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Autore: LivJ    29/12/2014    1 recensioni
Avevo intenzione di scrivere questa breve storia in inglese, perchè l'avevo pensata così, adatta ad essere riportata da un linguaggio scarno, breve, diretto ma molto intenso.
Poi però ho cambiato idea. Forse perchè non riuscirei ad esprimermi al meglio in una lingua che non è la mia, per quanto lo vorrei.
E' una storia breve, autoconclusiva, non si parla di grandi amori o di storie struggenti, ma di un incontro di vita quotidiana che proprio per la sua apparente semplicità mi ha colpita.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Incompiuta
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C'era vento. Leggero, quasi impercettibile, ma c'era, lo sentiva sulla pelle.
E' buffo come si tende a notare sensazioni del genere quando siamo completamente presi da altro. Ed è anche buffo come non facciamo caso a sensazioni molto più intense e impregnanti, nonostante siano sempre lì con noi, pronte a riaffiorare come un fastidioso herpes che, puntualmente, spunta quando meno te lo aspetti.
Sembrava quasi giorno, nonostante il buio della sera si fosse fatto ormai avvolgente; forse era colpa delle luci. La strada principale della piccola cittadina era completamente illuminata da lunghe corde di luci giallo intenso e da quelle bianche delle vetrine.
Se fosse stata meno impegnata a portare a termine tutte le faccende che si era prefissata, compresi i tanto odiati regalini di Natale, forse si sarebbe resa conto dell'atmosfera che la avvolgeva.
Aveva il naso freddo, probabilmente anche un po' rosso, come era consueto diventare quando le temperature si abbassavano senza troppo preavviso. Un passo davanti a l'altro, in maniera automatica, la stava portando dove aveva parcheggiato la macchina, per poter posare le buste che aveva in mano e continuare il suo giro di spese altrove. Con il volto immerso nella sua fedele borsa blu, che sua madre si ostinava a sostenere fosse grigia, la sua attenzione nei confronti di quello che si muoveva intorno a lei, era pari a zero. Il cellulare si era nuovamente infilato nella tasca più profonda della borsa, sommerso da gingilli di ogni genere, e sapeva che non sarebbe stato semplice riuscire a tirarlo fuori. Una parte di lei avrebbe preferito attendere di essere arrivata alla macchina, per poter cercare l'aggeggio tecnologico con la dovuta calma, ma il suo lato preponderante, ignaramente e tristemente assuefatto dai social network, sentiva l'impellente bisogno di controllare che la vibrazione che aveva percepito poco prima, non fosse nessun messaggio di vitale importanza.
Immersa in tutto ciò, fu un attimo. Uno sguardo. Non fu altro.
Forse a causa di un riflesso spontaneo, o forse per un semplice bisogno di guardare letteralmente dove stava mettendo i piedi, la bruna alzò lo sguardo.
I suoi occhi incrociarono quelli di lei, ed un secondo dopo, le era passata accanto. Già finito. E già le mancava. Rallentò lentamente il passo fino a fermarsi. Le braccia immobili lungo i fianchi, lo sguardo fisso di fronte a lei, quasi incredulo. La sua mente aveva iniziato a vorticare, bombardandola di domande e dubbi.
Come aveva fatto a non notarla prima? Come aveva fatto a non notare il ragazzo al suo fianco? Ma soprattutto, come mai non aveva nemmeno avuto il coraggio di salutarla?
Il suo corpo, mosso da un desiderio che non pensava di avere, si voltò della direzione in cui la ragazza si era diretta. Vederla da lontano, con quel suo solito passo impacciato, ma che per lei era sempre stato elegante, le fece stringere il cuore. Il suo cervello stava continuando a produrre pensieri e sensazioni così velocemente che ormai non era più sicura di sentire niente, se non la lacrima che si stava facendo strada sulla sua guancia.
Ma no, non poteva piangere, non in mezzo ad una via piena di gente, non in paese dove chiunque l'avrebbe potuta riconoscere.
Non in un luogo dove non avrebbe potuto disperarsi.
Con uno scatto improvviso, scordandosi di tutto il resto, si diresse verso la macchina che per sua fortuna non era lontana, mentre lottava contro se stessa per contenere le lacrime. Aprì la portiera, lanciò borsa e pacchetti nel sedile accanto al suo, e la morsa allo stomaco che prima l'aveva solo solleticata, la strinse con forza. Tutto il suo corpo, quasi di conseguenza, si piego in avanti, il volto distorto in una smorfia di dolore e gli occhi che partorivano lacrime amare, come non le succedeva da tempo.
La consapevolezza che, nonostante tutto, dopo tre anni, non l'aveva superata, la colpì. Eppure, lei ci aveva sperato.
   
 
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