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Autore: Rubysage    25/12/2014    2 recensioni
Guardati le spalle, Legolas! Tuo fratello ti odia e cercherà di distruggerti anche a costo di risvegliare il Male che dorme! Vecchi e nuovi amici si schiereranno al tuo fianco e ti accompagneranno in quest'ultima, terribile avventura...azione, dramma, colpi di scena e il giusto pizzico di sentimento per una storia FINALMENTE CONCLUSA dopo 17 anni!
Genere: Avventura, Azione, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Legolas, Nuovo personaggio
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
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32. La fine di ogni cosa

- prima parte -

 

 

 

I sink 'neath the water cool and clear
Drifting down, I disappear
I see you on the other side
I search for the peace in your eyes
But they're as empty as paradise

 

Bruce Springsteen, “Paradise”

 

 

 

Legolas chiuse gli occhi e attese, mentre tutto intorno a lui crollava tra le fiamme ed il fumo.

Non aveva paura della morte; non ne aveva avuta nemmeno attraversando il Sentiero dei Morti con Aragorn e Gimli. Per un elfo la morte non significava fine ma rinascita a nuova vita, un apparente privilegio da cui qualsiasi altra creatura era esclusa. Ma Legolas sapeva benissimo, anche se non avrebbe voluto ammetterlo nemmeno a se stesso, che la sua riunione con Anìrwen nelle Aule di Mandos sarebbe stata temporanea; ben presto sarebbero stati separati e destinati a nuove vite, probabilmente lontani l'uno dall'altra.

Riunione, rinascita, separazione.

Un privilegio a cui, in quel momento, avrebbe rinunciato volentieri.

Ignorò il dolore e il sangue che lo abbandonava portandosi dietro le poche forze che gli rimanevano e, trattenendo il respiro, cercò rifugio tra i ricordi che albergavano nel suo cuore, troppi anche per una vita lunga come quella di un elfo, che sarebbero presto andati perduti.

Lo sommersero dolcemente, come una marea che si sollevava portandolo in un mondo ovattato in cui l'unico rumore che poteva udire era il battito del suo cuore.

Quindi è così che si muore, si disse.

Ma ciò che lo stupì fu il pensiero che si alzava sopra tutti gli altri e che lo trasportava con sé più del viso della dolce Anìrwen, del profumo della sua terra o della risata di suo figlio...il pensiero di qualcosa che era sempre rimasto nascosto dentro al suo cuore, inconfessato perfino a Legolas stesso.

Più che un ricordo, un rimpianto inespresso.

Insieme avremmo cercato il mare, erano state le sue ultime parole per Rhiannon.

Il mare.

Radagast aveva detto che i Silmaril potevano scatenare i desideri più oscuri e inconfessati in chiunque li possedesse. Ma come poteva l'oscurità farsi strada nei desideri di una creatura fatta di luce?

Immaginò se stesso nel corpo di un gabbiano, alzarsi in volo lasciandosi accarezzare dal vento e percorrere quell'infinita distesa brillante su cui il sole si specchiava, e vedere la sua luce tornare in alto, riflettendosi in mille pezzi di vetro...potè quasi sentire le sue grida di gioia scorgendo in lontananza i foschi contorni della terraferma, l'Ovest, le Terre dei suoi padri...

E sulla riva, ad aspettarlo, lei.

Legolas sentì il cuore stringersi in una morsa di dolore.

- Anìrwen... -

Perchè, se il desiderio era grande, l'amore lo sopraffaceva.

- Torno da te per lasciarti di nuovo, amore mio... - sussurrò - Perchè ci hanno fatto questo? Perchè i Valar l'hanno permesso? -

Una lacrima gli rigò il viso mentre l'unico vero amore della sua vita gli si faceva sempre più vicina, splendente nella luce del sole che portava tra i capelli, e socchiuse piano gli occhi mentre lei tendeva lentamente una mano verso il suo viso accarezzandogli la guancia. Legolas si lasciò andare a quel morbido tocco, sperando in cuor suo di poter morire in quel momento, conservando quella carezza come l'ultimo e il più prezioso dei suoi ricordi, troppo reale, dolce e doloroso per essere un'illusione.

Quindi lei parlò.

- Sai bene che ti ho amato più di ogni altra cosa fin dal primo momento in cui i nostri sguardi si sono incrociati – disse Anìrwen chinandosi sul suo sposo. La vista di Legolas era annebbiata, ma poteva avvertire il calore, il respiro, le labbra dell'amata vicine alle sue. – E che ho giurato che non ti avrei mai lasciato, né in vita né nella morte. Ciò che è accaduto non doveva accadere...e non si ripeterà. -

- Perchè parli per enigmi? – disse Legolas – Cosa stai cercando di dirmi? -

- Che non è giunto il momento di riunirci – continuò Anìrwen - Perchè non ci siamo mai separati. Le Aule di Mandos sono lontane per entrambi. -

- Ma tu sei morta – disse Legolas - Eredhil ti ha uccisa...sei viva solo nella mia mente e nel mio cuore...e tra poco anch'io morirò... -

Anìrwen scosse la testa sorridendo dolcemente.

- C'è un confine che possiamo attraversare, amore mio - disse - E sconfiggere il tempo per sempre. -

La fanciulla prese le mani di Legolas tra le sue, sottili e diafane. L'elfo sorrise guardando i begli occhi calmi della sua sposa.

- Ho tanto desiderato di poter stringere le tue mani ancora una volta... - disse.

- Le stringerai di nuovo, come stai facendo in questo momento - disse Anìrwen attirando delicatamente l'elfo a sé.

- Vivi, ora – disse.

Legolas inspirò profondamente e si sentì sollevare, ma non dalle mani delicate della sua sposa.

Qualcuno, molto più robusto, si stava issando il suo corpo, ormai quasi inerte, sulle spalle.

- Anìrwen... - disse con un fil di voce.

- Non sono Anìrwen – disse quella voce ormai famigliare - Sono parecchio più brutto. Non credo che ti dispiaccia, però, se provo a farti uscire da qui vivo. -
Legolas sorrise debolmente. - Ero sicuro che non mi avresti ascoltato, Valerius... - disse mentre il giovane imboccava lo stretto cunicolo che avrebbe condotto entrambi alla salvezza.

- Era ora che qualcuno mi riconoscesse, oggi. E ora andiamocene da questo inferno. Là fuori c'è un cavallo che ci aspetta. - disse Val.

Ma Legolas non lo potè sentire.

 

 

Era sospeso tra ricordi e desideri, come se avesse fatto un balzo indietro nel tempo e fosse rimasto invischiato in una ragnatela tesa nel buio. Anìrwen pareva non averlo abbandonato; Legolas si ritrovò tra le sue braccia, come nella notte precedente la sua partenza da Bosco Atro, e poteva sentire il calore del corpo della sua sposa mentre la stringeva a sé e si donavano l'uno all'altra con passione. Ma ogni brivido di piacere si trasformava sulla pelle dell'elfo in un colpo di coltello, in un taglio profondo, come se fosse sdraiato su un tappeto di schegge di vetro.

Il dolore divenne insopportabile. Cercò di divincolarsi dall'abbraccio di Anìrwen, sempre più stretto e soffocante, ma inutilmente; i capelli della fanciulla gli ricadevano sul viso, avvolgendolo come un serpente con le sue spire, impedendogli di vedere e di respirare. Quando, finalmente, riuscì a scostarseli dagli occhi, si accorse, con orrore che al posto di Anìrwen si trovava Ithildis, la Dama Nera, un ghigno demoniaco dipinto sul volto, le unghie piantate nella sua carne.

Urlò e lei scomparve, ma il dolore non cessò. Tornò il buio. E, nel buio, una voce che lo chiamava da lontano.

Legolas...fratello...

Conosceva anche troppo bene quella voce.

Un solo sangue...una sola carne...una sola morte...

E, ad ogni richiamo, una pugnalata.

Per tutti i Valar, perchè lo stavano torturando in quel modo?

Legolas sentì le sue tempie pulsare in modo irregolare mentre il suo corpo si contorceva dal dolore infertogli...fino a quando un'altra eco lontana giunse al suo orecchio.

Non ci siamo mai separati.

No, Anìrwen non lo aveva abbandonato. Ma quelle parole...

C'è un confine che possiamo attraversare...

Non riusciva a comprenderne il significato, ma erano tutto ciò a cui poteva aggrapparsi in quei terribili istanti.

...e sconfiggere il tempo per sempre.

Una falsa speranza, forse un'illusione, ma così vivida...

Meleth nìn, cercò di dire, ma le sue labbra non volevano saperne di aprirsi e le parole gli morirono in gola, in un'urlo silenzioso.

Torna...

E ora parevano due voci riunite in una, le voci di chi aveva amato e continuava ad amare con tutto se stesso. Una lo implorava di tornare, l'altra glie lo comandava dolcemente. E lui non potè far altro che obbedire.

Torna...

Il battito del suo cuore accelerò e divenne sempre più regolare.

Ora basta.

Eredhil era morto, Ithildis era morta. Lui era ancora vivo e doveva continuare a vivere. Lo doveva a quanti non l'avevano abbandonato.

Una debolissima luce si fece strada in lontananza; il dolore si attenuò, i tagli sulla pelle sembrarono chiudersi con un leggero prurito.

Non avrebbe mai capito quanto tempo quell'apparente agonia era durata.

Lentamente, nell'oscurità che si diradava, Legolas distinse il contorno di un viso famigliare e, su quel volto, un sorriso.

Una piccola, morbida mano toccò la sua; istintivamente, le sue dita si mossero tremanti verso di essa, e allora capì di essere tornato alla luce.

- Adar! - esclamò Galien, facendo tornare un ricordo la liscia e suadente voce di Eredhil.

Legolas aprì lentamente gli occhi; la sua vista era ancora sfuocata ma riuscì, nel tenue bagliore di un braciere, a distinguere il sorriso e gli occhi luminosi di suo figlio che lo guardavano colmi di gioia.

- Hên nìn... - disse debolmente mentre Galien prendeva la sua mano e se la portava al visetto, cercando una carezza a lungo desiderata. Sorridendo debolmente, lasciò scorrere la mano dalla guancia ai morbidi capelli di suo figlio: come aveva potuto essere così egoista da pensare di abbandonarlo per seguire l'amore nella morte?

Cercò di chiedergli perdono, ma la sua voce fu poco più che un sussurro; ogni parola, ogni movimento erano per lui una stilettata nel costato.

- Va tutto bene Padre...non affaticarti. Polo, svelto, vai a chiamare gli altri! - disse Galien, eccitato.

Legolas strinse gli occhi, inspirando profondamente.

Polo?

Ricordava di averlo lasciato a Edoras insieme ad Aragorn e gli altri compagni...dove si trovava ora?

Spossato, cercò di aguzzare la sua vista da elfo, ancora sfuocata, per distinguere i contorni del luogo che lo circondava: sicuramente una tenda, dati i pesanti panneggi di tela grezza tutt'intorno a lui. Valerius l'aveva tratto in salvo, quindi, ragionevolmente, doveva averlo riportato all'accampamento; si trovava ancora lì? E per quanto tempo era rimasto privo di coscienza?

Richiamando a sé tutta la sua lucidità cercò disperatamente di alzarsi da suo giaciglio, ma ogni movimento era così doloroso da levargli il respiro.

- Calmati. Va tutto bene, ma non ti devi agitare. Sei ancora troppo debole. -

Sentendo quella voce, l'elfo provò un'immenza sensazione di sollievo.

- Rhiannon... –

La ragazza lo sorresse, aiutandolo a mettersi seduto, mentre Galien stringeva forte la mano destra del padre tra le sue, temendo quasi di vederlo alzarsi e lasciarlo solo un'altra volta.

- Sapevo che saresti tornato – disse Rhiannon.

Lentamente, Legolas mise a fuoco prima la folta chioma rossa, poi il volto della ragazza, pallido e teso nonostante gli stesse sorridendo con tutto il cuore, e ciò che vi lesse lo inquietò perchè non si trattava né di gioia né di sollievo, ma di paura e rassegnazione.

Rhiannon distolse rapidamente lo sguardo da quello dell'elfo, ma troppo tardi.

- Bevi questo – gli disse, accostando alle sue labbra una ciotola piena di un liquido tiepido e profumato. Legolas pose la sua mano sinistra su quella della ragazza, come se la stesse aiutando ad aiutarlo, e bevve una lunga sorsata di quell'infuso che sembrò riportare immediatamente calore ed energia nel suo corpo.

- Siamo...siamo ad Aldorath? - domandò, riprendendo lentamente le forze.

Rhiannon annuì. - Siamo sempre all'accampamento. Hai dormito per due giorni. Deliravi. -

- Ho avuto incubi terribili – sussurrò Legolas – Un'atroce tortura...nel corpo e nell'anima... -

Rhiannon si incupì. - Ne sono sicura. La lama con cui Eredhil ti ha colpito era avvelenata – disse in tono grave – I guaritori di Aldorath hanno fatto tutto ciò che era possibile per loro...per il resto ci è voluta la tua tempra da elfo. La forza per combattere non ti ha mai abbandonato. -

- E nemmeno noi ti abbiamo abbandonato! - aggiunse Galien.

Legolas sorrise, stringendo la manina di suo figlio nella sua. Avrebbe voluto dirgli che ora non doveva più temere nulla, che Eredhil non sarebbe mai più tornato, che il sangue di suo zio aveva lavato quello versato da sua madre, da Potter e da tutti coloro che si era portato via per sempre, ma non ci riuscì. Non si sentiva orgoglioso del suo gesto, né pensava di aver fatto semplicemente ciò che doveva. Se solo ci fosse stato un modo per evitarlo, l'avrebbe trovato. Semplicemente, non era stato possibile.

- E'...è finita? - fu tutto ciò che riuscì a pronunciare. Ma lo sguardo di Rhiannon, il suo volto teso, incapace di sorridere con sincerità, gli rese facile immaginare quale potesse essere la risposta a quella domanda.

Rhiannon si scostò dal giaciglio di Legolas, lasciando scorrere la mano dalla spalla al petto dell'elfo.

- No, Legolas – disse una voce conosciuta – Non è finita. -

L'elfo si voltò. Una sottile lama di luce avanzò all'interno della tenda, aiutandolo a distinguere una sagoma scura, avvolta in un logoro mantello marrone.

- Radagast...? - disse Legolas, sorpreso. Un'ombra di inquietudine si impadronì del suo cuore.

Lo stregone, impassibile nella penombra, sollevò il suo bastone e la pietra azzurra che si trovava alla sommità di esso iniziò ad emettere una tenue luce azzurra, cosa che aiutò Legolas a distinguere le fisionomie di coloro i quali stavano facendo il loro ingresso nella sua tenda e si avvicinavano al suo giaciglio: Valerius, Yain e Galien, con il piccolo Polo sulla spalla. Rhiannon non si mosse dal fianco del'elfo, gli occhi gelidi e rivolti verso il basso.

- Sono lieto di ritrovarti vivo, Signore del Bosco Atro. Abbiamo temuto fortemente per te. - disse Radagast.

- Alla luce delle tue parole...vorrei poter dire la stessa cosa – ribattè debolmente Legolas – Dove sono Aragorn, Gimli e Sam? Credevo foste partiti per Gondor... -

- E ci siamo arrivati, tutti – rispose Radagast – Ma qualcosa non è andato come avrebbe dovuto. Mi dispiace, Signore del Bosco Atro, ma non porto buone notizie. -

Si sedette accanto all'elfo e cominciò il suo racconto.

 

 

 

 

Rieccomi! Innansi tutto, devo precisare che una piccolissima parte del dialogo tra Legolas e Anìrwen è mutuato dalla splendida e commovente canzone “Wolfe” degli Albion Band...non vi dico quale, ascoltate e scoprite ^_-

Ah, nel capitolo precedente avevo dimenticato di precisare che una parte del dialogo tra Valerius e Legolas veniva da “Hero” di David Crosby, stra le mille cose che avevo in testa mi ero dimenticata di scriverlo!

In secondo luogo mi scuso per il mostruoso ritardo nell'aggiornamento e per aver pubblicato questo capitolo un po' monco. Il motivo per cui ho deciso di sdoppiarlo forse è stupido, ma rientra in una delle mie fissazioni, in questo caso la citazione iniziale. Se questa storia dev'essere un omaggio a “The rising”, che lo sia fino in fondo! Ma capirete con il prossimo capitolo ^_-

Terzo, confermo che mancano ancora due capitoli alla conclusione, la seconda parte di questo e il gran finale, poi BASTA. Questa parte non è granchè, la prima parte del prossimo capitolo l'ho ODIATA e vi spiegherò poi perchè. Quello che mi dispiace più di tutto è di non riuscire a finire tutto entro la fine dell'anno...avrei tanto voluto entrare nei dieci anni esatti dalla pubblicazione del primo capitolo, e invece niente da fare. Da qui ho deciso che, come buon proposito per l'anno nuovo, non farò più buoni propositi. E, soprattutto, mai più long-fic.

Ringraziandovi ancora per la pazienza, vi auguro buonissime feste!

Un abbraccio,

Ruby

 
  
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