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Autore: mattmary15    01/01/2015    3 recensioni
Aeris chiuse gli occhi celesti e allargò le braccia prendendo un respiro. Lo sentiva. Non era più sola. Tra lei e l’ombra, preannunciato da un poderoso battito d’ali, comparve Bashenian.
Lei aprì gli occhi e sorrise, sinceramente estasiata dalla bellezza della creatura. Bashenian era la bestia sacra di Strifen, il suo regno. Il mito narrava che fosse nato dalla preghiera di Serian, il canto che diede vita al creato. Il grifone atterrò nel suo nido e chinò il capo verso di lei affinché potesse ricevere una carezza. Aeris non si capacitava mai della maestosità di quell’enorme animale magico. Le sue piume erano morbide e dotate del potere di alleviare il dolore. I suoi occhi avevano lo stesso colore del cielo, più chiari nelle giornate assolate e ingrigiti in quelli di pioggia. Il corpo possente metà aquila e metà leone, era interamente piumato. Con due colpi di coda plaudì alle carezze di Aeris e si accoccolò nel nido.
Genere: Avventura, Drammatico, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Capitolo I
-La fanciulla diventata principe-



Non un alito di vento.
Sulla cima di Vetta Azzurra, il nido era vuoto e tranquillo. Aeris se ne stava seduta con le ginocchia al petto circondate dalle esili braccia candide.
Gettava lo sguardo oltre i confini del suo reame cercando, nell’orizzonte, i simboli del potere delle altre casate.
A sud poteva solo immaginare le Isole Maras disposte come perle di una collana fatta di mare profondo e scuro, la cui maggiore ospitava il tempio marino di Yura, e la Lama Vermiglia, la torre della capitale di Faleria, il regno del Viceré.
Questi territori erano troppo lontani da lei perché potesse raggiungerli con lo sguardo. Inoltre, guardando a sud, la vista non poteva superare le alte montagne rocciose della Doreria. Sforzandosi, lungo il crinale, avrebbe potuto immaginare Torreterra, la fortezza un tempo inespugnabile dei cavalcatori di unicorni.
Aeris si alzò e fece un passo. Raggiunse il bordo del nido e, stavolta, una folata di vento caldo le scompigliò i lunghi capelli biondi. Guardò verso est. Lì c’era Molo Fosco, il porto abbandonato che un tempo aveva visto arrivare le navi della sua gente. Il grande oceano che lambiva quelle coste restava inesplorato da lunghi, lunghissimi anni. Molte generazioni di Alferion si erano estinte senza che nessuno bramasse tornare a navigare il grande oceano. Ora erano rimasti in pochi per desiderare ancora di partire, magari tornare nelle terre dalle quali erano, un tempo, giunti. Molo Fosco era stato abbandonato. Neanche gli abitanti di Cattedra, la città santuario delle sacerdotesse di Serian, i più vicini a quel luogo, lo visitavano mai a causa della nebbia fitta che sempre l’avvolgeva.
Anche Cattedra aveva la sua torre, tutta tempestata di ametista.  Ai piedi della città si allungava una grande e verde pianura che veniva tagliata dalla via dei pellegrini. Al centro della piana di Erbaverde stava il crocevia. Sulle cartine di tutta Aeria era segnata con un grande simbolo a forma di stella a quattro punte ma, nella realtà, in quel luogo non v’era nulla se non una pietra piena di muschio e rampicanti.
Nel crocevia si incontravano la via dei pellegrini, che partiva dai rifugi ad ovest di Vetta Azzurra e arrivava a Molo Fosco, e la via dei mercanti che da Porto Oro all’estremo sud raggiungeva Varcoghiaccio nell’estremo nord.
Aeris sapeva che, molti anni prima, sul Crocevia si erano incontrati due grandi re che avevano dato inizio al più grande periodo di pace e prosperità che Aeria avesse mai avuto. Forse sotto le foglie verdi delle edere, la pietra ancora riportava le parole che attestavano la tregua tra due leggendari popoli che si erano dati battaglia a perenne testimonianza di un’epoca ormai terminata.
Si voltò verso nord. Lì avevano abitato i Darine, gli uomini dalla pelle fredda e dagli occhi di ghiaccio. Lì avevano costruito, oltre Varcoghiaccio, la città di Tesla. Lì avevano elevato Puntargento, la torre più alta di tutta Aeria. Leggende narravano che sulla cima di Puntargento fosse stato incastonato lo Specchio di Serian, l’artefatto in cui la dea aveva sigillato lo spirito del suo fratello oscuro, Seiren.
Ogni cosa che i Darine avevano costruito, tuttavia, era andato perduta. A nord rimaneva solo la grande ombra. Così la chiamavano tutti. Una nuvola grande e oscura che turbinava sopra l’intera regione del nord, Zarandal. In alcuni periodi sembrava allargarsi e arrivare fino a lambire Varcoghiaggio, in altri ritrarsi intorno a Tesla. Era il male. Era il dolore. Un’intera nazione, un intero popolo scomparsi. Per sempre. Per non parlare degli yomi, spettri in cui si erano trasformati tutti gli esseri viventi di Zarandal, condannati a vagare per le terre di Aeria senza più un corpo, deformati nello spirito, ridotti ad ombre grigie in cerca di pace e, per questo, attratti dai vivi. Portatori del loro stesso male poiché chi da essi veniva toccato, subiva il medesimo loro destino.
Aeris chiuse gli occhi celesti e allargò le braccia prendendo un respiro. Lo sentiva. Non era più sola. Tra lei e l’ombra, preannunciato da un poderoso battito d’ali, comparve Bashenian.
Lei aprì gli occhi e sorrise, sinceramente estasiata dalla bellezza della creatura. Bashenian era la bestia sacra di Strifen, il suo regno. Il mito narrava che fosse nato dalla preghiera di Serian, il canto che diede vita al creato. Il grifone atterrò nel suo nido e chinò il capo verso di lei affinché potesse ricevere una carezza. Aeris non si capacitava mai della maestosità di quell’enorme animale magico. Le sue piume erano morbide e dotate del potere di alleviare il dolore. I suoi occhi avevano lo stesso colore del cielo, più chiari nelle giornate assolate e ingrigiti in quelli di pioggia. Il corpo possente metà aquila e metà leone, era interamente piumato. Con due colpi di coda plaudì alle carezze di Aeris e si accoccolò nel nido.
Era suo compagno dall’età di cinque anni, dalla prima volta che si era arrampicata fin lassù di nascosto. Il giorno della morte di suo padre. Era rimasta sola quel giorno. Incapace di piangere davanti alla corte, aveva cercato un luogo appartato dove dare sfogo alla sua disperazione. Anche quel giorno il nido era vuoto. Lei aveva cominciato a piangere così forte che la bestia era apparsa quasi subito. Aveva udito la sua voce nella testa. Il grifone l’aveva spinta sotto una delle sue ali e lei aveva smesso di piangere. Dopo quel giorno, tanto tempo era passato prima che lei potesse tornare al nido. La figlia di Kalendis Strifen non poteva fare ciò che voleva. La figlia dell’imperatore di Aeria non poteva essere libera. Dopo la morte di Kalendis, il governo dell’impero era passato nelle mani di Victor Valente, il viceré. Lo sarebbe stato fino al sedicesimo compleanno del principe imperiale, erede di Kalendis. Quello che tutti non sapevano però, era che non esisteva alcun principe imperiale, solo una principessa. Era cresciuta senza mai lasciare Strifen, affinché, insieme a lei, crescesse la menzogna che il principe imperiale fosse cagionevole di salute e che non poteva facilmente lasciare il palazzo. Nelle poche uscite pubbliche, vestiva abiti maschili.  Era stata addestrata all’uso della spada e della magia. Quest’ultima le veniva facile dato che gli Alferian erano dotati di innati poteri magici, prevalentemente curativi. Inoltre Aeris era in grado di leggere gli altrui pensieri, qualora lo desiderasse e, di tanto in tanto, vedeva nel futuro. Ormai non c’erano più creature dotate del medesimo potere. Gli Alferian, già poco numerosi, si erano uniti agli Aerian, il popolo più antico di Aeria e avevano mischiato così il loro sangue. Con i secoli, i tratti distintivi degli Alferian, erano andati, lentamente, svanendo. Rimanevano in pochi a vantare l’altezza, la pelle bianca, i capelli biondissimi e gli occhi azzurri, tipici di quella razza. A Strifen ce n’era ancora un numero considerevole ma, nel resto delle altre nazioni, la natura aveva fatto il proprio corso diluendo nel sangue misto quei tratti. Gli Aerian, la razza più comun in Aeria, erano invece più muscolosi ma meno alti e con capelli e occhi scuri. Il padre di Aeris amava dire spesso che ogni razza trae i propri colori e doni dalla terra. Aeris immaginava perciò quali potessero essere i colori della terra a est dalla quale provenivano gli Alferian.
Bashenian fissò i suoi occhi color zaffiro nei suoi e lei percepì i pensieri della bestia.
Un messaggero era giunto, dopo aver cavalcato per tutta la piana di Erbaverde, a Vetta Azzurra.
La fanciulla sorrise chiedendosi quali novità portasse e salutò, con un buffetto sul becco, la creatura. Discese velocemente il sentiero sterrato che, dal nido riportava al giardino pensile dove amava andare a leggere e si sistemò sulla coperta distesa sul verde giusto un istante prima che la porta a vetro desse segno d’aprirsi.
Due uomini vestiti in alta uniforme bianca e oro rimasero ai fianchi della porta e un terzo avanzò. Arrivò fin dove era seduta e fece un piccolo inchino.
“La presenza di vostra altezza è richiesta dal primo ministro. Con urgenza.”
Aeris sollevò lo sguardo dal libro e lo ripose alla propria destra. Si alzò e fronteggiò il cavaliere. Con tutto il rinforzo nei propri stivali, Aeris era più bassa di lui che continuava a guardare per terra.
“Grifis Alteron!” disse Aeris fingendo insoddisfazione “Quante volte devo ripeterti che desidero essere guardato in faccia quando mi parli?”
Le guardie alla porta videro il loro comandante giocare con l’elsa della propria spada e scivolarono lentamente fuori dalla serra. I suoi soldati conoscevano bene quel gesto. Indicava che il loro comandante stava perdendo la pazienza.
Rimasti soli, Aeris scoppiò a ridere. Quella risata cristallina per cui Grifis Alteron avrebbe dato la vita.
“Grifis, sei qui per rimproverarmi?”
“Sono qui per accompagnarti da Mastro Albered.”
“Allora perché sei arrabbiato?”
“Perché sei uscita senza scorta!”
“Non sono uscita senza scorta!”
“E’ pericoloso!”
“Non sono uscita senza scorta!”
“Senza scorta e senza armatura per giunta!”
“Io…”
“Hai gli stivali sporchi di terra!”
Solo allora Aeris si accorse che, fingere di aver passato tutto il pomeriggio a leggere, non poteva passare per vero se rientrava sporca e coperta di piume.
“Bhé la scorta l’avevo o Bashenian non è sufficiente secondo te?”
Solo allora il ragazzo si sciolse un po’. In effetti nessuno, nel reame, avrebbe potuto fare del male alla principessa se la bestia sacra era al suo fianco.
“E’ arrivato un messaggero?”
“Non ti avevo chiesto, di grazia, di non leggere i miei pensieri?”
“Non l’ho fatto Grifis! Me lo ha detto Bashenian.”
Grifis le sfilò una piuma dai capelli e le sorrise.
“Sì. Un messaggero da Cattedra. Albered sembrava preoccupato. Vogliamo andare?”
Aeris annuì e precedette il comandante della sua guardia d’onore.
Mentre percorrevano il lungo corridoio che conduceva alle sale private del primo ministro, dame di corte e ancelle mormoravano dietro a ventagli e grembiuli. Aeris era certa che tutte stessero commentando la bellezza di Grifis. Aveva cinque anni più di lei e benché fosse ancora molto giovane, aveva già preso parte a diverse importanti battaglie. Il padre di Grifis era un Alferion, sua madre un’ Aerian. Lui aveva ereditato tutti i tratti estetici del popolo del cielo ma non i loro poteri. Nessuno tuttavia poteva battere Grifis in combattimento. Aveva vinto per cinque anni consecutivi il grande torneo dei cavalieri di Strifen. Come suo padre prima di lui, che era morto nella battaglia di Zarandal per proteggere l’imperatore Kalendis, anche Grifis era pronto a morire per Aeris. Lo aveva promesso all’imperatore nel letto di morte che avrebbe protetto, a costo della vita, sua figlia. Quando la ragione di stato aveva trasformato la principessa in un maschio, ne era diventato la guardia del corpo. Aeris gli era affezionato oltre ogni dire. Una volta, durante una parata, un adepto di Norren, uno stregone dedito alla magia nera e desideroso di vedere estinti gli Alferian, aveva attentato alla vita di Aeris. La freccia avvelenata diretta al cuore del principe imperiale era finita nella schiena di Grifis. Quella volta Aeris aveva scoperto il suo potere di curare le ferite. Grifis non avrebbe permesso la morte di Aeris ma Aeris non avrebbe permesso quella di Grifis.
Mentre camminavano fianco a fianco, le loro movenze identiche, sembravano due gemelli, uno un po’ più piccolo dell’altro.
Grifis bussò alla porta di Albered e fece entrare Aeris. Insieme al vecchio primo ministro, nella stanza c’era Marine Alteron, sorella di Grifis. Se quest’ultimo aveva ereditato l’aspetto degli Alferion, Marine, fisicamente identica alla madre, aveva ereditato alcuni poteri del padre. Grifis spesso se ne doleva. Avrebbe scambiato volentieri i suoi bellissimi capelli biondi con il potere di Marine di vedere il futuro. Che splendido generale sarebbe stato in battaglia con quella dote!
Marine se la rideva e diceva che era più utile ad una donna un potere così perché il mondo era un luogo pericoloso. Quando il principe imperiale aveva raggiunto l’età per prendere moglie, per evitare che il segreto di Aeris fosse messo a rischio da decine di nobildonne desiderose di diventare imperatrici, si era deciso che Marine sarebbe diventata la futura sposa di Aeris. Il matrimonio non aveva ancora avuto luogo e le due ragazze giocavano spesso su questa tragica e ridicola situazione in cui erano. Aeris adorava Marine perché era sempre allegra e di compagnia. Diceva schiettamente ogni cosa che pensava. In cuor suo sapeva che a Marine veniva richiesto un gran sacrificio. Lei doveva per forza reggere quel gioco per evitare che l’impero si frantumasse in mille piccoli pezzi, Marine invece avrebbe rinunciato ad una vita vera per cosa?
Albered gli aveva spiegato che molti, molti anni prima, il governo di Aeria era stato affidato ai Due Troni: il signore di Strifen e quello di Zarandal prendevano insieme le decisioni importanti. Poi però, l’ultimo signore di Tesla, Zarian Darine, aveva tradito e attaccato Cattedra. Kalendis Strifen aveva ricevuto il supporto della somma sacerdotessa di Serian e, con una potente arma magica, lo aveva sconfitto. La grande ombra, evocata da Zarian, era stata sigillata a nord e la pace era tornata su Aeria.
Kalendis però era morto prematuramente e, durante la reggenza del Viceré, molte battaglie intestine al regno erano scoppiate. Faleria contro Doreria, Maras contro Daras, Drasil contro Cattedra. Solo una cosa faceva dell’impero ancora una realtà, l’esistenza di Aeris Strifen, il principe ereditario. Senza ciò le nazioni si sarebbero rivoltate l’una contro l’altra e la grande ombra ne avrebbe tratto vantaggio.
Aeris raggiunse la poltrona che un tempo era stata di suo padre e si sedette. Era talmente grande che i suoi piedi non toccavano terra. Marine le si avvicinò e le diede un bacio sulla guancia sedendosi per terra al suo fianco.
“Che è successo Albered, Grifis mi ha riferito che sei preoccupato. E’ per il messaggero che è arrivato qui stamattina?”
Albered era il tipo d’uomo cui non sapresti attribuire un’età. Era alto e canuto ma ben ritto sulle sue gambe. I suoi occhi erano appesantiti da profonde rughe eppure due occhi scintillanti saettavano sotto le pesanti ciglia. La voce usciva piano dalle sue labbra ma con un tono chiaro e deciso.
“Non so ancora di quale genere, ma si tratta di guai, altezza.”
 A quelle parole Grifis, che era rimasto poggiato alla porta con le braccia incrociate e gli occhi chiusi, avanzò fino alla poltrona.
“Da dove veniva il messaggero?” chiese piano.
“Da Cattedra. Porta il sigillo di Lady Asaline in persona.”
Albered usò il tono di voce più grave che conosceva. Diffidava di quella donna. La prima volta che ne aveva incrociato lo sguardo, aveva sentito uno strano gelo percorrergli la schiena. A quel tempo, lei era bellissima con i suoi capelli ramati e lo sguardo color smeraldo ed erano entrambi molto giovani. Quel tenue fuoco che aveva bruciato per un attimo il suo cuore, si era trasformato in una gelida lama non appena lei gli aveva riservato un malevolo sorriso. Da semplice ancella di Serian e poi strega del fuoco nella guerra contro Zarandal era diventata la prediletta di Lady Zhanna precedente somma sacerdotessa della dea e poi nominata sua erede. Lady Asaline di Cattedra.
“Perché sei preoccupato?” chiese Aeris con tono conciliante. 
“Lady Asaline ha acceso la fiamma nella torre di ametista. Ha convocato il supremo consiglio.”
Dei presenti nella stanza solo Grifis comprese la gravità di quelle parole e s’incupì.
“Che significa?” chiese Marine prendendo una delle mani di Aeris.
“Significa che Aeris dovrà andare a Cattedra. Il supremo consiglio può essere aperto solo dall’imperatore.”
Disse Albered alzandosi.
“Questo non è possibile!” intervenne Grifis “Aeris non può andare a Cattedra. Lì sarebbe complicato proteggerlo dagli sguardi dei curiosi e dai malintenzionati. Rispondi alla somma sacerdotessa che un viaggio simile nuocerebbe troppo alla salute del principe imperiale.”
“Questa volta non sarà possibile Grifis.” Gli rispose Albered raggiungendo uno scaffale e prendendo un libro dal dorso di pelle consumato. Raggiunse lo scrittoio e sciolse il nodo di velluto rosso che lo chiudeva. Prese una pergamena tra le prime e lesse. “E’ dovere del portatore dello scettro aprire il grande consiglio. Il grande consiglio può essere convocato solo dal portatore dello scettro o dalla somma sacerdotessa. La convocazione deve attenere a fatti gravi che rappresentino un pericolo imminente per l’intera nazione. Se il portatore dello scettro non è nelle condizioni di presenziare, data la necessità di assumere decisioni repentine ed attuare immediato intervento, la somma sacerdotessa può dichiarare decaduto il portatore dello scettro e consegnare lo stesso ad un degno successore.”
Aeris s’incupì e si alzò raggiungendo lo scrittoio.
“Vuol dire che se non vado a Cattedra può togliermi il titolo e nominare un nuovo imperatore?”
Albered annuì. Aeris si voltò verso Grifis e Marine e parlò decisa.
“Andrò. Sono pronta. Mio padre mi ha lasciato il compito di tenere unito il regno. Per qualche ragione credeva che io fossi in grado di sconfiggere, un giorno, la grande ombra. Non lo deluderò.”
Grifis le fu addosso con gli occhi furenti.
“Non sarà una cosa facile. Ti rendi conto che se scoprono che sei una donna, sarai rinchiusa per alto tradimento? Forse sarebbe meglio valutare anche l’idea di lasciare i due troni a qualcun altro.”
“Non dimenticare, Grifis, che una volta fuori gioco Aeris, chi potrebbe impedire ad Asaline di inviare qui la Mano delle Nazioni?”
“Che vengano!” Urlò Grifis “Daremo loro la lezione che non hanno mai ricevuto dagli yomi!”
“Grifis!” La voce era quella di sua sorella “La Mano delle Nazioni conta un esercito cento volte più grande del nostro ed è guidato da un comandante invincibile. Seifer Wiltord è più giovane di te e non ha mai perso una battaglia! Non si sfida un esercito così!”
Aeris, a quelle parole, mise una mano sulla spalla di Grifis.
“Ascoltami. Se ci sarete voi al mio fianco, non può succedermi nulla. Sono certa che ce la faremo. Aprirò il consiglio, sentiremo cosa ha da dire Lady Asaline e valuteremo insieme le mosse successive. Non è vero Albered?” chiese Aeris con sincero ottimismo.
Albered le sorrise di rimando e rispose.
“Sono certo che, se preparati a dovere, andrà tutto bene. Ho ragione di credere che Asaline abbia mandato i suoi messaggeri anche presso le dimore degli altri difensori di Aeria.”
“Difensori di Aeria?” chiese Marine.
Albered annuì e raccontò.
“Quando scoppiò la guerra tra Zarandal e il resto di Aeria, la somma sacerdotessa Zhanna convocò tutti i signori del reame. Alla sua chiamata risposero Kalendis Strifen, Victor Valente, Lion Maras e Horus Hornet.
Zhanna scelse Kalendis come portatore dello scettro di Serian. La battaglia tra lui e Zarian fu feroce. Perdemmo molti uomini coraggiosi. Alla fine, l’incantesimo che aveva avvolto l’Ala di nuvola, la spada donata a Kalendis, riuscì a sconfiggere Zarian e a sigillare il suo potere. Quando la battaglia ebbe fine, quel potere fu spartito fra i difensori di Aeria sotto forma di sfere di energia. La rossa del fuoco fu consegnata a Victor Valente insieme al titolo di Viceré; quella gialla del tuono fu affidata ai signori degli Unicorni cui fu donata la contea della Doreria; quella bianca dell’aria fu assegnata a Lion Maras e quella azzurra dell’acqua, che un tempo era appartenuta ai Darine, fu affidata alle sacerdotesse di Cattedra. L’ala di nuvola rimase a Kalendis. Sono certo che Asaline voglia radunare i portatori di quel potere. Il problema sarà capire perché. Non temete però. Ho anche io le mie fonti. Il consiglio non si terrà prima della festa della Prima Luce. Abbiamo ancora tempo!”
Aeris sorrise a Grifis per tranquillizzarlo. Marine le si avvicinò e le prese le mani.
“Sentito? Abbiamo tempo per scegliere vestiti e acconciature!”
Aeris le strizzò un occhio e Grifis guardò verso l’alto.
“Marine!” disse “Non è un gioco! Per i mille veli di Serian!”
Le ragazze risero allegramente e Albered guardò fuori dalla finestra. Non poteva sapere che, lontano ad est, la stessa cosa faceva Asaline meditando le sue prossime mosse.

  
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