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Autore: Maia Scott    27/12/2014    1 recensioni
Il suo nome era sinonimo di gossip, o di critiche. Ormai aveva imparato i trucchi del mestiere. Forte fuori, distrutta dentro. Sembrava funzionare, perché chi le stava intorno non dava segno di accorgersene. E a lei andava bene così. Nella ragnatela della sua vita era però rimasta intrappolata un’ unica cosa meravigliosa: la musica. L’aveva subito fatta prigioniera e l’aveva resa la sua sola ancora di salvezza…o almeno così credeva.
Genere: Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Discover me'
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Con un gesto il ragazzo indicò a Isabelle la finestra, facendole capire che sentiva il bisogno di scaricare un po’ del nervosismo accumulato con una sigaretta. Lei gli sorrise e insieme si spostarono nel piccolo balcone decorato con piante colorate su cui si affacciava la stanza.
Chris tirò fuori dai jeans il pacchetto di sigarette e ne accese una, aspirando il fumo prima di ricominciare a parlare. Sapeva di avere ancora del tempo e non aveva mai provato quella sensazione di libertà che si stava impossessando del suo corpo. Izzy si sedette su una delle due poltroncine, mentre lui si mise di fronte, appoggiandosi alla ringhiera.
«Sinceramente non mi sorprende che i miei nonni paterni non abbiano mai sopportato i genitori di mia madre. Lui era un famoso attore e lei viveva dei guadagni del marito. Presto anche la loro unica figlia ha imparato a fare così. Ogni suo capriccio è sempre stato un ordine per loro, e dico così non perché qualcuno me l’ha raccontato, ma perché era solita fare allo stesso modo anche da adulta. Fino al giorno in cui me ne sono andato, lei ha sempre pensato di potermi trattare come faceva con i suoi genitori. Che illusa. Capisco perfettamente cosa la unisce a mio padre.» con uno sguardo disgustato prese altro fumo dalla sigaretta e continuò così fino a quando non la ebbe terminata.
«Sono felice di essermi liberato di loro, dico sul serio. Da quando sono andato via, sono diventato me stesso e non il bambolotto con cui si divertivano tutti a giocare, mi sento più libero»
Izzy gli rivolse un enorme sorriso e si alzò per poterlo abbracciare. Mentre erano stretti l’uno all’altra, lui la ringraziò in un sussurro e le disse che pensava di aver trovato la sua prima vera amica. Lei, in risposta, arrossì per la prima volta davanti ad un ragazzo e gli confessò che anche lui era il suo primo amico con Jenny.
Rientrarono nella camera e si fecero scherzi a vicenda fino a quando la proprietaria di casa non salì per avvisarli dell’orario.

 In pochissimo tempo si ritrovarono nel salotto e sia Izzy, sia Chris, poterono notare l’abbigliamento di Jennyfer. Era bellissima. Un abito rosso a maniche corte le arrivava fin sopra le ginocchia, ai piedi calzava un paio di decolleté neri di media altezza che lasciavano scoperto un magnifico tatuaggio.
Raffigurava un serpente che si avvolgeva lungo la caviglia, fino ad arrivare con la testa sul collo del piede. Jen, che sembrò notare lo sguardo degli amici, spiegò loro il significato.
«Rappresenta il mio passato, quello che ero e gli errori che ho fatto. Adesso sono andata avanti, ma non posso permettermi di dimenticare quello che è stato, altrimenti ricadrei nello stesso sbaglio. È una lunga storia, prima o poi lo saprete e non me ne vergogno, ne sono uscita e farà sempre parte di me».
I ragazzi non fecero domande e si limitarono a seguire l’amica verso l’auto, pronti per divertirsi. Durante il tragitto Jen riprese il suo solito modo di fare allegro e coinvolgente, trascinando con sé gli altri in un karaoke abbastanza stonato. Al loro arrivo mostrò all’addetto della sicurezza tre pass e un collega dell’uomo li scortò fino a un privè, circondato da delle tende bianche.
La musica era assordante e l’aria era già impregnata di alcol e sudore, le persone si muovevano distrattamente sulle note delle nuove hit mentre sorseggiavano i loro drink.

 All’ingresso della zona riservata li accolse un ragazzo che doveva avere circa la loro età, era alto e aveva i capelli molto lunghi e neri, aveva un piercing sul sopracciglio destro e sulle braccia erano sparsi dei tatuaggi di diverse dimensioni. Indossava dei jeans neri e una tshirt di un gruppo musicale. Salutò Jenny con un abbraccio affettuoso, poi sorrise agli altri e porse loro la mano.
«Finalmente posso conoscervi, ragazzi. È un vero piacere, io sono Brian Hearst. Seguitemi, vi presento gli altri.» Chris e Izzy strinsero la mano e si presentarono, poi entrarono nel privè.
Ad aspettarli c’erano due ragazzi e una ragazza, seduti al tavolo, intenti a discutere tra loro. Appena notarono i nuovi arrivati si alzarono e li raggiunsero, poi Brian fece le presentazioni.
«Lei è Eirene Perkins, la nostra cantante. Ei, loro sono Isabelle e Christopher» la ragazza rivolse loro un sorriso e diede due baci a ognuno.
«Loro invece sono Sean Burgh, chitarrista» indicò il primo «e John Galt, tastierista del nostro gruppo. Io suono la batteria e tra poco ci esibiremo per la prima volta in questo locale. Se tutto va come abbiamo previsto, potremmo avere addirittura un contratto per suonare qui ogni sabato sera»
Spiegò loro Brian, invitandoli a sedere.
Izzy si concentrò sui tre musicisti che componevano la band con Brian e notò con suo grande piacere che avevano tutti un’aria di simpatia.
Il viso tondo e color caffellatte di Eirene era incorniciato da splendidi capelli ricci corvini, con sfumature viola tra i ciuffi fermati da una bandana come quella che Iz aveva al polso. Indossava una camicia verde militare molto lunga e pantaloni di pelle neri. Le scarpe dello stesso colore erano ricoperte di borchie sul retro e lei non sembrava soffrire l’altezza vertiginosa dei tacchi. Gli occhi castani erano valorizzati solamente da pochissimo mascara, era splendida. Il suo sorriso, poi, era rassicurante, così come il carattere era molto simile a quello di Jenny.
Sean aveva il classico aspetto del chitarrista. Blue jeans strappati, anfibi e tshirt neri contribuivano al suo look, coronato da capelli corti biondo cenere e occhi castani. Non aveva ancora preso parte alla conversazione se non con qualche parola, quindi Izzy non riuscì a identificarne subito il carattere.
John era almeno venti centimetri più alto di Iz e le aveva rivolto subito uno splendido sorriso. I ricci neri gli cadevano sulla fronte, coprendo leggermente gli occhi azzurri. Aveva una felpa nera con un enorme cappuccio, che portava sul capo, pantaloni larghissimi e Vans del colore della felpa non potevano ovviamente mancare, era anche abbastanza simpatico.

 «Jen mi ha parlato tanto di voi che stasera non vedevo l’ora di conoscervi. Se vi va, possiamo uscire tutti insieme qualche volta» Brian ruppe nuovamente il silenzio che si era creato tra un argomento e l’altro.
«Certo! Sarebbe davvero una bella serata!» rispose Izzy, Chris annuì come conferma e Jenny fu molto soddisfatta della piega che stava prendendo la situazione. Era davvero contenta di aver presentato i suoi più cari amici a Brian, che ormai frequentava spesso.
Lui l’aveva attratta sin dalla prima volta, anni addietro, ma il loro rapporto li faceva sembrare fratelli, eppure lei desiderava di più. Non ne aveva ancora parlato con qualcuno, aveva paura ad ammettere ad alta voce il suo interesse nei confronti dell’amico.
Ordinarono dei drink e degli aperitivi, continuando a chiacchierare allegramente.
Quando ormai il tavolo era colmo di bicchieri di ogni forma e dimensione e ciotole contenenti niente di più di qualche briciola, si spostarono nella sala principale, dove aspettarono il fatidico momento. Qualche minuto dopo, un ragazzo del locale avvertì Ei che era ora di prepararsi e tutto il gruppo si recò dietro le quinte. Inaspettatamente, Brian chiese a Jenny di accompagnarlo, sia per stare un po’ con lei, sia per lasciare ai due nuovi amici qualche attimo da soli. La ragazza gli aveva illustrato più volte il suo piano e lui le aveva promesso collaborazione. Izzy e Chris sarebbero presto diventati inseparabili, a qualunque costo.
Le ultime note della canzone sfumarono e una voce presentò il gruppo.
«Ragazzi e ragazze, buonasera!» dalla pista da ballo arrivò qualche schiamazzo «per la prima volta sul nostro palco, ecco a voi gli Hell’s Eyes!» solo in quel momento la folla esplose in urla di approvazione. Non erano molto conosciuti, ma bisognava comunque dar loro la giusta accoglienza.
Accompagnati dalle urla, salirono sul palco e salutarono con un gesto il loro nuovo pubblico, poi lentamente John si posizionò dietro la tastiera elettrica, Sean prese la chitarra dal piedistallo su cui era stata poggiata, Brian si sedette alla batteria e Eirene staccò il microfono dall’asta.  
Suonarono diversi brani, ma l’ultimo fu quello che colpì maggiormente i ragazzi sotto il palco. Quando l’inizio di My Immortal si diffuse nella sala, scese il silenzio, si formò qualche coppia e la voce di Eirene accarezzò tutti. Nessuno rimase impassibile davanti a un’interpretazione così perfetta.
Forse fu solo per effetto dell’atmosfera, oppure era esattamente ciò che desiderava fare da sempre, Chris allungò le braccia verso i fianchi di Izzy e la strinse a sé in modo diverso dal solito. Inizialmente la ragazza lo guardò interdetta, ma decise di lasciarsi andare, poggiando la testa sulla spalla dell’amico. Non ballarono come le altre coppie, si limitarono a rimanere uniti, in una muta promessa. Ancora una volta il loro rapporto stava cambiando e ancora una volta loro erano troppo distratti per accorgersene.
Quando la canzone era ormai finita, si separarono, non ci fu imbarazzo, al contrario Izzy intrecciò la sua mano con quella di Chris, in uno sfiorarsi di anelli e tatuaggi, e lo condusse verso il bar.

 Il bancone era illuminato da una luce viola posta al suo interno e spiccava nel buio della sala, tre ragazzi con un grembiule nero si spostavano freneticamente armeggiando con i vari cocktail e altrettanti ragazzi andavano e venivano dai tavoli portando enormi vassoi.
Izzy e Chris si sedettero su delle sedie nere di fronte al bancone e subito uno dei dipendenti fu pronto a servirli.
«Che cosa desiderate?» la domanda interruppe la conversazione dei due, riguardo alle vacanze natalizie. Ne avevano già parlato in altre occasioni, ma questa volta Chris sembrava un tantino più disponibile rispetto alle precedenti.
«Io vorrei una vodka alla pesca mentre…» Chris si interruppe e guardò l’amica, in attesa della sua risposta. Quando Izzy chiese una Coca-Cola, lui la guardò come se fosse un’aliena, non capendo perché non avesse ordinato qualcosa di diverso, magari alcolico.
La ragazza fissò la sua espressione per un istante, poi scoppiò a ridere e spiegò di essere astemia.
Non appena terminò la risata, si affrettò ad aggiungere le sue motivazioni, non aveva di certo compiuto questa scelta per paura di farsi del male, considerando che ormai aveva ripreso a fumare regolarmente, semplicemente perfino l’odore dell’alcol le aveva da sempre dato fastidio.
Le loro ordinazioni arrivarono presto e Chris insistette per pagare anche la sua, ovviamente dopo un quarto d’ora di discussione.
Dopo l’esibizione degli Hell’s Eyes Jenny era sparita con Brian e né Izzy, né tantomeno Chris, si preoccuparono di andare a cercarli. Senza la loro compagna, però, non avevano nemmeno tanta voglia di ritornare dal resto del gruppo, essendo entrambi molto timidi e avendo paura di disturbare, perciò preferirono fare un giro nel cortile posteriore del locale.

 Oltre la porta a vetri si estendeva un piccolo giardinetto, il prato inglese era alternato a dei ciottoli che creavano dei sentieri e al termine di questi c’erano delle panchine bianche. C’erano dei cespugli e qualche albero decorato con delle luci, fiaccole che indicavano l’ingresso e molta gente che chiacchierava all’aperto. Nonostante fosse quasi fine novembre era molto piacevole stare nel cortile, anche grazie a delle stufe sparse ovunque.
Chris si poggiò al muro laterale ed estrasse dalla tasca l’ennesima sigaretta della giornata, offrendone una anche a Izzy che accettò volentieri.
Tra loro calò il silenzio mentre si concedevano quel piacere che condividevano ogni giorno, mentre tutt’intorno regnava il chiasso e il caos.
Rientrarono dopo essersi trattenuti un po’ e andarono dritti al tavolo che aveva riservato Brian.
Lì c’erano già tutti e si preparavano a tornare a casa, chiudendo gli strumenti e prendendo le giacche.
Izzy fece i complimenti a tutti, soffermandosi particolarmente su Eirene che le chiese anche il numero di cellulare. Chiacchierarono mentre Sean lottava con la cerniera della custodia della chitarra, poi uscirono insieme dal locale.
Si salutarono all’esterno e tornarono a casa solo quando Jenny riuscì a liberarsi dall’abbraccio di Brian, contenta della serata.

Appena presero posto in auto Jennyfer accese la radio e scelse una canzone del cd che stavano ascoltando. Presa dal buonumore e incurante dell’orario, alzò il volume al massimo e iniziò a cantare, coinvolgendo ben presto gli altri due passeggeri. Trascorsero l’intero viaggio di ritorno improvvisando le parole e ridendo per ogni minima cosa.
Non senza un po’ di difficoltà, Jenny parcheggiò l’auto nel giardinetto antistante e corse ad aprire la porta, imprecando per il freddo. Si catapultarono all’interno e, come se avessero stipulato un accordo segreto, corsero nelle loro stanze a cambiarsi.

 Isabelle aprì la porta e accese la luce, si lanciò sul letto e si concesse qualche minuto per riflettere. Solo in quel momento si rese conto dei piccoli cambiamenti che lentamente stavano avvenendo in lei. Per la prima volta si era sentita viva, sicura, libera di essere ciò che aveva sempre desiderato e le piaceva, le piaceva molto. Era stato diverso rispetto alle serate organizzate dai ragazzi che aveva frequentato qualche anno prima, quando era al liceo. Quelle serate nelle quali si era sentita costretta a emulare le sue coetanee che, con abiti succinti, passavano da un uomo all’altro senza badare nemmeno all’età. Nascondeva i vestiti con vergogna nel fondo dell’armadio, stretti in una borsa, li lavava quando i suoi non c’erano e poi li buttava di corsa nell’asciugatrice, in modo da poterli nuovamente nascondere. Nonostante questo, la minigonna nera era leggermente rovinata in alcuni punti, e il corsetto rosso perennemente impregnato dall’odore del fumo e dell’alcol aveva due lacci troppo allentati. Le scarpe, vertiginosi tacchi neri, erano rovinate sulla parte anteriore e la suola era ricoperta dalla cenere delle tante sigarette che aveva spento per la strada, dopo aver versato in solitudine lacrime di vergogna. Quella sera invece era stata la giusta conclusione di una giornata speciale, nella quale aveva scoperto una persona meravigliosa. Sin dal loro primo incontro, Izzy aveva sempre cercato di poter rivedere quel Chris che era riuscito a farla sentire diversa, quello che si era aperto con lei e si era lasciato andare. Le apparve in mente l’immagine delle loro mani unite, la sensazione di sicurezza che aveva provato, unita alla consapevolezza che non avrebbe potuto più guardare quel ragazzo come aveva fatto fino a quel momento.
Bloccò nuovamente il flusso dei pensieri, si preparò per la notte e uscì dalla camera per salutare gli altri ragazzi.

 Jennyfer entrò nella sua stanza come una furia, impaziente di levarsi i trampoli sui quali aveva sofferto tutta la sera. Ancora stordita per tutte le luci del locale, si limitò ad accendere la piccola lampada bianca poggiata sulla scrivania di legno. La sua camera era spaziosa e di giorno era molto luminosa. Le pareti gialle le davano un’aria di allegria, così come i mobili arancioni. La stanza era lo specchio della sua nuova personalità, le piaceva anche il disordine che regnava sul letto disfatto. L’armadio enorme conteneva abiti e scarpe di ogni genere e colore, poche borse e molti zainetti variopinti. Si estendeva su quasi tutta una parete ed era suddiviso in scaffali, appendiabiti e cassetti. Qua e là comparivano qualche cappello di lana e di paglia, la bombetta nera e alcune paia di occhiali da vista e da sole. Sui muri erano appesi poster di band, dipinti di paesaggi marittimi e locandine di film. Al lato della scrivania, uno stereo nero era posato su una mensola, accompagnato da una montagna di cd. Nello spazio sottostante, invece, uno stereo per vinili, contenuti nel mobiletto su cui era poggiato. Le due casse erano nei lati opposti della stanza, ricoperte di libri e giornali.
Ai piedi del letto si disperdeva qualche paio di scarpe, abbandonato lì in attesa di sistemazione.
Jenny indossò degli antiscivolo rossi e si liberò anche del vestito, sostituendolo con dei leggins e una felpa di alcune taglie più grande.
Si struccò osservandosi nello specchio appeso sulla porta, prese il pacchetto di sigarette e l’accendino dalla scrivania, poi si diresse verso il piccolo balcone e si sedette sulla sedia di legno rivolta verso il giardino posteriore. Nella sua mente cominciarono ad affollarsi pensieri riguardo quella serata e soprattutto riguardo quel ragazzo che sin dal primo sguardo era riuscito a renderla sua, Brian. Ricordava ancora quel momento di due anni prima quando lei correva nascondendosi dalla pioggia con un cappuccio nero e tenendo ferma saldamente nella tasca della felpa con una mano la quinta bustina di quella settimana. Andava avanti così, ogni giorno una dose nuova e ogni sera un ragazzo diverso.
Aveva conosciuto Brian nel locale che era solita frequentare, lei gli si era avvicinata in cerca di una preda con la quale passare la notte e lui non aveva acconsentito. Divenne una sfida ma accidentalmente lui riuscì a comprendere ciò che si nascondeva dietro gli occhi della ragazza. Da quel giorno iniziarono a conoscersi e fu proprio lui che fece così tanta pressione da convincere Jenny a chiedere aiuto. Durante tutto il periodo della riabilitazione era sempre stato presente, al termine del percorso l’aveva riaccompagnata a casa e aveva insistito per darle una mano a ritinteggiare la stanza e cambiare guardaroba. Jenny sorrise al ricordo di quei giorni e guardando la sigaretta che stringeva tra le dita ridacchiò al pensiero della smorfia che aveva fatto Brian quando aveva trovato nuovamente i pacchetti in casa dell’amica. Aveva, infatti, cercato di dissuaderla dal fumo purtroppo senza riuscirci, in quanto anche lui dipendente dalla nicotina.
Riflettendo, non ricordava bene quando tutto fosse iniziato, ma era sicura di provare qualcosa per lui. Fino a quel giorno non aveva trovato il coraggio di confessarglielo, poi però era stato lui stesso a chiamarla con sé prima dell’esibizione.
Non avevano subito raggiunto gli altri, si erano nascosti nel camerino di Brian e lui le aveva detto di essere innamorato di lei. A quel punto aveva ceduto ed era stata proprio lei a fare il primo passo e a posare le sue labbra su quelle dell’ormai non più amico. Avevano deciso di provare a creare un rapporto diverso dal solito e aspettavano solo il momento giusto per dirlo a tutti.
Jennyfer si alzò con un sorriso enorme, spense la sigaretta nel posacenere e si diresse al piano di sotto per augurare la buonanotte agli amici.

 Christopher non aveva nessuna voglia di andare a dormire, il sonno tardava ad arrivare e l’energia scorreva nel suo corpo senza sosta. Si sedette sul letto celeste al centro della stanza e si guardò attorno. Le pareti blu somigliavano a quelle della sua camera dell’infanzia, le fotografie di spiagge con la sabbia bianca gli ricordavano le rare volte che i suoi genitori l’avevano portato con loro in vacanza e i mobili bianchi riportavano alla luce le immagini della casa dei nonni paterni a Shanghai.
Finalmente era riuscito a esternare i suoi sentimenti, la sua rabbia nei confronti di un passato di cui riusciva solo a vergognarsi. Cresciuto nel lusso e nel disprezzo delle diversità, aveva da poco iniziato a vivere nel mondo, circondato da persone che con lui avevano pochissimi punti in comune. Una soltanto continuava ad apparirgli troppo simile, troppo vicina al suo passato. Izzy era entrata nella sua vita per caso, in cerca di un lavoro per mantenersi lontana da casa e lui era riuscito soltanto a trattarla con aria di sufficienza e a frapporre un muro di cemento fra loro. Non riusciva a spiegarsi perfettamente quel suo comportamento, eppure in quel momento dovette ammettere a se stesso che ormai di quel muro non rimaneva altro se non qualche maceria. Durante il pomeriggio, era stato pervaso dal terrore di poterla annoiare o peggio ancora di rendersi insopportabile ai suoi occhi davanti ai quali già non si era dimostrato abbastanza cordiale. Quando però aveva incrociato il suo sguardo non vi aveva visto noia, disprezzo o insofferenza, bensì consapevolezza, solidarietà e soprattutto affetto. Non riuscì a dare un nome specifico alla sensazione che aveva provato quando finalmente era riuscito a stringerla tra le braccia e tantomeno a ciò che si era scatenato dentro di lui al solo sfiorarsi delle loro mani. Nel momento in cui aveva rivolto lo sguardo ai loro corpi così vicini aveva desiderato solo assaporare le sue labbra e provocarle un sorriso. Riconobbe però di essersi fatto trattenere dalla paura, non era certo di riuscire a sopportare un rifiuto ma non voleva nemmeno impietosire la bella Isabelle.
La prima volta che si era aperto a lei non era stata un’azione volontaria, piuttosto un riflesso del suo corpo. Aveva sentito la necessità di starle accanto, di mostrarle la sua vera persona, di condividere con lei quel momento e di instaurare un rapporto di fiducia. Mettendo da parte il risentimento per i genitori, si era presentato per quello che era, aveva esibito le sue cicatrici ed era riuscito a liberarsi un tantino dal peso che portava costantemente con sé.
Sorrise quando, sfilando la giacca, si rese conto di avere addosso l’odore della ragazza, un misto tra il profumo delle pesche e il fumo delle sigarette. Ripensò al momento nel quale, entrando nella stanza di lei, l’aveva osservata mentre si preparava.
In quel momento aveva compreso quanto Izzy fosse bella, e quanto lui ormai dipendesse da lei. Sostituì velocemente gli abiti con quelli contenuti nel suo zaino e corse in salotto, ansioso di rivedere Isabelle.

 Jenny scese le scale e si lasciò andare sul divano, desiderosa soltanto di tornare in camera per riposare. Guardò l’orologio appeso dietro di lei, sulla porta a vetri della cucina, che segnava le due e mezzo del mattino. Era abbastanza consapevole che la mattina seguente non sarebbe riuscita a svegliarsi prima di mezzogiorno. Chris arrivò correndo e le rivolse un sorriso indagatore, curioso di conoscere la causa del suo sguardo sognante. Furono interrotti dalla comparsa di Izzy, che giunse sul divano canticchiando una canzoncina per bambini. Quando si rese conto delle occhiate divertite che gli amici le rivolgevano, sorrise furbamente e domandò innocentemente «Che avete da guardare voi due?»
Jenny le fece il verso da dietro, poi si rivolse ad entrambi i ragazzi «Allora? Ne è valsa la pena? O vi siete annoiati?». I due si guardarono ridacchiando, poi Chris rispose «Avevi ragione, bionda» Jen fece una smorfia al sentire quel soprannome che odiava «è stato divertente. Forse potrei ascoltarti di più quando parli…» il ragazzo fu interrotto dalle urla di gioia e di scherno di Jennyfer, che si inginocchiò teatralmente sul tappeto «Dio, grazie. Finalmente l’hai capito, Christopher»
In risposta ricevette un cuscino sul viso, che afferrò prontamente e rilanciò all’amico. Si alzò in piedi, salutò con la mano i presenti e si avviò verso le scale «’Notte gente, vado prima di crollare per terra.» salì un gradino e si girò a guardare minacciosamente i due «Non azzardatevi a svegliarmi per nessuna cosa al mondo. Fate come se foste a casa vostra, io devo dormire» poi scomparve nel corridoio del piano superiore.
Izzy si sporse sul divano per dare a Chris due baci sulle guance, poi gli rivolse un saluto e si diresse anche lei verso la sua stanza. Si chiuse la porta alle spalle e si gettò sul letto, cadendo in un sonno profondo.
Rimasto solo, Chris cercò qualcosa da vedere in tv ma ben presto, essendo la sua ricerca miseramente fallita, si ritirò anche lui in camera.

 Quando Isabelle aprì gli occhi rivolse lo sguardo alla piccola sveglia posta accanto al letto. Erano le sette meno venti e sapeva perfettamente che nessuno si sarebbe svegliato nelle seguenti tre ore. Non riuscendo però a riprendere sonno, si alzò e si recò in cucina. Intenta a prepararsi un tè, non si accorse che qualcun altro era sveglio e la stava raggiungendo.
«Buongiorno» la ragazza si girò di scatto, trovando Christopher intento ad aprire ogni anta dei mobili in cerca di qualcosa da mangiare. Rispose al saluto e lo lasciò fare, sperando poi di poter usufruire del risultato della ricerca.
«Ti va un po’ di tè?» domandò voltandosi appena.
«Si grazie, ho anche trovato dei biscotti!» Chris poggiò sul tavolo bianco una busta colorata, che pubblicizzava degli ottimi frollini al cioccolato. Izzy, ansiosa di assaggiarli, si affrettò a prendere due tazze e a riempirle con la bevanda calda. Prese posto ad un lato del tavolo, invitando l’amico a fare lo stesso, e gli porse la colazione.
Chiacchierarono tranquillamente e riordinarono la stanza, recandosi successivamente nel giardino anteriore. Izzy si sedette sul dondolo e fu subito imitata da Chris, che le offrì una sigaretta.
Dopo averle accese, rimasero in silenzio.
Erano entrambi consapevoli che la sera precedente era cambiato qualcosa, ma nessuno dei due aveva il coraggio di fare il primo passo. Convenirono, invece, che per quel momento il loro rapporto poteva rimanere invariato e che con il tempo si sarebbero potuti conoscere meglio.

 

 

Ciao!!
Mi scuso per il terribile ritardo con cui pubblico questo capitolo, ma essendo cambiate tante cose dall’ultima volte che ho aggiornato, ho avuto un periodo totalmente privo di ispirazione. Non so dirvi quando riuscirò a pubblicare il prossimo, ma sicuramente già da domani mi metterò al lavoro. Ho sentito la mancanza dei miei personaggi e l’altro giorno ero davvero impaziente di ricominciare. Spero davvero che vi piaccia, ho cercato di fare un punto della situazione degli stati d’animo dei protagonisti  e spero non risulti troppo noioso.
Grazie a tutti voi che siete arrivati fin qui, non vedo l’ora di sapere cosa ne pensate!
Un bacio

Maïa

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

  
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