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Autore: rossella0806    30/12/2014    2 recensioni
Alessandro Terenzi è un giovane commissario di Torino: è scapolo e vive con la sua tartaruga, Miss Marple, in un trilocale.
E' la sua prima avventura online: si ritroverà infatti ad indagare su un caso complicato che avrà dei risvolti clamorosi. Per riuscire a dipanare la matassa, verrà in suo aiuto un misterioso "collaboratore", che gli consiglia di andare in Toscana, a Porto Ercole.
Qui incontrerà dei personaggi ognuno con una caratteristica e una storia diverse, e verrà a conoscenza di un passato che spesso ritorna.
Se a Torino Terenzi è sempre affiancato dall'ispettore Ghirodelli, nella provincia grossetana, il giovane poliziotto sarà accompagnato da una ragazza, Ginevra, laureata in Archeologia, amante dei dolci e "sfruttata" dal notaio Marchetti, suo datore di lavoro.
Insieme riusciranno a risolvere il Mistero a Doppia Indagine!
Genere: Mistero, Romantico, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta, Tematiche delicate
Capitoli:
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Venerdì 13 Luglio
 
Il tanto atteso giorno finalmente è arrivato. Quella mattina Terenzi è convinto che avrebbe trovato la soluzione a tutti i suoi problemi, avrebbe avuto o meno la conferma dei suoi sospetti e, forse, lo stesso giorno sarebbe ricomparsa anche la signorina Serena Gandolfi.
Ogni tassello, persino il più piccolo, finalmente avrebbe trovato posto nel grande mosaico che l’uomo sta, ormai da settimane, cercando di comporre.
“E poi potrò finalmente tornare a casa, a Torino!” è diventato il suo mantra da qualche ora a quella parte.
La mattinata è splendida, sotto tutti i punti di vista: al poliziotto non dispiace neppure vedere i soliti teppistelli, come li ha definiti appena il giorno prima, rincorrersi e lanciarsi la palla sul lungomare, dove sta camminando per recarsi al commissariato di zona, dopo aver avuto conferma –appena la sera prima- del ritorno dell’ispettore Oldoini.
Terenzi, ansioso di rincontrarlo, era sceso molto presto per fare colazione: ora che l’appetito gli è finalmente tornato, non voleva di certo perdersi una di quelle gustosissime torte della signora Gabriella, un vero toccasana per il corpo e la mente.
C’è una leggera brezza che l’uomo inspira a pieni polmoni, soddisfatto di quell’aria pungente e rigenerante allo stesso tempo: percorre gli ultimi dieci metri dal suo traguardo con uno sguardo carico di entusiasmo, il pensiero fisso ai manicaretti che avrebbe preparato per pranzo la proprietaria dell’agriturismo, e ai due giorni che ancora gli restano prima di partire, tempo che impiegherà sicuramente per farsi delle lunghe nuotate rilassanti.
Ecco che il momento della Verità si avvicina sempre di più: l’edificio che ospita il commissariato –probabilmente uno dei vecchi palazzi nobiliari del paese- si staglia in tutta la sua magnificenza di fronte a Terenzi, che sorride quasi compiaciuto di quel posto in cui aveva messo piede altre volte, ma che solo adesso riesce ad esercitare un fascino noto a lui solo.
Appena entra, nota che in guardiola non c’è Rusconi, l’agente che, appena il giorno avanti, gli ha sortito lo stesso effetto rivelatore che ha illuminato San Paolo sulla via di Damasco.
Saluta quindi un paio di poliziotti che ha incontrato durante i sopralluoghi avvenuti dopo l’aggressione alla ballerina – la stessa sera del suo arrivo- dopo la sua scomparsa e il ritrovamento dei soliti stramaledettissimi biglietti beffardi.
Il commissario bussa alla porta di un bianco asettico, proprio di fronte al corridoio che immette nell’ingresso: quell’ anonimo pezzo di plastica rivestito,  nasconde dietro di esso Oldoini, l’uomo che saprà concedergli –volente o nolente- l’ultimo incastro da mettere insieme agli altri, in quel grande mosaico che è stata l’indagine.
All’invito ad entrare, Terenzi non attende oltre, lo sguardo di trionfo ora è scomparso dagli occhi scuri e penetranti, per lasciare posto al solito atteggiamento solenne che assume sempre al termine di quel quarantotto che era stata l’intera vicenda.  
-Buon giorno, commissario. Mi hanno riferito questa mattina che mi ha cercato nei giorni precedenti-
l’ispettore Lorenzo Oldoini è seduto sulla poltrona girevole dietro la rettangolare scrivania di mogano scuro: il tono di voce è tranquillo, cordiale, così come la stretta di mano che si scambiano sembra non preludere nulla di negativo.
-Sì, ho provato a contattarla ma aveva sempre il telefono spento-
-Ha ragione, mea culpa, ma si è rotto il cellulare e non ho avuto il tempo di ripararlo. Sa, con mia madre bloccata a letto, avevo altri pensieri … -
-Non fa niente, adesso è qui e le posso parlare. Ero venuto per riferirle dei passi avanti che la mia squadra ed io abbiamo fatto- comincia tranquillamente Terenzi, prendendo posto anche lui sulla sedia di fornte all’uomo.
 -Adesso che sono tornato può riferirmi tutto ciò che crede. La ascolto-
Oldoini si appoggia comodamente allo schienale.
-Per prima cosa vorrei sapere dove si trovava in questi giorni che è stato assente da Porto Ercole-
-Ero da mia madre, glielo ho appena dettto! Non ha ricevuto il biglietto che le ho lasciato?-
-Sì, l’ho ricevuto. E le posso chiedere se sua madre abita a Torino?-
-Non vedo che cosa possa c’entrare questa domanda con le indagini, ma comunque le risponderò. Sì, mia madre abita a Torino. Lunedì sera ho ricevuto una telefonata dalla sua vicina di casa che mi ha pregato di andare immediatamente da lei perché si era rotta il femore, e così il giorno dopo sono partito- spiega con aria innocente Oldoini
-Tutto qua, non ha da aggiungere altro, ispettore?-
-Assolutamente no! Che cosa dovrei aggiungere?- l’uomo sorride di un sorriso stanco, l’espressione negli occhi assolutamente innocente e quasi infantile.
-Beh, ad esempio, il fatto che non esiste nessuna madre malata e che nessuna vicina di casa l’ha così premurosamente contattata per invitarla ad andare ad accudirla…-
-Mi sta forse dando del bugiardo, commissario? Le posso assicurare che è la verità, a Torino ci sono andato davvero! Le posso far vedere il biglietto del treno, se non ci crede!- si difende alterato il poliziotto, agitandosi più del dovuto sulla morbida poltrona in eco-pelle.
-Oh, ma io sono sicuro che lei quel viaggio l’abbia fatto, solo che il motivo che l’ha portata lì è stato un altro…-
-E quale, se posso chiederglielo?-
Terenzi fa una breve pausa e fissa negli occhi il suo interlocutore: entrambi sembrano due lottatori di sumo – eccetto per la stazza ovviamente- che si stanno osservando per scoprire e bloccare la mossa successiva che potrebbe mettere definitivamente al tappeto uno dei due, circospetti ma decisi a continuare il combattimento.
-Come fa a fingere così bene?- domanda il poliziotto, forse più rivolto a se stesso che al suo interlocutore: lo sguardo è vigile, ma la voce è di una persona amareggiata, dai toni bassi e quasi increduli  -lei che porta quella divisa dovrebbe essere tutore della legalità, invece si è prestato a questo teatrino senza senso!-
-Commissario, se continua a trattarmi come il più infimo dei delinquenti, sarò costretto a buttarla fuori di qui, la avverto!- Oldoini punta il dito contro l’uomo: si alza per il tempo necessario a far imprimere la minaccia nella mente dell’uomo di fronte, poi si risiede con tranquillità, senza fretta, come se non fosse successo nulla.
-Bene, se non vuole dirmi niente di sua iniziativa, allora adesso le spiegherò io come sono andati i fatti-
Un risolino appena accennato si fa strada sulle labbra di Oldoini, che annuisce come dopo aver concesso un grande favore alla più stupida delle persone.
-Lei, ispettore- continua il commissario con voce più sicura -è vero che in questi giorni si trovava a Torino, ma non per accudire la madre inferma, no, ci è andato per dare una mano a suo cugino, il nipote del vero Giovanni Arcangeli, vissuto qui a Porto Ercole mezzo secolo fa!-
Terenzi guarda con espressione torva l’uomo seduto di fronte a sé, le parole pronunciate a raffica come un veleno di cui liberarsi al più presto.
-Che cosa sta cercando di insinuare?! Che io sarei suo complice?!-
Oldoini si è di nuovo alzato dalla poltrona, rimanendo ancora una volta in piedi davanti al commissario, l’espressione negli occhi non più tranquilla.
-Sì, esattamente- prosegue l’altro -è proprio quello che voglio insinuare, perché dopotutto è la verità. O mi sbaglio? Me lo dica lei, e finiamola una volta per tutte con questa assurda pantomima!-
L’ispettore si rimette a sedere, questa volta con meno sicurezza, quindi s’informa:
-E il rapimento della ballerina? Mi sta accusando anche di questo?-
-No, perché non c’è stato nessun rapimento- risponde con un abbozzo di sorriso il commissario -faceva parte del piano che voi, lei e sua cugina Serena Gandolfi, avete architettato con l’uomo che si spaccia per Giovanni Arcangeli!-
Il poliziotto imputato sospira forte, poi continua, le mani congiunte di fronte al viso:
-Come ha fatto a scoprire tutto?- domanda, abbassando lo sguardo, ormai atterrito dall’ultimo colpo ben assestato del suo avversario: il sumo forse non fa per lui …  
 Terenzi scuote la testa: sorride amareggiato e, sussurrando, continua con fare rassegnato:
-Allora avevo ragione...-  
“Che mondo corrotto e senza ideali” riflette il commissario, poi, ad alta voce, prosegue:
-Ho cominciato a capire solo quando mi sono deciso a fare delle ricerche per conto mio,  un paio di giorni fa. Per caso mi sono imbattuto in due informazioni molto interessanti: la prima è che qui, a Porto Ercole, cinquant’anni fa è esistito davvero un tale di nome Giovanni Arcangeli, e la seconda è che, nelle vicinanze dell’ultimo luogo in cui ha colpito il nostro uomo, a Torino, c’è un vecchio casolare, ora dismesso, ma che un tempo ospitava un orfanotrofio. Sa qual è il colpo di scena in tutta questa storia che le sto raccontando, almeno fino adesso?!  Beh, ironia della sorte l’istituto è stato frequentato, tra gli altri, dai due figli maschi dell’Arcangeli, Mario e Fabrizio! Non le sembra quasi un paradosso, persino divertente?!-
Oldoini lo ascolta concentrato, annuisce impercettibilmente, cercando di non abbassare lo sgaurdo.
-Ero già sicuro che vi fosse un complice ad aiutare il finto Giovanni Arcangeli –prosegue il commissario -perché era impossibile che una sola persona si trovasse contemporaneamente in due posti nello stesso momento. Doveva avere per forza qualcuno che lo aiutasse a nascondersi, qualcuno che gli reggesse il gioco. Poi, con la scomparsa della ballerina, tutto si complica: perché l’ha rapita? Lui non è un rapitore, intimorisce le sue vittime con dei biglietti minatori, ma concretamente non ha mai fatto male a nessuno. Inoltre la signorina Gandolfi ha i capelli rossi, non è bionda, e questo è un punto fondamentale, almeno per come ha sempre ragionato quel pazzo.
Sempre durante le mie ricerche, ho scoperto che Serena aveva vissuto in Canada fino a tredici anni, e il Canada è proprio lo stesso Paese dove si sono rifugiate la moglie e la figlia di Giovanni Arcangeli, dopo la sua morte. Ho pensato che fosse una semplice coincidenza, ma poi sono venuto a sapere che lei e la Gandolfi siete parenti, di nuovo per caso. Allora mi sono chiesto: perché tenermelo nascosto? Perché fare finta di non conoscersi?-
L’ispettore continua ad ascoltare attentamente, di nuovo un risolino fuoriesce dalla bocca per il resto ermeticamente sigillata.  
-Ma la parte interessante comincia quando sono riuscito a risalire alla vera storia di Giovanni Arcangeli. L’uomo muore in circostanze misteriose nell’ottobre del 1959: ha il vizio dell’alcool, ultimamente beve anche più del solito, e così tutti attribuiscono la sua dipartita al bere.
Pochi giorni dopo, però, la moglie, una tale Adelina Mangiapane, lascia per sempre l’Italia, portando con sé la più piccola dei suoi figli, Clara: nessuno sa dove sia diretta, perché non parla con nessuno di questa decisione apparentemente senza senso.
Ma qui sorge spontanea una domanda,  la più naturale che potessi farmi: perché la donna è partita solo con la figlia e ha abbandonato invece i due maschi? Una madre non avrebbe mai agito in questo modo, ma per quanto mi sia sforzato di trovare una riposta, non ci sono riuscito … lei forse può aiutarmi a sciogliere quest’ultimo nodo, ispettore?- Terenzi si abbandona sulla sedia, vincitore di quel combattimento infinito, ma estremamente debilitato dai troppi colpi dati e parati.
-Quello che ha raccontato fino a qui è vero, commissario- annuisce l’ispettore, mettendosi nuovamente comodo sulla poltrona in eco-pelle, la schiena avvolta da una camicia azzurra a maniche corte 
-Glielo dico io perché l’ha fatto- continua  -è stata costretta a fuggire dall’uomo che le aveva ucciso il marito, lo strozzino che, a causa del vizio di mio nonno, aveva letteralmente prosciugato tutti i beni di famiglia, persino la casa in cui abitavano. Poi, durante una rissa, quel maledetto aguzzino lo uccide! Ma non per sbaglio, no, lo fa perché mio nonno non ha più soldi per pagarlo, e fa passare quell’omicidio per una normalissima morte dovuta ai troppi alcolici che il suo debitore ingerisce abitualmente: una caduta accidentale per un ubriaco è più che probabile, peccato che nessuno ci abbia creduto fino in fondo! Aveva la testa fracassata, commissario, e non era caduto da chissà quale altezza, quindi sarebbe stato normale che sorgessero almeno qualche dubbio! Lo ritrovarono infatti davanti alla locanda in cui era solito andare a bere, ma a chi importava la morte di un povero alcolizzato, senza casa ormai e soldi nemmeno per comprarsi il pane?! Glielo dico io, a nessuno! … -
-Non sono state fatte delle indagini?!- chiede Terenzi sconcertato
-Oh sì, ma in modo molto superficiale: credo abbiano interrogato solo qualcuno dei soliti avventori che andavano con mio nonno a riempirsi lo stomaco di quello schifo! La cosa terribile, commissario, è che quell’assassino si è comprato il silenzio di mia nonna: l’ha costretta ad andare in Canada, a patto che non dicesse nulla di quello che era accaduto! Ma quell’infame le ha dati i soldi solo per comprare due biglietti, così lei ha dovuto scegliere tra i suoi figli, e ha scelto Clara, mia zia, solo perché era la più piccola ed era una femmina, e a quei tempi se eri nata donna non avevi molte possibilità di cavartela, soprattutto se eri rimasta da sola ed eri così giovane come lo era lei … -
-Quindi sua nonna ha deciso di mandare gli altri due figli in orfanotrofio, giusto?- Terenzi ha una sete disperata di quella storia agghiacciante che l’uomo gli sta raccontando: è una droga, ne ha bisogno, vuole gustare fino in fondo il gusto amaro del racconto.
-Non proprio. Lei li aveva affidati a dei lontani parenti che abitavano a Torino, ma questi ultimi, non potendo mantenerli, hanno mandato mio padre Fabrizio e mio zio Mario a “L’Angelo del Cielo”. Quel luogo era tutto tranne che il paradiso, era un autentico inferno … -
-E quando ha chiuso l’orfanotrofio che cos’hanno fatto suo padre e suo zio?-
Oldoini annuisce come se avesse capito tutto anche lui solo in quel momento: la voce è rabbiosa ma sicura, finalmente può raccontare ogni cosa, così continua:
-Hanno raggiunto la madre e la sorella in Canada, poi dopo una decina di anni, dopo aver fatto fortuna, sono ritornati qui in Italia, e si sono trasferiti definitivamente a Torino. Lì si sono sposati e hanno avuto dei figli, io e mio cugino Marcello. Mia zia continuò ad abitare in Canada per un altro po’ di tempo fino a quando anche lei è ritornata a Torino, con il marito e le sue figlie, tra cui Serena-
L’ispettore si alza in piedi, e si dirige alla finestra, le mani in tasca:
-Il cognome che adesso porto è quello di mia madre. Mio cugino aveva ascoltato più volte i racconti di mio zio Mario, e più li ascoltava, più si sentiva crescere un terribile senso di vendetta verso la direttrice dell’orfanotrofio. Lei era ricca e bella, non aveva problemi nella vita. Le piaceva ascoltare Rachmaninov, è per questo che Marcello, quando ha organizzato la finta aggressione a Serena, ha scelto proprio quello spartito di musica-
Il poliziotto sospira, incredulo per quello che sta ascoltando:
-La direttrice picchiava i bambini?-
l’uomo annuì stanco, esausto delle spiegazioni senza fine che stava propinando:
-Sì … non so perché lo facesse, anzi non lo sapevano nemmeno quei poveri ragazzi.
Forse lo faceva per il solo gusto di farlo, forse era una sorta divertimento per lei: a sentire i racconti di mio padre e di mio zio, lei e il marito erano molto sadici, godevano nel far soffrire gli ospiti –se così si possono definire- dell’orfanotrofio-
Terenzi scuote la testa ancora una volta, incredulo e disgustato da quell’orrore che, piano piano, sta trapelando.
-Così, quando mio zio ha cominciato a non stare bene, Marcello ha deciso di vendicarlo, e di cominciare a perseguitare tutte le donne che assomigliavano alla direttrice dell’orfanotrofio. Pensi, commissario, che a distanza di quarant’anni hanno ancora delle tremende cicatrici  a causa delle cinghiate che hanno ricevuto da quel demonio … -
L’ispettore fa una pausa, continuando a fissare la finestra prosegue:
-Teresa Coltoti aveva una grande passione per la musica classica, per questo mio cugino lasciava in casa delle sue vittime un falso spartito di musica, il biglietto intimidatorio e una rosa gialla che, come ha spiegato lei durante il nostro primo incontro, rappresenta per l’appunto la gelosia. Io all’inizio non ne sapevo nulla, poi quando lei è venuto qui per chiedermi di darle una mano con le indagini e mi ha parlato di Giovanni Arcangeli, ho avuto come un presentimento. Ho chiamato mio cugino a Torino, e lui mi ha confermato tutto. Non lo volevo aiutare, ma quando ha scoperto che qui a Porto Ercole c’era anche Serena, ha voluto a tutti i costi parlarle: è venuto qui e, non so in quale assurdo modo, l’ha convinta a recitare la parte della ragazza rapita … -
-Quindi le luci sono saltate di proposito?- domanda Terenzi, sempre più curioso
-Sì, è stato Marcello ad aver avuto l’idea della finta aggressione. Ma poi Serena ha cominciato a spaventarsi, a capire che quello che stava facendo nostro cugino era pericoloso, illegale, e così ha deciso di andarlo a trovare a casa mia, per cercare di farlo ragionare-
-Allora si trovavano lì?-
-Sì-
-E l’ha sempre nascosto da lei?-
-No, solo da lunedì: prima era a Torino, poi quando ho capito che non avrebbe smesso facilmente, l’ho fatto venire a casa mia insieme a Serena-
-Perché suo cugino si è fatto arrestare dai miei uomini?- domandò Terenzi dopo una manciata di secondi di silenzio.
-Non lo so, credo che l’abbia fatto di proposito, forse era stanco di questo gioco pericoloso, e si sarebbe fermato solo se qualcun altro lo avesse obbligato a smettere. Ho preso questi giorni di permesso per cercare di convincerlo a lasciare l’Italia, perché se non l’avesse fatto, io gli ho giurato che l’avrei denunciato. Così siamo tornati insieme a Torino, mentre Serena è rimasta nel mio appartamento, qui a Porto Ercole-
-Ma suo cugino ha continuato nella sua folle corsa per vendicare il padre e lo zio. Costringe Serena a lasciare il falso indizio nella serra, lo scialle ricamato, giusto?- domanda il commissario
-Sì- annuisce Oldoini – Serena all’inizio si è fatta trascinare dall’affetto che ha nei suoi confronti, poi però non voleva più stare al gioco, perché, come le ho detto, diceva che era una cosa senza senso, che a nostro zio non sarebbe piaciuto se lo avesse scoperto. Ma lui niente, insisteva che quella e solo quella era la cosa da fare, che finalmente suo padre avrebbe avuto giustizia-
-Perché avete scelto proprio me per inviare i vostri messaggi?-
-Mio cugino ha sempre avuto una passione per il nostro mestiere e, abitando a Torino, ha sentito molto parlare di lei … -
-Ma come ha fatto a rintracciare le sue vittime?! Nessuna di loro si conosceva!-
-Marcello lavora come assistente in uno studio d’architettura, ed è lì che ha visto per la prima volta quelle donne: erano delle clienti. Non ha avuto difficoltà a rintracciare i loro indirizzi e così è iniziato tutto-
-Lo sa che lei e la signorina Gandolfi verrete indagati per favoreggiamento e intralcio alle indagini?-
-Sì, lo so … il mio mestiere lo conosco ancora … -
Il poliziotto accusatore sorride brevemente poi, ridiventando serio, continua:
-Se vuole uscirne ancora a testa alta, denunci subito suo cugino, mi dia l’indirizzo di casa sua, e convinca Serena a costituirsi -
Oldoini estrae dal cassetto della scrivania il taccuino e la Bic: scarabocchia qualche cosa e poi porge il foglietto a Terenzi.
-Ecco, commissario. Questo è l’indirizzo. Spero che non siate troppo severi con Marcello e con Serena … in fondo sono due vittime anche loro-
-Per fortuna suo cugino non ha fatto del male a nessuno-
-Già, per fortuna è andata così- l’ispettore annuisce, gli occhi vacui a fissare un punto indefinito. Rialza lo sguardo, questa volta con fierezza, e domanda:
-Testimonierà a mio favore?-
-Che cosa dovrei dire? Che da un lato faceva una faccia, il poliziotto integerrimo ligio al dovere e perfetto nel suo lavoro, mentre dall’altra teneva nascosti elementi di vitale importanza per le indagini?!-
Gli occhi di Terenzi sono come saette in un cielo buio privo di stelle e di luci, ma il tono della sua voce continua ad essere quasi accondiscendente, sebbene più alto del normale.
-Che sciocco, non avrei dovuto nemmeno chiederglielo-
-No, ha fatto bene- asserisce il poliziotto, riappoggiando le spalle allo schienale della sedia - se sarà necessario, testimonierò per lei. Ha sbagliato, questo è vero, ma ha riconosciuto i suoi errori, ed è disposto a pagarli. Speriamo che se ne renda conto anche suo cugino … -
-Lo spero anch’io. Chiamo subito il questore e gli racconto tutto, prima lo faccio e prima mi tolgo questo peso. Commissario, mi dispiace molto per come sono andate le cose. Le chiedo scusa se, con il mio comportamento, l’ho ingannata e ho ritardato l’esito delle indagini. Mi dispiace, davvero …   -
-Anche a me, ispettore, anche a me … -
                                      
   
                                                                        EPILOGO
 
Terenzi ritorna all’agriturismo profondamente amareggiato. Non avrebbe mai pensato che una persona che conosceva, sarebbe potuta arrivare a tanto. Per che cosa poi? Vendetta? Rabbia? Onore? Forse la vera vendetta l’avrebbero dovuta cercare il padre e lo zio di Marcello Arcangeli, invece in tutta quella vicenda gli unici che avevano saputo perdonare e cambiare erano stati proprio Mario e Fabrizio.
-Commissario!-
Gabriella gli corre incontro sul vialetto, il solito grembiule rosso con i fiori stampati sopra:
-E’ da tutta la mattinata che la cerchiamo! A colazione è sceso per primo ed è subito scappato via! Mi stavo preoccupando! E’ successo qualcosa?-
-Sì, signora, riunisca gli ospiti nella sala da pranzo, per favore-
 
Una volta raccontata l’intera vicenda, il commissario si sente più leggero, sebbene continui a persistere un macigno invisibile che gli grava sulle spalle.
Oldoini è stato arrestato, probabilmente andrà agli arresti domiciliari fino al processo, i colleghi dell’ispettore sono andati a casa dell’uomo, e lì hanno trovato Serena Gandolfi, che appena li ha visti si è messa a piangere e li ha seguiti senza opporsi.
Gli uomini di Terenzi, invece, hanno finalmente arrestato Marcello Arcangeli e il questore, quando il commissario lo ha chiamato, è stata costretta a complimentarsi con lui.
Il caso è finalmente chiuso, anche se con quanta fatica e con quali risultati: la proprietaria dell’agriturismo, infatti, è a dir poco sconvolta, continua a ripetere che quello che era successo non può essere accaduto proprio a casa sua, una casa rispettabile che, di lì a breve, sarebbe andata sulla bocca di tutti; Monica Leontini piange a dirotto per la sorte della sua amica, consolata da Ginevra che, con timide pacche sulle spalle, cerca di confortarla come può; Maria Elena Ragusi se n’è uscita come al solito con una delle sue perle di saggezza: “Lo sapevo, con le ballerine non ci si può mai fidare…”
Insomma, tutti –chi più e chi meno- avevano eprso qualche cosa in quella intricata e paradossale vicenda.
-Mi scusi…- Umberto Parini si avvicina al commissario  -volevo sapere che cosa accadrà a Serena…-
Il poliziotto lo guarda: “già l’amore clandestino tra i due”, si ricorda, “iniziato da poco e forse già finito”.
-Quanti anni di carcere dovrà scontare?- il giovane si mette una mano nei capelli, come per farsi coraggio, la voce un sussurro, gli occhi vacui e il colorito pallido.
-Verrà condannata per favoreggiamento. Ma starà al giudice decidere per quanto tempo dovrà …-
-Non credevo- lo interrompe amareggiato il ragazzo  -che una donna come lei avrebbe potuto arrivare a tanto. Ero certo che il suo amore per me fosse sincero, invece probabilmente nemmeno quello lo era-
-Non dica così, signor Parini, sono certo che i sentimenti che prova per lei siano davvero sinceri. E’ molto probabile che alla signorina Gandolfi daranno i domiciliari, non c’è pericolo di reiterazione del reato e il suo è stato un ruolo davvero marginale nei fatti, stia tranquillo- l’uomo cerca di risollevargli il morale appoggiando una mano sulla spalla di Umberto.
-Che cosa dovrei fare, adesso? – gli domanda osservandolo - non ho nemmeno il coraggio di guardarla negli occhi, di chiederle la verità…-
-Se ci tiene a lei, non la deve abbandonare. Questo è un momento difficile, ma deve rimanerle accanto. Vada a trovarla, mi dia retta, la farà felice-
Lui annuisce:
-Sì, forse ha ragione, commissario. E’ questo il momento in cui devo dimostrarle che sono diverso da lei, che io tengo davvero al nostro rapporto. La ringrazio, grazie di tutto … -
 
 
Terenzi, la pace conquistata peggio delle dodici fatiche di Ercole, finalmente è nella sua camera: sta pensando a quanto sia stata assurda tutta quella vicenda, alle persone che ha incontrato, a quelle di cui ha potuto fidarsi, e alle altre di cui invece non ha capito proprio nulla.
Il sole è una palla infuocata che si espande man mano che tramonta, schizzando il cielo di rosso, arancione e di un rosa acceso.
Il poliziotto esce sul balconcino e contempla, per la prima volta davvero da quando è arrivato, lo spettacolo che la natura gli sta offrendo.
Quella sera, finalmente, c’è un po’ di brezza che soffia anche lì, che agita con delicatezza le foglie degli alberi, increspa in lontananza la superficie del mare e fa ondeggiare la soffice campagna circostante.
Dopotutto è contento di quell’avventura che è appena terminata, anche se di certo avrebbe preferito un epilogo differente e meno amaro: per lui, per l’ispettore Oldoini, per Serena Gandolfi e, adesso che lo conosceva un po’ di più attraverso il racconto del poliziotto arrestato, anche per quel folle di Marcello Arcangeli.
Sta pensando a tutte queste cose, quando qualcuno bussa alla porta della stanza:
-Avanti- l’uomo va ad aprire, la camicia di lino color panna che sbuffa per il cambio repentino di posizione sui pantaloni beige, le mani in tasca.
-Mi scusi, commissario, posso entrare un momento?-  Ginevra Morini, piuttosto imbarazzata, lo saluta con un lieve cenno del capo, gli occhi color ambra in dubbio per la temerarietà che l’ha spinta a presentarsi nella camera di Terenzi, un enigma assoluto per lei.
-Si accomodi- la invita il poliziotto, anche lui impacciato, ma con un atteggiamento che maschera benissimo l’indecisione che lo attanaglia.
Finalmente Ginevra si decide ad entrare, così che il commissario la invita a sedersi sul terrazzino, l’uno di fronte all’altra:
-Volevo semplicemente farle i complimenti per come ha risolto il caso: alla fine ce l’ha fatta-
Questa ragazza non fa altro che stupirmi, pensa tra sé e sé il poliziotto.
-La ringrazio, ma non è tutto merito mio, anche la mia squadra a Torino ha fatto un bel lavoro, e poi anch’io dovrei dirle una cosa- continua lui abbassando la voce e lo sguardo.
-A me?! Le assicuro che da quella volta non mi sono più intromessa nelle indagini- si difende lei, una punta di panico nella voce squillante.
-E’ proprio di questo che vorrei parlarle- prosegue l’uomo, sorridendo e scuotendo il capo come per tranquillizzarla - volevo scusarmi per come mi sono comportato con lei: riconosco di essere stato un po’ brusco, forse troppo, ma non volevo che ci fossero altri problemi oltre a quelli che già avevamo.
II mio più grosso errore è essermi fidato delle persone sbagliate, invece avrei dovuto fidarmi di più di lei e magari ringraziarla di quello che stava provando a fare per aiutarmi…-
Ginevra lo guarda interdetta: non avrebbe mai pensato che un uomo così integerrimo come lui, sarebbe arrivato addirittura a chiederle perdono.
-E’ molto gentile da parte sua, commissario. Accetto volentieri le sue scuse, anche se le assicuro che non sono mai stata arrabbiata con lei, tutt’altro!-
-Bene, mi fa piacere saperlo- dice Terenzi sorridendo ancora una volta: ora l’imbarazzo si sta stemperando, ma i loro sguardi faticano ancora ad incrociarsi, così rimangono in silenzio per una decina di secondi, gli occhi rivolti verso il paesaggio di fronte a loro, l’aria del mare di notte a stuzzicare le narici:
-Adesso che è finita l’indagine, ritornerà a Torino, vero?- domanda Ginevra, prendendo quel coraggio di cui sono così carenti.
-Sì, dopodomani. Voglio godermi per un paio di giorni questo posto- le risponde lui, un nuovo sorriso sulle labbra incorniciate dalla barba incolta - rientro in servizio lunedì, quindi non ho poi così tanta fretta!-
-Allora credo che partiremo insieme: anche la mia vacanza finisce domenica, purtroppo-
-Vorrà dire che se dovessimo ancora fare il viaggio insieme, questa volta la lascio sedere vicino al finestrino, così non si lamenterà se io lo apro oppure no!-
Ginevra sorride divertita, un po’ stupita della premura dell’uomo e del fatto che si ricordasse il suo problema di cervicale.
-E io le prometto che non le farò cadere la valigia sul piede!- concede lei, stendendo la mano destra verso Terenzi che, all’inizio interdetto, accoglie con favore quel gesto.
-Affare fatto!-  sanciscono stringendosele.
La brezza notturna ora si fa più forte: quasi si riesce a sentire in lontananza lo sciabordio delle onde infrangere la spiaggia, quel rumore da conchiglia appoggiata all’orecchio, fautore di tante fantasie infantili, che accompagna malandrina le risate di quei due personaggi così diversi tra loro, eppure simili per lealtà e testardaggine.
 
 
NOTA DELL’AUTRICE: Ciao a tutti! E’ da un po’ che non pubblicavo e, adesso che siamo arrivati all’ultimo capitolo, sono contenta di aver aspettato così a lungo, in modo da rigustarmelo anch’io!
Grazie come al solito ai tanti lettori che hanno dedicato del tempo alla storia!
Per chi vorrà continuare a seguire il commissario Terenzi e Ginevra (tranquilli, la rivedremo presto!) ho già pronto il seguito, con altri misteriosi capitoli internazionali (sì, dall’Italia ci sposteremo all’estero): la trama ovviamente non ha nulla a che fare con questa appena conclusa, solo ritroveremo i protagonisti e la squadra di Torino!
Non vi anticipo nulla, anche perché non so quando inizierò a pubblicare, ma spero presto!
Grazie ancora e … BUON ANNO a tutti!
P.S. Se vi fa piacere, passate a leggere “Adele”, nella sezione Romantico!
 
   
 
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