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Autore: Blue Eich    01/01/2015    4 recensioni
Piccolo flashback di Killua, in una delle tante giornate che passò da piccolo sull'Arena Celeste.
Genere: Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Killua Zaoldyeck
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Alone

 

Killua volgeva i suoi grandi occhioni alla finestra. C'era una vista davvero bella, le nuvole erano così vicine che avrebbe potuto sfiorarle con il dito. Le altre persone, viste da così in alto, erano come tante formiche che si muovevano in fila. Killua fece uno sbadiglio annoiato, portandosi svogliatamente un pugno sulla guancia. Papà diceva che con i soldi potevi comprare tutto quello che volevi e siccome loro ne avevano a palate non gli sarebbe mai mancato niente. Ma c'era una cosa che non si sarebbe mai potuta comprare, né con carte di credito né con una montagna di monete d'argento, nemmeno se fosse stata una montagna grande come quella di casa sua.

«Io voglio un amico» sussurrò, abbuiato, come se qualcuno lassù potesse ascoltare quel suo innocente desiderio. «La prossima volta che tornerò qui porterò un amico con me. Chissà come sarà il mio amico!» Si gettò di peso sul letto, con le labbra ancora un po' sporche di cioccolato. A braccia incrociate sul cuscino, pensava a come sarebbe stato il suo primo, vero amico. Doveva essere simpatico e strano, così non si sarebbero mai annoiati insieme. Trenta chili di Cioccorobot è vero: quando li mangi ti fanno sentire bene, ma dopo non ti rimane niente se non le mani appiccicaticce e un gran male alla pancia. Un amico non è una cosa che, come il cioccolato, finisce. Per questo Killua ne voleva uno. Per essere come gli altri bambini, che vedeva sempre correre insieme e sorridenti per le strade. Anche lui voleva un amico a cui correre accanto, con cui poter fare lo sciocco e giocare insieme con gli innumerevoli giocattoli che quand'era da solo gli sembravano tanto insignificanti. Chiuse tristemente gli occhi. «Voglio un amico…» sussurrò più piano, prima di voltarsi da una parte e assopirsi. Senza nessuno che gli rimboccasse le coperte, in quella stanza disordinata, piena di scatole di dolci vuote e ammassate una vicino all'altra, alla luce arancione del tramonto di quella giornata, uguale a tutte le altre.

 

 

   
 
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