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Autore: Mami93    01/01/2015    1 recensioni
La storia è tutta quanta dal punti di vista di Hikari. Ormai felicemente fidanzata, accade il peggio. La ragazza muore improvvisamente, e ora cerca solo di fare chiarezza nei suoi pensieri da non-morta.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Hikari Yagami/Kari Kamiya
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Sono morta il 24 Dicembre 2009. Detto questo, ho spiegato tutto. Non è stato doloroso o lungo, per cui non posso neppure vittimizzarmi o disquisire sul mio coraggio nell’affrontare la mia triste dipartita. Però lasciatemi dire che è una bella fregatura morire la vigilia di Natale. Non per i regali, sia ben chiaro. Certo, è scocciante aver pensato per un mese intero cosa regalare a chi per poi non poter vedere neppure l’espressione di chi riceve. Insomma, la sorpresa ha un sapore tutto suo. È ingiusto. Non che la vita sia ingiusta, certo, mi ha fatto morire a 20 anni, però cavolo, dai, la vigilia? Aspetta almeno un altro giorno! Non so, fammi crepare quando l’ultima persona ha aperto il mio pacco, no? Capisco che sarebbe stato traumatico, ma per lo meno ero contenta. Poteva essere il mio ultimo desiderio, ma a quanto pare non esiste l’opzione “esprimi e muori”. Che fregatura!

Era pomeriggio, e faceva un freddo caino, fra l’altro. Ero in cucina che mescolavo il cacao con il latte per preparare il dolce di Natale, e all’improvviso sono caduta in terra, così, come se mi avessero dato una botta in testa e fossi svenuta. Non è poi molto differente dalla realtà, effettivamente. Aneurisma celebrale, hanno dichiarato i medici ai miei. La vena che portava il sangue al cervello ha ceduto all’improvviso, e io sono caduta come un pero. L’anomalia non è ereditaria, per lo meno, e nessuna macchina poteva anticiparlo. La mamma era in bagno ad asciugarsi i capelli. Quando ha sentito la ciotola finire in terra mi ha chiesto che stavo combinando, ma quando non ha ricevuto risposta si è preoccupata ed è venuta a vedere: troppo tardi. L’ambulanza è arrivata tre minuti dopo, ma il mio cuore ha smesso di battere nel momento esatto in cui la testa ha toccato terra.

No, la fregatura sta nel giorno di festa passato da schifo. Parlo per i miei cari, logicamente, a me non frega nulla se è Natale o il giorno di tutti i santi, avrei evitato che succedesse, potendo. Insomma, vedere tutti festeggiare e scambiarsi i regali quando si ha una lacerazione profonda nel petto non è piacevole, ma non si possono biasimare le persone felici, la vita, almeno per loro, continua. Mamma e papà hanno ancora i regali nell’armadio, ed è passato un mese. Gli altri hanno pensato che deprimersi per me non ne valeva la pena, io avrei apprezzato molto di più vederli felici, per così dire. Peccato che sapevo quello cosa stavano passando internamente.

Non è come nei film, con il paradiso, tutta luce, si cammina sulle nuvole e si rivedono le persone morte. Io sono ancora qui, accanto ai miei cari. Non so se succede a tutti, non mi hanno consegnato un libretto d’istruzioni, quando sono morta. “Se ti trovi in paradiso, segui la striscia gialla per terra, se ti sei reincarnato cerca una persona con il dato segno caratteristico, lui ti potrà aiutare. Se invece sei rimasto sulla terra cerca la tale locanda, troverai chi ti potrà aiutare.”. Un attimo prima mescolavo l’impasto, poi l’attimo dopo mi sono ritrovata in piedi, a qualche passo di distanza da dove ero prima, ma con meno peso addosso, una sensazione strana nel petto e il mio corpo steso a terra.

All’inizio mi è preso il panico, poi non sono più riuscita a pensare a me, non con mia mamma che si agitava attorno al mio corpo privo di vita. “O Dio, che cosa ho combinato” era l’unica cosa che ero in grado di pensare. La corsa in ospedale è stato un misto di ripensamenti su quel che avrei potuto fare diversamente e la lista mentale su tutte le persone che avrei fatto soffrire che si allungava di minuto in minuto. Non sono voluta entrare con me in sala operatoria, preferivo rimanere con la mamma fuori, mentre avvertiva il papà e mio fratello. Quando il dottore è uscito era ancora da sola, e vederla accasciarsi sulla sedia mi ha strappato la prima parte del cuore immaginario nel mio petto.

Mentre lei fissava il muro senza versare una lacrima, io sono entrata nella modalità “off-line”. Non pensavo a nulla, non ero cosciente neppure del mio “corpo”. Una stranissima sensazione mi ha risvegliato, come se qualcosa mi tirasse, una stoffa legata al mio ombelico che mi strattona, un bisogno di assecondare quella spinta. Era proprio come tornare ad avere un cordone ombelicale. Fu la prima volta che sperimentai il “richiamo”. Mio padre stava arrivando di corsa, e il suo pensiero, la sua preoccupazione verso di me mi spingevano a raggiungerlo, a consolarlo, a proteggerlo dal dolore che lo avrebbe investito. A mia madre bastò uno sguardo per comunicargli la sentenza definitiva. Si abbracciarono e solo allora mia madre pianse. Aveva solo bisogno di qualcuno che la abbracciasse con dolore per farle rendere conto che era tutto vero. Il loro dolore mi investì come un pugno in faccia. Letteralmente. Dovetti indietreggiare, perché quello che mi fa male, ora, è il dolore altrui. E come se non fosse sufficiente, l’arrivo di mio fratello annunciò l’inizio del calvario. Neppure con lui ci vollero parole, gli bastò vedere i miei abbracciati. Lì per lì credetti che quella botta di dolore datami dai miei genitori era un caso isolato, visto che con Tai non avveniva. Insomma, non per vantarmene, ma sapevo che mio fratello mi voleva bene, però da lui non mi arrivava una singola stilla di sofferenza. Si voltò e fuggì dai nostri genitori,e quando aveva già svoltato l’angolo mi colpì. Quella volta però fu una sprangata sulla nuca. So che ormai non sono più materia di questo mondo, ma se vi dico che vacillai “fisicamente” mi capirete. In quell’istante capii che se mi fossi avvicinata a mio fratello, mi avrebbe assalito un dolore vicino all’insopportabile, ma lo seguii comunque. Non fu difficile trovarlo, bastava assecondare l’intensità del dolore. Lo trovai in giardino, seduto sul selciato e la testa fra le ginocchia. Piangeva senza ritegno, e le lacrime scendevano veloci sul viso. Provai ad avvicinarmi, stringendo i denti per il dolore diffuso che mi attanagliava tutto il corpo, ma quando gli fui accanto Tai si alzò e una forza invisibile mi sbalzò a terra. Con l’esperienza imparai che anche se sono incorporea, non posso attraversare le persone.

Mio fratello aveva avvertito il mio ragazzo che ero in ospedale, e il passaparola aveva fatto il resto. Fu dura rimanere in quel corridoio con tutte quelle persone che piangevano, non solo per il dolore fisico, ma più perché era insopportabile vederli, averli affianco e non poterli abbracciare, non poterli rassicurare che ero lì, accanto a loro. Lasciai le scene fino al giorno dopo.

In quel lasso di tempo ebbi tempo di pensare a cosa fare. La reazione iniziale era quella di starmene lontana per un po’, il tempo di lasciare calmare le acque, per gli altri e anche per me. Insomma, anche io ero in lutto, visto che avevo perso in un solo secondo tutte le persone che amavo. Poi però la notte mi portò consiglio, e mi invase la certezza che era giusto che soffrissi tanto quanto gli altri, infondo avevo l’eternità davanti per digerire l’accaduto. Ma soprattutto la mia inguaribile vena altruista mi portò a voler essere vicina alle persone che più avevo amato in vita. La mattina passai prima a casa mia, dove il papà era caduto in uno stato apatico, e la mamma lavorava alacremente per organizzare, chiamare e definire tutto per la mia ultima cerimonia. Non una singola nota di sofferenza vidi nei suoi gesti. Con rammarico andai da Tai, che si trovava seduto sul mio letto a fissare la camera. Gli occhi passavano da un oggetto all’altro come per capire quale fosse il loro uso. Provai ad accarezzargli una guancia, ma lui scosse la testa, come se una mosca fastidiosa gli ronzasse attorno alle orecchie. Mi aveva sentito, lo so, ma evidentemente il mio tocco era stato scambiato per un soffio di vento o un’allucinazione. Decisi di andare a vedere come stava la mia dolce metà, e lo dovetti cercare al parco. Camminava spedito, gli occhi nascosti dietro le lenti scure e due solchi sulle guance. Rammarico, debolezza, insicurezza e impotenza mi spintonarono indietro. Ben presto avrei imparato a convivere con i sentimenti altrui.

L’idea di partecipare al mio funerale non mi allettava particolarmente, ma avevo pensato che sentire il dolore altrui mi avrebbe aiutato a sopportare la mia nuova condizione. Non è così semplice accettare di punto in bianco di essere morti. Malgrado sapessi che sarebbe stato duro affrontare tanto dolore tutto insieme, partecipai alla messa a testa alta. Mio padre era ancora in stato comatoso-apatico e mia madre non si voleva decidere ad accettare la cosa. Se da parte di lui non sentivo il minimo sentimento, da parte di lei c’erano solamente compiti da svolgere e voci da spuntare su una lista immaginaria. Tk era il dolore più grosso da reggere. Avevo provato più volte ad entrare in contatto con qualcuno, con una carezza, un bacio o la mia sola vicinanza, ma nessuno sembrava sentirmi, nessuno mi percepiva. Anzi, spesso ricevevo reazioni alquanto brusche, rispedendo al mittente questi gesti d’affetto.

Improvvisamente un dubbio mi attanagliò quando venne il momento di depositare la bara: e se fosse finito tutto? E se la mia “esistenza” sulla terra fosse stata legata al mio non essere ancora sotto terra? Non ero pronta a lasciarli andare, come non ero pronta a morire. Volevo solamente un altro poco di tempo, giusto per potermi imprimere i loro visi per bene in mente, sentirli parlare un ultima volta. Poi un colpo secco, come di frusta, si scagliò talmente violento su di me che finì due metri indietro per il contraccolpo. Pensai che era arrivato il momento di andarmene, quando mi resi conto che invece era “solo”il dolore dei miei genitori. Una volta sentì questa frase “Un genitore non dovrebbe mai sopravvivere ai suoi figli”. Solo adesso i miei avevano accusato il colpo, solo allora capirono che stava finendo tutto. Quando mia madre vide la bara calare nella fossa tutto quello che aveva fatto per tenersi occupata (ordinare la bara, fare stampare le foto, scegliere il vestito da farmi indossare, sentire il prete per la chiesa) le era scivolato fra le dita, lasciando scoperta la ferita sotto, e il dolore le ha fatto ricordare per quale motivo era lì. Cercando un appiglio con il quale salvarsi, si era buttata su mio padre, che, al semplice tocco della donna che aveva sposato, ripresosi con uno scossone era riuscito ad esprimere tutto il suo male con un pianto disperato e molto poco professionale, ma che mi ricordò chi era la mia famiglia.

Io, ancora dolorante per questi due nuovi fardelli, decisi di prendermi un momento di pausa. Dovetti allontanarmi parecchio prima che tutto il dolore scemò. E ora cosa avrei fatto? Non credo che il mio compito sia quello di vegliare sui miei cari, perché vedo davvero poche “persone” come me. Se fosse vera la teoria dell’angelo custode ci sarebbero tantissimi spiriti, per cui devo fare qualcosa per andarmene. Ma voglio davvero andarmene? Però non posso neppure continuare a seguire tutti da lontano e non agire per paura di svanire. Il dolore passa, prima o poi, o per lo meno diminuisce, e io so che quando mi accorgerò che i miei amici non soffrono più come all’inizio ci rimarrò male. Si, è vero che il tempo cura un po’ le ferite e che non si può soffrire in eterno, però io ho quel pizzico di arroganza che vuole che le persone continuino a tenermi viva nei loro ricordi, nei loro gesti, nei loro pensieri. Certo, Tai, mamma e papà sono una cosa diversa, però prima o poi Tk si re innamorerà di qualche d’una, e anche se non mi rende felice questo pensiero, mi rendo conto che è necessario.

È per questo che sto cercando di capire quando sarà il momento di salutarlo. Stanotte non dorme, il mio Tk. È due ore che ha le sue pozze azzurre fisse sul soffitto,ma questa volta non riesco a capire cosa stia pensando. Voglio salutarlo. Mi chino sulla sua fronte, e l’immagine del nostro ultimo bacio mi coglie impreparata. Eravamo in camera sua, proprio su questo letto, e ci eravamo appena giurati amore eterno con l’illusione infantile degli innamorati. Era stato un bacio tenero,a  fior di labbra, con i nostri sorrisi che facevano da contorno. Ora mi sta guardando, o almeno è quello che sembra a me, ma in realtà sta guardando il soffitto dietro la mia nuca. Però a me sembra che i nostri occhi si siano incrociati, proprio mentre ricordavo le nostre coccole. Mi chino sulla sua fronte e appoggio le mie labbra su quella pelle tiepida, morbida, che ha il profumo dei miei sogni. Sento Tk irrigidirsi sotto di me, e capisco che questa volta mi ha sentito. Mi allontano per guardarlo e la sua mano sale a sfiorarsi proprio il punto dove qualche secondo fa c’erano le mie labbra. Un sorriso gli illumina il viso,e comprendiamo entrambi che sappiamo cosa è stato, e comprendiamo anche che questo bacio non lo scorderemo mai, e non racconteremo mai a nessuno che è avvenuto. E io capisco che è giunto il momento di andarmene, e seguo la forza che mi tira indietro, finalmente leggera.

 

Buon 2015 a tutti! Questa notte, dopo aver visto Colpa delle stelle, è nata questa…. Fan fic? Bho, chiamiamola così. Non so perché è venuta così; l’idea iniziale è nata per caso ieri o oggi, non ricordo, ma l’idea finale si è sviluppata ora! Non penso che sia vero quello che dice Hikari: gli angeli custodi esistono, me l’ha detto mia madre anni fa e io SO che è vero. Non sono credente ne professante, sebbene io sia battezzata e cresimata, ma gli angeli esistono, eccome! Ma queste sono le mie credenze, non voglio offendere nessuno, men che meno  aprire dibattiti sulla religione, sulla chiesa e sul credere-non credere. La scena finale mi tocca profondamente, non vi dirò mai perché, ne come, ne per chi, sappiate però che nella leggerezza con la quale ho cominciato a scrivere, c’è una parte di me molto importante, con la quale sono andata a chiudere il testo. Ok, ora bando alle tristezze post fine anno e veniamo alle recensioni: mi farebbe molto piacere sapere che ne pensate, non vi astenete dal criticarmi o elogiarmi ( :P ) e non fatevi prendere dalla pigrizia: non è così faticoso fare il log-in e battere le dita sulla tastiera. Non pretendo neppure che tutte le frasi siano di senso compiuto e di logica impeccabile. Fate finta che sia un esercizio dopo tutti cenoni: voi battete i tasti e il vostro corpo brucia calorie!! Ancora tanti auguri a tutti, e che quest’anno vi porti molta ispirazione per nuove fic, assieme alla felicità, alla salute, all’amore e ai soldi!

Mami

  
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