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Autore: Killpop    26/12/2014    1 recensioni
Sono solo in una stanza buia. Camera 5 del mio albergo a San Pietroburgo. Decido di farla finita per sempre sussurrando le parole: Come rose sbocciamo, poi moriamo.
Genere: Drammatico, Horror, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Sono solo ancora una volta, nessuno riuscirà a salvarmi questa volta. Sono diventato l'esatto contrario di tutto ciò per cui la clinica psichiatrica ha combattuto in questi mesi. Mi convinco sempre di più di quanto sia inutile e insoddisfacente la mia vita benché abbia deliziato la mente della gente con le mie poesie. Non credevo che sarei mai potuto arrivare a questo punto, pensavo che progettare la propria morte fosse impossibile, contro natura. Mi guardo intorno e vedo quanto sia degradato e rivoltante il mio stile di vita: la stanza è buia e l'unica luce presente è quella fievole della luna, entra da una piccola finestra distrutta da me qualche ora prima, i vetri rimangono a terra, frantumati come il mio cuore. Nell'angolo sinistro della stanza noto la bottiglia di Jack Daniel's a pezzi, il liquore da essa contenuto si riversa sul pavimento rendendolo ancora più sporco e appiccicoso di quanto non lo sia già. Fa freddo, finisco l'ultima scorta di Vodka che mi è rimasta per riscaldare i miei organi interni, sento il suo calore che attraversa prima la gola, poi l'esofago e infine si va a depositare nello stomaco, insieme a tutti gli altri litri di alcol che ho ingerito in vita mia e che mi hanno portato a questo. La camera numero 5 di questo maledetto albergo mi rappresenta in pieno, se dovessi descrivere a qualcuno come mi sento in questo preciso istante gli mostrerei questi quattro muri così opprimenti.
Prendo finalmente una decisione, voglio lasciare il mondo una volta per tutte. Mi alzo e vado in cucina a prendere un grande coltello affilato, mi tiro su la manica sinistra della camicia e tolgo l'orologio che aveva nascosto le mie cicatrici negli anni passati, comincio a tagliare la pelle freneticamente, arrivo alla vena e il sangue comincia ad affluire in superficie, mi ricorda che sono ancora vivo. Vivo, per l'ultima volta. Mi tornano in mente i bei ricordi adesso, ma in ciascuno di essi compare sempre una figura amica che mi ha accompagnato in questi lunghi e duri anni, Vol'f Erlich. Mi sembra di recargli un affronto troppo grande a lasciarlo senza nemmeno un pensiero, nemmeno un ricordo... E allora ecco che prendo il mio quaderno nero su cui scrivo i miei versi. Frugo istintivamente nelle tasche dei pantaloni per prendere una penna, ma mi ricordo solo ora di averla lasciata nella Hall al piano di sotto. Voglio comunque lasciare il mio segno nella storia, un segno rosso come il sangue su un quaderno nero come la morte, quindi riafferro il coltello e lo conficco con decisione nel braccio destro, proprio al di sotto della spalla, spingo verso il basso e vado a formare un taglio molto profondo nella carne. Il sangue zampilla ovunque e toccandolo con l'indice comincio a scrivere una poesia d'addio al mio più caro amico. 
"27 dicembre 1925
Arrivederci amico mio, arrivederci. 
Mio caro, sei nel mio cuore.
[...]
In questa vita, morire non è una novità, ma, di certo, non lo è nemmeno vivere."
Guardo soddisfatto il mio ultimo lavoro e saluto in silenzio il mio amico. Mi rendo conto che non riuscirò a morire dissanguato entro l'alba, quindi afferro la mia valigia e le tolgo la cinghia, formo alla svelta un nodo scorsoio che attorciglio saldamente al tubo di riscaldamento centrale della camera. Trascino a fatica una sedia fino al centro della camera. Una lacrima di dolore cade salata sulla mia guancia, prima di fare il passo fatale nel vuoto, sussurro queste parole: "Come rose sbocciamo, poi moriamo."
         
               Sergej Aleksandrovič Esenin
   
 
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