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Autore: Ari_92    30/12/2014    12 recensioni
Blaine e Kurt; un aspirante scrittore che ha perso l’ispirazione e un futuro studente della NYADA con un sorriso abbastanza convincente da mascherare i brutti ricordi. Le loro strade si incrociano per caso e finiscono per intrecciarsi a mezz’aria in un equilibrio precario. È una caduta a farli incontrare; sono le pagine di un quaderno a raccontarli.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Blaine Anderson, Kurt Hummel, Rachel Berry, Santana Lopez, Wesley Montgomery | Coppie: Blaine/Kurt
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Epilogo
 
 
«È finita.»
Santana alza gli occhi al cielo e appoggia entrambi i piedi – con tanto di scarpe, tanto quella non è casa sua – sul divano di Kurt.
«Hummel, sul serio: se non la smetti di camminare avanti e indietro scaverai una fossa sul pavimento e ti ricordo che sei in affitto, qui.»
Kurt si blocca di punto in bianco, al centro esatto del piccolo salotto dell’altrettanto piccolo appartamento che è riuscito ad affittare. Aveva dovuto trascorrere due interi, terribili anni con Rachel Berry prima di arrendersi all’evidenza: due personalità come le loro erano decisamente troppo per una metratura così ridicolmente bassa e se non si fosse trasferito al più presto sarebbe stata la sua salute mentale a levare le tende al posto suo.  Con i risparmi di quando era ancora un ragazzino e i soldi che racimola nei lavoretti che riesce a trovare se la cava a malapena, ma se la cava, e a tre anni dalla sua partenza da Lima non può chiedere niente di meglio, non dopo essere effettivamente entrato nella scuola dei suoi sogni. In realtà di meglio potrebbe chiedere. Di essere meno idiota, ad esempio.
 
«Quello che hai in mezzo alla faccia ti serve per respirare. Usalo e siediti, prima che ti uccida.» Kurt inspira a fondo e maledice mentalmente tutti gli imbecilli che consigliano di inspirare a fondo per calmarsi perché non serve a un accidente. Si lascia cadere a peso morto sulla sedia da giardino di fianco al tavolino – non ha i soldi per una poltrona, ma si fa quel che si può – e si nasconde il viso tra le mani nella speranza di non piangere. Sbircia tra le dita solo per vedere Santana intenta a scrivere un sms.
«Ti sembra questo il momento?»
«Scusami tanto, regina del dramma. Allora? Cosa diavolo c’è stavolta? Non è che solo perché adesso vivo a New York anche io puoi farmi venire qui per ogni dannata- »
«Blaine. È finita.» Santana inarca un sopracciglio, fissandolo.
«Ti dispiacerebbe argomentare?» Kurt fa per appoggiarsi teatralmente allo schienale della sua sedia da giardino ma poi ricorda che si tratta di una sedia da giardino e vorrebbe davvero evitare di romperla, così pianta i gomiti sulle ginocchia e sospira.
«Sono stato un coglione e credo che stavolta- ho paura di averlo perso.» E si odia per le cose che ha detto, si odia con ogni fibra del suo essere e odia anche Blaine per essere Blaine, perché il suo essere Blaine fa sì che a volte Kurt si spaventi a morte. Questo perché il modo in cui lo ama ogni tanto gli fa paura, perché tutte le volte che pensa a lui o che lo vede o anche quando non fa nessuna di queste cose, Kurt sa sempre che Blaine è Blaine. E lui non può immaginare di amare nessun altro all’infuori di Blaine. Ed è terrorizzato all’idea che Blaine se ne accorga e non sa più nemmeno perché.
 
«Non hai argomentato un bel niente, Hummel.» Gli fa presente Santana, digitando velocemente sul suo cellulare. Kurt la soffocherebbe con un cuscino del divano al momento, se solo potesse permettersi dei cuscini da divano.
«Sono andato a trovarlo a Lima tre giorni fa.»
«Un weekend ogni due settimane, una volta tu e una volta lui, proprio come negli ultimi tre anni- »
«Santana.»
«Tranne quella volta in cui vi siete lasciati, due anni fa. Avete resistito addirittura nove giorni.»
«Così non aiuti ad argomentare.» Lei rotea gli occhi, facendogli cenno di continuare. Kurt sbuffa e abbassa le palpebre per un attimo, sovrastato dal ricordo della sua immensa ed assoluta demenza.
«Io ero nervoso perché non ero sicuro di avere i soldi per il prossimo biglietto, lui era nervoso perché sta avendo un sacco di discussioni con i suoi genitori delle quali si rifiuta di parlare. Mi ha detto che quella dei soldi è una scusa per non vederlo e io gli ho detto che non ci sarebbero più problemi di soldi se la smettesse di fare il bambino e iniziasse a vivere nel mondo reale e venisse ad abitare qui con me. E lui ha cominciato a rinfacciarmi delle cose e io le ho rinfacciate a lui, me ne sono andato senza neanche salutarlo ed è stato orribile.»
Kurt aspetta un secondo, ne aspetta due e poi torna a guardare Santana, che è ancora attaccata al suo dannato telefono.
 
«Hai finito con quel coso?» Lei alza gli occhi al cielo per la trentesima volta e lo appoggia con fin troppa enfasi sul tavolino – Kurt è fierissimo di essere riuscito a procurarsi quel tavolino, un vero affare – per poi guardarlo dritto in faccia.
«E quindi è finita? È finita così?»
«Come faccio a saperlo? Non mi chiama da tre giorni.»
«E tu invece lo hai chiamato?» Kurt apre la bocca, poi la richiude. Non lo ha fatto e wow, il suo livello di idiozia sta raggiungendo picchi esorbitanti.
«Io lo odio.» Mormora, con la testa tra le mani.
«Credevo che lo amassi.»
«Certo che lo amo, è per questo che lo odio.»
Kurt non la sta guardando, ma è perfettamente consapevole dello sguardo di Santana su di lui, che lo giudica. Odia quando Santana lo giudica anche e soprattutto per il malaugurato fatto che spesso Santana ha ragione.
«Il tuo ragionamento non fa una piega.» Kurt alza la testa. Lei ha di nuovo il cellulare in mano ma lui ignora completamente questa parte.
«Okay, senti. Se non lo chiamo è perché ho paura che lui mi dica che è davvero finita e lo so che è un controsenso e che più stiamo senza sentirci più è facile che sia davvero finita ma sono terrorizzato al pensiero che- » Fa una pausa, perché non sa davvero come continuare questa frase. Si tormenta nervosamente le mani e alza lo sguardo sul viso seccato eppure vagamente interessato della sua migliore amica, che inarca le sopracciglia.
«Che?» Kurt inspira a fondo. Dannatissime persone che sostengono che questo basti a calmarsi.
 
«Dopo tutti questi anni Blaine crede ancora che io potrei- non lo so, trovare qualcun altro, stancarmi di lui, o... non ne ho idea. Non ha ancora capito che tutte le volte che lo guardo rivedo il ragazzino che cade in una cazzo di piscina vuota perché è troppo concentrato a fissarmi per fare caso a dove mette i piedi. È talmente stupido che non ha ancora capito che lo vedrò sempre così e che lo amerò sempre così, né più né meno per il semplice fatto che di più è impossibile.» Le dice tutto d’un fiato, e omette la parte in cui ha una paura folle che Blaine si renda finalmente conto del potere che ha su di lui perché è scontato che sia così, è scontato che sia terrorizzato all’idea di perderlo. Di punto in bianco Santana si alza dal divano, agguantando rapidamente la sua borsetta. Kurt la guarda, ancora sulla sua sedia da giardino.
«Beh?»
«Beh, grazie per l’indesiderata dose di zuccheri ma devo andare, Kurt.»
«Cosa? E i consigli?» Santana alza gli occhi al cielo – dovrebbe seriamente smetterla, sul serio – e incrocia le braccia al petto, fissandolo.
«Ma per favore. Non sono io quella che deve darti dei consigli. Anzi, ti suggerirei di parlarne direttamente con Blaine tra...» Dà un rapido sguardo allo schermo del cellulare «Dieci minuti? Sì. È in metro, tra dieci minuti dovrebbe essere qui.» Kurt sbatte rapidamente le palpebre.
«Tu stavi- che cosa diavolo gli hai scritto?» Santana si incammina verso la porta – non che deva fare molta strada vista l’estensione dell’appartamento. Gira la maniglia e, prima di uscire, gli fa un sorrisetto.
«Mi hai chiesto di tenere d’occhio Blaine quando sei partito per New York, non ti ricordi? Beh, sto facendo di meglio.»
«Ovvero?» Santana si chiude la porta alle spalle e risponde urlando, direttamente dal pianerottolo.
«Tengo d’occhio tutti e due.»
 
 
*
 
 
«E se non mi fa entrare in casa?»
«Gratti alla porta, abbai e lo prendi per sfinimento.»
«Wesley.»
«Oh, andiamo Blaine. Pensi davvero che non ti farà entrare in casa?»
Se deve essere del tutto onesto no, Blaine non pensa che Kurt lo lascerà a grattare alla porta o qualunque cosa abbia detto Wes. Ha solo paura che sia davvero finita, stavolta. “Paura” non è la parola giusta in realtà. Blaine ha il terrore che sia davvero finita. Sospira pesantemente e sale a bordo della metropolitana con le gambe che gli tremano: il loro accordo prevede vedersi un weekend ogni due settimane, una volta a New York e una volta a Lima, ma viste le circostanze fare uno strappo alla regola gli è sembrato il minimo.
 
«È stata una brutta litigata.» E lo era stata, in effetti. Voleva solo smettere di pensare all’ultima discussione con sua madre e fare una sorpresa a Kurt ma poi non c’era stata nessuna sorpresa, solo loro due che si urlavano addosso, Kurt che se ne andava e lui che prima di poterci pensare stava già comprando un biglietto per New York perché sapeva che Kurt non lo avrebbe richiamato e che nemmeno lui lo avrebbe fatto. Quel litigio lo ha spaventato a morte, perché per la prima volta in tre anni ha avuto davvero paura di perderlo, il che è divertente perché nemmeno quando si erano effettivamente lasciati per la bellezza di nove giorni aveva temuto qualcosa del genere. Ma stavolta ha paura. Non che Kurt non gli apra la porta perché andiamo, dovrà pure aprirgli; ma di averlo perso, che gli sia scivolato via, che si sia finalmente reso conto di poter trovare di meglio. E Blaine è terrorizzato perché per lui c’è solo Kurt. Blaine ha imparato a conoscere ogni singolo angolo del suo corpo, ogni minuscola sfaccettatura del suo carattere ed è talmente suo, è talmente parte di lui che chiunque altro sarebbe semplicemente sbagliato. Blaine è di Kurt e sarà così per sempre, solo, non è più così certo che la cosa sia reciproca.
Deve essere rimasto in silenzio per un po’, perché la voce di Wes si è fatta più alta.
 
«Blaine.»
«Sì?» Risponde in fretta, un po’ per riguadagnare parte del tempo perso in silenzi imbarazzanti, un po’ perché con una risposta più lunga avrebbe palesemente tradito il suo essere sull’orlo delle lacrime.
«Andrà bene.» Odia quando Wes glielo dice, perché finisce sempre per crederci. Chiude gli occhi per un attimo e inspira a lungo. Kurt ha ragione: non rende affatto più calmi.
«Lo spero.»
«Sarà così. Ora se non ti dispiace dovrei studiare, sai, college. Ma tu fammi sapere.»
«Certo, salutami Kyle.» Gli dice, ancora vagamente seccato dal non poterlo più chiamare “Kyle XY” perché secondo Wes è offensivo. Blaine non lo trova offensivo ma Wes ha le sue fisse, tra le quali la peggiore è continuare ad uscire con una ragazza rifiutandosi di ammettere il suo eterno ed illimitato amore nei confronti di Kyle-non-più-XY.
«Sarà fatto. Ciao, Blaine.» E riattacca, e nel momento in cui riattacca Blaine si sente incredibilmente perso. È lì, aggrappato a un tubo metallico terribilmente antigienico e sta per arrivare da Kurt, ma gli sembra di non sentire più nemmeno i piedi per terra. È il ronzio acuto del suo cellulare a riportarlo alla realtà: Blaine lo sblocca velocemente e si rende conto di avere ben cinque messaggi non letti.
 
11:07
Kurt si è deciso a parlarmi della vostra litigata. Avevi detto che saresti venuto oggi, sei già sceso dall’aereo?
 
11:12
Anderson, lo so che stai facendo la regina del dramma al telefono col tuo amichetto, ma vedi di rispondermi.
 
11:15
Kurt ti odia.
 
11:16
Ha ritrattato: ti ama.
 
11:20
Si può sapere dove cazzo sei?

 
Blaine lascia andare bruscamente la sbarra di ferro alla quale si stava reggendo e digita in fretta, incurante del fatto che potrebbe effettivamente cadere da un momento all’altro.
 
11:22
Sono in metropolitana, sarò lì in dieci minuti.

 
 
*
 
 
Kurt lo ama.
Sono dieci minuti che Blaine se lo ripete senza sosta nella speranza di acquisire coraggio sufficiente a bussare alla sua porta. Santana gli ha riferito parte del loro discorso e se Kurt ha detto che lo ama forse c’è ancora una speranza per loro due, nonostante quella bruttissima litigata e nonostante tutto. Eppure Blaine non può fare a meno di sentirsi morire mentre preme brevemente il dito sul citofono e aspetta che Kurt gli venga ad aprire. Stringe forte le dita sulla sua borsa a tracolla e quando sbuca da dietro la porta Kurt è bello proprio come la prima volta che lo ha visto, con il suo drink in mano e lo sguardo perso tra le stelle e lo sa, sa benissimo che non è il momento giusto per pensarlo, ma in fondo non è nemmeno quello sbagliato.
 
«Ehi.»
«Ciao.» Gli risponde a bassa voce, sistemandosi nervosamente gli occhiali sul naso. «Io, uhm- posso?» Kurt lo guarda per un attimo, poi si sposta in fretta, come se avesse dimenticato di doverlo fare.
«Certo, vieni.»
Blaine entra più lentamente possibile, nella speranza che mentre trascina i piedi uno dietro all’altro gli venga anche in mente qualcosa di intelligente da dire. Per fortuna è Kurt ha parlare per primo. Blaine sorride, perché è sempre così tra di loro.
«Santana mi ha detto che stavi arrivando.»
«Sì, ho- ho pensato che avremmo dovuto parlare a quattr’occhi dopo, uhm, l’ultima volta.» Mormora e non ha la minima idea di come proseguire, perché tre giorni fa si sono urlati che era finita e adesso- è finita? È davvero finita così? Blaine comincia a fissarsi le punte dei piedi e di nuovo, è Kurt a parlare.
«Sei venuto a prendere le tue cose.»
Blaine non sa se la sua è una domanda o un’affermazione, ciò che sa è che la sua voce è indiscutibilmente triste e che probabilmente ha del tutto frainteso il perché della borsa un po’ più grande del solito. Indipendentemente da tutto questo, sente lo stomaco contrarsi dolorosamente.
«Devo- vuoi che porti via le mie cose?»
«Credevo che fossi venuto per questo.»
Rimangono entrambi in silenzio per un po’, finché Kurt non gli dice di sedersi, prepara un caffè per entrambi e poi si mette sul divano con lui e Blaine si rende conto che non si sono ancora nemmeno sfiorati da quando è entrato in casa e gli viene solo da piangere.
 
«Kurt mi dispiace tanto.» Dice tutto a un tratto, girandosi verso di lui.
«E a me dispiace di non averti saputo dare quella storia d’amore magica che ti saresti meritato.» Sussurra lui in risposta. «E per le cose che ho detto l’altro giorno, mi dispiace da morire. E io non so che cosa tu voglia fare adesso ma prima di dirmelo posso baciarti?»
Blaine non sa che cosa dire, perché non può credere che Kurt pensi davvero che lui abbia intenzione di lasciarlo. O quella cosa sulle storie d’amore magiche. Blaine avrebbe da ridire su quello ma al momento è troppo sopraffatto per farlo, così si limita ad annuire. Kurt gli fa un piccolo sorriso e si avvicina a lui. Si ferma a pochi millimetri dalle sue labbra e Blaine può già immaginare il loro sapore di caffè e può sentire il sorriso di Kurt che diventa un po’ più vero, e poi lo bacia sul serio. Blaine vorrebbe pensare che è strano che gli sia mancato così tanto baciare Kurt, ma la verità è che non è strano per niente. Tutte le volte che si salutano si ritrova a pensare che avrebbe potuto dargli un altro bacio, perché è una delle sue cose preferite al mondo. Le labbra di Kurt sulle sue, due braccia che lo stringono dolcemente. Blaine non potrebbe stancarsi dei baci di Kurt neanche tra mille anni, nemmeno tra duemila; si pentirà sempre di non avergli dato un altro bacio.
 
«Ora puoi dirmi quello che devi dirmi.» Blaine ha ancora la bocca socchiusa quando Kurt glielo sussurra, la mente vuota eppure così dolcemente pesante di quando si stanno baciando. C’è solo una cosa che può dirgli in questo momento.
«Ti amo.»
Può vedere gli occhi di Kurt inumidirsi velocemente, più o meno al ritmo del suo cuore che sembra aver appena ricordato come si fa a battere.
«Allora non vuoi lasciarmi?» Blaine lo guarda e gli viene da ridere, perché Kurt non ha ancora capito che lui non lo lascerà mai.
«Kurt, io non posso vivere senza di te.» C’è una piccola pausa.
«Che assurdità. Certo che puoi vivere senza di me. Tutti possono vivere senza qualcuno.» Blaine rotea gli occhi, con una piccola risata che scaccia un po’ del terribile nervosismo che lo aveva attanagliato fino a qualche minuto prima.
«Lo so, Kurt. Cercavo di- »
«Io posso vivere senza di te.» Lo interrompe, guardandolo dritto negli occhi. Blaine rimane bloccato in quello sguardo, senza sapere cosa dire. Poi la voce di Kurt è appena un sussurro, il sussurro più dolce di sempre. «È solo che non voglio farlo. Non voglio doverlo mai, mai fare.»
Blaine non lascia i suoi occhi nemmeno per sbattere le ciglia, un po’ come era successo per il loro primo bacio.
«Mai?»
«Mai, Blaine.» Poi lo bacia e dopo tre anni Blaine deve ricredersi: in qualche strano modo deve essere possibile amare di più o amare di meno qualcuno, perché non sa in che altro modo spiegarsi quello che prova per Kurt in questo momento. Si separa da lui a malincuore, solo perché ha una cosa piuttosto importante da dirgli.
 
«Comunque tu hai detto un’assurdità peggiore.» Kurt sorride, in quel modo un po’ speciale di quando è completamente felice.
«Che cosa avrei detto?»
«Quella cosa sulla storia d’amore magica.»
«Non cominciare, Blaine Anderson.» Lo minaccia, puntandogli contro il cucchiaino che ha usato per mescolare il caffè. «Hai la faccia di quando stai per dire una cosa melensa.»
«Volevo solo dire che non esistono le storie d’amore magiche, però esistono le storie d’amore, e già nel fatto che esistano un po’ di magia in fondo ci sarà, non credi?» Kurt si alza dal divano, con il suo caffè.
«Visto? Lo sapevo che avresti detto qualcosa del genere.» Blaine si rimette in piedi a sua volta, con un sorrisetto un po’ imbarazzato.
«Credo che dovremmo parlare comunque di quel litigio.»
«Credo anche io.» Gli risponde Kurt, ma poi lo guarda un attimo e lo bacia di nuovo e Blaine sa che quel discorso verrà accantonato per una quantità di tempo che spera si rivelerà piuttosto dilatata, ma prima c’è assolutamente una cosa che deve fare.
 
«Kurt- »
«Blaine, non possiamo parlarne dopo
«È solo- avrei una piccola sorpresa.» Gli dice e si separa da lui – per la seconda volta nel giro di pochi minuti, qualcuno dovrebbe dedicargli una piazza – per mettersi a scavare nei meandri della sua borsa, abbandonata sulla sedia da giardino che Kurt usa come poltrona. Si volta verso di lui pochi secondi più tardi, brandendo ciò che cercava. Kurt guarda prima lui, poi il libro. Il libro e di nuovo lui.
«Dimmi che è quello che penso.»
«Volevo fartelo vedere l’altro giorno, ma poi abbiamo litigato e- »
«È il tuo libro.»
Blaine non può fare a meno di sorridere perché erano insieme quando aveva firmato quel contratto, con la stessa penna targata Blaine Anderson che Kurt gli aveva regalato il giorno della sua partenza per New York. Però deve ammettere che avere tra le mani la prima, vera copia è una sensazione completamente diversa. È tutto più vero, in qualche modo, e lo è più che mai adesso, nello sguardo così enormemente felice del suo ragazzo. Blaine pensa che dovrebbe fargli più sorprese, in fondo. Tipo l’idea di andare a vivere con lui: magari potrebbe presentarsi con le valige e raspare davanti alla porta fino a prenderlo per sfinimento. Oppure proporglielo come tutte le persone normali, ora che aveva finalmente convinto sua madre a lasciarlo andare, dopo una quantità infinita di discussioni.
 
«Posso vederlo?» Blaine lascia che glielo prenda dalle mani e lo guarda mentre lo rigira da ogni parte, come se nemmeno lui riuscisse a credere che alla fine è davvero successo. Kurt solleva lo sguardo e gli fa un sorrisetto.
«Tutto merito della nostra lista.» Blaine sorride a sua volta, facendosi più vicino a lui.
«Oh, lo è.»
«E di quel meraviglioso quaderno sdolcinato.» Aggiunge e Blaine non può fare a meno di sorridere ancora di più, perché Kurt l’ha tenuto sul suo comodino fin dal primo giorno in cui è arrivato a New York, proprio vicino ad un’orribile cornice fucsia contenente una sua foto con Santana.
«Aprilo.» Kurt gli lancia una piccola occhiata incuriosita ed apre alla prima pagina. I suoi occhi si spalancano per un attimo, prima di tornare ad incontrare quelli di Blaine.
 
«Le rose sono rosse, le viole sono blu. Particolare come dedica.» Gli dice, con quel sorriso adorabile che ha sempre riservato solo a lui, fin dalla prima volta, quando ancora credevano di chiamarsi Aaron e Colin e parlavano di cose piuttosto insolite per essere due sconosciuti sul fondo di una piscina.
«L’hai interrotta a metà. Come finisce?»
«Non finisce.» Gli risponde, guardandolo dritto negli occhi.
E non si sta più riferendo alla poesia.
 
 
 
 
Fine
 
 
 

 
 
 
 
Inizialmente avevo pensato ad un epilogo del tutto diverso. Per esempio Kurt e Blaine una decina di anni dopo, magari sposati o con dei bambini, senza aver nemmeno mai litigato. Ma poi mi sono detta che non è questo a rendere un amore “magico”. Ciò che rende l’amore magico è l’amore e basta, quando resta, nonostante tutte le difficoltà. Siccome la sesta stagione è alle porte è anche un piccolo omaggio ai Klaine veri, che nonostante tutto avranno il loro lieto fine ♥
E... Odio questa parte. Tutte le volte che mi tocca cliccare su quel “completa” non ho mai la più pallida idea di cosa dire, intanto perché quando ho troppe cose in testa finisco per non concludere nulla, e poi sono triste, ma al contempo contenta, quindi- damn.
Vorrei solo ringraziare tutti quanti: innanzitutto i temerari che dal primo capitolo sono arrivati a leggere fino a qui. E poi le persone che hanno recensito, dal primo all’ultimo, chi lo ha fatto solo una volta e chi lo ha fatto ad ogni capitolo. Chiunque mi abbia scritto su Facebook, in pagina, in chat, su ask, tutti voi, vi ringrazio con tutto il cuore, davvero. Poi beh, un grazie speciale va alla mia adorabile moglie che ha visto nascere questa e molte altre storie e c’è sempre stata per loro e soprattutto per me ♥
Come dico per tutte le mie fanfiction una volta arrivati alla fine, non posso che augurarmi che non vi siate pentiti di essere arrivati fin qui e che vi possa rimanere un bel ricordo. Per me questa storia ha un significato speciale e niente, sono stata felicissima di averla condivisa con voi.
...Okay adesso la smetto altrimenti soffro e non è cosa, okay? Okay. Non mi resta che salutarvi e darvi appuntamento a gennaio, per chi vorrà, con una OS per la GleeBigBang.
Grazie ancora, davvero. *manda klisses* ♥
 
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