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Autore: Padmini    25/12/2014    0 recensioni
Come può Sherlock aver capito che Mary mentiva, che nascondeva la sua vera identità? Forse perché lui, per primo, ha sempre mentito, celando un passato doloroso, dal quale sta cercando di fuggire. Allora sarà proprio lei, così abile nel mentire e nello scoprire le menzogne, a portare tutto alla luce.
[dal testo]
“Non capisco cosa stiamo facendo” disse infine, rompendo quella cappa di tensione “Perché ...”
“Lo hai detto tu, John” esclamò la donna, guardandolo severamente “Lì è il posto in cui si siedono i clienti quando devono esporre i loro problemi”
Genere: Angst, Azione, Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altro personaggio, John Watson, Mary Morstan, Sherlock Holmes
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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Bentrovati e Buon Natale! Eccomi di nuovo qui!

Vi chiedo scusa per la LUNGHISSIMA assenza ma ero totalmente priva di ispirazione! Finalmente mi sono decisa a tornare e spero di riuscire a proseguire! :D

Come avevo premesso all'inizio, per esigenze narrative, ho dovuto modificare alcuni dettagli di entrambe le serie. In questo caso, per chi ha visto The Last Enemy, il nascondiglio in cui si recano i tre fuggitivi nella serie è stato distrutto ma, per mio piacere, ho voluto mandarli proprio lì, anche perché c'è qualcosa di cui avranno bisogno …
Fatemi sapere cosa ne pensate ;)

Buona lettura!!

MINI

 

 

T.I.A.

 

 

 

La notte era buia, ma non tanto silenziosa come si sarebbero aspettati i tre fuggitivi. Stephen, che ormai conosceva a memoria l'ubicazione delle videocamere di sorveglianza di Mycroft, riuscì ad aggirarle con disinvoltura, e con altrettanta agilità riuscì a districarsi tra le volanti della polizia che, ad intervalli regolari, ispezionavano le strade e i vicoli.

Camminarono a lungo e si ritrovarono in periferia, a nord di Clapton. Attraversarono una grande rotonda e giunsero in una zona industriale, ovviamente deserta a quell'ora di notte.

Le alte mura dei capannoni, grigie e inquietanti, almeno con quella luce, li circondarono ben presto, e si ritrovarono a camminare tra vicoli sempre più stretti.

“Dove stiamo andando?” domandò John, che cominciava ad essere preoccupato.

“Non mi dirai che è il nascondiglio di David Russel, vero?” chiese anche Mary, che evidentemente conosceva di più quei luoghi.

“Purtroppo per te, è proprio così” annunciò Stephen con solennità “Fin'ora questo è l'unico posto che i servizi segreti non sono ancora riusciti a scoprire, inoltre offre altre comodità ...” spiegò, come se stesse parlando di una camera d'albergo.

Proseguirono lungo uno stretto passaggio tra due edifici, infine si trovarono di fronte ad un spiazzo, che originariamente doveva essere utilizzato per il transito dei TIR, ma che al momento sembrava abbandonato da diversi anni. Lo attraversarono di corsa e andarono a ripararsi nella rientranza di un portone, mentre Stephen trafficava con il lucchetto della serratura. Dopo pochi minuti riuscì ad aprirlo, e si trovarono all'interno di un enorme capannone.

Era ovvio che era inutilizzato da diversi anni. Scatoloni ricoperti di polvere, casse dal contenuto ignoto e oggetti dalla natura misteriosa ingombravano la maggior parte dello spazio, ma un'altra cosa attirò l'attenzione di John e Mary. Era evidente che non ci fosse stata nessuna attività da molto tempo, ma nella semi oscurità avvertirono distintamente il rumore che produce l'alta tensione e si guardarono attorno, senza capire da dove arrivasse. Stephen, che era ovviamente era abituato a muoversi in quegli spazi, li guidò senza esitazione, fino ad arrivare ad alcune costruzioni prefabbricate, circondate da un'alta cancellata. Man mano che si avvicinavano, il rumore aumentava. John, incuriosito, allungò un braccio per aprire il cancello.

“FERMO!” gridò, andando verso di lui e prendendogli bruscamene un braccio “Vuoi morire?!” gli chiese, forse con troppa violenza, che spaventò il dottore, per poi lasciarlo andare con altrettante violenza.

“N-no, ma ...” mormorò appena, massaggiandosi il punto in lui lo aveva stretto.

“Se solo lo avessi sfiorato, saresti stato ucciso da quindicimila volts!” rispose lui, digitando un codice su una tastiera che chiudeva il cancello e lo aprì per lasciarli passare. In quel momento, il rumore che fino a poco prima riempiva l'aria, cessò di botto “Questo, come ha giustamente dedotto Mary, è il nascondiglio di David Russel.”

Chiuse il cancello, digitando nuovamente il codice per far scorrere l'elettricità nel ferro della barriera. Li precedette verso una baracca, alla quale si accedeva grazie ad alcuni gradini.

“Se vi siete domandati perché siamo venuti qui, la risposta è semplice” spiegò, andando ad accendere alcuni computer, posti sopra un lungo tavolo.

Mentre Stephen parlava, John e Mary iniziarono a guardarsi attorno, incuriositi. La baracca era più grande di quanto si fossero aspettati. Dietro di loro, lo spazio era occupato da alte scaffalature, i cui ripiani erano ingombri di scatole e apparecchiature elettroniche.

Dopo qualche minuto, gli schermi si accesero, rivelando un complesso motore di ricerca.

“Vi presento” annunciò Stephen, voltandosi verso di loro e sorridendo enigmatico “il T.I.A.”

I due si guardarono negli occhi un istante, poi si rivolsero a lui con sguardo confuso.

“Ne avevo sentito parlare, anche prima che ne facessi cenno tu, a Baker Street,” disse Mary, avvicinandosi per guardare meglio “ma non l'avevo mai davvero visto ...”

“Non è molto complicato, in realtà ...” mormorò Stephen, iniziando a digitare freneticamente sulla tastiera “Una volta capito come funziona, è facile trovare informazioni su chiunque, in qualsiasi momento … Ecco!” esclamò, soddisfatto “Ho trovato le telecamere puntate su Baker Street!”

John lo fissò sconcertato per qualche istante, poi si riprese e gli posò una mano sulla spalla.

“Telecamere … puntate su Baker Street? Perché? Da quando?”

Stephen, che stava esaminando i video relativi alle ultime ore, si voltò verso di lui e lo osservò per poco, prima di scoppiare a ridere.

“Da sempre, John! Da quando esiste il T.I.A.! Nessuna casa di nessuna strada è esclusa dal monitoraggio e tutti i cittadini di Londra sono sotto sorveglianza. Non dico che siano tutti sorvegliati ...” si sbrigò ad aggiungere, quando vide il dottore impallidire “In realtà sono tutti potenzialmente sorvegliabili. Chiunque può diventare una minaccia e quindi deve essere tenuto sotto controllo. Non è cattiveria, solo … controllo.” scosse la testa, deluso da quella ripetizione “Vi chiedo scusa, ma non c'è altro modo per dirlo. Però ...” aggiunse, mentre un sorriso prendeva il posto del broncio “Può diventare uno strumento prezioso, se si sa come farlo funzionare ...”

Digitò altri dati, osservando i video delle ore precedenti e infine ciò che veniva ripreso in tempo reale.

“Dannazione! La casa è circondata!” Esclamò, vedendo gli uomini di Scotland Yard passeggiare avanti e indietro davanti l'edificio.

“Cosa facciamo allora?” chiese John, che continuava a non capirci molto di quella situazione.

“Nulla, non possiamo fare nulla se non aspettare. Al momento sono un ricercato, perciò non mi conviene uscire di qui. Voi due potete andarvene quando volete, non siete obbligati a stare con me. Starò bene!” aggiunse, prima che potessero contraddirlo.

“Sherlock, non credo che sia il caso che tu stia qui da solo ...” tentò John, intimidito da quel luogo e soprattutto dalla situazione in cui si trovava il suo amico.

“Ti ho detto di non preoccuparvi. Sarò più al sicuro da solo che con voi. Non fraintendetemi!” si affrettò ad aggiungere “Non dico di non apprezzare il vostro aiuto, ma so esattamente cosa devo fare. Anche prima, quando mi avete salvato, in realtà ero preparato a quell'attacco, me la sarei cavata. Ora ho bisogno di lavorare da solo e ciò che potete fare di utile è restare fuori da questa storia il più possibile. Non dovranno mai, in nessun caso, ricollegarvi a me.”

Prese un foglio di carta e tracciò un percorso.

“Seguendo queste stradine raggiungerete la metropolitana e da lì tornerete a Baker Street per prendere vostra figlia e poi a casa vostra. Vi contatterò io, quando sarà il momento.”

Il vecchio Stephen non sarebbe mai stato capace di una cosa del genere, ma in quegli anni era cambiato, era diventato Sherlock. Il timido matematico si era trasformato in un indipendente e volitivo detective e ciò che aveva imparato a fare più di tutto era di imporre la sua volontà nei casi come quello. John, e infine anche Mary, non poterono far altro che annuire e, dopo aver studiato la cartina improvvisata e stretto in un abbraccio amichevole lui, uscirono in silenzio dalla piccola stanzetta. Stephen li seguì solo per poter aprire loro il cancello, che richiuse una volta che furono fuori. Lì nessuno, nemmeno Mycroft, lo avrebbe potuto rintracciare.

Almeno, era quello che credeva lui. Non poteva sapere che, nell'ombra, qualcuno lo stava seguendo già da qualche tempo, qualcuno di cui non avrebbe mai lontanamente sospettato.

 

Non si mise immediatamente al lavoro, era troppo in ansia per John e Mary così, atteso un tempo sufficiente perché potessero essere arrivati a Baker Street, si sintonizzò sulle telecamere posizionate fuori dall'abitazione e sorrise vedendo che i due stavano uscendo di casa con la figlia tra le braccia mentre una premurosa signora Hudson li salutava. Non destavano sospetti e infatti non furono fermati dai poliziotti. Per sicurezza attese un'altra mezz'ora e controllò di nuovo la situazione, stavolta a casa loro. Anche lì tutto era tranquillo e, come aveva previsto, non c'erano sorveglianti. Nessuno sapeva che loro conoscevano la verità sul suo passato e quindi non li avevano contati come possibili bersagli. Solo a quel punto si concesse un sorriso di sollievo e, recuperata la lucidità di cui aveva bisogno, iniziò la lunga ricerca per la quale si era recato lì.

 

 

Nel frattempo, a casa Watson, John era sempre più irrequieto.

“Perché fa così? Perché? Per una volta possiamo aiutarlo noi e …”

“Lo stiamo facendo, così lo stiamo aiutando, John.” mormorò Mary “Sa benissimo che se fossimo con lui dovrebbe preoccuparsi anche per noi, così invece può muoversi con più tranquillità. Lui è sorvegliato e ha bisogno di qualcuno che non lo sia. Diciamo che lo stiamo aiutando, ma dalla panchina. Non si perdonerebbe mai se anche noi venissimo coinvolti.”

John sospirò ma annuì. Cominciava a capire le motivazioni dell'amico e, nonostante avesse voluto poter fare di più, decise di fidarsi ancora una volta di lui. Non sapeva chi tra loro due stesse peggio, in quel momento: lui, braccato dalla polizia e solo in quel capannone, o loro stessi, momentaneamente all'oscuro di ciò che gli stava succedendo.

 

 

Stephen era andato nella sua vecchia casa immediatamente, anche rischiando di essere ucciso, per controllare che nulla fosse stato toccato da quando se n'era andato. I dati, i documenti e tutte le fotografie per fortuna erano ancora al sicuro dove li aveva nascosti anni prima. Non aveva mai perso la speranza di poter riuscire a risolvere ciò che era rimasto insabbiato allora e aveva continuato per tutto quel tempo a lavorare e cercare informazioni. La copertura che i servizi segreti gli avevano dato era eccellente per poterlo fare. Forse Mycroft aveva intuito che, mentre indagava sui casi di Sherlock Holmes, continuava a fare ricerche sui registi di quell'enorme messainscena che lo aveva quasi portato alla morte, ma stranamente non aveva mosso un dito. Forse si sentiva in colpa per avergli rovinato la vita e, nonostante lo sorvegliasse minuziosamente, giorno dopo giorno, non aveva fatto nulla per ostacolarlo. Le vicende legate a Moriarty non avevano sicuramente nulla a che fare con lui, ma ora cominciava a sospettare che invece fossero una macchinazione più alta per metterlo a tacere. Forse qualcuno lo aveva scoperto, forse si erano resi conto che tornava troppo spesso in quell'appartamento … e ne era diventato consapevole quella sera, entrando in quella che un tempo era la sua casa. I libri erano a terra, i cassetti rivoltati sul pavimento, gli scaffali della cucina aperti, la camera da letto sventrata dalla furia cieca di chi cercava ciò che non avrebbe trovato, in nessun caso.

Aveva previsto che un giorno del genere sarebbe arrivato e si era preparato. Aveva creato un plico perfettamente credibile con una serie di dati e informazioni falsi e lo aveva nascosto all'interno del materasso. Come aveva immaginato, il plico era scomparso ma, tra i libri sparsi a terra, c'era ancora l'enciclopedia universale. Era riuscito a recuperare i fogli che aveva nascosto tra le pagine e li aveva nascosti sotto i vestiti, prima di uscire e incontrare il suo sicario e John e Mary. Ora li aveva lì davanti, ordinati e precisi come se li ricordava. Per prima cosa doveva capire chi aveva ucciso Yasim e successivamente pianificare le sue prossime mosse. Gli era ormai chiaro che avrebbe fatto molta fatica a tornare nelle vesti di Sherlock Holmes a quel punto, ma non gli importava più di tanto. Tutto ciò che voleva era la verità su ciò che era accaduto a Michael, su ciò che era accaduto a Yasim e su tutto il resto.

Si collegò alle videocamere della casa, ma andò a ripescare i filmati di qualche giorno prima. Gli ci volle un po' di pazienza prima di trovare ciò che cercava, ma finalmente la vide. Yasim, esattamente come se la ricordava, stava entrando in casa con fare apparentemente tranquillo. Sembrava una normale donna che entrava altrettanto normalmente in casa sua. Di certo si stava comportando così per non destare sospetti, ma non poteva sapere che, nonostante fossero passati anni, i servizi segreti inglesi ancora la tenevano sotto controllo. Tremando per la rabbia visionò le registrazioni successive fino a quando non la vide uscire. Ne seguì il percorso cambiando videocamere fino a Liverpool Station. Indossava una maglia blu scuro con cappuccio e un paio di pantaloni neri. La vide entrare in stazione e allora la perse di vista. Trattenne il fiato mentre la cercava tra la gente che raggiungeva o usciva dalla metropolitana o dalla stazione ferroviaria e finalmente la rivide uscire, nel vicolo in cui avrebbe trovato la morte. Il cappuccio della giacca era calato sul suo viso ma era lei, non c'era dubbio. Non fece in tempo a chiudere il collegamento video che vide ciò a cui non avrebbe mai voluto assistere. In un angolo nascosto del vicolo, Yasim fu avvicinata da un passante, un uomo qualsiasi che le si avvicinò e, con un gesto inconfondibile, mise fine alla sua vita con una sola ma letale pugnalata al fianco. Niente armi da fuoco per evitare che qualcuno lo sentisse o lo vedesse compiere gesti strani. Quel semplice gesto poteva essere scambiato per un incidente, un uomo e una donna che si scontrano per sbaglio in mezzo a una strada. Lui sapeva però che c'era altro. Solo in quel momento chiuse gli occhi e fu tentato di spegnere tutto ma, consapevole di non poterlo fare, tornò a concentrarsi sul video, stavolta per seguire l'assassino di Yasim. Dimenticò totalmente la donna – non poteva certo soffermarsi sul suo dolore, non in quel momento. Per sua fortuna non dovette seguirlo molto. L'uomo, che oltre al fatto che portava con sé un pugnale insanguinato, poteva essere scambiato per un normale passante e, come tale, non lasciava trasparire nessuna emozione se non quella della noia di un uomo che deve districarsi in mezzo al traffico. Lo seguì e lo vide salire in auto in Appold Street e allontanarsi. Si segnò il numero di targa e si concesse una breve pausa. Vedere l'assassinio di Yasim lo aveva turbato più di quanto aveva immaginato ma lo aveva anche motivato ad andare avanti per scoprire chi l'aveva uccisa e, cosa più importante, per vendicarla. Non avrebbe più avuto una vita normale, se normale poteva essere definita la vita che stava conducendo come Sherlock Holmes, ma da quel momento in poi sarebbe stato sempre peggio. Aveva detto addio alla stabilità del matematico introverso Stephen Ezard e, ora che era riuscito a trovare un equilibrio nella vita di Sherlock Holmes, doveva dire addio anche a lui? Non lo sapeva, ma ciò di cui era sicuro era che niente sarebbe stato più come prima. Prima sapeva che Yasim era viva, da qualche parte e al sicuro, ma viva; ora … ora era morta, morta a causa di un demone dai mille volti che si nascondeva tra le ombre di Londra.

Si alzò e guardò gli schermi del T.I.A con gli occhi eccitati del detective che ha fiutato una pista. Ciò che di buono gli aveva lasciato Holmes era quello, la determinazione e la voglia di non arrendersi mai, qualunque cosa fosse accaduta.

Tornò a sedersi e digitò il numero di targa sul terminale, ma non fece in tempo a premere invio che un rumore di passi lo fece sobbalzare. Si voltò di scatto ma, ovviamente, non c'era nessuno al suo fianco. Il rumore proveniva da fuori, al di là della recinzione. Si alzò lentamente e andò a vedere. Si chiese chi mai potesse essere. Nessuno sapeva di quel posto e pensò che dovesse trattarsi di un barbone che stava cercando riparo per la notte. Ricordava che Russel gli aveva assicurato che nessun barbone si era mai spinto fin lì, nemmeno quelli più disperati, perché il rumore dell'alta tensione all'interno li aveva sempre intimiditi e inoltre lui, per maggiore sicurezza, aveva fatto spargere in giro la voce che si trattasse di un magazzino in cui un gruppo criminale stoccava le sue scorte di droga. Tutto era stato predisposto perché quell'oasi di tranquillità restasse tale, ma ora c'era un intruso. A suo tempo anche lui si era intrufolato lì senza permesso, ma era accaduto perché stava seguendo una traccia. In quel momento la presenza di un altro essere umano era totalmente fuori luogo. Sperò in ogni caso di vedere un vagabondo, ma ciò che vide lo lasciò letteralmente senza parole.

Di fronte a lui, a debita distanza dalla recinzione, sorridente e beato, c'era l'ultima persona al mondo che si sarebbe mai aspettato di vedere.

“Ciao, caro ...”

   
 
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