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Autore: Elly Priest    29/12/2014    1 recensioni
"La Gabbia, un sotterfugio illegale per chi aveva bisogno di soldi.
Lei era molto disperata e a dir poco era sul lastrico.
Un lato della gabbia si aprí e cominciarono le scommesse: un bestione di due metri per cento chili, una sfida.
Lei amava essere messa alla prova."
Genere: Angst, Drammatico, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il momento che preferiva: il collo che si rompeva.
Una leggera pressione e l' osso si spezzava sotto le sue mani. Le luci abbaglianti la accecavano, la musica a palla pompava violenta nelle orecchie. Anni di abitudine, peró, l' avevano allenata a situazioni peggiori.
Gridavano, spingevano e picchiavano eccitati contro la gabbia di metallo: il suo pubblico, il suo amatissimo pubblico. Urlavano il suo nome, la incitavano ad andare avanti. I guanti di pelle gocciolavano di sangue, i capelli scomposti in una coda erano bagnati di sudore.
La Gabbia, un sotterfugio illegale per chi aveva bisogno di soldi. Lei era molto disperata e a dir poco era sul lastrico.
Un lato della gabbia si aprí e cominciarono le scommesse: un bestione di due metri per cento chili, una sfida. Lei amava essere messa alla prova. Saltellava sul posto: un trucchetto per non far irrigidire le gambe.
Fu lei ad attaccare per prima, con grande sorpresa della folla, ma sopratutto del gigante. Prese la rincorsa e saltó, tiró un pugno assestato in faccia ed il bestione indietreggió goffo: le vene pulsavano ed i muscoli erano molto gonfi. Sorrise: eccesso di steroidi, troppo facile.
L' avversario si riscosse e partí all' attacco, forte ed implacabile. Ma prevedibile.
Lei giocava di gambe ed astuzia, ma era difficile avvicinarsi senza il rischio di rimetterci la faccia. Di fatti venne spinta via con un pugno dritto in pancia. Sbattè violentemente sulle sbarre della gabbia ed il pubblico gridó esaltato. Sentiva le urla che rimbombavano, le dicevano di rialzarsi.
Sputó a terra: sangue.
Strinse i pugni e gli corse in contro scivolandogli alle spalle, ci mancó poco che la placcasse con le braccia possenti, ma lei era troppo determinata a vincere. Forse per necessità, forse anche per orgoglio.
L' uomo si sporse in avanti , le ginocchia erano libere e senza alcuna difesa, un colpo perfetto. Un doppio calcio. L' avversario gridò di puro dolore: l' osso della rotula era uscito dalla carne assieme alla tibia sanguinolenta ed affilata. In un attimo di lucidità riuscí ad afferrarla per un braccio, ma lei gli ritorse contro la morsa facendo leva sul gomito. Gridó di nuovo, sta volta il braccio aveva assunto una forma innaturale.
L' avversario cadde a terra di schiena, la folla stava impazzendo e gridavano tutti all' unisono. Le stavano dando un ordine e la ragazza accettó volentieri.
Scavalcò il corpo enorme dell' uomo che urlava con gli occhi chiusi. Lo prese per la canottiera, ormai uno straccio sporco di sangue e sudore e lo guardó per un attimo: debole, insignificante.
Strinse il pugno finchè non sentí dolore ed inizió a tempestarlo di colpi. Uno sul naso, l' altro nell' occhio, un altro ancora sullo zigomo. Ormai la sua faccia era un pezzo di carne che sanguinava.
Respirava ancora sofferente nell' agonia. Gli prese la testa fra le mani, il collo fece un rumore secco.
La ragazza si alzó, respirava a ritmo del suo cuore che batteva veloce. Tremava per la fatica, ma anche per l' adrenalina della lotta. Alzó il pugno da vincitore.
La Gabbia si aprí e gli Avvoltoi portarono via l' enorme cadavere.
Finalmente le luci si fecero piú soffuse e la musica si bloccó. Le orecchie fischiavano e sapeva benissimo che non avrebbe sentito bene per almeno qualche giorno. La folla si dileguó in un non nulla, il salone si svuotava a vista d' occhio.
Tiró un sospiro di sollievo: si era guadagnata un' altra settimana di vita, non male, pensó, aveva perso il conteggio degli incontri che aveva vinto in passato. Erano trascorsi due, tre anni? Onestamente non le importava, era ancora viva e questo era l' aspetto più importante.
Ora non le rimaneva che incassare i soldi e si rivolse a Thyran: un omuncolo con i capelli sporchi legati in una bandana, denti gialli e dita sporche di fumo e polvere. Avvicinarsi era un' impresa, appena aprí bocca le sembró di vedere la condensa del suo alito pesante.
-Ehy, tesoro! Hai dato spettacolo, come ogni volta... Ottimo!
-Taglia corto, Thyran, e dammi quel che mi spetta.
L' uomo tiró su con il naso e sputò a terra. Lei non ci fece caso, o meglio, si impegnava ad ignorarlo.
Le allungó una mazzetta che prese senza fare domande, come sempre. Thyran le si avvicinó abbassando la voce.
-Degli Sponsor stanno cercando lottatori di alto livello, vedi tu che vuoi fare...
Si allontanó circospetto, ma lei non volle saperne di leggere tra le righe di quella considerazione. Se persone di un certo rango venivano a cercare qualcosa nella feccia, non era nulla di buono: affari sporchi, traffici di dubbia provenienza.
Non che gli incontri che lei faceva fossero del tutto legali, ma era per necessità, tutta un' altra storia.
Fece per andarsene e si mise la giacca in pelle logora e vecchia, i capelli si erano un po' asciugati dal sudore. Un ragazzo la puntó e le corse in contro: capelli neri, magro e occhi glaciali, era poco più basso di lei.
Le porse la mano, ma la ragazza continuò a camminare.
-Jeff Moreau, il mio capo vuole vederti.
-No, non m' interessa... Va dal tuo "padrone" e digli che non mi fregano queste cazzate!
Jeff fece spallucce e la seguí.
-Mi liquidi cosí? Allora sei davvero stronza come tutti dicono...
-Ci sai fare con le donne, Moreau..
Il ragazzo rise, ma non si diede per vinto.
-Ne sono consapevole, ma non sto scherzando: devi venire con me.
Lo sapeva: uno Sponsor l' aveva puntata. Brutto segno.
Lei accelerò il passo e Jeff la imitó: la sua insistenza cominciava a darle sui nervi.
-Riceveresti molti più soldi, fama.. Diventeresti un' icona!
Lei rise ironica.
-Come se non ne avessi già abbastanza di fama... Non avete nulla di più che mi possa servire. Sarei solo un burattino nelle vostre luride mani!
Sapeva che non era del tutto vero: di soldi ne aveva bisogno eccome, ma si tirava avanti con quel che si aveva.
-Non direi, abbiamo le medicine per tuo fratello...
Jeff si sentí sbattere la testa contro il muro e gli mancò il fiato: la ragazza lo teneneva per la gola con in gomito, lui non si sentiva la terra sotto i piedi.
Sentiva il cuore a mille: Yuri non c' entrava nulla, non voleva assolutamente che venisse coinvolto in alcun modo.
-I-il mio capo.. sa di che.. malattia si tratta..
Jeff non respirava: stava diventando del colore dei propri occhi.
-Accetta. Noi possiamo curar..
Lo sbattè si nuovo sul cemento.
-Senti, bastardo! Yuri non lo dovete toccare, capito? Io lavoro da sola e non accetteró mai i vostri soldi, e nemmeno le medicine...
-Se mi.. uccidi, non aiuti nessuno..
Lo lasciò prima che Jeff soffocasse, si teneva la gola mentre sentiva l' aria che entrava. Percepiva il gusto ferroso del sangue in bocca.
-I miei polmoni ringraziano..
La ragazza stava per andarsene, ma Jeff non si diede per vinto.
-Ehy, come ti chiami?
Lei si giró per l' ultima volta.
-Reyka, e non voglio più vedere il tuo culo da queste parti.
   
 
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