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Autore: AnneC    29/12/2014    2 recensioni
Come ogni anno, agli inizi di marzo, una notifica sul mio profilo Facebook mi ha ricordato l’annuale riunione dei vecchi alunni della Sandymount High School. Prima d’ora, ho partecipato una solo volta a questo genere di evento e affermare che quella fu una serata noiosa è un eufemismo: ammettiamolo, le persone non cambiano ed è inutile illudersi che un gruppo di liceali, che non sopportiamo da adolescenti, migliorino col tempo.
Quest’anno però, qualcosa di diverso c’è. Da quando ho messo piede nella palestra del liceo adibita a discoteca per l’occasione non si parla d’altro e la parte single delle vecchie alunne si è messa in tiro per l’occasione, me compresa.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Danny O'Donoghue, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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 Questa storia partecita al: Music in Life #contest 

Siamo sempre gli stessi,
abbiamo solo qualche anno in più. 


Come ogni anno, agli inizi di marzo, una notifica sul mio profilo Facebook mi ha ricordato l’annuale riunione dei vecchi alunni della Sandymount High School. Prima d’ora, ho partecipato una sola volta a questo genere di evento e affermare che quella fu una serata noiosa è un eufemismo: ammettiamolo, le persone non cambiano ed è inutile illudersi che un gruppo di liceali, che non sopportiamo da adolescenti, migliorino col tempo. Ad esempio, dopo quattordici anni, Caroline Hills è rimasta la stessa, nel vero senso della parola grazie alla chirurgia estetica, Mike West ha lo stesso taglio fuori moda di quando aveva diciotto anni e Rosalie Fitzgerald non ha perso la sua fama di ragazza facile, visto che si presenta edizione dopo edizione con un uomo diverso al suo fianco. 
Quest’anno però, qualcosa di diverso c’è. Da quando ho messo piede nella palestra del liceo adibita a discoteca per l’occasione non si parla d’altro e la parte single delle vecchie alunne si è messa in tiro per l’occasione, me compresa.
«Sai se è già arrivato?» mi chiede Jane Sullivan, la mia migliore amica ai tempi del liceo.
«Non ancora. Rosalie è ancora avvinghiata al suo toy boy» le faccio notare, mentre il barista mi porge la birra che avevo ordinato.
«Che effetto ti farà rivederlo?» domanda lei a bruciapelo. «Se non sbaglio ti piaceva O’ Donoghue quando frequentavamo il liceo».
«Sono passati quattordici anni, Jane. È passato un sacco di tempo».
«Le cose non cambiano, Zoe. Me lo ripetevi almeno venti volte al giorno» conviene lei.
E, in effetti, le cose non cambiano. La mia attrazione per Daniel O’Donoghue è cominciata all’inizio dell’ultimo anno, quando aveva appena cominciato a farsi chiamare Danny e preferiva trascorrere i suoi fine settimana a provare con la sua band in un locale dismesso, piuttosto che in giro per pub come ogni altro diciottenne; ora che è il cantante dei The Script, esercita ancora il suo fascino sulla sottoscritta.
«Salve ragazze» ci saluta Tim Murrey, abbracciandoci. «È da un bel po’ che non ci vediamo».
«Non è colpa nostra» gli risponde Jane schietta. «Sei tu, quello che viaggia in lungo e in largo e si è dimenticato delle sue vecchie amiche».
«E non ci hai nemmeno invitate nel tuo attico a New York, vergognati!» aggiungo fingendomi offesa, mentre uno strano mormorio si diffonde nella palestra.
«La mia fama mi precede, a quanto vedo» dichiara Tim fiero.
«Sai, non è da tutti diventare un magnate della finanza» gli ricorda Jane. «Piuttosto, che ci fai qui? Cosa c’è di così importante da farti volare fino a Dublino?».
«Per voi donne, una serata del genere serve a mostrare a tutti cosa siete diventate nella vita. Ad esempio» esordisce per poi fare una pausa. «Bridget O’Malley, ci sbatte in faccia il successo della sua casa di moda; Holland Smith, con la stessa voce stridula di quando era adolescente, informa tutti della sua  ricchezza, ma è attenta a non svelare che l’ha ereditata da sua nonna materna; invece, Mara Stone, nel suo tailleur di alta sartoria, avvisa noi uomini che non si fa mettere i piedi in testa da nessuno, visto che è a capo di uno studio legale; e Sarah Graham, cammina altezzosa al fianco del marito, mostrando a tutti i diamanti che lui le regala».
«Un diamante è per sempre» dichiara Jane, citando uno slogan pubblicitario.
«No, in questo caso un diamante serve per farsi perdonare un tradimento, ma non credo che la nostra cara Sarah lo sappia».
«E tu che ne sai?» chiedo sbigottita.
«Ho le mie fonti. Ho una spia qui a Dublino che mi informa di ogni cosa» afferma Tim misterioso.
«Cosa ti hanno detto su di noi?» chiede Jane sospettosa.
«Jane Sullivan dirige il The Crown Hotel ed incontra circa una volta al mese la sua migliore amica del liceo, Zoe Lynch, che lavora in uno studio fotografico qualsiasi, dove realizza stupidi video per i matrimoni altrui» annuncia schietto Tim, mentre Jane sgrana gli occhi stupefatta.
«Lavoro al...»
«Uno vale l’altro, è la stessa cosa» mi interrompe lui.
«E i video per i matrimoni non sono stupidi» sbotto nervosa.
«Lo sono se si paragonano a qualcosa come un film» ribatte Tim senza scomporsi. «Non sto dicendo che il tuo lavoro sia noioso. È solo che non riesco a capire per quale motivo non rischi nella vita. Ho visto come lavori ed hai del talento; non sprecarlo per delle spose che non ricordano nemmeno chi tu sia».
«Non ti ci mettere anche tu, Tim».
«È quello che le dico sempre anch’io. La signorina è brava a dare consigli, ma quando si tratta di lei, si rifiuta di rischiare» puntualizza Jane.
«Ho quasi trentatré anni, non posso permettermi il lusso di lasciare un posto fisso per rischiare» faccio notare ad entrambi.
«Vedi, è come parlare con un muro».
«Piuttosto, ammettiamo per un attimo che la ragione per cui noi donne siamo qui sia perché vogliamo metterci in mostra» dico, cambiando argomento. «E voi uomini, perché siete qui?».
«Per lo stesso motivo, più o meno» risponde sorridente. «Bill Russell parla fiero della sua concessionaria; Patrick Snow e Jim Oliver fanno a gara per scoprire chi tra loro possiede il miglior ristorante della città».
«E tu? Lo sanno già tutti quello che sei diventato» puntualizzo.
«Io sono qui per un altro motivo. Devo difendere il titolo di alunno più influente» spiega Tim. «Quest’anno il mio rivale è...».
«Danny O’Donoghue» annuncia Jane, trattenendo il fiato.
«Esatto, finora non aveva mai partecipato alla riunione dei vecchi alunni».
«Intendevo dire che è qui» chiarisce Jane su di giri, indicando un punto alle sue spalle. «Andiamo da lui?» mi chiede speranzosa.
«Vi conviene aspettarlo qui. Se anche lui è qui per la stessa mia ragione, verrà da me per indebolire il mio campo di influenza» dichiara solenne.
«Non ti sembra di esagerare? È un titolo fittizio, Tim» lo informo, ma le mie parole sembrano non convincerlo.
«D’accordo, credo alla tua strana teoria, ma almeno andiamo al bar a prendere qualcosa?» domanda Jane, assecondandolo, decisa a non staccarsi da lui per nessuna ragione. Così, ci facciamo largo verso la postazione degli alcolici, mentre sulle labbra degli altri vecchi alunni non si fa altro che ripetere lo stesso nome con un tono adorante da parte delle donne ed uno di sfida e diffidenza da parte degli uomini. Non sono ancora riuscita a vederlo, ma a detta di Holland e Sarah, che sono davanti a noi nella fila per il bar, è molto più bello che in televisione e a quanto pare non c’è alcuna donna al suo fianco. 
Ho sempre sostenuto che le cose non cambiano, questa volta però devo affermare il contrario: c’è una sola cosa che cambia le persone ed è la fama; apparire in televisione, fare concerti o posare per le copertine patinate delle riviste ti fa diventare popolare esattamente come lo si diventa al liceo quando diventi una cheerleader.
La fila procede lentamente e Jane è stata presa in ostaggio da Sharleen McFee, che ha la stessa parlantina veloce e tagliente di quattordici anni fa. Mentre la fila avanza lentamente, mi  guardo intorno per provare a scorgere anche solo la punta dei capelli di Danny, ma in cambio ricevo una serie di sguardi assassini da parte della mia amica per averla lasciata lì da sola.
«Hey O’Donoghue, devi fare la fila anche se sei famoso» urla Tim all’improvviso, facendomi trasalire.
«Non pensavo di vederti stasera, Murrey. Cosa ti porta a Dublino?» dice Danny, avvicinandosi a noi, mentre io maledico mentalmente Tim.
«Per il tuo stesso motivo» risponde, per poi indirizzarmi uno sguardo veloce.«Vedere come se la passano i miei vecchi amici. Ti ricordi di Zoe?».
«È passato un sacco di tempo» esordisco, per poi ammutolire appena gli occhi di Danny incontrano i miei.
«Zoe Lynch. Certo che mi ricordo di te» risponde senza interrompere il contatto visivo.
«Allora» dice Tim, riportando l’attenzione su di lui. «Come vanno le cose? Tutto bene con la band?».
«Va a gonfie vele, stiamo registrando il nuovo album. A te come va a New York?».
«Alla grande. Certo, mi manca l’Irlanda, ma non ho nulla di cui possa lamentarmi» dichiara, alzando leggermente le spalle.
Si scambiano ancora qualche domanda di circostanza, ma ormai non li ascolto più, impegnata come sono a trovare un solo motivo per cui possa ricordarsi di me. L’ultimo anno frequentavamo un solo corso insieme, quello di biologia, ma l’unica cosa che mi ricordo è che passavo la maggior parte del tempo a guardare fuori dalla finestra o a disegnare qualsiasi cosa pur di non ascoltare il vecchio Mr. Jackson.
Nel frattempo Jane ci ha raggiunti ed è alla mia sinistra a darmi gomitate per ogni volta che il Danny si volta nella nostra direzione.
«Basta parlare di lavoro» annuncia il cantante. «Tanto lo sappiamo tutti qui, che il più influente tra i vecchi alunni sei tu, Tim. Ed io non ho alcuna intenzione di rubarti il titolo» aggiunge, mentre ci passa le nostre birre.
«Puoi dormire tranquillo adesso» gli sussurro, prendendolo in giro.
«Invece come vanno gli affari di cuore? Siete sposati? Avete figli?» chiede Danny curioso.
«Siamo sposati col nostro lavoro, cosa credi?» risponde Jane, strappando una risata a tutti. «E chi avrebbe il tempo per correre dietro ad un marmocchio, per carità!».
«Vale lo stesso anche per te, Zoe?» mi domanda, prima di prendere un grande sorso dalla sua birra.
«Sposata? No, preferisco assistere ai matrimoni degli altri» ammetto, alzando gli occhi al cielo. E mi sembra che Danny abbia tirato un sospiro di sollievo.
«Siamo tutti liberi come l’aria» aggiunge Tim divertito, prima che Sharleen prenda me in ostaggio.
Nonostante ci siano più di un centinaio di persone, tutti non fanno altro che parlare di  Danny O’Donoghue o guardare chiunque trascorra anche un solo istante con lui; nessuno riesce a spiegarsi per quale motivo sia qui e a quanto pare anche la teoria di Tim è sbagliata. Un paio di ore dopo e qualche birra in più, sembra che l’euforia e la curiosità per il suo ritorno alla Sandymount non faccia più scalpore e tutti sembrano godersi la festa, ballando canzoni sconosciute e sorseggiando drink variopinti.
In questo momento, Jim Oliver sta tentando in tutti i modi di invitare me e Jane al suo ristorante per offrirci un pranzo, ma sembra esserci qualcosa in palestra che attira continuamente il mio sguardo e i miei pensieri. Danny è in compagnia di Sarah, suo marito e Rosalie, e di tanto in tanto sorseggia la sua birra. Ride, ride tanto e nonostante sia dall’altra parte della sala, riesco a sentire il suono contagioso della sua risata e non riesco a staccare i miei occhi dai suoi, che mi hanno già beccata a fissarlo questa sera.
«Su, vi aspetto domani allora» incalza Jim, distraendomi dal mio pensiero fisso.
«Sì, perfetto» taglio corto, sotto lo sguardo stranito di Jane. «Scusami, ma vado a prendere qualcosa da bere».
Ho stranamente caldo ed ho la sensazione che non sia a causa dell’alcol, nonostante abbia già bevuto più di un paio di birre. C’è sempre fila al bar ed allora ne approfitto per andare in bagno a rinfrescarmi; l’acqua scorre gelida sui polsi, mentre le porte alle mie spalle si aprono e si richiudono ad intervalli quasi regolari. Mi ritrovo a fissare la mia immagine allo specchio e le parole di Tim riguardo al mio lavoro riecheggiano velocemente nella mia testa.
Zoe non rischia.
Non ho mai rischiato nella vita; ho sempre preferito intraprendere la strada più semplice invece di avventurarmi in luoghi sconosciuti; ho scelto un lavoro sicuro, sì, ma tremendamente monotono e noioso. Non ho rischiato nemmeno al liceo, quando non facevo altro che crogiolarmi nella mia cotta per Daniel O’Donoghue e me ne stavo a disegnare i modi possibili in cui dichiarargli i miei sentimenti, piuttosto che andare da lui e dirglielo semplicemente guardandolo negli occhi. Quegli occhi di cui non sono ancora riuscita a descriverne il colore, gli stessi che mi riscaldano il cuore e che sono in grado di mandarmi in confusione in un solo istante. Dopo tutto questo tempo, provo ancora le stesse cose per lui.
È giunto il momento di rischiare.
«Eccoti. Non riuscivo più a trovarti» mi dice Jane, facendo capolino dalla porta del bagno. «Stai bene?» chiede scrutandomi attentamente, come se il mio cambiamento interiore si fosse manifestato anche all’esterno.
«Non sono mai stata meglio. Hai visto Tim?».
«È fuori a fumare con Scott McLeod. Sai che ha una Lamborghini?» mi informa, prima di attraversare con me la palestra gremita di gente. «Sei sicura di star bene? Sembri sconvolta».
All’esterno dell’edificio, la musica si sente a malapena e l’aria è stranamente calda per essere una serata di fine marzo. Seduto sulla panchina sotto il grande olmo, Tim ha ormai terminato la sua sigaretta e non c’è alcuna traccia di Scott; quando capisce che io e Jane stiamo andando verso di lui, un’espressione allarmata si fa largo sul suo volto.
«Che succede?».
«Tim» lo esorto. «Saresti disposto a finanziare le spese per un mio progetto?» chiedo d’un fiato, come se tutto potesse svanire da un momento all’altro.
«Un progetto? Quante birre hai bevuto stasera?» chiede lui, tirando un sospiro di sollievo.
«Voglio rischiare. Mi licenzio da quello stupito lavoro e rischio! Voglio girare un film ed ho già un milione di idee che mi ossessionano la testa da anni ormai. Sei disposto ad aiutarmi?» .
Jane trattiene un gridolino entusiasta, invece Tim temporeggia, guardando oltre le mie spalle come se ci fosse qualcosa di più importante della mia proposta.
«Ti prego» lo supplico.
«Sei sicura di quello che vuoi?» mi chiede lui gelido, facendo diventare più pesante il silenzio che si era già creato. «Sono anni che attendo una proposta del genere» aggiunge poi sorridente. «Certo che ti finanzio».
«Ci vuole un brindisi» propone Jane. «Zoe che rischia! Non ci posso credere».
«Grazie, Tim. Sei un vero amico».
«Offri tu, giusto?».
«Offro io» conclude lui, prendendo entrambe sotto braccio.
Quando ci avviciniamo alla porta della palestra noto ciò che probabilmente ha attirato l’attenzione di Tim poco fa. Accanto all’entrata, con un piede appoggiato al muro di mattoni rossi, Danny aspira l’ultimo tiro della sua sigaretta, seguendo con lo sguardo alcune auto che si muovono tranquille oltre il viale alberato; è così assorto nei suoi pensieri da non accorgersi che Rosalie, appena uscita dall’edificio, lo stia quasi implorando per ballare almeno un po’ insieme.
«Vi raggiungo dopo» avviso i miei due amici.
«Non ti sembra di esagerare adesso?» mi chiede Jane, intuendo i miei piani. Ignoro la sua domanda, lasciandomi trasportare dal vento di cambiamento che ha appena scosso la mia vita. Rosalie sembra non voler rinunciare alla sua preda, ma Danny non le regala nemmeno uno dei suoi sguardi accondiscendenti; preferisce starsene lì a godersi un momento di tranquillità, prima di rituffarsi nella mischia. Quando sono a pochi metri da lui, però, l’idea che voglia stare un po’ da solo si fa largo nella mia mente e per un attimo mi sento come se due forze contrastanti mi attirino e allontanino da lui allo stesso tempo.
«È tutto a posto?» mi chiede, convincendomi che non lo stia disturbando affatto. «Mi sembri combattuta. È successo qualcosa?».
«Sto bene». Per ora.
Uno strano silenzio piomba su di noi e la voglia incontenibile di dichiarargli ciò che ho sempre provato per lui sembra essere sparita di colpo.
«Ho deciso di licenziarmi» dichiaro d’un tratto, senza accorgermi delle mie stesse parole.
«Non sei soddisfatta del tuo lavoro?».
«Sì, ma non è quello che voglio» ammetto, più a me stessa che a lui, mentre fisso anch’io la strada pur di evitare di perdermi nei suoi occhi.
«E cosa vuoi allora?» mi domanda, avvicinandosi di più. Da questa distanza riesco a sentire il suo profumo misto a quello del fumo della sigaretta che ha appena fumato.
«Un sacco di cose». Te, ad esempio. «Ci sarebbe una lista troppo lunga da fare» provo a sdrammatizzare, sentendo il volto andarmi in fiamme. Basta così poco per farmi imbarazzare se si tratta di lui.
«Resterei qui con te per sempre» mi informa con un tono caldo, che non fa altro che alimentare il rossore delle mie guance. «Guarda che non vado da nessuna parte. Su, comincia» mi sfida, dandomi una gomitata di incoraggiamento.
Bene, vorrei sprofondare adesso; resterebbe qui con me, per sempre?
«Perché non concedi un ballo a Rosalie?» chiedo invece, sperando che non si accorga di come abbia cambiato totalmente argomento.
Danny ride, ma risponde comunque alla mia domanda. «Si è già portata a letto quasi tutti gli uomini che sono qui stasera ed ora ha puntato quelli con cui non è ancora stata».
«Sei geloso degli amanti di Rosalie Fitzgerald?» chiedo divertita, ma l’idea che possa desiderare una notte con lei, mi fa rabbrividire.
«Non voglio essere un’altra tacca sulla testiera del suo letto» afferma serio, prima di scoppiare a ridere e tirare un calcio ad un sassolino.
«Non posso biasimarti» gli dico, tra una risata e l’altra, incrociando finalmente il suo sguardo.
«Sono uno all’antica io. E poi, siamo onesti, Rosalie è insopportabile! Sì, è seducente e trasuda malizia da ogni poro, ma è tremendamente egocentrica e superficiale».
«Guarda che se la rifiuti, si dimenticherà presto di te» lo avverto.
«Può fare quello che vuole, non mi interessa» ribadisce. «Invece» continua, per poi fare una pausa ed attirare ancora di più la mia attenzione. «Cosa vuoi tu, Zoe?».
«Voglio rischiare» affermo convinta. «Voglio fare ciò che mi sta realmente a cuore; avere un lavoro che mi stimoli continuamente; realizzare un progetto tutto mio; viaggiare, vedere luoghi sconosciuti e mostrare a tutti la loro bellezza».
Sono così presa a cercare nel profondo ciò che realmente voglio, che solo ora mi accorgo che la distanza tra me e Danny è vertiginosamente diminuita.
«Voglio affrontare le mie paure, sfruttare ogni opportunità che mi si presenta, non rimpiangere le occasioni perse...»
Ora che siamo così vicini, l’odore del suo profumo è più intenso e penetrante e i suoi occhi mostrano tutte le sfumature che contengono, non riesco più a dire niente. È come se all’improvviso le parole abbiano perso il loro significato. Il contatto tra le nostre bocche avviene subito dopo e nello stesso momento sento il cuore esplodermi nel petto; Danny ha le labbra morbide e il suo bacio sa di alcol e di tabacco; mi stringe ancora di più a sé come per non premettermi di allontanarmi da lui, ma io non ho alcuna intenzione di scappare via.
Quando ci separiamo, un sorriso si fa largo sui nostri volti e nessuno dei due sembra volersi staccare dell’altro. Non servono parole, ora sono i nostri occhi a parlare, a raccontare le nostre storie, a svelare i segreti e i desideri più nascosti.   
«Ho deciso di rischiare anch’io» ammette sorridente, mentre la sua mano scivola lungo il mio braccio fino ad intrecciarsi con la mia.
«Avrei dovuto capirlo molto tempo fa».
«Sai, ho deciso di partecipare alla riunione dei vecchi alunni per un motivo» dichiara, improvvisamente serio. «Quando sono tornato a casa da mia madre, qualche mese fa, il soggiorno era pieno di vecchi scatoloni impolverati» continua, spostandomi una ciocca di capelli dietro l’orecchio. «Non so cosa stesse cercando, ma aveva tirato fuori tutte le mie cose di quando frequentavo il liceo. Tra i miei vecchi libri ho trovato questo».
Estrae dalla tasca posteriore dei jeans un quaderno con la copertina rigida blu, uno di quelli che non danno nell’occhio, del tutto anonimi e molto comuni quando frequentavamo le superiori.
«È tuo» mi dice, incoraggiandomi ad aprirlo.
E, in effetti, è davvero il mio. Sulla prima pagina è disegnato un ramo di fiori di pesco, che forma le lettere del mio nome, e i fogli successivi sono pieni di frasi e schizzi fatti durante le ore di biologia.
«Il mio preferito è questo» dice, sfogliando qualche pagina ed indicando un disegno di un ragazzo che suona il pianoforte.
«Questo ragazzo sei tu. Era un giovedì pomeriggio a metà del secondo semestre, le lezioni erano terminate da un pezzo e avevo dimenticato dei libri nell’armadietto; mentre tornavo indietro per recuperarli, ti ho sentito suonare dall’aula di musica e sono rimasta in corridoio ad osservarti per un po’. Come fai ad averlo tu?».
«L’ultimo giorno di lezioni dell’ultimo anno, Mr. Jackson mi trattenne in aula più del dovuto. La classe si era svuotata lentamente e prima che me ne andassi, notai il quaderno accanto al banco dov’eri seduta. Ti ho cercata per i corridoi e nel cortile, ma eri già andata via» spiega, fissando il disegno che lo ritrae. «Mi ero ripromesso di ridartelo, ma poi non l’ho più fatto. Era come se avendolo con me, ti sentissi più vicina; lo so, è una convinzione stupida, ma allora non mi sembrava così ridicola» aggiunge, trattenendo una risata.
«Ci conoscevamo a malapena. Perché mi volevi così vicina?» chiedo pensierosa, non trovando un senso alle sue parole.
«Avevo una cotta per te, Zoe» ammette sincero. «Trascorrevo gran parte dell’ora di biologia ad osservare ogni tuo movimento e provavo a capire cosa stessi disegnando attraverso i movimenti fluidi della matita. Ho imparato a decifrare il tuo stato d’animo dai tuoi gesti: quando tamburellavi le dita eri tremendamente annoiata, se mordicchiavi la penna era perché c’era qualcosa che ti turbava, ti scrocchiavi le dita per concentrarti prima di un test e dopo aver passato un bigliettino a Jane, ti portavi sempre una ciocca di capelli dietro l’orecchio per apparire disinvolta, proprio come stai facendo adesso».
«Le abitudini non cambiano allora» sdrammatizzo, risistemandomi di nuovo la stessa ciocca.
«No, infatti ho ancora una cotta per te, dopo quattordici anni» dichiara, prima di baciarmi ancora.
Un gruppo di vecchi alunni esce dalla palestra, mentre la musica risuona nel silenzio del cortile in questa strana notte di inizio primavera.
«Mi concedi questo ballo, Zoe?» chiede, porgendomi la mano.
«Non aspettavo altro» ammetto, lasciandomi condurre all’interno dell’edificio.
È come se nulla fosse cambiato. Siamo sempre quei liceali che hanno grandi sogni e grandi aspettative, che cercano l’approvazione degli altri, che vogliono mettere in chiaro chi sono fin dall’inizio, che sfidano gli amici e che amano in segreto qualcuno.
Siamo sempre gli stessi, abbiamo solo qualche anno in più.

 
   
 
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