse. Non voleva giocare con Louis, non era pronto...
Louis, intanto, continuava inesorabilmente a parlare: «Io ti farò dei passaggi», riprese, «Prima casuali, poi secondo alcune formazioni della squadra. Voglio che prendi tutte le Pluffe possibili. Quando ti dico di ripassarmi la palla, me la passi, quando ti dico di mandarla a segno, la mandi a segno. Tutto chiaro?»
Harry non riusciva ad interpretare le intenzioni di Louis. Qual era il senso di tutto ciò? Louis voleva metterlo alla prova? Umiliarlo? Vedere se era stato sincero quando aveva detto di essere capace di giocare?
«Tutto chiaro?», ripeté Louis, spazientito dal suo silenzio.
Harry non voleva giocare con Louis. Ma non voleva nemmeno arrendersi. Così avrebbe solo dimostrato che tutti quei mesi di menzogne non erano serviti a nulla. Se Louis aveva bisogno, per qualche ragione, di una dimostrazione di quello che sapeva fare, bene, gliel'avrebbe data. Certo, a malincuore e col rischio di umiliarsi o di perdere per sempre la sua amicizia -e con essa tutto il resto-, ma gliel'avrebbe data.
«Sì, tutto chiaro», disse allora.
Louis non aspettava altro e prese immediatamente il volo. Poco dopo si fermò a mezz'aria e si voltò a fissare Harry con durezza.
Harry non si lasciò intimorire da quello sguardo. Montò a sua volta sulla scopa e volò sicuro verso il cielo, verso Louis, senza tentennare nemmeno una volta.
Quando gli planò accanto, Louis lo guardò vagamente stupito. Cosa si aspettava, che sarebbe caduto come un principiante? Che al primo alito di vento avrebbe traballato? Che non sarebbe nemmeno riuscito a sollevarsi da terra come faceva ai primi tempi? Be', si sarebbe ricreduto. Harry era cambiato, era diventato bravo. E all'improvviso l'idea di poterlo dimostrarlo a Louis non gli sembrava più una cosa tanto spaventosa.
«In posizione», ordinò Louis. Harry sì allontanò di qualche metro fino a che Louis non gli fece segno di fermarsi.
«Al mio tre iniziamo. Uno, due, tre!»
Louis fu velocissimo a scattare in avanti verso "l'anello", ma Harry non si fece cogliere impreparato e fu subito pronto a seguirlo. Dopo quello scatto, Louis si bloccò all'improvviso, come se un avversario immaginario stesse cercando di placcarlo. A questo punto Harry sapeva che gli avrebbe passato la Pluffa. Louis eseguì alcune finte -che servivano sia per sviare il suo avversario immaginario sia per confondere Harry sulla direzione del lancio-, ma Harry fu subito pronto a buttarsi a sinistra non appena vide il suo braccio tendersi con più decisione da quella parte. Prese la Pluffa senza nessuna difficoltà.
Con la coda dell'occhio Harry vide Louis annuire per qualche istante e poi schizzare nuovamente in avanti, senza dire nulla. Gli anelli improvvisati erano ancora troppo lontani per cercare di mettere assegno un tiro, sarebbe stato da stupidi, in una partita vera, pensare di poter percorrere quella distanza indisturbato. Doveva passare la Pluffa. Harry accelerò sfruttando il vento per prendere velocità, e, arrivato al punto giusto, lanciò la Pluffa con un un tiro pulito ed efficace. Quella disegnò nell'aria una parabola perfetta, abbastanza alta e veloce per non essere intercettata. Louis l'afferrò senza alcuna difficoltà. Non fece commenti, ma Harry sapeva di aver fatto un passaggio eccellente.
Louis diminuì la distanza fra le loro scope e gli ripassò la Pluffa.
«Ora sono il tuo avversario», disse parandoglisi di fronte, «Liberati di me e poi vai a segnare».
Harry annuì impercettibilmente.
Louis lo marcava stretto e ogni volta che Harry tentava di sterzare, gli si parava davanti, impedendogli di passare oltre e cercando di rubargli la palla. Louis, pur usando una scopa più scarsa, era più rapido di Harry nei movimenti e nei riflessi. Continuando così Harry avrebbe finito per farsi rubare la palla.
Se non riusciva a smarcarlo passando di lato, sarebbe passato da sotto.
Harry si strinse forte alla scopa, poi, concentrandosi, bloccò il flusso della magia. L'istante successivo la gravità riprese ad attrarlo verso il terreno e precipitò verso il basso ad una velocità tale che per Louis fu impossibile fermarlo, o seguirlo. Dopodiché, Harry riprese il controllo della scopa e si fiondò in avanti, lanciando indisturbato la palla dentro l'anello centrale.
Quando si voltò, qualche metro più in la, Louis lo guardava. Forse era la distanza che lo ingannava, ma Harry avrebbe potuto scommettere che nei suoi occhi c'era qualcosa che aveva molto a che fare con l'ammirazione.
«Bene, adesso proviamo lo schema numero tre!», annunciò Louis, con la voce appena un po' più accesa rispetto qualche minuto prima.
Harry annuì con decisione e poi riprese a volare.
 
 
 
 
 
Louis era senza parole.
Guardava Harry sfrecciare nell'aria, instancabile e veloce, e proprio non riusciva a ricollegare quello che vedeva all'immagine del ragazzo debole ed incapace che aveva visto alla partita di Ottobre.
Louis guardava Harry e a stento riusciva a riconoscerlo. Aveva sempre visto molto in Harry, certo, ma non questo... Mai avrebbe pensato di vedere Harry così forte e capace davanti a lui.
Dopo più di un'ora di gioco Harry continuava a mantenere una velocità non eccessiva ma costante, un ritmo buono e, soprattutto, stava dimostrando di avere uno spirito brillante ed acuto, che era esattamente ciò che faceva la differenza tra un giocatore mediocre ed uno bravo. Ciò che Harry non riusciva ad ottenere con la forza o la velocità, lo rimediava con l'astuzia, da buon Serpeverde. Louis cercava di metterlo in difficoltà, lo sottoponeva ad azioni sempre più complesse, ma Harry, sebbene a volte con fatica, riusciva a stargli dietro.
Louis non poteva fare a meno di guardalo con gli occhi pieni di meraviglia. E pieni di pensieri...
«Harry, basta così», esclamò.
Harry fermò la sua corsa e fece inversione di rotta, volando verso di lui.
«Abbiamo finito?», per la prima volta da quando avevano iniziato a giocare la sua espressione audace lasciò spazio al timore iniziale.
«Sì, scendiamo».
Una volta a terra, Louis si lasciò scivolare sull'erba con le gambe stese tra i fiorellini. Harry l'aveva seguito senza dire una parola -ma i suoi pensieri erano talmente rumorosi che Louis riusciva quasi a sentirli- e se ne stava fermo immobile di fianco a lui, in piedi, stagliandosi come un Apollo davanti al sole.
«Harry, siediti, mi fai ombra», gli disse, accarezzando il terreno accanto a lui per esortarlo a sedersi.
Harry, esitante, lo accontentò.
Harry teneva lo sguardo terrorizzato puntato verso l'orizzonte. Louis guardava il suo profilo baciato dal sole e lo vedeva più bello che mai.
Louis sospirò. Poi cominciò a parlare.
«Avrei voluto che tu me ne parlassi», esordì, «Se penso che mi hai mentito per tutti questi mesi mi sento così dannatamente... male. Fa male pensare che mentre noi due stavamo assieme, mentre diventavamo amici, tu mi hai sempre nascosto qualcosa. Qualcosa che riguarda noi, qualcosa che riguarda me! C'è sempre stata questa bugia fra di noi e io non ne sapevo niente... So che l'hai fatto per me e credo di aver capito le tue ragioni, davvero, forse avrei anche fatto lo stesso se fossi stato al tuo posto, ma non posso fare a meno di sentirmi quasi... tradito».
Harry taceva, continuava a fuggire lo sguardo di Louis e puntava il proprio lontano, mentre una smorfia sofferente gli turbava il viso.
«Sai qual è la cosa che mi dispiace di più?», chiese Louis dopo qualche minuto.
Harry scosse la testa debolmente, senza osare ancora guardarlo.
«La cosa che mi dispiace di più... è essermi perso tutto questo», disse con amarezza, «Avrei voluto esserci quando hai volato la prima volta e poter dire "io c'ero!". Avrei voluto vederti mentre miglioravi, ogni giorno sempre di più, e avrei voluto insegnarti tutto quello che sapevo e poter affermare "l'abbiamo fatto insieme". Il Quidditch era mio. Ora so che mi sarebbe piaciuto se fosse diventato anche nostro... Mi sembra di aver perso così tanto, di te, per noi... Harry, prima ti guardavo giocare e non riuscivo a riconoscerti! Eri meraviglioso. Ma quella era una parte di te che io non sapevo nemmeno esistesse. Una parte di te che mi piace, Dio se mi piace, ma me l'hai nascosta e ora è così difficile, nella mia testa, mettere assieme l'idea del ragazzo che ho visto giocare con quella del mio Harry».
«Sono sempre io...», disse Harry in un sussurro.
«Lo so, ma io non sapevo che tu fossi anche questo!»
Harry raccolse le gambe al petto e appoggiò la fronte sulle ginocchia, nascondendo il proprio viso.
«Mi dispiace Louis».
«Anche a me».
«Mi dispiace...», ripeté Harry, «Io volevo solo... Lo so che ho sbagliato, ma volevo solo aiutarti».
«L'ho capito e, in un certo senso, lo apprezzo anche, davvero, solo che così...»
«...così ho rovinato tutto?», Harry piegò appena il viso nella sua direzione e per la prima volta in molti minuti i loro occhi si incontrarono. Il timore in quelli di Harry si diradò non appena vide l'espressione serena di Louis.
«Solo un pochino», rispose il maggiore, regalandogli un vago sorriso. «Ma non è quello che volevo dire. Più ci penso è più ti ammiro per quello che hai fatto, solo, ecco, non approvo la parte in cui mi hai nascosto tutto per mesi».
«Scusa...»
Tacquero entrambi.
Questa volta fu Harry a rompere il silenzio.
«Pensi davvero che io sia...? Intendo, pensi davvero che mentre giocavo ero...?», non concluse la domanda.
«Fantastico? Meraviglioso? Sì, lo penso davvero Harry. Eri grandioso su quella scopa. Hai ancora molto su cui lavorare, certo, ma hai talento ed è incredibile quanto tu sia migliorato in così poco tempo. Se continuassi così un giorno potresti anche riuscire a battermi. Forse».
Harry aveva ancora il volto seminascosto tra le ginocchia, ma, da quel poco che Louis riusciva a vedere, i suoi occhi brillavano.
«Sai cosa?», continuò Louis, «Eri così bello, prima mentre giocavi, che avrei quasi voluto fermarti e baciarti lì a mezz'aria. Ovviamente non potevo farlo, perché ero incazzato con te».
«E lo sei ancora? Incazzato con me?», domandò Harry cautamente.
Louis rifletté qualche istante, poi: «Un po' sì, a dir la verità. Ma in realtà sono più che altro... sorpreso, sia in modo positivo che negativo. E anche un po' deluso, ma direi che fa tutto parte dei lati negativi della sorpresa...»
«E chi vince, tra lati negativi e positivi?»
«Mmm, direi che sono pari...», quella risposta sembrò innervosire Harry ancora di più.
«Ma-ma quindi cosa... Se sono pari, tu cosa...»
«Vuoi sapere se ho intenzione di perdonarti, per caso?», chiese con un sorrisetto.
Harry sollevò definitivamente la testa dalle ginocchia e annuì con decisione.
«Sinceramente», cominciò Louis, «non credo di essere in grado di non perdonarti. Per quanto ci sia rimasto male, non riesco ad avercela con te. In realtà, non lo voglio neanche. Fa ancora male se ci penso, ma è un male sopportabile. E' un male che voglio sopportare».
Gli occhi di Harry erano accessi di speranza. «Quindi mi perdonerai?»
Louis lo lasciò crucciarsi qualche altro secondo, poi gli disse dolcemente: «Quindi ti ho già perdonato».
E se gli era rimasto qualche dubbio in proposito, il sorriso splendente che illuminò il volto di Harry lo cancellò all'istante. Come poteva avercela con Harry quando la sua stessa felicità era dipendente dal quel sorriso?
Senza ulteriori indugi, Louis raccolse le guance di Harry tra le mani e guidò il suo volto fino al proprio. Harry si lasciò trascinare senza alcuna protesta e quando Louis appoggiò la bocca sulla sua fu subito pronto a concedergli quel bacio, prima muovendo le labbra in modo cauto, rallentate dalla paura di essere lasciate per sempre, poi il bacio divenne sempre più veloce, sempre più profondo, sempre di più, sempre chiedendo di più, desideroso di mostrare di più. Louis mise in quel bacio tutta la rabbia e la delusione e lo sconcerto provato quel pomeriggio; Harry vi infuse tutte le sue paure, tutte le sue speranze di perdono e ogni volta che la sua lingua toccava quella di Louis gli diceva «Scusa, perdonami».
Le mani di Louis scivolarono dalle guance di Harry ai suoi capelli, stringendoli quasi con violenza alla base della nuca. Harry, gemendo nella sua bocca, lasciò che Louis facesse quel che desiderava. Gli si spinse contro, affondò le mani nella sua schiena e lo strinse vicino, più vicino, fino che fra i loro petti non ci fu più spazio nemmeno per respirare. Ma non importava. Non bastava.
Una delle mani di Louis corse fino al suo fianco, lo afferrò con forza e lo trascinò in avanti. Gemettero in una sola voce quando i loro bacini si scontrarono.
Harry sentiva le lacrime fare capolino alla porta degli occhi, lacrime di gioia e di piacere. Fino ad un'ora prima credeva di avere perso Louis e ora si baciavano in mezzo a un prato.
La mano di Louis scivolò dal fianco di Harry fino alla sua coscia, accarezzandola con delicatezza attraverso il tessuto nel punto in cui era più sensibile, ma dopo quel dolce trattamento prese a strattonarla con decisione. Harry, nel suo confuso pensare, capì all'istante che cosa Louis volesse. Con un movimento tremolante si sollevò sulle ginocchia, poi scavalcò le gambe di Louis fino a ritrovarsi a cavalcioni sul suo bacino.
Louis strinse i fianchi di Harry con entrambe le mani, guidandolo sopra di lui in movimenti lenti e cadenzati. Harry, perso nell'estasi di quel momento, non era più nemmeno in grado di ricambiare il bacio di Louis, il suo intero corpo era proiettato nel punto in cui le loro erezioni continuavano a toccarsi al ritmo che le mani di Louis imponevano. La sua testa era abbandonata all'indietro, gli occhi serrati e la labbra schiuse dal piacere. Louis si avventò sul suo collo lasciato scoperto, succhiando la pelle morbida, marchiandola fino a tingerla di un rosso che nel giro di qualche ora sarebbe diventato viola e avrebbe gridato al mondo "mio".
Harry lo stringeva sempre più forte e il ritmo dei loro fianchi era sempre più veloce, quasi a tempo con i loro respiri affannati, anche se, dentro, i loro cuori battevano mille volte più veloci, seguendo una melodia segreta.
Le unghie affondarono più a fondo nella pelle, ci fu un «Louis» sibilato e subito dopo un «Harry», poi un gemito e il resto lo sanno solo i fiori che li stavano guardando.
 
 
 
Harry era sdraiato in mezzo all'erba, il terreno era umido e freddo, il sole già basso nel cielo, ma il suo corpo era ancora tiepido per l'eccitazione di poco prima. Louis, steso su un fianco accanto a lui, gli infilava dei fiori di campo tra i capelli. Stava mettendo a tacere i testimoni.
Ad un certo punto, dal nulla, Louis scoppiò a ridere.
«Che cosa c'è?», gli chiese Harry.
«Pensavo a quanto sono idiota», rispose ridendo.
«Non ero io l'idiota?»
«Lo sei, ma se non lo fossi anche io probabilmente non starei con te». Louis non doveva rendersi conto di aver appena detto che stavano assieme, perché lo disse con estrema leggerezza. Harry, dal canto suo, fece interiormente tesoro di quell'ammissione, pur sapendo che era meglio non pensarci troppo.
«Sentiamo, perché saresti un idiota, Lou?», chiese, «Non che tu non lo sia, eh».
Anziché l'ennesimo fiore, Harry si guadagnò uno schiaffetto sulla testa. Lo subì con una risatina.
«Primo, solo io posso darmi dell'idiota. Secondo, lo sono perché sono mesi che tu ti alleni a Quidditch dietro le mie spalle e non me ne sono mai accorto».
Harry si irrigidì, aveva sperato che l'argomento si fosse esaurito, invece...
«Rilassati Harry, va tutto bene adesso», lo rassicurò Louis, come se gli avesse letto nel pensiero. «E' solo che pensavo a quanto sono stato cieco a non accorgermene prima. Sparivi in continuazione, soprattutto negli ultimi tempi, e non ho mai messo in dubbio che fosse a causa della scuola. Ti ho creduto quando mi dicevi che andavi a correre! E tu che corri è ancora più incredibile di tu che giochi a Quidditch! Ti sono persino venuti gli addominali! E eccome se me ne sono accorto di quelli, ma... non ho collegato!»
Sentendo Louis parlare Harry si rese conto di quanto fosse stato idiota lui a fare quella cosa di nascosto e sperare che Louis non lo scoprisse. A ben pensarci, era stato un miracolo che non lo avesse fatto molto tempo prima.
«Già, in effetti sei proprio un idiota», disse Harry divertito.
Si guadagnò il secondo schiaffetto, ma poi quello si tramuto in una carezza, a cui ne seguì un'altra e un'altra, fino a che la mano di Louis si perse nei suoi capelli.
Harry chiuse gli occhi e si beò di quel dolcissimo tocco.
«Qualunque cosa succederà Domenica, adesso non ho più paura», la voce di Louis era solo un sussurro nel vento.
Harry spalancò gli occhi e cercò i suoi: «Cosa?»
«Adesso che so che ci sei tu, so che andrà tutto bene. Voglio dire, che ci sia lo scambio o pure no, so che tutto si risolverà per il meglio».
«Ma, Louis, io non sono al tuo livel-»
«No, non lo sei, ma ho visto quello che sai fare. Sono certo che saresti in grado di presentarti a quella partita al posto mio senza minimamente sfigurare».
«Ma-»
«Mi fido di te, Harry. Anche se mi hai mentito, io mi fido di te».
Harry sentiva il cuore scalpitargli nel petto all'impazzata per l'emozione. Alla fine tutti quei mesi di allenamento erano serviti a qualcosa. E forse lo avrebbe capito prima se non avesse aspettato tanto tempo per dirlo a Louis, ma ormai era andata così. Con il suo impegno era riuscito a rendere Louis fiero del suo lavoro e, sopratutto, l'aveva liberato della paura di sfigurare davanti al mondo. Era un piccolo passo, ma quella paura, assieme, l'avevano sconfitta.
 




 
 
 
Harry non riusciva a stare seduto per l'entusiasmo. Scalpitava ed incitava i giocatori di Grifondoro con grida di incoraggiamento, sebbene il suo tifo fosse rivolto principalmente ad un giocatore. Non si preoccupava degli sguardi di disapprovazione che i Serpeverde accanto a lui gli lanciavano. Harry aveva occhi solo per Louis, Louis che sfrecciava scattante nell'aria all'inseguimento della Pluffa ed era più bello e più in forma che mai.
La fortuna, per una volta, aveva girato a loro favore e quella mattina si erano svegliati ognuno nel proprio corpo. Harry l'aveva realizzato con un sospiro di sollievo, per quanto, in minima parte, aveva sognato di poter rendere orgoglioso Louis giocando al posto suo.
Ora Louis, giocando meglio di quanto avesse mai fatto, stava mettendo a tacere tutte quelle voci malefiche che avevano dubitato del suo talento. Qualcuno, alla fine di quella partita, avrebbe davvero perso un po' di galeoni. Harry ammirava Louis con gli occhi pieni di fierezza,  pieni d'amore, pieni di lui.
Quando Louis sfrecciò verso gli anelli e, dopo essersi liberato di tutti gli avversari, segnò l'ennesimo punto di quella partita, Harry fu il primo ad esultare. Poi alla sua voce si unì tutto lo stadio, in un unico coro di «Louis! Louis! Louis!».
 
 
 
 
 
 
 


 

 
 
Angolo Autrice:
 
Buon Natale a tutti!
Scusate il ritardo e scusate la fretta! Mia madre mi alita sul collo perché dobbiamo partire e io non mi stacco dal computer. But still. Ecco la conclusione di questo capitolo! Spero vi piaccia!
Per favore, fatemi sapere cosa ne pensate!
Ora devo proprio andare, sistemerò questo commento e aggiungerò le anticipazioni tra qualche giorno (nonché correggerò gli errori!)
A presto!
Un bacio a tutte e ancora Buon Natale!
  
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