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Autore: Cruel Heart    31/12/2014    2 recensioni
È la mezzanotte del 31 Dicembre.
Mentre tutti festeggiano l'arrivo dell'anno nuovo, una donna, su una panchina del parco di Powell Estate, ricorda il passato.
Ed una fantastica occasione, questa volta, quella giusta, busserà alla sua porta, mentre cadono i fiocchi di neve.
Genere: Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio, Rose Tyler
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Salve a tutti, cari Whovians.

La prima cosa che voglio dirvi è che, questa, è la prima OS che scrivo su Doctor Who, per cui non mi scannate.

Non so perché, ma pur essendo Whovian da molto tempo, non ho mai trovato l’occasione giusta per scrivere una cosuccia su questo fandom. [Notata l’attinenza col titolo? Quanto sono simpy…]

Eppure, oggi, sono qui. *evviva*

Vi consiglio, se volete, di leggere ascoltando la bellissima “My Immortal”, degli Evanescence.

Secondo me, ascoltare musica mentre si legge aiuta molto.

Bene, che dire… spero che questa piccola OS vi piaccia e vi auguro un buon anno nuovo in cui poter sclerare per la nona stagione di DW. [Forza Capaldi!]

 

~ Cruel Heart.

 

 

 

Evanescence – My Immortal

 

 

 

Era una mezzanotte freddissima, quella di quel 31 Dicembre nel piccolo parco di Powell Estate, a Londra.

Soffici fiocchi di neve cadevano sul suolo mentre, dalle palazzine circostanti, provenivano ovattate grida di giubilo per l’arrivo imminente dell’anno nuovo.

Eppure, in tutto quell’equilibrio, caratterizzato da allegria e speranza, c’era una nota dissonante, che rompeva l’armonia di quella notte.

Infatti, situata accanto agli alberi, nel parco, vi era una panchina verde, piuttosto vecchiotta e piena di scritte e, seduta su di essa, una donna.

Si trattava di una signora anziana: profonde rughe solcavano il suo viso, come lacrime amare, ed i leggeri fiocchi di neve si confondevano tra i suoi capelli bianchi.

Quella che era stata la sua chioma bionda, di cui era sempre andata tanto fiera, oramai, sembrava essere solo un lontano ricordo.

 

I segni inequivocabili dell’avanzare del tempo, avrebbe commentato qualcuno.

I segni inequivocabili dell’avanzare del dolore, pensava, invece, lei.

 

Era strano pensare a quale surreale rapporto avesse avuto lei, col tempo.

Tutte le altre persone si lamentavano della sua scarsa durata, ma lei, beh… lei no.

Lei amava tutta quella wibbly-wobbly timey-wimey stuff.

 

No, si disse, non doveva più pensare a quelle parole.

Perché, proprio quelle parole, che sembravano essere messe così, a caso, senza alcun collegamento logico tra di loro, le facevano ricordare qualcosa: una cabina blu della polizia.

E, soprattutto, le facevano ritornare in mente qualcuno: un uomo pazzo.

 

Un uomo talmente pazzo, che aveva viaggiato nel tempo con lei e le aveva mostrato quanto l’intero universo potesse essere diverso da come lei lo immaginava.

Un uomo talmente pazzo, che le aveva espressamente chiesto di andare avanti con la sua vita, senza di lui.

Come se non fosse mai esistito.

 

La donna si accoccolò nella sua vestaglia di plaid a quadrettini verdi e rossi e sorrise appena.

Come se questo fosse mai possibile, Dottore, si disse.

 

Poi, però, ripensò a quei capelli sempre spettinati, a quegli occhi stanchi nonostante il suo viso ancora giovane, ed il suo flebile sorriso si spense.

Il suo Dottore, il suo Dottore umano con un cuore solo, non c’era più.

E, questa volta, non era volato via con la sua fedele cabina blu su un altro pianeta, no: semplicemente, era volato in alto, ancora più in alto delle stelle e lei non aveva più potuto raggiungerlo.

Era bastato un forte dolore al petto, solo pochi secondi, ed il suo unico cuore, orfano del suo gemello, non aveva più retto.

Ed ecco come il suo Dottore, il suo uomo pazzo con la cabina blu, se n’era andato e, questa volta, per sempre.

 

Ma, per fortuna, la donna non era completamente sola.

«Nonna, nonna!», si sentì chiamare. «Nonna Rose!»

 

Si girò nella direzione da cui proveniva la voce. «Oh, ciao, piccolo Mickey.»

E, come se fosse appena successo, rivide davanti a sé la smorfia che il Dottore fece sei anni fa, quando gli comunicarono quale sarebbe stato il nome del nipote.

«Che ci fai qui fuori? Fa troppo freddo per te.»

 

«Lo so, ma mamma mi ha mandato a chiamarti, perché papà e zio Tony stanno litigando ancora su chi ha mangiato più Roast Beef stasera e io voglio solo andare a dormire, uffa.» disse il bambino, stropicciandosi l’occhio destro.

 

Era inutile, suo figlio e suo fratello non sarebbero cresciuti mai.

La nonna sorrise e, alzandosi da quella panchina, abbracciò il piccolo Mickey e lo rincuorò.

«Va bene, andiamo a vedere cosa stanno combinando quei due e li conciamo per le feste, okay?»

 

Mickey annuì prontamente. «Grazie nonna, tu sei la più fantastica tra tutte le nonne fantastiche!»

 

E poi, suo nipote corse via, felice di aver compiuto il suo dovere.

Ma, prima che rientrasse in casa, l’anziana donna si fermò, completamente immobile, mentre i fiocchi continuavano a cadere.

Si era ricordata di un altro viso: un volto molto diverso, con degli occhi chiari e due grandi orecchie a sventola.

La donna scacciò un’improvvisa lacrima che era scesa sulla sua guancia e, subito dopo, fece la cosa più inaspettata: sorrise.

 

Ed ora tu, ignaro lettore che stai leggendo questa storia, non chiederti il motivo di quel sorriso, perché io, da quassù, con il mio unico cuore che non batte più, ormai, lo so già: sono pur sempre il più grande genio idiota che sia mai esistito.

 

In quel momento, Rose Tyler, la mia Rose, sorrise.

E lo aveva fatto, perché aveva finalmente capito che, quando le dicevo che era stata fantastica, in realtà, le stavo confessando un’altra cosa.

Una cosa per cui, da Signore del Tempo, non avevo mai avuto l’occasione giusta di dirglielo: che l’amavo.

   
 
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