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Autore: aiedailAster    26/12/2014    1 recensioni
Sedici ragazzi cominciano il loro primo anno alla Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts. Non si conoscono, ma credono di essersi già visti in passato, da qualche parte. E mentre cercano di conoscersi e di ambientarsi nella scuola, cominciano ad accadere avvenimenti decisamente fuori dall'ordinario...
Genere: Azione | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: Cross-over | Avvertimenti: Spoiler!
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Angolo dell'autrice all'inizio perchè in fondo è troppo mainstream

Salve, popolo di EFP!
Questo è il mio primo angolino, perdonate qualche errorino e roba varia ^^'
Allora... sì, l'ho fatto.
Un crossover fra Harry Potter e il mio webcomic preferito, Homestuck! (come da titolo c: ).
Come avrete potuto notare, ogni capitolo verrà incentrato su un punto di vista diverso (in questo caso, sarà raccontato dal punto di vista di John Egbert :B )
E' stato difficile assegnare i ragazzi e i troll alle case di Hogwarts. Davvero D:
Ho distribuito in modo equo tutti (anche i dancestors e gli alpha kid), e devo ammettere che qualcuno è andato per esclusione ^^'
Però non ne sono poi così dispiaciuta. Vedremo come staranno i nostri troll e ragazzi in case inusuali! x'D
Delirio a parte, giuro che questa la finirò. Devo finirlah.
Lo so, il delirio dovuto alla sera tardi si sta impadronendo di me, perciò vi saluto e vi auguro...buona lettura! 0u0

Larissa c:
 
Thump.
John alzò la testa dalla strada ciottolosa.
Pochi secondi fa aveva varcato la soglia di Diagon Alley, la via dedicata ad ogni tipo di magia, per poi inciampare malamente su qualcosa maledettamente simile ad una bottiglia, ed era finito lungo disteso per terra, sporcandosi la faccia di un po’ di fango.
Si raddrizzò gli occhiali andati di traverso e cercò di alzarsi in piedi, e sentì un lieve bruciore al ginocchio.
Constatò che si era procurato una bellissima sbucciatura al ginocchio destro, che spiccava sanguinante contro i suoi pantaloncini color marrone chiaro. Sbuffò con aria lievemente seccata e scorse la figura di Jane davanti a lui, altrimenti detta la sua “Sorella-Maggiore-Ma-Anche-No”, che faceva di tutto per non scoppiare a ridere.
“Fossi in te non lo farei, Janey.” Disse, incrociando le braccia con fare seccato.
Si sentiva già abbastanza idiota nell’aver inaugurato il suo primo ingresso a Diagon Alley con una strabiliante scivolata: aggiungendoci Jane, poteva dichiarare di aver fatto combo con le figuracce, per quel giorno.
“Ma John, spiegami come diavolo si fa a non ridere per… questo!” trillò Jane allegra, per poi scoppiare in una gioviale risata due secondi dopo.
Essa aveva già attirato l’attenzione di due giovani maghi che passavano da quelle parti, che se l’erano svignata coprendosi le bocche con le mani, molto probabilmente per soffocare una più che certa risatina.
John alzò le spalle e decise che era meglio lasciar perdere. Si fece fasciare il ginocchio da Jane alla bell’è meglio, tirò un fazzolettino dalla tasca e si pulì accuratamente la faccia, e trotterellò al fianco di sua sorella.
Mettendo da parte la bella figura che aveva appena fatto, John era particolarmente euforico.
Pochi giorni fa, gli era arrivata una lettera a casa, nella Terra del Vento e dell’Ombra. Aprendola, aveva letto con stupore che era stato ammesso alla prestigiosa Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts: il bello era che non sapeva assolutamente in cosa consistesse quella diavoleria e, a dirla tutta, all’inizio aveva creduto che fosse uno scherzo di pessimo gusto.
Così aveva chiesto spiegazioni a sua sorella Jane, nella Terra delle Cripte e dell’Elio: sapeva che la ragazza si divertiva a fare scherzi di ogni tipo, ed in passato gliene aveva fatti tanti, e lui aveva sempre fatto la figura del pollo arrosto con patate – nel vero senso della parola.
Quella volta, però, Jane non era scoppiata nella sua solita risata. L’aveva fissato negli occhi, senza proferir parola. In seguito, gli aveva gettato le braccia al collo e lo aveva letteralmente stritolato di abbracci, e non riusciva a smettere di leggere e di rileggere la lettera con gli occhi azzurro cielo che le brillavano.
Gli aveva spiegato brevemente qualcosa su Hogwarts e gli aveva mostrato una delle sue cravatte: era a strisce blu e bianche, e lei aveva dichiarato di essere una Corvonero del quarto anno.
Non gliene aveva mai parlato prima, temendo che fosse nato Babbano come suo padre: i Babbani – i comuni mortali, tanto per intenderci – non dovevano assolutamente sapere nulla di nulla del mondo magico, o ci sarebbero stati cavoletti amari per tutti.
John l’aveva fissata a bocca aperta, sentendosi incredibilmente strano. Era stato introdotto bruscamente in un mondo di cui non aveva mai sentito parlare prima, e la cosa lo rendeva quasi… onorato. Così, si era accordato con Jane per andare a Diagon Alley per comprare tutto il necessario per la scuola – anche se all’ultimo momento e frettolosamente, accidenti a lui che non si appuntava mai niente.
Si riscosse dai suoi pensieri e raggiunse frettolosamente Jane, che si era fermata ad una vetrina che esponeva utensili magici per cucinare con più facilità.
“Devo assolutamente comprare uno di questi cosi, cascasse tutta l’Incipisfera!” esclamò la ragazza in estasi.
John alzò gli occhi al cielo esasperato, per poi guardare nuovamente la sorella. Cortissimi capelli neri pettinati “all’antica”, maglietta bianca e gonna acquamarina lunga fino al ginocchio, Jane giocherellava eccitata con i suoi occhiali rossi: probabilmente stava pensando ad un nuovissimo modo di impreziosire con un tocco di magia i suoi famosi biscotti. Non per niente, Jane era una cuoca davvero eccellente e aveva la casa letteralmente sommersa da valanghe e valanghe di ricette di svariati tipi – oltre che di libri di magia, s’intende.
John impiegò almeno cinque minuti buoni per convincere la sorella ad allontanarsi dalla vetrina, e proseguirono per la via.
Dal canto suo, il ragazzo non finiva mai di voltare la testa da una parte all’altra, ammirando tutti gli oggetti in esposizione nelle vetrine e la moltitudine di maghi che camminava per strada piena di merce di ogni tipo. Non poté evitare di fermarsi ad una vetrina dove erano esposti diversi articoli per una specie di sport: Quidditch, a detta di Jane.
Stavolta toccò alla ragazza trascinare il fratello: John sembrava ipnotizzato da alcune scope dalle forme sinuose e da quelle che sembravano delle sgargianti e pratiche divise.
“Non pensarci neanche, John.” Lo redarguì Jane incrociando le braccia. “A quelli del primo anno è vietato possedere una scopa personale, e i nuovi modelli costano un occhio della testa.”
John annuì, in cuor suo un po’ dispiaciuto, e si affrettò a seguire Jane.
Si recarono nei pressi di un grandissimo edificio bianco al centro di Diagon Alley, che svettava su tutti gli altri quasi fosse una specie di palazzo reale.
“John, questa è la Gringott, la banca dei maghi…” spiegava Jane al fratello. “Mamma ci ha lasciato un bel gruzzoletto nella nostra camera blindata: dovrebbe bastare per tutto quello che compreremo.”
John aggrottò la fronte, perplesso. Se avesse detto che aveva capito tutto, avrebbe sicuramente mentito spudoratamente.
Si limitò a seguire Jane con aria assente guardando con sorpresa dei piccoli esseri chiamati goblin che facevano avanti e indietro da un vasto salone dorato pieno di scranni. Questo suo atteggiamento assente durò fino al loro arrivo nella camera blindata, la numero… sì, ecco, la numero 230.
Jane tirò fuori dalla tasca una piccola chiavetta d’oro, che passò velocemente al goblin che li aveva accompagnati. Questo la prese, la esaminò attentamente, come se avesse paura di trovarci qualche macchietta, e dopo attimi che parvero interminabili la infilò nella serratura.
Dopo qualche giro, si sentì uno scatto, e la porta si aprì, lasciando John di stucco.
Alla faccia del gruzzoletto!
Davanti a sé vedeva cumuli di monetine di bronzo, gruppetti di monete d’argento e montagne di monete d’oro, che scintillavano alla luce delle fiaccole.
Jane gli spiegò che le monetine di bronzo si chiamavano zellini, quelle d’argento falci, e quelle d’oro galeoni, e che ventinove zellini formavano una falce, mentre diciassette falci formavano un galeone. John si fissò per bene nella mente le informazioni della sorella mentre prendeva manciate di tutto quel bendiddio e lo infilava nel borsello.
“Dovrebbe bastare.” Constatò Jane soppesando il borsello pieno zeppo di soldi.
Uscirono dalla Gringott e si fiondarono subito in una libreria chiamata Il Ghirigoro per comprare i libri per la scuola, e girovagarono negli altri negozi per acquistare le divise da Madama McClan (“John, per l’amor del cielo, sei capace di stare fermo per mezzo secondo?” gli diceva Jane ogni volta che John si muoveva durante le misure) e tutto l’occorrente per la scuola.
Jane controllò ancora una volta la lista.
“Adesso ti mancano solo una bacchetta ed un animale da portare con te. Personalmente, ti consiglierei un gufo: i rospi sono passati di moda, ti riderebbero dietro… e i gatti non riesco a sopportarli, mi fanno starnutire come una matta. Te ne comprerò uno nuovo, però: il mio è tutto spennacchiato!” Gli consigliò la ragazza ridacchiando.
Dopo aver gustato due buoni gelati alla Gelateria da Fortebraccio, un gioviale mago dalle braccia robuste, Jane gli indicò il negozio di Olivander, il fabbricante di bacchette.
John lesse l’insegna:”Olivander: fabbrica di bacchette di qualità superiore dal 382 a.C.”
“Jane, tu non entri con me?” chiese alla sorella.
“Ma certo che no, da Olivander ci entrerai da solo!” rispose lei, tirandogli un affettuoso buffetto sulla guancia. “E poi, devo sceglierti un bel gufo al Serraglio Stregato!” e gli indicò un edificio dalla parte opposta.
“Quanto hai finito, aspettami davanti al negozio e non muoverti da lì per nessuna ragione al mondo.” Gli raccomandò con un cenno di saluto.
John le sorrise e si avviò titubante verso il piccolo negozio del fabbricante di bacchette.
Si bloccò subito: la porta di quest’ultimo si stava aprendo con un leggero scampanellio, ed una ragazzina che poteva avere la sua stessa età stava uscendo cautamente dal negozio con in mano una bacchetta piuttosto lunga.
John la guardò attentamente: la ragazzina era piuttosto bassa, corti capelli biondo platino sistemati con un cerchietto nero, e indossava una maglietta bianca con stampato una specie di polipetto viola piuttosto inquietante, completo di una gonnellina grigia, delle calze bianche con una piccola riga viola vicino all’orlo, e delle scarpe nere.
La ragazza sembrava si fosse accorta della sua presenza e si voltò verso di lui, scrutandolo con i suoi profondi e cupi occhi viola dal taglio perfetto e dalle lunghe ciglia nere, mordicchiandosi le labbra nere.
John deglutì e prese un respiro profondo: quella ragazza gli trasmetteva un qualcosa di straordinariamente misterioso e anche… parecchio inquietante. Non riusciva a staccare lo sguardo da quei cupi occhi viola e la ragazza, con una scrollatina di spalle, si strinse la bacchetta al petto e si diresse allungando il passo nella direzione opposta.
Con il pensiero fisso della strana ragazza appena incontrata, John appoggiò la mano alla maniglia della porta di Olivander.
Si sentì uno scampanellio non appena entrò nella piccola anticamera, e appoggiò le mani sul bancone.
Regnava la penombra più totale e per un attimo pensò che il padrone si fosse allontanato per qualche minuto, ma dovette ricredersi quando sentì un fruscio alla sua destra.
“Salve, e benvenuto da Olivander. Anche tu del primo anno, non è così?”
John sobbalzò e girò lentamente la testa verso la voce. Un uomo anziano con grandi occhi chiari che sembravano brillare nella penombra del negozio spuntò all’improvviso, prendendo al volo un metro.
John annuì e lasciò che Olivander gli misurasse la mano ed il braccio destro per varie volte. Poi, borbottando fra sé e sé, cominciò a prendere alcune scatoline dagli scaffali e le posizionò ordinatamente sul bancone.
“Vediamo un po’… undici pollici, abete e crine di unicorno. Adatta alle trasfigurazioni.”
John prese in mano la bacchetta con la mano che gli tremava. Attese pochi secondi, ma non accadde niente.
“No, no.” Commentò Olivander scuotendo la testa. Gli tolse la bacchetta di mano e gliene diede un’altra.
“Pioppo e corde di cuore di drago, dodici pollici e mezzo, piuttosto resistente.”
Il ragazzo afferrò anche quella, ma continuava a non succedere niente.
“Uhm… melograno e crine di unicorno, dieci pollici, flessibile.”
Niente neanche con quella.
John sospirò rassegnato. E se non fosse riuscito a trovare la bacchetta giusta? Avrebbe passato ore ed ore nel negozio a maneggiare bacchette?
Il viso di Olivander si illuminò.
“Oh, ecco qui. Betulla e piume di fenice, undici pollici e mezzo, adatta agli incanti.”
John la prese in mano, pronto ad un'altra delusione. Ma essa non arrivò.
Sentì invece uno strano calore che partiva dal palmo della mano fino ad arrivare alle punte delle dita. La agitò goffamente e dalla punta della bacchetta sprizzarono delle scintille bianche e celesti.
“Ottimo, ottimo!” commentò Olivander battendo le mani. Prese la bacchetta dalla mano di John e la ripose nella scatolina, avvolgendola in colorata carta da pacchi.
Il ragazzo pagò otto galeoni per la sua bacchetta, ringraziò confusamente Olivander ed uscì dal negozio, socchiudendo gli occhi per il rapido passaggio dalla penombra al sole di Diagon Alley.
Jane lo stava già aspettando raggiante, con in mano una gabbia.
“Hey John! Guarda un po’ cos’ho qui…” trillò, mostrandogli la gabbia. “Un bell’esemplare di gufo di palude! Che ne dici?”
John fissò il gufo ed infilò un dito in una gabbia per accarezzargli le piume. ‘animale tubò contento.
“Cosa ne penso? “ esclamò. “Che è semplicemente fantastico! Grazie mille Jane!” e abbracciò forte la sorella.
Jane ridacchiò divertita e si diresse col fratello verso il Paiolo Magico, trotterellando per tutta Diagon Alley.
Sì, era stata una giornata niente male, dopotutto. Non doveva fare altro che aspettare in trepidante attesa il primo settembre.
 
  
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