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Autore: alister_    27/12/2014    0 recensioni
[Xenogears]
Kahr Ramsus è un uomo che si è fatto da solo. O almeno così crede.
[Buon Natale, Lux!]
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Self-made man


 

Doverosa premessa: fic scritta come regalo di Natale per Lux nell'ambito dell'iniziativa natalizia del Pick a Quest. Ahimé, non scrivevo da un sacco, e si nota; però, considerando che i temi erano ostici, l'ispirazione è arrivata tardi, e il tempo per scrivere è stato pochissimo, il risultato va oltre le mie aspettative. Ho cercato di ripercorrere la vita di Ramsus, dai tempi dei vecchi Elements fino al finale di Xenogears, concentrandomi sui suoi pensieri e suoi stati d'animo.

Buon Natale, Lux!

 

 

 

Costante necessità di dimostrare il proprio valore.

A volte si chiede se esista un termine in grado di riassumere questo concetto. Se c'è qualcuno in grado di rispondergli, probabilmente si tratta di Hyuuga, che da sempre gli dà l'idea di essere il tipo di persona che nel tempo libero studia il vocabolario in cerca delle parole più strane; ma non può chiederglielo, no davvero.

Farlo significherebbe portare a galla una serie infinita di domande, che presuppongono una serie altrettanto infinita di spiegazioni. E lui non vuole – non può – giustificarsi.

Lui è Kahr Ramsus, mito dei ranghi militari di Solaris che si è faticosamente costruito da solo, pezzo dopo pezzo, giorno dopo giorno. Non vuole crollare come un castello di carte davanti ai suoi commilitoni, e vederli mutare espressione, atteggiamento. Non vuole che quella luce di ammirazione che brilla nei loro occhi si spenga, perché è ciò che lo tiene in vita.

Non vuole condiscendenza. Non vuole compassione. Non più, ormai.

 

 

C'era un tempo in cui le cellule neurali dell'essere deforme che era si concentravano in un unico, intenso pensiero – un desiderio, una preghiera.

Salvatemi, pensava. Raccoglietemi, prendetemi con voi, desideratemi.

Tuttavia, per quanto dolorosamente lo chiedesse, nessuno mai rispondeva alle sue suppliche, e lui restava a marcire in una putrida discarica di aborti mal riusciti, già dimenticato dal suo creatore.

E avrebbe continuato a decomporsi tra la spazzatura, se quelle sciocche preghiere non fossero state soppiantate da qualcosa di ben più potente.

Un prepotente desiderio di vita si era fatto strada in lui – l'aveva posseduto, e ancora continua a possederlo, e muove ogni suo passo, nella scia della grandezza.

Vedrete, dice, agli stessi corpi senza volto a cui, un tempo, ha implorato di amarlo. Vedrete che cosa diventerò, vedrete.

Ancora una volta, nessuno risponde, ma non importa, perché ha smesso di tendere l'orecchio da quella che ormai sembra un'eternità.

 

 

Un giorno Sigurd abbandona tutto e se ne va. Volta le spalle ai loro sogni, ai loro ideali, alla loro amicizia, e non torna indietro, perché il cuore gli ha detto di andare, e lui, non avendo niente da dimostrare, ha potuto farlo.

E Kahr si chiede come dev'essere vivere così, senza dover provare niente a nessuno. Senza dover continuamente sforzarsi fino allo stremo delle forze per riaffermare il proprio diritto alla vita.

Se lo chiede spesso, in realtà. E si chiede come sia venire al mondo senza uno scopo, solo come conseguenza del desiderio sessuale dei propri genitori.

Sigurd, per esempio, era nato proprio così, quasi per errore. Un figlio bastardo mai riconosciuto, senza alcuna responsabilità sulle spalle; e Kahr lo invidia, e invidia tutto il resto del genere umano che nasce senza la condanna di una funzione da adempiere che pende sul capo, senza il rischio di venire gettato nella spazzatura alla prima occasione, come è successo a lui.

Dev'essere bello, vivere senza dover dimostrare niente a nessuno.

 

 

A un tratto, tutti se ne sono andati. Non solo Sigurd, ma anche Jessie e Hyuuga; tutti gli amici e compagni di un tempo l'hanno abbandonato, ma va bene così, siccome non l'hanno fatto perché lo considerano spazzatura, ma solo perché hanno trovato qualcos'altro per cui lottare. La luce di ammirazione nei loro occhi era ancora intatta, quando gli hanno detto addio, uno ad uno.

E ora attorno a lui c'è già una nuova squadra, che ancora una volta ha selezionato personalmente, elargendo seconde occasioni a chi già si credeva condannato a spegnersi lentamente, abbandonato da tutti: ha acceso negli altri quella stessa speranza che ha alimentato in sé stesso per non cadere a pezzi, e gli sguardi della sua nuova squadra brillano ancora più luminosi di quelli della vecchia.

E Ramsus brilla di riflesso. E' un uomo che si è fatto da solo, un uomo che si è conquistato a fatica tutto quello che possiede, persino ciò che il resto del mondo ha a priori. Persino il diritto alla vita.

E' un grand'uomo. E' un condottiero.

Miang glielo sussurra ogni notte all'orecchio, e poi sospira il suo nome. Kahr, dice, e lui si sente davvero Kahran Ramsus, comandate, amante, uomo. I suoi giorni da 0808191 Ramses sembrano così assurdi e lontani da parergli solo un terribile incubo fatto nella prima infanzia.

 

 

Tutto torna a galla con un nome di tre lettere, che gli è sempre suonato incredibilmente sciocco, insulso. Come può qualcuno con un nome insignificante come Fei significare tanto? E inconsapevolmente, tra l'altro.

Fei lo supera in tutto senza neppure rendersene conto; la fortuna gli sorride in qualsiasi cosa faccia. Senza applicarsi, senza sforzarsi, riesce a primeggiare, a brillare della luce abbacinante del vincitore. E Ramsus, che si è dannato per tutta la durata della sua esistenza rigettata e riconquistata al fine di raggiungerlo e superarlo, lentamente si affievolisce.

Ogni sconfitta è una macchia incancellabile, che lo riporta sempre più vicino all'abisso di oscurità e rifiuti da cui ha faticato tanto per uscire. Non può permetterlo.

Non importa se la sua squadra si sgretola a poco a poco, se gli sguardi di ammirazione si tramutano in preoccupazioni, se cominciano a prenderlo per pazzo, e se continua ad accumulare sconfitte.

Ad ogni costo, gli dimostrerà la sua supremazia – la supremazia di chi si è conquistato duramente ogni successo, ogni amicizia, ogni sorriso, e non l'ha avuto per scontato come lui. Non si lascerà buttare nei rifiuti un'altra volta.

 

 

Una pedina.

Per tutti questi anni, in cui si è illuso di avere il potere di plasmare la propria esistenza, di determinare il corso del fato, non è stato altro che una marionetta mossa da altri. E a reggere i suoi fili c'era Krelian, creatore che l'ha gettato nei rifiuti come l'aborto mal riuscito che pensava fosse, e Miang – Miang che di notte gli sussurrava Kahr all'orecchio, sospirando, e di giorno lo chiamava Comandante, con gli occhi accesi di furbizia; Miang che credeva lo plasmasse, e che invece lo manipolava.

Gli è stato negato persino il libero arbitrio. Ogni diritto basilare dell'essere umano gli è stato sottratto dal momento stesso della sua creazione, mentre Fei si è ritrovato fregiato di ogni qualità del Superuomo senza neanche accorgersene, senza fare nessuno sforzo.

E' ingiusto. Ma Ramsus ha passato la vita cercando di combattere l'ingiustizia col merito, e non è servito a nulla; ora è solo stanco. Dopo i suoi incessanti sforzi per conquistarsi il diritto di vivere come Kahran Ramsus, comandante, scopre di essere rimasto per tutto il tempo 0808191 Ramses. Credeva di essere stato gettato nell'immondizia, e di essersene tirato fuori da solo; ma ora capisce di non essere altro che un ottimo esempio di rifiuto riciclato.

 

 

Torna a marcire nella discarica, o almeno così gli pare, perché non vede altro che nero, non sente altro che freddo, e non riesce a pensare che a un'unica parola: spazzatura.

Non c'è nessuno a tendergli la mano per farlo rialzare, così come non c'era tanti anni prima, e lui non ha più un briciolo di forza per farlo da solo.

Qualcuno, però, arriva fino a lui. Non è una carezza, non è una stretta di mano; è uno schiaffo, ed è Hyuuga a darglielo, inveendo come mai l'ha visto fare.

D'un tratto, Kahr apre gli occhi e la discarica è sparita, soppiantata da una cerchia di persone che gli si stringono intorno. Mette a fuoco uno ad uno i volti dei vecchi e dei nuovi Elements: sono tutti lì attorno a lui, per lui, e la luce nei loro occhi non si è estinta.

Non lo vedono come l'impeccabile comandante Ramsus, né come il rifiuto difettoso Ramses; lo vedono semplicemente come Kahr, uomo con pregi e difetti, ma assolutamente e incontestabilmente umano. Dominia e le sue ragazze, Hyuuga, e Sigurd, tutti ora gli tendono la mano, e gli sorridono. E lui capisce che tutti gli sforzi di una vita non miravano a nient'altro che a questo momento.

 

Costante necessità di dimostrare il proprio valore.

Kahr Ramsus non ha ancora scoperto se esista o meno un termine in grado di riassumere questa condizione, ma ormai non gli serve più saperlo.  

   
 
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