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Autore: The Hopeless Girl    29/12/2014    1 recensioni
"Quale miglior pretesto per abbandonare il torpore di quell'anonimo pomeriggio se non un'uscita con quel ragazzo che riusciva a colorare con la sua presenza anche la giornata più nera o, come in quel caso, bianca?"
Un piccolo racconto dolce, fatto per quelle persone che sognano un pomeriggio invernale intriso di una magia molto particolare.
Genere: Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Era soltanto uno dei tanti oziosi e opachi pomeriggi di Dicembre, troppo vicini alle vacanze per aver voglia di darsi da fare, ma ancora troppo lontani dalla pausa dalla scuola per essere liberi dall'impegno dello studio. Anzi, quel pomeriggio in particolare era un concentrato di noia talmente esasperante che, mentre ero impegnata a non fare nulla, sentii il disperato bisogno di uscire di casa, anche solo per dieci minuti, giusto per fare qualcosa di diverso che girovagare per la casa come un fantasma. Ma ovviamente il termometro che mi segnalava il gelo esterno era un lampante "rimani al calduccio della tua coperta e del divano" e più di una volta, dopo aver afferrato le scarpe, avevo desistito, pensando che non ne valeva la pena di uscire da sola, solo per qualche minuto.
Poi un'idea mi attraversò la mente come un lampo: quale miglior pretesto per abbandonare il torpore di quell'anonimo pomeriggio se non un'uscita con quel ragazzo che riusciva a colorare con la sua presenza anche la giornata più nera o, come in quel caso, bianca? Agguantai il cellulare e scrissi il messaggio più rapido della storia: "Piazza, 10 minuti?". Rimasi a fissare lo schermo, tormentandomi le unghie coi denti, mentre aspettavo ansiosamente una risposta, affermativa o negativa che fosse. Quando arrivò la notifica le mie dita si mossero automaticamente sullo schermo e io mi affrettai a leggere: un sorriso mi si allargò sul volto e scattai in piedi, per andare a prendere la giacca e gli stivali. La risosta era: "Sono già fuori casa".
Bruciai la strada che mi separava dalla mia meta come se volassi, e quando giunsi infine alla piazza avevo il fiatone per la corsa, che si condensava in nuvolette fluttuanti davanti al mio viso. E attraverso una di queste nebbioline in miniatura lo vidi, con un sorriso luminoso sul volto e gli occhi ridenti, che mi si avvicinava a rapide falcata. Involontariamente le mie labbra si distesero, la mente si snebbiò e il cuore si acquietò, consapevole che ora stavo bene, ora ero al mio posto. Anzi, fui davvero nella pace e nell’equilibrio totale quando mi ritrovai tra le sue braccia stretta in un abbraccio caldo e rassicurante, familiare ma sempre nuovo; quell’abbraccio era solo uno dei tanti che avevano costellato la nostra amicizia che perdurava da anni, ma mi spezzò comunque il cuore: quello era il contatto di due persone che tra loro sono rimaste i bambini di cinque anni che giocano innocentemente in una piscina gonfiabile, mentre io avevo smesso di pensare a lui solo come l’amico d’infanzia ormai da molto tempo.
Non sapevo se anche lui provasse qualcosa per me, non avevo avuto modo di venire a conoscenza dei suoi sentimenti, ma sapevo che negli ultimi tempi qualcosa era cambiato: ci cercavamo ovunque, ci sentivamo in qualunque momento, e ci guardavamo negli occhi come se non dovessimo avere mai più occasione di farlo. Il mio cuore era messo a durissima prova in sua presenza, certo, ma allo stesso tempo avevo l’impressione di essere gonfia d’elio, e di dover sollevarmi nel cielo da un momento all’altro; e non potevo dire che quella sensazione non mi piacesse.
Sciogliemmo l’abbraccio e, con la pelle ancora bruciante del suo contatto, ampliai il mio sorriso. “Dove vogliamo andare?” gli dissi. Lui mi porse il braccio e io vi agganciai il mio. “Se vossignoria gradisce, desidererei offrile un giro di pista ghiacciata.” Mi sorrise con fare da galantuomo e io risi, come se fossi davvero una gentildonna a cui stavano facendo la corte. “Voi mi viziate, mio signore, ma non poso rifiutare tanta generosità!”.
Fu così che ci ritrovammo a pattinare sul ghiaccio, con le mani inguantate strette l’una in quella dell’altro, nel bel mazzo di un pomeriggio che da inutile e annoiato si era trasformato in idilliaco e talmente perfetto da sembrare un sogno, guardato attraverso la purezza di un cristallo di ghiaccio. Eravamo affiatati come non mai, tra il freddo dell’inverno e il calore dei nostri cuori, e ridevamo, felici anche soltanto della presenza dell’altro, divertiti dai nostri reciproci sorrisi. In quel momento le gioie della vita mi sembrarono tutte relative: una corsa sul ghiaccio non era nulla di che, ma poteva diventare vera magia, se giocata con la persona a cui apparteneva il tuo cuore. Perché sì, io l’amavo, l’amavo da anni, anche da prima di esserne consapevole, e sapevo che l’avrei sempre amato, perché la parte del mio cuore consacrata a lui lo era da talmente tanto tempo che non sarei mai stata capace di togliergliela.
Quelle ore di puro piacere, di sana medicina per il mio cuore e la mia anima, volarono in fretta, raggiungendo nell’aria gli echi delle nostre risa e delle nostre frasi; frasi normali, frasi di due ragazzi semplicemente felici, ma comunque intrise di qualcosa di diverso, qualcosa di più profondo e sentito. I nostri occhi si cercavano, si cercavano e si incontravano, si incontravano e… e rimanevano invischiati in una sorta di incantesimo che li incatenava reciprocamente, unendoli in una danza d’anime coperte da iridi di vetro.
Difatti, quando ci ritrovammo abbracciati, con le labbra ancora brucianti di quel contatto che per me era stato un viaggio al paradiso, non parlavamo, ma i nostri sguardi erano affondati l’uno nell’altro, le nostre anime fuse e aggrappate in una stretta molto più forte di quella delle nostre braccia, una stretta che in quel momento mi prometteva che non si sarebbe mai sciolta. Sorridemmo, giusto per il gusto di esprimere in qualche maniera la gioia di quei momenti, perché nessuno dei due vide il sorriso dell’altro: soffocati entrambi in un secondo bacio, meno timido del precedente, più sicuro nell’amore che ci spalancava le porte di un futuro insieme.
Era stata una giornata così bella che mi piangeva il cuore a doverla concludere, ma ormai era buio da un pezzo e non dovevamo essere troppo lontani dall'orario di cena. Ci eravamo concessi un ultimo giro di pista, anche se poi si trasformò in una gara di velocità con almeno tre rivincite, ma alla fine bisognava proprio andare. Eppure non ce la facevo ad uscire dal ghiaccio, togliermi i pattini, tornare a casa e continuare come se quello fosse stato solo un altro dei tanti pomeriggi passati con lui; sentivo già la nostalgia della spensieratezza di quelle ore e avrei voluto poter distillare quei sentimenti e chiuderli in una boccetta, per poterli rimirare, riprovare, riassaggiare in futuro, quando magari sarei stata scoraggiata dalle infinite prove della vita. In realtà un modo ci sarebbe stato... mi venne un'idea che mi illuminò il volto.
Afferrai il braccio di lui e lo trascinai fino a bordo pista, verso una signora che impugnava una macchina fotografica, probabilmente per riprendere il figlio che giocava sul ghiaccio. Le chiesi gentilmente se avrebbe potuto farci una fotografia e quando mi rispose con un sì sorridente le porsi il mio cellulare e le spiegai che pulsanti dovesse premere.
Ci posizionammo: fianco a fianco, in equilibrio sui pattini, io con le mani inguantate nascoste sotto il suo braccio o meglio, aggrappata a lui per non cadere sul ghiaccio. Ma un secondo prima che la donna scattasse, non resistetti e alzai lo sguardo, per vederlo ancora, mai sazia dei suoi lineamenti, nonostante gli avessi studiati per anni. Perciò la foto venne così: io infagottata nel mio giaccone e nel cappello di lana col pompon girata verso di lui mentre lo ammiro, sorridente e con gli occhi luminosi. Lui invece guarda l'obbiettivo, le labbra rilassate in una dolce curva sincera e gli occhi brillanti e sprizzanti genuina gioia.
E ora, dopo tanti anni, quella fotografia della nostra felicità, traboccante della magia dell'amore e del freddo della neve natalizia che quel pomeriggio di dicembre era tutt'altro che gelida, sta ancora sulla mia scrivania, promemoria delle ore che hanno cambiato la mia vita in meglio. In molto meglio.


ANGOLINO AUTRICE:
Okay, non è proprio nel mio stile, questa storia, ma dopo aver passato un pomeriggio sulla pista da pattinaggio ho pensato: "e se invece che la mia amica ci fosse stato un ragazzo che amavo da anni? E se lui avesse ricambiato?"
Così mi è uscito questo, scritto di notte, sotte le coperte; una storiella fantasiosa e un po' tanto fluff, ma... un po' di dolcezza va sempre bene :3
Ci tengo a precisare che questo ragazzo di cui sono perdutamente innamorata NON ESISTE, e la vicenda è totalmente frutto della mia immaginazione.
Detto questo... a presto!
The Hopless Girl
   
 
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