Film > Sherlock Holmes
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Autore: tomtom    27/12/2014    1 recensioni
Londra, inverno 2014. John Watson è in ritardo e si trova dirottato sulla Central Line: è qui che, tra l'incredibile folla di turisti ed impiegati, il dottore fa la conoscenza di uno sconosciuto piuttosto prepotente e maleducato. Destino vuole che i due si rincontrino ancora.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Sherlock Holmes
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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John Watson stava raccogliendo le ultime cose dal suo armadietto nella stanza del personale, quando udì qualcuno entrare dentro.
Si girò e trovò Irene Adler che lo fissava dall'uscio della porta con uno strano sorriso; durante tutti i turni che avevano condiviso, il dottore aveva imparato ad ammirare la sua tagliente intelligenza e sapeva quanto la ragazza potesse essere scaltra. Perciò la vista di quell'enigmatico sorrisetto lo immobilizzò.
«Irene» disse a mo' di saluto, cercando di apparire il più rilassato possibile; tornò quindi al suo armadio e al suo zaino, facendo movimenti piuttosto bruschi, così da fare abbastanza rumore da dare l'impressione che fosse occupato.
La donna rise divertita e con pochi passi gli fu alle spalle.
«Dottor Watson, c'è qui fuori un mio amico che desidererebbe conoscerla».
Watson rabbrividì sia al tono che all'implicazione che quella frase portava con sé: ricordava ancora quella volta che aveva accettato di farsi coinvolgere in un appuntamento al buio con uno dei suoi amici; non era finita per niente bene e fu proprio da quel momento che aveva iniziato a temere le macchinazioni di quella donna che puntavano unicamente a “dargli un uomo su cui fare affidamento”.
«Irene...» ripeté, questa volta quasi una supplica.
«La prego, dottore, si fidi di me»
«Irene, ti prego, voglio solo andare a casa».
E con ciò chiuse – con forse troppa violenza - lo sportello dell'armadietto e si precipitò fuori dalla stanza.
Nel desiderio di allontanarsi dall'intrusiva infermiera, Watson non considerò che, nello spalancare la porta, avrebbe potuto colpire chiunque si trovasse in quel momento dietro di essa; quando questa chiaramente colpì qualcuno, John si lasciò scappare un «cazzo!» e accorse in aiuto della sua povera vittima.
«Voglia moderare il linguaggio, dottore»
Di tutte le persone che Watson pensava potessero trovarsi dietro quella porta, il dottore mai avrebbe pensato di posare lo sguardo  sulla figura del suo sconosciuto della metro: questi sorrideva divertito e tale visione richiese qualche tempo per elaborare esattamente cosa fosse accaduto. Vide il piede dell'uomo vicino la porta e capì di non aver colpito nessuno, ed anzi, di essere stato salvato dai riflessi acuti dell'uomo.
«Oh mio Dio... Mi scusi tanto» fece imbarazzato il giovane dottore, cercando di evitare di fissare lo straniero negli occhi.
Inconsciamente registrò il momento in cui la Adler sgattaiolò fuori dallo stanzino e quasi gli sembrò di vedere i due scambiarsi sorrisi compiaciuti.
«Dottore, non si preoccupi, sarebbe scappato a chiunque» tornò a concentrarsi su di lui l'uomo.
Watson annuì, e decise di darsi un contegno.
«Perlomeno, mi permetta di ringraziarla per i suoi pronti riflessi, signor...»
«Sherlock Holmes» concluse l'uomo, porgendo la mano che il dottore prontamente strinse.
«Dovrei ringraziarla anche io, allora, per i riflessi, dottor Watson» ammiccò alla targhetta e proseguì: «è un piacere conoscerla, John Watson»
«Anche per me, signor Sherlock Holmes».
I due si scambiarono uno sguardo di complicità e Watson quasi sentiva il cervello esplodere per l'euforia e l'adrenalina che questo incontro gli stava causando.
«Posso chiederle come è andato il viaggio in India?» domandò Sherlock Holmes.
Il giovane dottore impallidì e scrutò quegli occhi grigi che davano l'impressione di stare studiandolo attentamente: per un attimo pensò ad uno stalker, poi si ricordò che quest'uomo doveva conoscere Irene Adler e la luce nei suoi occhi sembrava più divertita che minacciosa.
Watson balbettò qualcosa, ma fu interrotto prima che potesse compromettere ulteriormente la sua integrità.
«La prego, non si spaventi, Watson: piuttosto, se accetta il mio invito a cena, mi darà l'occasione per spiegarle come ho fatto a rintracciarla e come so dell'India».
Parlò con una voce elegante che poco aveva a che fare con l'occhiolino amichevole che la accompagnò.
Confuso, il dottore abbassò lo sguardo e passò qualche istante a soppesare la proposta: accettare l'invito si sarebbe potuto rivelare pericoloso, d'altro canto la prospettiva di poter fare la conoscenza di un così intrigante uomo lo allettava e perché no, si chiedeva, perché non permettere ancora che questo Holmes stravolgesse la sua vita un'ultima volta con la sua imprevedibilità?
«Accetto l'invito, Holmes» esclamò solennemente, «ma deve promettermi di finirla con i “lei” e di non essere un serial killer in incognito».
I due risero divertiti e dopo qualche tempo iniziarono a consultarsi, ognuno sentendosi sempre più a proprio agio con l'altro, per decidere dove e come andare.
Sul dove ebbero qualche problema a trovare un accordo, ma sul come non ci furono dubbi: sarebbero andati con la metro.



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