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Autore: Magicwolf02    31/12/2014    2 recensioni
Rebecca è una normalissima sedicenne che vive con una madre non troppo presente e un fratellino pestifero di appena sei anni. Poi ci sono Micheal e Gina i proprietari del market dietro l'angolo che sono amici di famiglia. Poi c'è la vecchietta sorda del primo piano. Poi c'è Jessica la migliore amica di Rebecca e insieme ne combinano di tutti i colori. Poi ci sono Brenda e Kim due ochette amanti del gossip che non si fanno mai gli affari propri. Poi c'è la bidella Giovanna che nasconde un segreto. Poi William il capitano della squadra di football amato da tutte le ragazze. Ted il nerd della classe ma con un cuore d'oro. E poi Ryan un delinquente che presto farà parte della vita di Rebecca. Ci saranno litigi, amori, feste, professori rompiscatole, compiti a sorpresa, puntate di dragon ball, ma soprattutto ci saranno tante ma tante risate.
Genere: Comico, Generale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Triangolo
Capitoli:
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Fuori nevica oggi. Le macchine sono piene di quel biancore che luccica alla luce del sole. In questo giorno di fine Dicembre è tutto così tranquillo che sembra quasi surreale. La finestra sembra un dipinto e io lo fisso ormai da ore. Sono tremendamente annoiata. Poggio il mio mento sul tavolo in marmo della cucina e percepisco la differenza di temperatura sulla mia pelle. Adoro il freddo, l'ho sempre adorato. Mia madre mi dice sempre di mettere maglioni più pesanti ma io non l'ho mai ascoltata, il contatto con il freddo mi fa sentire bene. È una cosa strana lo so, tutti me lo dicono. Sento dei passi arrivare verso la cucina. Mia madre entra in cucina con un foglio in mano e una penna incastrata dietro l’orecchio. Io rimango con il mento appoggiato al tavolo e neanche la degno di uno sguardo. Si siede nella sedia davanti a me e comincia ad appuntare nel foglio quella che sembrerebbe una lista della spesa. 
-pomodori, uova, latte…ah ecco cotolette- comincia a parlare rimanendo sempre concentrata sul suo foglio. Sembra quasi che non si sia accorta di me talmente è presa dallo scrivere, ma non me ne faccio un problema, a volte mi sento invisibile. Sento altri passi venire dal corridoio, mio fratello James. È una piccola peste demoniaca di appena sei anni appassionata di dragon ball, cartone animato che io odio da sempre ma che ho cominciato ad odiare di più con la crescita di mio fratello. A volte mi prende in ostaggio e comincia a tirarmi addosso onde energetiche e se non fingo di morire lui minaccia di uccidermi. Quel bambino è un pericolo pubblico, a volte penso che dovremmo attaccare alla casa il cartello “attenti a mio fratello” e portarlo a spasso col guinzaglio. Sarebbe meglio per tutti. 
-mamma ho fame!- urla entrando in mutande in cucina. Non ho parole, a casa mia non ci sono regole.
-devi aspettare, devo ancora andare a fare la spesa poi ti preparo la cena- dice mia madre senza neanche guardarlo.
-bene, allora mi mangio Rebecca- dice il moccioso avvicinandosi a me minaccioso (notare la rima). Ok, per me è la fine. Ti ho voluto bene mondo. 
-James, stai fermo e lascia stare tua sorella- dice mia madre sempre indifferente riguardo la situazione. 
-mamma, potresti girarti un attimo!- grido esasperata a mia madre, indicando con un dito mio fratello che sta mordendo il mio braccio. Ripeto, non ho parole. Mia madre, finalmente, alza il suo sguardo su di noi e ci sorride. No dico io, ti sembra il momento di ridere?
-senti Rebby, dovresti badare a tua fratello mentre io vado a fare la spesa ok?- non so come mai ma quello di mia madre suonava come un ordine. Aspetta un secondo! Dovrei rimanere a casa con una bestia cannibale affamata? Non se ne parla proprio.
-non ci penso neanche- dico decisa.
-bene, allora vai tu a fare la spesa- mi dice porgendomi la lista che ha appena scritto. Cosa mi consigliate, stare a casa con quel demonietto pronto a mangiarmi, oppure andare a fare due passi al supermercato ammazzando la noia? Io opterei per la seconda proposta.
-ok- dico alzandomi di colpo dalla sedia, in cui ormai poltrivo da ore, e strappando dalle mani di mia madre quel foglietto. 
La strada è praticamente deserta, il mio quartiere non è mai stato tanto affollato. Fa’ freddissimo e io, per volere di mia madre, mi sono messa un giubbotto pesante, la sciarpa e persino il cappellino di lana che la nonna mi ha fatto quando avevo 10 anni. Non chiedetemi come fa ad entrarmi ancora ora che ho 16 anni perché sinceramente non lo so nemmeno io. Cammino verso il piccolo market dietro l’angolo, in cui ormai vado da quando sono nata praticamente. I proprietari del market sono amici dei miei genitori da quando loro andavano al liceo, quindi per me sono quasi come una seconda famiglia. Quando apro la porta il campanellino appeso ad essa fa’ un leggero suono che adoro da quando ero piccola. Ricordo che andavo a giocare con il figlio dei proprietari che aveva sei anni più di me, ma che comunque adoravo come fratello maggiore. A volte ci andavo soltanto per sentire quel suono e ricordo anche che una volta mentre lo ascoltavo mi sono pure addormentata.
-ciao Micheal, ciao Gina- saluto gentilmente i proprietari sorridendogli amichevolmente. Gina e Micheal sono due persone adorabili, lei è una signora elegante e raffinata amante del cucito, lui invece è un fanatico del rugby e del football e un tifoso nato che ama abbuffarsi di hamburg e schifezze varie, ma resta comunque una bravissima persona. Diciamo che sono uno l’opposto dell’altro, ma insieme si completano a vicenda. 
-oh ciao Rebecca- fa’ Gina.
-ciao- le fa’ eco Mick. 
-come va’ a casa Rebecca?- mi chiede gentilmente Gina non appena mi avvicino alla cassa. A parte mio fratello che mi vuole mangiare e mia madre che per poco glielo ha lasciato fare va’ tutto bene.
-bene, grazie- dico. Esco dalla tasca la lista di mia madre e faccio per leggere cosa c’è scritto quando all’improvviso Gina mi prende il foglio dalle mani e dice:
-no, tesoro, provvederà Micheal ha prendere le cose che ti servono, vero Mick?- guarda suo marito eloquentemente e Mick sbuffando prende il foglio tra le mani della moglie e comincia ad andarsene nei vari reparti.
-non c’era bisogno, veramente- dico io leggermente in imbarazzo.
-oh,ma figurati, Mick lo fa volentieri- risponde lei accarezzando la mia mano poggiata al bancone. Si è visto come l’ho fa volentieri, sembrava dovesse andare al patibolo.
-forza siediti pure qua- continua lei indicandomi una sedia accanto a lei. Io ubbidisco e mi siedo senza parlare. All’improvviso sento il rumore di un campanellino, mi giro in direzione della porta e vedo entrare un ragazzo, che deve avere più o meno la mia età, alto con i capelli neri corti e lisci. Non so perché ma ha tutta l’aria di un poco di buono, e non mi piace.
-salve giovanotto- dice Gina facendo girare il ragazzo verso di noi, o più specificatamente su di me. Mi guarda e sorride in un modo che non mi piace per niente, poi si volta verso Gina e dice:
-salve signora-.
-hai bisogno di aiuto?- chiede Micheal arrivando dal reparto di surgelati con la mia spesa in mano. Il ragazzo scuote la testa e si avvia verso il reparto di bibite. Cominciamo bene, questo qua uscirà dal negozio con un intera cassa di birra in mano, scommettiamo? Micheal mi porge gentilmente la spesa e mi sorride.
-ecco qua signorina- dice.
-grazie mille Mick, ci hai messo poco- dico alzandomi e prendendo il sacchetto dalle mani di Mick. 
-beh diciamo che la lista di tua madre è molto, molto corta- dice lui. Strano perché ci ha messo un eternità per scrivere. Controllo dentro il sacchetto che ci sia tutto. Non che non mi fidi di Mick, ma sai come non si sa mai. Si, c’è tutto. 
-allora, ciao e grazie di nuovo-dico avviandomi verso l’uscita.
-di niente, ciao- mi dicono all’unisono. Quei due anche se sono uno l’opposto dell’altro a volte sembrano vivere in simbiosi. Appena uscita dal negozio percepisco la differenza di temperatura. Sto un attimo ferma davanti la porta del market e guardo il cielo. Fra poco nevica di sicuro. Eccola!! Come vi avevo detto! In un batter d’occhio ecco scendere la neve. Guardo il cielo e istintivamente sorrido. Prendo un fiocco di neve con la mano e stranamente non si scioglie subito. Resta intatto nella mia mano per più di 5 secondi e potrebbe restarci ancora se solo qualcosa o qualcuno non mi avesse spinta ed io fossi caduta per terra. Faccio per girarmi e vedo il ragazzo del negozio correre. All’improvviso vedo anche Micheal uscire dal negozio gridando al ladro. Subito capisco cosa è successo. Avevo ragione quel ragazzo è un poco di buono ed io non me lo lascerò scappare. Mi alzo di scatto in piedi, riprendo la mia spesa che quel deficiente ha fatto sparpagliare per terra e comincio ad inseguirlo. Corro più veloce che posso ma lui è sempre più avanti di me. Vedo che prende la strada di un vicolo, ma io grazie alle mie conoscenze riesco a raggiungerlo passando per una scorciatoia. Mi fermo di colpo davanti a lui che mi guarda sorpresa, e poggio a terra il sacchetto della mia spesa. Mi avvicino di più verso di lui che rimane immobile e gli porgo una mano dicendo:
-dammi subito quello che hai rubato al negozio-. Lui si mette a ridere e questo mi fa infuriare ancora di più.
-no- mi risponde sorridendomi come aveva fatto al negozio, in quel modo così odioso che solo un delinquente può avere. A questo punto non so cosa fare, così faccio per prendergli il sacchetto da dietro la schiena ma la mia mossa è così lenta che lui riesce a fermarmi prendendomi per un polso. La sua stretta mi sorprende, è calda estremamente calda per essere una giornata d’inverno. 
-mi dispiace, ma non ci sei riuscita- mi dice stringendo ancora di più la stretta. Mi fa venire i nervi. Con una mossa, questa volta più veloce, traggo il mio polso dalla sua presa e sempre alla stessa velocità gli mollo uno schiaffo in piena faccia, in modo tale da distrarlo per potergli scippare il sacchetto da dietro. Mi stupisco io stessa dell’agilità che ho usato. Ho un futuro da poliziotta. Comincio a correre ma a metà strada mi fermo e mi giro vedendolo ancora con la mano sul punto in cui gli ho mollato uno schiaffo e con uno sguardo infuriato. L’ho lasciato di stucco, ed era questo il mio intento. 
-mi dispiace, ma non ci sei riuscito- lo imito. Poi riprendo a correre verso il negozio con un sorriso soddisfatto in faccia. Apro di corsa la porta e mi ritrovo davanti Gina e Micheal che discutono animatamente sul perché si sono lasciati scappare quel delinquente ed io li distraggo con un sonoro raschiamento della gola. Tutti e due si girano verso di me a dir poco esterrefatti. 
-ecco qua, sono riuscita a riprendere le cose che aveva rubato- dico ancora con un po’ di fiatone.
-e l’hai lasciato libero, voglio dire, non hai neanche chiamato la polizia?- dice Mick alzando un po’ il tono della voce guadagnandosi così un’occhiataccia da Gina. Non ci avevo minimamente pensato, in quel momento ero talmente presa dal mio gesto eroico per l’umanità che non mi è nemmeno passato per la testa.
-non preoccuparti Mick, credo che non ruberà più … almeno in questo negozio- dico a mia discolpa. 
-Mick voleva dire che ti siamo infinitamente grati per aver fermato il ladro- dice Gina guardando Mick che si gratta la nuca visibilmente imbarazzato.
-ma figurati, questo ed altro per voi- rispondo prima di congedarmi del tutto dal negozio. Comincio a camminare verso casa mia calpestando di tanto in tanto cumuli di neve. Mia madre si starà preoccupando, insomma si chiederà che fine abbia fatto dato che lei mi aveva chiesto di comprare quattro misere cose e inoltre non mi sono neanche portata il cellulare. È sicuro, mi ucciderà. Arrivo velocemente a casa passando per vicoli e scorciatoie varie e non appena arrivo davanti la porta mi fermo un attimo e prendo un respiro profondo. Poi busso. Ad aprirmi è quel nano di James che mi guarda in un modo che mette i brividi, mi ricordo che prima di andarmene aveva fame perciò ora l’avrà moltiplicata per cento. Ha tutto il diritto di mangiarmi.
-mamma è arrivata tua figlia- urla James lasciandomi entrare.
-vedi che sono tua sorella- ribatto chiudendo la porta.
-non lo sei più dal momento che mi hai lasciato morire di fame per un’ora- dice il mostriciattolo correndo in camera sua. Io vado lentamente verso la cucina dove trovo la mamma a leggere un libro in piena tranquillità. Gli potrebbe crollare il mondo addosso e non se ne accorgerebbe. E poi di sicuro darebbe la colpa a me. Poggio il sacchetto sul tavolo e comincio a svuotarlo e a mettere tutto in frigorifero o nella dispensa. Non ho oso dire una parola, se no mia madre si accorgerebbe della mia presenza/ esistenza e mi farebbe domande sul perché del mio insolito ritardo. La guardo mentre poso nel frizer il pacco di pisellini surgelati ma per sbaglio questi mi cadono aprendosi e lasciando cadere il contenuto. Presa dal panico comincio a raccogliere tutto di fretta cercando di fare il meno rumore possibile, ma è tutto inutile ormai si è accorta di me. Non so se questa sia una buona o una cattiva cosa ma dato le circostanze direi proprio cattiva. 
-ciao Rebecca- fa’ guardandomi da dietro i suoi occhiali da lettura.
-ehm..ciao mamma- dico continuando a raccogliere i pisellini e molto igienicamente a rimetterli nel sacchetto.
-come mai questo ritardo?- dice tornando al suo libro. Ecco lo sapevo! E ora cosa gli dico? Non posso di certo raccontargli del ladro, non mi crederebbe di sicuro.
-c’era traffico- dico titubante. C’era traffico? C’era trafficoo?? E tu credi che ha questa baggianata ci crederà. Prima di tutto tu non guidi e quindi si suppone che tu non possa avere riscontrato traffico nel marciapiede. Davvero bella trovata ora ti spedirà in riformatorio perché pensa che tu abbia rubato una macchina, l’abbia guidata senza patente e che tu abbia pure riscontrato traffico. Sono morta!
-ah-. Cosaaaa??? Ma io esisto oppure sono un personaggio di qualche scrittore psicopatico che si diverte a farmi sembrare invisibile? Nah ma che dico. Devo cambiare discorso prima che possa riflettere su quello che ho detto e uccidermi. 
-cosa..cosa si mangia per cena?- chiedo. 
-cotoletta e pisellini-mi risponde senza neanche guardarmi. Certo! Ottima scelta. I pisellini che io ho appena raccolto da terra e rimesso nel pacchetto! Perfetto, andiamo di bene in meglio. Dopo aver sistemato tutto salgo in camera mia e mi butto nel letto. Che giornata! Sto pensando che forse dovrei chiamare Jessica, e da tanto che non ci sentiamo. Lei è la mia migliore amica dai tempi dell’asilo, è come una sorella per me. Chissà dov’è il mio telefono. Non lo vedo dall’inizio delle vacanze di Natale. Comincio a cercarlo nella mia scrivania, sposto tutti i libri e le varie cianfrusaglie e lo trovo. No aspetta, questo non è il mio telefono, è quello giocattolo di mio fratello. Ma che ci fa’ nella mia scrivania? Subito vado in camera di mio fratello per chiedergli dov’è e lo trovo intento ad attaccare una nave nemica con la sua spada di plastica. 
-ehi caccola dov’è il mio telefono?- gli chiedo. Il mio punteggio sale, 1 a 0 per me.
-l’ho messo in lavatrice, zombie- mi risponde. Ok, niente male come soprannome, 1 pari. Aspetta che ha detto? In lavatrice? Di colpo la mia faccia diventa bianca. Era il telefono nuovo che mi aveva regalato mamma a Natale, era costato tanto. Ommioddio ora avrà un altro motivo per uccidermi.
-tu che cosa hai fatto?- dico minacciosa avvicinandomi a lui. Lui sferra un colpo con la sua spada di plastica che mi arriva dritto nell’occhio. È ora sono pure cieca, la mia vita è meravigliosa. 
-piccola peste pestifera vieni qua- dico io coprendomi con una mano l’occhio ferito. Lui riesce a scappare ma purtroppo non riesco a vedere dove va’. Se perdo la vista in un occhio giuro che lo uccido, sempre che riesca a trovarlo. Comincio a correre barcollando un po’ e cadendo qua e là in vari giocattoli della stanza di mio fratello. Ora capisco a che serve sistemarsi la stanza. Sono caduta in un pupazzo dinosauro che con la sua coda punge il mio sedere e mi fa’ saltare in aria. Ricomincio a riprendere un po’ di vista sfocata dall’occhio e mi arrendo al fatto che non potrò mai prendere quella peste. Così mi avvio verso il bagno dove si trova la lavatrice, ma fortunatamente la vedo spenta. Controllo tra le cose appena lavate ma niente non l’ho trovo. Di colpo capisco, quella peste mi ha fatto uno scherzo, un brutto bruttissimo scherzo. Mi era quasi preso un colpo. Scendo di corsa le scale urlando:
-Jamessss-. Lo trovo in salotto a guardare dragon ball e a tenere in mano un oggetto che non riesco a vedere bene. Mi avvicino e vedo che stringe … il mio telefono. Già vedo il titolo del giornale “Rebecca Greenford uccide suo fratello per un telefono”. Lui non si è accorto della mia presenza nella stanza, o forse mi sta solo lasciando sbattere, e continua a guardarsi la puntata di dragon ball dandomi le spalle seduto nelle sua poltrona preferita. Arrivo da dietro e gli tengo un agguato. Lo tengo fermo con una mano e con l’altra gli scippo il cellulare dalle mani. 
-siii, c’è l’ho fatta- dico soddisfatta ancora una volta del mio agile lavoro. Si vede che da grande voglio fare la poliziotta?
-ma che fai sorellina? Se volevi il telefono potevi anche chiedermelo- dice facendo un insopportabile faccia d’angelo. Gli faccio una linguaccia e me ne torno in camera con il mio cellulare. A volte mio fratello sembra molto più grande della sua età, se esce certe volte con delle sparate assurde. Entrata in camera mi butto nel letto esausta. Non so se mi convenga chiamarla a quest’ora Jessica, magari starà cenando con i suoi oppure è uscita. Nell’indecisione mi addormento. 
   
 
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