È cosi triste.
La notte di natale, i canti, le luci, le burrobirre bevute in compagnia fra canti natalizi in cui Merlino porta piccoli presenti ai maghi di tutto il mondo.
E Remus è così triste, così solo, forse solo troppo ubriaco per riuscire a tenere su la sua maschera felice, perché chi ha tempo per curarsi anche di lui? L’unico rimasto a sapere cosa fare per farlo stare veramente bene era morto da così poco che faceva ancora fatica ad abituarsi all’idea.
Dodici anni ad Azkaban e poi quanto avevano avuto insieme? Nemmeno un paio d’anni.
Così se ne dimenticava, dimenticava che era morto, pensava a lui come un fuggiasco o un prigioniero, poi ricordava che era morto e faceva così male che pensare di passare la vita da bestia era una prospettiva migliore.
Remus odiava restare solo in quella casa, quella casa che doveva essere loro, ma tutti avevano una vita, avevano un posto dove tornare, qualcuno che li aspettava. Lui no, lui aveva perso il suo tutto.
Qualcuno l’aveva portato a letto prima di andarsene. Forse Harry o forse Ninfadora, tentando per l’ennesima volta di … non sapeva nemmeno lui cosa più voleva la ragazza da lui.
Si era addormentato senza accorgersene, non ricordava  di aver chiuso gli occhi, nel sogno vedeva ancora la sua camera dalla stessa prospettiva. Ma allora perché sapeva che sognava? Chi gli stava dicendo che dormiva?
Due braccia famigliari, forse troppo fredde, gli stavano cingendo il busto e una mano stava spostando il suo volto in modo da poterlo baciare.
<< Sirius>>
Un leggero sussurro, strozzato dalle lacrime e da una risata amara.
<< Buon natale mio Moony >>
E le lacrime continuarono a scorrere fra gli occhi chiusi di Remus, i singulti del pianto ora gli unici a stringergli il petto.