Kyoto
1234- Lin
Bianco.
Il colore che Lin odiava con tutta se stessa.
Il colore che abbigliava i corpi di tutti, quel giorno.
Il colore che tingeva la pelle dei suoi genitori.
Morti.
La bimba non piangeva nemmeno. Non più. Di lacrime, ne aveva già versate troppe.
E ora?
Che avrebbe fatto?
Sarebbe diventata una geisha.
Schiena dritta, labbra a cuore. Ventagli, vesti delicate, fiori di pesco fra i capelli color della notte.
E il viso bianco.
Lin fuggì via dal funerale senza dare nell’occhio.
S’incamminò per il viale di peschi, dalle rame fruscianti.
Perfino i fiori sembravano tinti di grigio in quella nuvolosa e malinconica giornata.
Anche la sua anima si era tinta di bianco.
Affinché una voce senile la chiamò:
-Lin-
La bimba la ignorò.
-So cosa vuoi diventare Lin-
La bimba si voltò.
Incontrò la figura di un vecchio, alto, viso lungo e affilato, barbetta intrecciata e…
Bianca.
Lin rabbrividì e diede le spalle a Barba Bianca.
-Tu sei una delle poche persone che vuole avere l’anima nera- decretò il vecchio.
Non era una domanda. Ma un’affermazione.
Una verissima affermazione, pensò la bimba.
-Ti va di venire ad addestrarti con me?- chiese Barba Bianca.
Lin trovò il coraggio di voltarsi e guardarlo negli occhi: anche loro erano lattei.
-Per diventare cosa?- domandò la bimba.
-Una ninja-
Lin pensò al soggetto nominato da Barba Bianca. E il suo viso s’illuminò.
I ninja erano vestiti di nero. Le impugnature delle katane erano nere. I lividi del combattimento erano neri.
La bimba corse incontrò al vecchio.
-Portami con te- decretò più sicura che mai.
-In un mondo nero- concluse il vecchio ridendo.