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Autore: keepsakeEFP    26/12/2014    13 recensioni
Emma è una ragazza di povere origini presa a servizio nella tenuta della nobile famiglia Jones. Killian è un nobile arruolato nella marina militare di sua maestà, ma quando farà ritorno troverà ad attenderlo molto più di quello che aveva lasciato. L'amore proibito tra la serva e il suo padrone dovrà farsi strada tra intrighi, tradimenti, congiure e pregiudizi sociali.
Liberamente ispirato alla serie Tv Elisa di Rivombrosa.
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Dal testo:
« Voi siete… » cominciò titubante, terrorizzata all’idea di essersi solamente illusa, ma il ragazzo l’anticipò.
« Conte Killian Jones. » disse con orgoglio inchinandosi di fronte a lei e lasciandola alquanto esterrefatta.
« Ai vostri ordini. » aggiunse guardandola in un modo così intenso da farle venire i brividi.
Killian le sfiorò le dita, sicuramente intenzionato a farle il baciamano, ma prima che potesse riuscirci la ragazza le aveva già allontanate per tirar su gli angoli della gonna e fare una piccola riverenza.
« Onorata. » affermò raggiante e con gli occhi luccicanti.
Genere: Angst, Romantico, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Emma Swan, Killian Jones/Capitan Uncino
Note: AU, Cross-over, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Mistress of my heart

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>> Capitolo 1 <<

 

Il cavallo pezzato galoppava senza sosta lungo la stradina sterrata. Il suono degli zoccoli che battevano contro la terra dura e fangosa rimbombava per il viale che portava alla tenuta di Hearthford, un imponente castello eretto sulla cima di una collinetta, circondato da alberi in fiore e un laghetto in cui alcuni cigni bianchi nuotavano sfiorando dolcemente la superficie dell’acqua. Il cavallo accelerò il passo dopo che il suo fantino ebbe fatto schioccare sonoramente le redini, guardò poi indietro ed incontrò lo sguardo di un secondo cavaliere che gli stava alle calcagna su un bellissimo puledro color carbone. L’animale dal manto scuro fece un sonoro sbuffo ed evitò un albero caduto saltando al momento giusto e atterrando con tutto il peso oltre l’ostacolo, per poi riprendere la sua incessante corsa in direzione del castello. Il cavaliere che stava davanti aveva il capo coperto da un foulard, ma i suoi occhi verdi, ovvero l’unica cosa del suo volto che si poteva intravedere, erano accesi, infuocati, quasi al limite dell’euforia. Entrambi percorsero una piccola curva, ma quando il fantino sul cavallo pezzato si voltò per osservare ancora una volta il suo inseguitore, quest’ultimo non c’era più. Si era volatilizzato.
Con sua grande sorpresa gli comparve davanti agli occhi piombando dall’alto come una furia. Il puledro pezzato si fermò bruscamente facendo quasi perdere l’equilibrio al suo cavaliere, mentre l’altro continuò la sua folle corsa passando sotto l’arco di pietra che delimitava l’entrata della magione. L'animale girò su sé stesso mentre l’uomo saltò giù dalla sua groppa toccando terra con la suola degli stivali impolverati, proprio mentre il suo compagno faceva il suo ingresso ancora in sella al suo ronzino pezzato.
« Non vale, hai barato! » esordì quest’ultimo abbandonando a sua volta la groppa del cavallo e avvicinandosi a lui, furente.
Dal canto suo l’uomo al suo fianco se la rideva sotto i baffi mentre faceva finta di essere molto interessato alla criniera del suo animale.
« Non ho barato, sono semplicemente arrivato primo, quindi… hai perso. »
Dopo aver ascoltato quelle parole il cavaliere si tolse il foulard con un gesto teatrale, che cadde a terra vicino alle suole dei suoi stivali. Da quel piccolo pezzo di stoffa vennero fuori dei bellissimi capelli biondi, lunghi ed ondulati, i cui boccoli gli ricaddero dolcemente lungo la linea della schiena. L’uomo osservò la bellissima ragazza dallo sguardo fiero che lo stava incenerendo attraverso quelle due splendide gemme verdi che aveva al posto degli occhi, e che restava ferma di fronte a lui con le mani appoggiate sui fianchi, in segno della sua irritazione.
« Dai Emma… » cercò di dire l’uomo accennando un sorriso, ma la ragazza glielo negò colpendolo a sorpresa dietro la nuca. In risposta ottenne un sonoro urletto di dolore.
« Ti avverto Neal, prova ad imbrogliarmi di nuovo e la prossima volta riceverai qualcosa di molto più doloroso in cambio. » lo minacciò la ragazza.
« Va bene, va bene! Ma era una semplice scorciatoia. » tentò di difendersi l’uomo.
« E ti pare che le scorciatoie in una gara siano ammesse? La prossima volta ci accorderemo prima sulle regole da seguire, d’accordo? » gli domandò la bionda imprigionandolo con la potenza del suo sguardo.
« Va bene, come vuoi. »
Neal non riuscì a trattenere l’ennesimo accenno di risata, ma questa volta Emma si unì a lui scoprendo per la prima volta un sorriso che fu in grado di abbagliare l’uomo.
« Sei il solito, devi sempre trovare qualche sotterfugio per poter vincere contro di me. » disse la bionda riprendendo il suo foulard e cominciando a scuoterlo un po’ per togliere via la polvere che vi si era depositata. Neal sembrò voler dire qualcosa in risposta a quella accusa, ma fu bloccato dall’arrivo di una ragazza dallo sguardo alquanto preoccupato.
« Ashley, che succede? » chiese Emma sperando che i suoi sospetti si rivelassero infondati.
La ragazza aveva i capelli biondi raccolti in uno chignon, gli occhi celesti fissi in quelli di Emma, e il suo volto angelico era stanco e stressato, forse a causa del duro lavoro.
« La contessa Regina ha chiesto di te, vuole che ti rechi subito nelle sue stanze. » le rispose con tono cauto. « e non sembra di buon umore. »
Emma socchiuse lentamente le palpebre e prese un profondo respiro portando le mani a massaggiarsi le tempie.
« E quando mai quella donna è di buon umore? »
« A quanto pare quel foulard non è bastato a farti fuggire dalle sue grinfie. » affermò Neal gettando un’occhiata al pezzo di stoffa che la ragazza aveva usato per nascondersi da sguardi indiscreti, o meglio da quelli della contessa.
« A volte credo che quella donna abbia dei poteri soprannaturali… sa sempre tutto di tutti, mi inquieta. »
Emma diede voce al suo pensiero involontariamente, ma un attimo dopo era già fuggita da Neal ed Ashley per raggiungere gli interni del castello. Il suo abbigliamento non era consono a ciò che avrebbe dovuto fare di lì a poco, presentarsi davanti alla contessa, ma sfortunatamente non aveva il tempo per indossare dei vestiti decenti. Avrebbe dovuto mostrarsi a lei vestita da uomo, con i pantaloni e tutto il resto. Poteva già sentire le frecciatine taglienti che quella donna le avrebbe rivolto, anche se ormai si era abituata da tempo ai modi di fare della sua padrona. Salì di corsa le scale, si precipitò lungo il corridoio con i lunghi capelli biondi che le svolazzavano dietro la schiena, e raggiunse la porta in legno decorato che si trovava al terzo piano, sul lato sinistro della magione. Il piano riservato ai nobili della casa. Prese un profondo respiro e si morse la lingua per evitare di rispondere alle provocazioni che le sarebbero piombate addosso. Sollevò le palpebre di scatto, e senza nemmeno realizzarlo bussò.


 

***



Due piccoli colpi rimbombarono all’interno del corridoio, cupo e silenzioso. Un attimo dopo udì una voce fredda e tagliente provenire da oltre la porta che la incitava ad entrare.
« Avanti. »
Emma fece pressione sulla maniglia e questa si abbassò facendo spalancare la porta di legno. La prima cosa che vide fu il volto di marmo della contessa, gli occhi scuri e profondi, i capelli neri raccolti in una elaborata acconciatura, e il suo corpo perfetto rivestito da un bellissimo abito di stoffa pregiata, adagiato elegantemente su una poltroncina di velluto.
La ragazza entrò nella stanza in punta di piedi mentre lo sguardo della nobile vagava sulla sua figura, studiandola da cima a fondo. Emma si sentì raggelare ma non abbandonò mai quegli occhi scuri che la stavano squadrando come se fosse un soprammobile.
« Da non credere. »
La voce della contessa ruppe il silenzio, il suo tono disgustato non fu una sorpresa per Emma, ma la nobile riuscì a farla sussultare quando si alzò di scatto e senza preavviso.
« Andare a cavallo per i boschi con uno stalliere, e per di più conciata in quel modo. »
Ad ogni parola pronunciata la contessa si avvicinava sempre di più ad Emma, e sempre di più il suo sguardo d’odio le penetrava fin dentro l’anima.
« Contessa… »
« Silenzio. Nessuno ti ha detto di rispondere. » la zittì fulminandola con lo sguardo.
« Devo forse ricordarti qual è il tuo ruolo in questa casa? » le domandò severa superandola, ed Emma non osò voltarsi per evitare di incontrare ancora quegli occhi tanto adirati.
« Sei stata portata qui per prenderti cura di mia madre, come sua dama di compagnia, non per andartene in giro a tuo piacimento. Non capirò mai come sia riuscita ad incantarla, ma sta sicura che prima o poi troverò il modo per rispedirti in quella squallida locanda da cui provieni. »
Regina si voltò finalmente a guardarla e lo stesso fece la bionda, che con gli occhi bassi e la mani giunte si mordeva il labbro a sangue.
« Sembra che quello sia l’unico posto in cui potresti trovarti a tuo agio. Credimi Emma, i posti altisonanti non fanno per te. Del resto la feccia deve convivere con i suoi stessi simili, non sei d’accordo… signorina Swan? »
Il tono di scherno si trasformò in una sonora risata derisoria. La contessa spalancò il ventaglio che teneva tra le mani e si fece aria continuando a squadrare la giovane che rimase in silenzio e con gli occhi chini a scrutare il pavimento. In un batter d’occhio il sorriso sparì dal suo volto di marmo e il rumore dei tacchi sulle mattonelle fece sollevare il capo della bionda. Si ritrovò il volto della contessa a un palmo dal naso, e i suoi occhi neri le regalarono ancora una volta l’illusione che avrebbe potuto ucciderla con uno sguardo.
« Va da mia madre, subito. Mettiti dei vestiti decenti e fai qualcosa per quei capelli. » le ordinò indicandole con il ventaglio chiuso le parti del suo corpo appena elencate.
« E ora sparisci. Il solo averti tra i piedi mi irrita. »
« Ai vostri ordini Signora. » rispose Emma frettolosamente accennando un piccolo inchino. Regina la osservò mentre la ragazza lasciava in fretta e furia la stanza richiudendosi la porta dietro di sé.


 
 
***



Emma percorse a ritroso il corridoio, questa volta sistemata a dovere. Aveva raccolto i capelli in un elegante chignon, il corsetto ricamato le stringeva il busto, quasi a farle mancare il fiato, e la gonna lunga e ampia le nascondeva le gambe snelle. Durante il tragitto si scontrò con altre ragazze della servitù, e con ognuna di loro scambiò una parola di cortesia o un commento alquanto colorito su ciò che era appena successo. Ritrovò nuovamente Ashley, che ancora una volta la avvisò dei suoi compiti.
« Emma, la contessa Cora ti sta aspettando in libreria. » la avvertì, questa volta senza nessuna preoccupazione, anzi, un piccolo sorriso le ridisegnò le labbra ed Emma contraccambiò aumentando il passo e dirigendosi verso il luogo che le era stato appena indicato. Ancora una volta bussò prima di precipitarsi all’interno della stanza, ma solo dopo che una voce calda e gentile l’aveva invitata ad accomodarsi.
« Contessa. » la chiamò avvicinandosi a lei. La signora era seduta su una poltroncina vellutata e guardava fuori dalla finestra. Il suo viso era stanco, ma negli occhi aveva impressa una luce talmente vivida da far venir meno il fatto che fosse malata di cuore.
« Mia cara Emma. » disse la contessa voltandosi sorridente verso la sua dama di compagnia. Allungò le mani verso di lei, e la bionda fece altrettanto stringendogliele tra le sue. La libreria era il posto preferito della signora, ogni mattina dopo colazione si faceva accompagnare in quella stanza tra la moltitudine di scaffali che contenevano una quantità sproporzionata di libri. La finestra dava sui giardini regalando una vista spettacolare della fontana e del piccolo laghetto.
« Cosa è successo cara? » domandò improvvisamente la contessa Cora quando notò lo sguardo accigliato della sua cara dama. Emma cercò di ricomporsi per non dare a vedere quanto l’incontro precedente l’avesse scossa.
« Niente Signora, ho solo parlato con vostra figlia, la contessa Regina. » le spiegò mentre le risistemava la coperta sulle gambe.
« Mia figlia ha un caratteraccio, e credo che nutra nei tuoi confronti una gelosia molto profonda. » disse la contessa mentre rivolgeva uno sguardo pensieroso al paesaggio che si trovava oltre i vetri della finestra.
Emma si accomodò vicino a lei. Le prese ancora una volta le mani e le si avvicinò così che la sua padrona potesse sentire chiaramente quello che stava per dirle.
« Contessa, io non riuscirò mai a ringraziarvi abbastanza per la cortesia con cui mi avete accolta qui a Hearthford. Cinque anni fa mi avete portata via da quella angusta locanda in cui lavoravo, mi avete salvata da una vita vuota ed inutile, e solo il cielo sa quanto io vi sia riconoscente per la possibilità che mi avete dato. Il rifiuto nei miei confronti della contessa Regina non è nulla rispetto a quello che avrei dovuto sopportare se avessi continuato con quella vita. »
Cora le sorrise in modo materno e le accarezzò una guancia con le dita fredde.
« Mia bella Emma. Il merito è soprattutto tuo. Al giorno d’oggi le ragazze povere che sanno scrivere e leggere si contano sulle dita di una mano, ma oltre a questo ciò che più mi ha colpito di te è stata la tua dolcezza e il tuo carattere forte e virtuoso. Le fanciulle come te si meritano il meglio dalla vita, per quanto la loro condizione possa permetterglielo. »
La bionda le sorrise a sua volta e la commozione cominciò a farsi strada nei suoi occhi illuminandole le iridi smeraldine.
« E ora mia cara, ti dispiacerebbe leggermi qualcosa? » le domandò la signora spostando lo sguardo su un ripiano particolare della libreria. Emma sorrise, cosciente di quello che avrebbe dovuto fare. Ogni giorno a quell’ora la contessa amava farsi leggere da Emma uno dei suoi libri preferiti regalatole da sua madre quando era ancora piccina. Un libro di fiabe.
La ragazza si avvicinò allo scaffale e salì la scaletta per poter arrivare al ripiano più alto. Afferrò il piccolo libricino dalla copertina in pelle su cui era impressa una scritta dorata che recitava: "Once Upon a Time".
Una volta preso Emma ritornò a sedersi accanto alla contessa che le rivolse uno sguardo nostalgico.
« Emma, sai a cosa servono le favole? » le domandò prendendola alla sprovvista. La ragazza sembrava non saperle rispondere e la contessa abbassò lo sguardo sul libro che la sua dama teneva in mano.
« A dare speranza, mia cara. La speranza che in questo mondo tutti possano avere il proprio lieto fine. » disse mentre la bionda la ascoltava rapita, e ancora una volta le dita gentili della sua padrona le accarezzarono il viso.
« E io ti auguro con tutto il cuore di trovarlo, mia cara Emma. »
« Io l’ho già trovato Signora, con voi. » affermò la ragazza aprendo le labbra in un bellissimo sorriso.
La Contessa ritirò la mano e le fece cenno di cominciare la lettura. Emma aprì delicatamente il libro e sfogliò le pagine fino a ritrovare il punto a cui era arrivata il giorno prima. I suoi occhi vagarono sulle piccole parole scritte con l’inchiostro nero, il profumo della carta le arrivò alle narici e lei lo inspirò beandosi di quell’odore che tanto le piaceva. Cominciò a leggere.
« Il mare era in fermento, ma la nave comandata dal più in gamba dei pirati non aveva nulla da temere. L’uomo si avvicinò all’albero maestro della Jolly Roger ed osservò il cielo in tempesta. L’artiglio che aveva al posto della mano venne conficcato all’interno del legno di quercia con un colpo secco e deciso. Peter Pan avrebbe avuto la fine che meritava per quello che aveva osato fargli, e più si avvicinavano alla costa più il suo obiettivo diventava chiaro. Represse un urlo di ferocia e poi si rivolse al resto della sua ciurma, o forse a nessuno in particolare: tremate, Capitan Uncino sta per arrivare. »
La voce di Emma era chiara e cristallina, la cadenza con cui leggeva era capace di trasformarsi in una dolce nenia e cullare la contessa per portarla lontana da quella stanza. Ma quel giorno c’era qualcosa che non andava, troppi pensieri affollavano la mente dell’anziana signora, ed Emma se ne rese conto quando un sospiro le giunse alle orecchie.
« Cosa succede Signora? Vi sentite poco bene? » le chiese visibilmente in ansia.
« No, no mia cara. Va tutto bene. Pensavo solo che anche io ho due uomini di mare che mi piacerebbe arrivassero qui ad Hearthford con la loro nave. »
Emma richiuse il libro con delicatezza e osservò il volto accigliato della sua padrona consapevole di cosa stesse provando in quel momento visto che ormai era argomento di conversazione della maggior parte delle loro giornate.
« I vostri figli torneranno Contessa, dovete solo avere un po’ di pazienza. » cercò di rincuorarla la ragazza, ma il tentativo non suscitò la reazione sperata.
« Avevo accettato a malincuore la decisione di Liam di arruolarsi nella marina militare, ma mai mi sarei aspettata che Killian lo avrebbe seguito dopo solo un anno. I miei due figli maschi, entrambi lontani da Hearthford, ed entrambi consapevoli che hanno lasciato la tenuta nelle mani di quel miserabile del marchese Malcolm, il marito di mia figlia. »
Emma la guardò consapevole del fatto che avesse ragione. Il marchese Malcolm Mills aveva sposato la contessa Regina, da cui aveva avuto un figlio, Henry, a cui la ragazza era molto affezionata, ma di certo non si potevano tessere le lodi del comportamento del Marchese, che fino ad ora sembrava stesse portando Hearthford alla rovina scialacquando il patrimonio della famiglia Jones. Gli unici figli maschi della contessa erano partiti per mettersi al servizio del Re. Il più grande, Liam, si era arruolato nella marina nove anni prima, mentre Killian, il secondogenito, lo aveva imitato arruolandosi l’anno successivo. Entrambi avevano raggiunto delle cariche di prestigio, Comandante e Capitano, e per il momento non sembravano intenzionati a fare ritorno causando disappunto e malinconia nella madre.
Emma non li aveva mai visti. Era arrivata ad Hearthford solo cinque anni prima e li aveva potuti ammirare solo nei ritratti che la contessa teneva appesi nella sua stanza, ma era sicura che quei dipinti non gli rendessero giustizia. Aveva sentito che erano di una bellezza fuori dal comune, ricercati e riveriti in ogni dove. Gli scapoli d’oro, ecco come li chiamavano.
Ma a lei cosa poteva importare? Emma era solo una serva, e le serve non avevano voce in capitolo. Ma potevano sognare. Questo almeno le era concesso.



Angolo dell'autrice
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Ed eccoci qua! Prima fan fiction in assoluto e ho voluto cominciare con la mia coppia preferita di sempre, i Captain Swan. Ho voluto unire le mie due serie preferite, ossia Once Upon a Time ed Elisa di Rivombrosa. Alcuni personaggi saranno OOC, perciò non spaventatevi se vedrete una Cora molto disponibile e cara nei confronti di Emma :D dimenticatevi anche alcune parentele, diciamo che mi sono divertita a strafare un po’ e spero che il risultato finale vi piaccia ^^ Se volete lasciatemi una recensione, ne sarei veramente felice! Al prossimo capitolo!

Keepsake
   
 
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