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Autore: Non ti scordar di me    01/01/2015    2 recensioni
| Larry!| OS| Spero vi piaccia|
Perché in quel gioco, uno si sarebbe scottato. Scottato gravemente. E scottato uno, automaticamente veniva scottato anche l’altro.
Ferito Harry, ferito Louis. Ferito Louis, ferito Harry. Era così e non potevano fare altrimenti.
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«Larry Stylinson è fottutamente reale. Lo è ancora. Perché io riesco ancora a percepire l’aura di Louis qui con me.» Ad ogni parola il dolore nella voce aumentava, ad ogni parola diventava sempre più difficile continuare.
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«Ti amo, Harry. Ricordalo.» Sussurrò Louis tirando su col naso e prendendo grandi boccate di aria per calmarsi.
«Secondo te perché sono, ancora, qui? Perché il tuo amore mi mantiene vivo.»
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Un’immersione totale nella loro storia d’amore.
Passato, presente, futuro. Vogliamo scoprire come due ragazzi possano dimostrarsi più forti di tutti? Più forti di tutto?
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Se lasciate un’opinione, mi fareste felicissima ^^
Non ti scordar di me.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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A/N: Okay, sono super emozionata perché è la prima Larry che scrivo, o meglio prima Larry che scrivo e decido di pubblicare. Non c’è un motivo preciso per cui non ne ho mai pubblicata una, forse perché non mi convincevano un granché.
Sta di fatto che ho scritto questa OS – molto lunga, spero che la leggiate ugualmente – e credo che possa essere pubblicata qui.
Ora basta! Ci sentiamo giù!
 
 
 
Esistono circa sette miliardi di persone a questo mondo. Ed era strano pensare a come queste persone possano essere tanto diverse quanto simili tra di loro. Era strano pensare che a questo mondo esistessero quelle persone a cui strapparti un sorriso non era un problema. Così com’era ancora più strano pensare a come le persone si sceglievano tra di loro.
In tutte queste persone era strano pensare che qualcuno potesse incontrare la propria metà. Era strano chiedersi costantemente avrò fatto la scelta giusta?
Nessuno di questi sette miliardi sapeva se fin’ora aveva fatto o no la scelta giusta. Nessuno sapeva dove le scelte che avevano fatto, li avrebbe portati. Nessuno sapeva cosa poteva scaturire una scelta sbagliata, perché nessuno sapeva effettivamente la via che la propria vita avrebbe intrapreso.
Nessuno sapeva niente, meno che due ragazzi.
Due ragazzi che sapevano di star sbagliando. Due persone che – all’apparenza – potevano sembrare importanti, due persone che potevano sembrare forti. Il punto non era quanto forte o quanto bello, potevi apparire. Perché loro apparivano e basta. Non erano delle vere persone, erano diventati solo dei burattini.
Delle pedine che servivano solamente per fare soldi. Dei semplici manichini che obbedivano a degli ordini. Ricoperti da una maschera che non era la loro, avevano capito come le loro vite fossero diventate del tutto improponibili.
Avevano capito tutto e a differenza degli altri sette miliardi di persone avevano appresso che per loro non ci sarebbe stato più niente.
Niente cene romantiche al lume di candele.
Niente baci al chiaro di luna.
Nessuna serata alla discoteca per dimenticare.
Nessun primo appuntamento.
Nessun primo passo.
Loro erano uno schizzo in un foglio bianco, un solo abbozzo. Qualcosa di non programmato, una piccola stizza da eliminare. Una piccola macchia da coprire in un grande disegno.
Erano qualcosa da rimediare. Così li avevano definiti.
Erano destinati a nascondersi. Erano destinati a mettere fine a qualcosa che non era neanche incominciato. Erano destinati a lasciarsi, destinati a lasciarsi manovrare.
Perché loro non erano più sé stessi con nessuno, non riuscivano più ad essere sé stessi. Non riuscivano neanche a chiude occhio la notte perché gli incubi li assalivano, non riuscivano neanche a combattere il buio perché non volevano combattere separati, non riuscivano più a fare niente perché uno non c’era senza l’altro.
Ed era qui che il confine sottile che li differenziava dalle altre persone. Perchè il loro non era quell’amore che tutti vivevano, il loro amore non scemava…Non poteva cambiare, non mutava perché non era il solito amore. Loro erano una sola anima.
Loro non erano più Harry Styles e Louis Tomlison. No. Lo erano un tempo, un tempo erano il piccolo Hazza e il grande Peter Pan.
Col tempo sono diventati solo degli anonimi burattini,
ma ora quei burattini volevano raccontare la propria storia…
 
 
 
   [X-Factor UK 2010]
 
Era una normale giornata per tante persone, ma non per quei ragazzi. Non era una comune giornata, era in quella giornata che la vita di tanti ragazzi poteva cambiare.
Harry Styles era solo un sedicenne con tanti sogni che da dietro le quinte osservava preoccupato quello che a breve sarebbe successo.
Non poteva credere di stare lì, con la sua famiglia che lo sosteneva. Non credeva che da Holmes Chapel – nel Cheshire – ora fosse lì, ad X-Factor. Ancora non credeva, infatti, che a breve lo avrebbero chiamato e che si sarebbe dovuto esibire davanti a tutti, davanti a quei giudici che tanto temeva.
Lui, nella sua piccola Holmes Chapel, era solo il piccolo Styles. Il bambino dai capelli ricci, dalle grande fossette e dagli occhi verde bottiglia che lavorava in un’anonima panetteria il sabato.
E fin’ora gli andava bene. Non gli era mai importato di diventare qualcuno, però si era reso conto che dopo X-Factor non sarebbe più rimasto l’anonimo panettiere di Holmes Chapel. Qualcuno si sarebbe accorto della sua esistenza, qualcuno avrebbe associato al suo nome un viso. E questo lo spaventava tremendamente.
«Tesoro pensa ad altro.» Gli consigliò la madre che lo guardava con una punta di orgoglio negli occhi. Harry non aveva la più pallida idea di come sua madre fosse orgogliosa di lui in quel momento. Era così soddisfatta del suo bambino che non riusciva neanche ad elaborare una frase che non sia sta crescendo velocemente.
In tutti i casi, Harry seguì il consiglio della madre. Provò a concentrarsi su altro. Su tutt’altro.
Il suo primo pensiero fu sua sorella, Gemma.
Chissà quale sarà il colore dei suoi capelli tra una settimana! Si chiese. Scartò diverse ipotesi, ma alla fine non servì a nulla. Pensare a come sua sorella maggiore si stesse rovinando i capelli tingendoli ogni volta di un colore diverso non lo aiutava affatto.
E se vincessi? Chi lavorerà al posto mio il Sabato alla panetteria? Gli prese subito quel dubbio. Non credeva che lo rimpiazzassero così velocemente. Insomma, non era così disastrato in cucina! Affatto. Si divertiva a cucinare – anche se lì si trattava solo di infornare del semplice pane – e più volte aveva cucinato qualcosa per la sorella che si era mostrata del tutto impedita ai fornelli.
Niente da fare. Non lo aiutava neanche pensare a cosa sarebbe successo dopo X-factor. Allora fu attanagliato da un dubbio cosa succederà dopo X-factor? Si chiese il giovane.
Scacciò anche quello strano pensiero e iniziò a ripensare alla sua giornata.
Era simile a tutte le altre se non fosse stato per un piccolo particolare, un piccolo incontro scontro. Sorrise a quel ricordo e inconsapevolmente si calmò pensando a cos’era successo poco tempo prima.
 
L’ansia si faceva sentire. Non riusciva a rimanere calmo. Inaspettatamente non riusciva a rimanere troppo tempo sotto gli occhi puntati dei suoi genitori che lo scrutavano attentamente e appena potevano lo rassicuravano, senza sapere che questo loro modo di fare non facevano altro che aumentare l’ansia.
L’unica cosa da fare fu una: darsela a gambe.
Così senza pensarci due volte si era rifugiato nei bagni della trasmissione con un malloppo in gola e con lo stomaco attorcigliato. Quello che aveva mangiato quella mattina peggiorò solamente la situazione.
Il colorito del ragazzo scemò lentamente e Harry poggiò una mano al muro – per sorreggersi – e con l’altra massaggiava lo stomaco.
Aveva la tentazione di rigettare tutto quanto, ma non era quella l’idea migliore. Doveva solo calmarsi e non farsi prendere dall’ansia.
Il sedicenne si guardò attorno e si rese conto che quelle quattro mura che lo circondavano erano davvero troppo piccole, così si guardò attorno. Tutto stava girando e l’ossigeno sembrava venir meno.
Frettolosamente si chiuse alle spalle quella porta e si sciacquò il volto sospirando. Con gli occhi ancora semichiusi si avviò verso la porta.
Non fece neanche in tempo ad abbassare la maniglia, perché qualcuno lo anticipò. Con grande forze la porta si aprì e Harold quasi perse l’equilibrio per il brutto colpo ricevuto.
Si massaggiò le tempie col pollice e l’indice e si appoggiò alla porta di una bagno chiuso sbattendo ritmicamente gli occhi.
«Oops.» Disse una voce lieve e piuttosto imbarazzata. Harry seduto per terra alzò leggermente la testa e aprì un occhio – che aveva tenuto chiuso qualche istante – e rimase interdetto per pochi minuti. Non era possibile. Sbatté ancora le palpebre e si rese conto che quel ragazzo era davvero davanti a lui.
Lo squadrò silenzioso. Un jeans che gli fasciava le gambe, una camicia celeste infilata dentro il pantalone leggermente sbottonata gli conferivano un’aria affidabile. Harry notò, anche, la cravatta nera al collo e il cardigan grigio che indossava.
Tralasciò quei dettagli e si concentrò sul suo volto. I capelli lisci gli ricadevano un po’ davanti al volto coprendolo, ma gli occhi spiccavano su tutto.
Occhi azzurri limpidi e cristallini che emettevano gran luce e positività. Harry si ritrovò così senza parole.
«Ciao…» Disse abbassando il capo piuttosto imbarazzato. Il ragazzo che gli aveva sbattuto una porta in faccia, invece, lo osservò pochi istanti.
Notò subito che era più piccolo di lui, come notò le sue guance e i suoi capelli scompigliati. Erano ricci, un piccolo cespuglio. Ora era solo curioso di vedere i suoi occhi che stava tenendo socchiusi.
«Va meglio?» Gli chiese gentile porgendogli una mano che Harold valutò prima di accettare. L’afferrò incerto e si tirò su.
Finalmente alzò il capo e incontrò gli occhi di quel ricciolino. Verde bottiglia.
 
When blue eyes met green eyes…
 
Così rimasero fermi e immobili per pochi istanti. Entrambi persi negli occhi dell’altro che sembravano quasi calamite. Quegli occhi si attraevano a vicenda, era strano e…per certi versi, molto inquietate.
I due si accorsero solo dopo pochi istanti che si stavano ancora squadrando e che si tenevano ancora per mano. Louis subito sciolse quella presa e sorrise a disagio.
«Grazie…» Farfugliò Harry con un tenue sorriso ad illuminargli il volto. Fu così che Louis si ritrovò a pensare a quanto belle fossero le fossette che quel ragazzo aveva.
I due non dissero altro, il più piccolo si fece coraggio e lo oltrepassò.
«Buona fortuna per le audizioni!» Gli augurò quello sconosciuto dagli occhi blu prima che lui oltrepassasse del tutto la porta. Fu così che Harold si girò, incontrò di nuovo quegli occhi e prese coraggio.
«Buona fortuna anche a te.» Disse cortese allontanandosi di là con le guance in fiamme.
 
Harry si ritrovò così con le guance nuovamente rosse e con un sorriso spontaneo in volto. Sua madre interruppe il flusso dei suoi pensieri.
«Oddio, Hazza, tocca a te!» Sussurrò al suo orecchio lasciandogli un bacio sulla guancia. Il ragazzo prese un sospiro e chiuse gli occhi.
Sii fiducioso. Pensò dandosi forza e salendo quei pochi gradini che dividevano il backstage dal vero e proprio palco. I tre giudici erano già alle loro postazioni con un espressione tra lo stupito e il divertito.
«Come ti chiami?» La voce di Simon Cowell gli arrivò dritta nelle orecchie forte e chiara.
«Harry Styles.» Rispose prontamente lui anche se con voce sottile, probabilmente se non avesse avuto il supporto del microfono nessuno l’avrebbe sentito.
«Parlaci un po’ di te. Anni, cosa fai, cosa studi…» Lo incoraggiò lui. Era curioso di sapere perché un ragazzino così piccolo – perché non gli dava più di quindici anni – era lì in quello studio.
«Ho sedici anni. Vivo a Holmes Chapel, nel Cheshire.» Si presentò un po’ a disagio. «Lavoro in una panetteria…» A quelle parole dal pubblicò si levò un leggero brusio e qualche applauso che diedero a Harry un po’ più di coraggio.
«Non studi?»
«Sì, la-lavoro al panificio solo il sabato.»
«Cosa ci canti?» Andò subito al punto l’unica donna presente nella giuria con un grande sorriso.
«Isn’t she lovely.» Rispose.
E pensare che all’inizio aveva paura. Grande paura. Paura che le parole non escano, paura di fare scena muta, paura di rimanere immobile e con l’imbarazzo alle stelle.
Incredibilmente la voce uscì, senza intoppi e senza insicurezze. Però per Harry non era questo il problema, no, il problema era un altro. Perché lui stava cantando, stava cantando a cappella e senza timore…ma non perché avesse coraggio, non perché si sentiva forte…No, semplicemente aveva capito che pensare a un paio di occhi azzurro cielo lo aiutava e la tensione svaniva.
E quando sentì quei due sì contro un solo no non potè che tirare un sospiro di sollievo e pensare: Grazie, grazie qualunque sia il tuo nome.
E per la seconda volta in una giornata le labbra di Harry Styles si piegarono in un sorriso spontaneo.
 
 
 
[Bootcamp, 23 Luglio 2010]
 
Aveva le mani che sudavano freddo. E il colletto della camicia gli sembrava troppo accollato. I capelli che teneva nella stessa piega da anni, ora lo stavano innervosendo. Tutto quel mormorare lo stava facendo innervosire, tutte quelle persone accanto a lui non facevano altro che aumentare la sua tensione.
Si guardava attorno e finalmente notava come tutti su quel palco erano sicuri di sé stessi, come tutti si muovevano senza timore, come tutti sembravano sicuri di poter vincere.
E lui lì stonava. Stonava tremendamente. Perché lui aveva una paura matta di fallire, di essere schiacciato come una mosca, di essere deriso crudelmente.
Lui, Louis Tomlison, in quel momento voleva essere in un altro luogo. E per lui andava bene qualsiasi luogo, purchè non fosse il bootcamp di X-Factor.
Ancora non credeva di aver superato le audizioni, era solo uno studente che aveva deciso di tentare questo gioco. Di provare e di lasciarsi tentare. L’aveva definito come una sfida, assicurando a sé stesso e ai suoi parenti che il suo obbiettivo non era veramente vincere ma solo provarci.
E Louis sapeva di aver mentito e di aver detto una grande stronzata. Perché ci teneva, non sapeva perché ma voleva vincere X-Factor. Sentiva di aver del potenziale, sapeva di poter fare oltre i suoi limiti…anzi lui voleva testarli e distruggerli quei limiti che odiava.
Perché lui era sempre stato uno spirito libero.
Si guardò attorno e si concentrò su tutti quelli che erano stati ammessi con lui. Molti erano bravi, come quei due ragazzi che ora davanti a lui stavano improvvisando una coreografia hip hop.
Io non ce la farei mai a fare una cosa del genere. Pensò con un sorrisetto divertito. Il suo sguardo poi si soffermò su delle ragazze dai capelli colorati e dal trucco eccentrico, molto eccentrico.
Indossavano abiti striminziti e sgranò gli occhi quando notò una ragazza in particolare: capelli biondo platino tirati su in un’alta coda, neanche un capello fuoriposto; occhi contornati da due grosse strisce di matita nera che metteva in risalto gli occhi celeste chiaro simili ai suoi; le labbra ricoperte da un rossetto rosso acceso.
Una tipa che vuole dare nell’occhio non soltanto per il trucco, pensò dopo aver visto l’abbigliamento costituito da una canotta attillata, gonna corta con sotto degli scaldamuscoli viola che nell’insieme c’entravano molto poco.
Nonostante su di lei si stessero posando tanti sguardi – ognuno era carico di malizia – a lui non fece alcun effetto. Non gli piaceva. Non gli piaceva come quei capelli fossero di quel colore innaturale, come detestava quel trucco che si sarebbe sciolto non appena avesse iniziato a sudare e quell’abbigliamento – che provocava in un certo senso i ragazzi – non lo toccava affatto. Non aveva il desiderio di conoscerla, non si sentiva eccitato. No, gli comunicava solo una personalità scialba e influenzata dalle ultime tendenze.
Dietro di lei si nascondeva un piccolo ragazzino che era seduto su sé stesso, si stringeva da solo con le braccia coprendosi la faccia ad eccezione degli occhi.
Il ragazzino dell’Oops-Ciao. Pensò Louis sorridendo apertamente. L’aveva memorizzato così. Non sapeva il suo nome e l’unico ricordo che avesse di lui era solo quello scontro in cui si erano scambiati sì e no due parole, solo quell’Oops – detto da Louis – e quel ciao – detto da Harry – piuttosto imbarazzato.
Stranamente Louis trovò più interessante squadrare quel ragazzino che fissare quella ragazza succinta in piccoli abitit.
I pantaloni erano molto larghi color verdognolo, sopra aveva un semplice cardigan e delle normali scarpe. Era semplice e spontaneo, più vero rispetto a quelle ragazze davanti a lui. Lo squadrava attentamente e notò che i suoi capelli erano coperti da un capello grigio, molto simile a quello che indossava lui ora.
L’aveva subito riconosciuto, non avrebbe mai scordato quegli occhi color verde foglia brillante.
Louis si riscosse dai suoi pensieri solamente quando era arrivato il momento della resa dei conti. Non aveva la più pallida idea di cosa sarebbe successo, forse l’avrebbero ammesso alla seconda prova o il suo cammino ad X-factor si sarebbe concluso così.
Tutti quanti erano rigidi in una fila con i giudici di fronte a loro.
Louis non aveva idea. Non aveva idea di quanto tempo stesse passando, non faceva caso ai nomi che veniva pronunciati e agli urli dei possibili vincitori.
Lui si limitava a battere le mani e a metter su un semplice sorriso tirato. Nient’altro. Sorrideva apertamente, ma la sua attenzione era concentrata su altro.
I suoi occhi erano poco più lontano da lui. Quel ragazzino si stava torturando le mani con espressione corrucciata, quasi senza speranza.
Mancavano pochi nomi, veramente pochi e per Louis non ci sarebbe stata più speranza. Però in fondo ci contava. Nel suo cuore sperava che quell’ultimo nome fosse lui, poi capì che no, non era lui, non poteva essere lui.
Così finisce il mio cammino a X-factor. Pensò tristemente, seguendo gli altri ragazzi scartati verso il backstage. Louis cercò di non farsi prendere dalla tristezza ma gli occhi gli pizzicavano dietro i suoi occhiali neri e il cuore batteva forte.
Era deluso, tremendamente deluso. Ovvio non quanto quel ragazzo dagli occhi scuri e dalla pelle chiara – se non errava si chiamava Liam –, probabilmente X-factor era la sua unica possibilità di sfondare nel mondo della musica.
Più in là, notò invece che il misterioso ragazzo dagli occhi verdi si era tolto il capello e cercava di trattenere le lacrime che erano più che evidenti. Sorrise nel vederlo così insicuro e per mezzo secondo pensò di avvicinarsi per conoscerlo, per dirgli ciao, per presentarsi semplicemente.
I suoi piedi sembrarono muoversi in automatico verso di lui, ma la voce di uno dei tanti responsabili del Bootcamp catturarono l’attenzione di tutti, compresa quella di Louis e di Harry.
«I giudici, per quest’anno, hanno deciso di dare una seconda opportunità – se così vogliamo chiamarla – a nove partecipanti, cinque ragazzi e quattro ragazze.» Gli occhi di Louis si alzarono immediatamente a quelle parole e riportò tutta la sua attenzione sul signore che stava parlando con loro.
Dopo aver chiamato le quattro ragazze – di cui una era quella tipa eccentrica e dai capelli platino – passò ai ragazzi.
«Zayn Malik.» Fu il primo nome. Era un ragazzo dai capelli scuri corti e dalla carnagione olivastra. Louis aveva sentito che le sue origini erano pakistane da parte o di madre o di padre. Gli occhi del ragazzo si illuminarono al suo nome, era piacevolmente sorpreso.
Zayn non aspettava di sentire il suo nome, non dopo il piccolo inconveniente che aveva causato.
«Liam Payne.» Era il secondo nome. Louis fu contento per lui, riconoscendolo come il ragazzo dagli occhi scuri e dalla pelle chiara che era visibilmente dispiaciuto per non essere stato preso alle selezioni come cantante singolo.
Inaspettatamente il terzo nome fu quello che sconvolse maggiormente Louis: «Harry Styles.» Il ragazzino fu preso da un momento di gioia e si coprì il volto con le mani imbarazzato.
Harry Styles, mhm, finalmente so il suo nome. Pensò Louis, osservandolo di sottecchi. Adorabile. Solo quell’aggettivo gli veniva per quel ragazzo. Era adorabile in qualsiasi cosa facesse, sia per come si muoveva insicuro sia per i modi di fare timidi.
«Niall Horan.» Uhm, era il ragazzo che era accanto a Louis che si stava mangiucchiando le mani per il nervosismo – proprio come lui –. I suoi occhi azzurri si spalancarono e improvvisando un mezzo ballo si unì agli altri tre che si guardavano eccitati e felici, felici come non mai.
Stranamente e per la gioia non solo sua, ma anche di un altro ragazzo lì presente in sale il quinto nome era: «Louis Tomlison.» Sbatté più volte le palpebre. Non era possibile, l’avevano chiamato. Quello era il suo nome e lui stava avendo una seconda possibilità.
Salirono sul palco, dove l’ansia era palpabile. I ragazzi si strinsero tra di loro e si sorridevano cercando di calmarsi.
Il suo nome è Louis. Pensò Harry, guardandolo di nascosto. Tra loro c’erano Niall – quel ragazzo irlandese sorridente come non mai – e Zayn – quello che tra i cinque era il più impassibile –.
«Ciao.» Li salutò la giudice con un grande sorriso, affiancata da Simon Cowell. «Grazie per essere ritornati qui su questo palco. Vedo dalle vostre facce come tutto questo non sia facile, ognuno di voi è bravo e ha talento.» E a questo punto Louis si chiese perché nessuno di loro nove sia stato scelto come un possibile candidato per X-factor.
«Penso che sia una grande idea formare due gruppi.» A questo punto fu interrotta da Simon Cowell che si schiarì la voce.
«Potete continuare la vostra sfida a X-factor!» Continuò. E fu lì che Louis perse un battito. Non poteva essere vero.
Ognuno di loro ebbe una reazione differente a quella mega notizia.
C’era chi, come Liam, non faceva altro che sorridere. Niall invece che iniziò a saltare contento per tutto il palco. Zayn che era rimasto fermo e si era portato le mani tra i capelli – anche lui non conteneva la gioia di quel momento –. Louis che non potè trattenersi dal saltare come il biondo, per poi soffermarsi pochi istanti su Harry.
Harry era caduto sulle ginocchia e sul suo volto alleggiava un enorme sorriso sfoderando le magnifiche fossette che aveva.
Così, dal nulla, come nasceva una risata. Così come la quiete veniva interrotta da mormorii. Così come un raggio di sole nel buio. Così, spontaneamente, si abbracciarono.
E Louis ed Harry si ritrovarono l’uno a pochi centimetri dall’altro. E sì, proprio in quel momento, entrambi capirono che quella possibilità non andava sprecata.
Quel giorno, quel 23 Luglio 2010, quei cinque ragazzi non erano più solo cinque ragazzi.
Erano diventati un’insieme.
Quel giorno si formarono gli One Direction.
 
 
 
[Up All Night Tour, 2011]
 
 
«Oh mio Dio, abbiamo finito un altro concerto!» Commentò su di giri Harry, come suo solito. Gli altri quattro componenti delle band non erano sorpresi. Il ragazzo non riusciva ancora a crederci. Non poteva credere di essere in tour con quei ragazzi che ormai erano diventati un po’ la sua famiglia.
«Hazza, lo ripeti ogni volta che concludiamo un concerto!» Disse Zayn che si era completamente stravaccato nella camera di quell’albergo.
«E lo ripeterò fino alla fine! E’ incredibile!» Dei cinque era uno dei più espansivi. L’esatto contrario del pakistano. Lui era quello più riservato e forse per questo modo di fare spesso era etichettato come quello più scorbutico tra loro, ma non era così. Zayn doveva solo aprirsi.
«Non ci credo che stiamo finendo l’Up All Night Tour!» Tuonò contento l’irlandese che non si era ancora seduto. «Cosa volete fare, ora?» Continuò guardando l’orologio.
L’unica cosa che non riuscivano a fare dopo un concerto era una: dormire. Sentivano l’adrenalina al massimo ed era impossibile chiudere occhi, sentivi ancora le urla delle fan e avvertivi come sottofondo le canzoni che avevi intonato prima.
Tutto potevano fare, ma non potevano riposare.
«Io credo di andare a mangiare!» Avvertì loro Niall che già stava sognando le prelibatezze del ristorante di quell’albergo.
«Zaynie ti va una partita a biliardino?» Gli chiese Liam. Zayn si aggiustò il ciuffo e lanciò un’occhiataccia all’amico.
«Non chiamarmi Zaynie.» Disse per la milionesima volta avviandosi fuori seguiti a ruota da Liam. «Non venite?» Si rivolse finalmente a Louis e Harry che scossero la testa disinteressati.
Ormai non ci facevano più caso ai loro strani modi di fare. Zayn sorrise enigmaticamente e si chiuse la porta alle spalle – non prima di ammiccare ai due con aria divertita –.
«Credo che questo sia stato uno dei concerti più belli.» Commentò Harry che si stava sfilando la giacca. Louis annuì solamente, non staccandogli gli occhi da dosso.
Da lì la conversazione s’interruppe. Hazza non replicò più una parola e Louis si stava concentrando su qualcos’altro che non sia il corpo di quel ragazzo poco distante da lui.
Il riccio si tolse, anche, la maglietta e la gettò sul letto con un movimento secco.
Iniziò a frugare tra le poche cose che aveva portato alla ricerca di una maglietta qualsiasi, ma si fermò non appena notò come Louis lo stava guardando.
«Cosa c’è?» Chiese Harry sistemandosi i capelli ricci con un espressione mezza divertita sul volto. Louis sorrise enigmaticamente e si alzò dalla poltrona – su cui era seduto –.
«Ti osservo.» Rispose Louis con una semplice alzata di spalle. «Non posso, piccolo?» Gli chiese poco dopo inclinando la testa di lato mettendo su un finto broncio.
«Non chiamarmi piccolo. Lo sai, non lo sopporto…» Gli ricordò Harry. Louis sapeva cosa gli stesse passando per la mente, pensava che lo considerava piccolo, ancora un ragazzino.
Non hai idea di cosa ti farei ora. Si ritrovò a pensare Louis che osservava Harry senza maglietta. Non credeva di stare a pochi passi da quell’adorabile stronzetto che lo stava provocando e non poter fare niente. Non potersi avvicinare per sfiorargli le labbra. Loro due non avevano alcun divieto, erano liberi. Ma sia l’uno che l’altro non avevano, ancora, messo in chiaro la loro situazione.
Nessuno sapeva di loro.
Louis continuò, comunque, imperterrito a guardare Harry. Ora stava cercando qualcosa nel suo zaino, era leggermente piegato e il suo sguardo si soffermò pochi istanti sul suo fondoschiena.
Notò come alcune ciocche ricce gli ricadevano avanti agli occhi. Tracciò mentalmente la forma dei suoi pettorali e immaginò di poter toccare quelle labbra piene prima con le dita e poi con le sue di labbra.
«La smetti?» Sbottò stizzito. Quel ragazzo lo stava provocando. Lo stava provocando con quel sorriso innocente, con quelle guance paffute e le sue fossette, con i suoi occhi verde foglia che risaltavano sulla pelle chiara e incontaminata.
«Di fare cosa?» Gli chiese Harry alzando le spalle e grattandosi la nuca. Cosa stava facendo?
«Di provocarmi.» Rispose Louis avvicinandosi a lui che iniziò lentamente ad indietreggiare finendo bloccato tra il corpo di Lou e l’armadio.
«Altrimenti cosa succede, Lou?» Fece il riccio con uno sguardo illuminato di piena malizia.
«Sarò costretto a fare questo.» Sussurrò Louis con voce assurdamente roca, prima di prendere il volto di Harry tra le mani e far combaciare le labbra con le sue.
 
I won’t let these little things
slip out of my mouth but if it’s true it’s you…
 
Doveva essere un bacio a stampo, ma una volta che le labbra di Louis sfiorarono quelle di Harry nessuno dei due riuscì più a connettere il cervello con la bocca. Perché nessuno dei due aveva la forza di separarsi, nessuno dei due riusciva ad allontanarsi dall’altro. Riuscivano solo ad attrarsi, come due calamite, come due cariche positive e negative.
Il riccio spostò le mani sul collo di Louis, approfondendo il bacio. Gli mancava il suo sapore, perché era particolare. Sapeva di menta fresca.
Louis, invece, sapeva che non era un bene provocarsi a vicenda perché alla fine finivano sempre allo stesso modo. Da qualche presa in giro finivano sempre su un letto a baciarsi, non si era ancora abituato.
Il sapore di Harry, anche, se ormai lo aveva memorizzato non lo stancava mai. Come potevi mai stancarti di una persona come lui? Così adorabile? Così dolce? Così piccolo?
«Dovrei provocarti più spesso, allora.» Sussurrò Harry a un centimetro di distanza da lui. Peccato che Louis ora era concentrato ancora sulle labbra del più piccolo.
Quando realizzò ciò che aveva detto Harry; scoppiò a ridere, gli prese la mano e lo portò sul letto. Il riccio si era accoccolato sul petto di Louis che non faceva altro che toccargli delicatamente i capelli.
Erano quei piccoli momenti che entrambi non avrebbero mai scordato. Non avrebbero scordato il loro primo bacio, il loro incontro, niente avrebbero dimenticato.
La tensione si allentò pian piano ed Harry si lasciò coccolare da Lou che lo osservava silenziosamente.
«Non devi provocarmi…» Gli sussurrò piano all’orecchio. Il più piccolo aggrottò le sopraciglia e lo invitò a continuare. «Non serve provocarmi per avere un bacio.» Chiarì.
«Baciami, allora.» Lo colse di sorpresa con quell’affermazione. «Hai detto che non serve provocarti.» Continuò, sistemandosi meglio nell’incavo della spalla di Louis.
«Come vuoi, amore.» E lo baciò. Lo baciò con lentezza, con meno passione, con più calma e con delicatezza. Lo baciò come se potesse rompersi tra un istante, come se quello che stessero facendo era sbagliato, come se quel segreto tale dovesse rimanere.
«Mi spiace…mi spiace di non avere il coraggio di…» Harry lo zittì con un’occhiataccia. Aveva già sentito quelle parole.
«Quando vorrai fare il coming out, me lo dirai.» E lo baciò nuovamente.
 
 
 
[2 Ottobre 2011]
 
Perché erano stati convocati dai management della Modest? Cos’era successo di così importante? Perché farli accorrere a questa essenziale – definita da loro – riunione?
I cinque membri, dell’ormai più che celebre band One Direction, non sapevano darsi una risposta. Di una cosa però erano più che certi. Era qualcosa di grosso. Di molto grosso.
La Modest era rigida su queste cose, se aveva organizzato questa riunione, c’era eccome un motivo. Il punto era che nessuno aveva idea di cosa potesse trattarsi.
Nessuno di loro fin’ora aveva trasgredito – almeno apertamente – le regole che gli erano state imposte.
Quello più sospettoso tra i cinque era, senza ombra di dubbio, Liam. Non riusciva a capire perché li avessero convocati, come non capiva perché in quel periodo Harry e Louis erano sempre più schivi e sulle difensive. Non capiva neanche perché Zayn non voleva appoggiarlo alla sua idea. Voleva solamente chiedere ai suoi amici cosa stava succedendo loro, ma il pakistano si era imposto con un severo e rigido lasciali perdere, è meglio.
E Liam sapeva bene che – probabilmente – se persino Zayn gli aveva consigliato di lasciar perdere, qualcosa stava succedendo. Qualcosa di cui lui e Niall – per qualche strano motivo – non erano stati avvertiti.
Tutti i cinque ragazzi erano di fronte la porta che li divideva da quella famosa riunione.
Deglutirono e si lanciarono un sorriso rassicurante.
Non è successo niente. Calmati. Nessuno sa niente. Si ripeteva Louis nella mente che stava iniziando a preoccuparsi.
Niall aprì la porta e notò che all’interno vi erano un paio di manager che li fissavano con espressione impassibile.
«Accomodatevi, pure.» Disse uno di loro, relegato in un completo scuro e sul volto un cipiglio. I ragazzi in silenzio si sedettero.
Louis fece per sedersi vicino a Harry, ma una voce ferma lo interrupe: «Siediti qui, di fronte a Styles.».
Fu così che i primi dubbi si formarono. Lui non disse niente, indurì i lineamenti e si sedette dove gli era stato indicato rigidamente.
«Come mai siamo qui?» Zayn, come sempre, andò dritto al punto. Quei tipi non gli piacevano affatto, non riusciva a capacitarsi di come Liam ne cantasse le lodi. Per il pakistano, quei manager erano solo dei subdoli manipolatori che voleva fare soldi sul loro sogno.
«Zayn, sii più…più gentile.» Lo riprese quest’ultimo con un sorriso nervoso in volto. Lui roteò gli occhi e si stravaccò meglio sulla sedia.
«Ci sono diversi rumors nell’aria, sapete?» Fece divertito uno di loro. Niall, fin’ora, si era stato zitto. Si limitava ad osservare i suoi amici.
Zayn tra tutti era quello che detestava di più la Modest, senza un vero motivo. Liam era l’esatto opposto. E poi c’erano Louis ed Harry, stranamente anche loro – che erano quelli più calmi durante queste riunioni – stavano sudando freddo, si notava solamente dalle occhiate che i due si mandavano.
«Non ne ho idea.» Disse sulla difensiva Zayn che era quello più schietto tra i cinque.
«Louis, tu ne sai qualcosa?» Chiese. «E tu, Harry?» Continuò. I due si lanciarono uno sguardo consapevole. Aveva capito. E sapevano che probabilmente quel giorno sarebbe prima o poi arrivato, ma non pensavano che fosse arrivato così presto.
Anche se da un lato Harry era felice, felice di poter fare quello che voleva fare. Di prendere Lou per mano, di poterlo baciare e di non doversi più nascondere per…per cosa esattamente? Dovevano semplicemente valutare come e quando fare il loro coming out, di cui Lou era tremendamente spaventato.
«Ragazzine che credono nel Larry Stylinson. Ne avete mai sentito parlare?» Louis ed Harry sgranarono gli occhi e provarono a trattenere una risata.
Certo che ne ho sentito parlare. Pensò Louis con un sorrisetto sul volto. Molte directioner sostenevano la loro coppia, ogni giorno ricevevano messaggi su messaggi e più volte avevano visto fan art create dalle fan su di loro.
E ogni volta non potevano far altro che sentirsi più sicuri, più accettati. Le loro fan gli facevano sapere che potevano contare sul loro appoggio.
«Certo che ne abbiamo sentito parlare.» Disse a muso duro Louis incrociando le braccia al petto con aria infastidita. «E’ con questo?» Sbottò. Anche lui non sopportava più tutto questo mistero.
«Con questo vogliamo dirvi che queste voci devono stroncarsi sul nascere.» Commentò l’unico che fin’ora non aveva ancora parlato.
Liam osservò attentamente la reazione dei suoi amici. Harry era sbiancato visibilmente e i grandi occhi verdi erano spalancati, mentre Louis li aveva assottigliati.
«Ci prendete per il culo, vero?» Chiese Hazza, sbattendo una mano sul tavolino. «Cosa intendete con devono stroncarsi sul nascere?» Continuò con voce ferma.
E fu, in quel momento, che Liam capì cosa quei due gli stessero nascondendo. Capì il perché dei non disturbiamoli di Zayn, capì gli avvertimenti del tipo bussa sempre prima di entrare…Capì che quelle voci – quelle voci che anche lui aveva sentito – erano vere.
«I fan non devono pensare che voi due stiate insieme. Farebbe calare l’interesse che hanno per voi. Se il sessanta per cento delle fan vuole il coming out, perdiamo la parte restante.» Spiegò uno di loro.
«Nessuno qui ha detto che questo Larry Stylinson sia reale.» Commentò a bruciapelo Zayn che tra tutti era quello più infastidito. Avrebbe dovuto capire fin dall’inizio il perché di quella riunione. 
In tutti i casi ora aveva la conferma di quello che pensava: la Modest Management voleva solo arricchirsi e probabilmente questo rumors faceva calare l’interesse di una parte delle directioner.
«Oh, dobbiamo chiedervelo? Sentiamo, Harry, cosa ne pensi di questa ipotetica coppia?» Chiese uno di loro con sguardo tagliente.
Quel tono intimidirono leggermente il ragazzo che guardò negli occhi Louis, aspettando un suo segno…Aspettando un aiuto. Qualcosa che lo aiutasse perché non aveva la più pallida idea di cosa dire in quel momento.
«Volete smetterla?» Tuonò Louis, alzandosi dalla sedia producendo un rumore fastidioso. «Smettetela con questi convenevoli del cazzo! Perché sapete che tutto questo – indicò sé stesso ed Harry – è vero.» Continuò con voce arrabbiata.
Calò così un silenzio per certi tratti inquietanti e per certi tratti sofferto.
«Ora che abbiamo la vostra conferma, troncate tutto.» Quelle due parole. Quel troncate tutto risuonò nella testa di Harry così forte da fargli male, mentre Louis provava solo odio. Odio spropositato verso quegli stronzi.
«Sedete lontani. Evitate contatti visivi. Diminuite le effusioni in pubblico.» Seguirono solo tanti, troppi ordini uno più irrealizzabile dell’altro.
Non crolleremo per quattro stronzate messe insieme. Pensò Louis sicuro di sé. Non avrebbe rinunciato ad Harry per queste assurde regole.
«Possono almeno parlarsi?» Commentò acido Zayn che in quel momento voleva solamente stringere in un abbraccio quei due ragazzi che avevano lo sguardo distrutto.
«Liam, Niall dite qualcosa.» Grugnì, guardando nella direzione dei due amici.
«Non mi sembra affatto giusto. Perché non dovrebbero stare insieme?» Fece l’irlandese, dando senza ombra di dubbio ragione a Zayn. Liam, invece, era chiuso nel silenzio.
«E’ una questione di marketing, niente di personale.» Commentò piatto uno dei manager. Niente di personale? La cosa peggiore, ora, non era quella di doversi lasciare…No, la cosa terrificante era vedere come queste persone non avessero un briciolo di umanità o di compassione per due ragazzi.
«Mi fate schifo.» Sputò Louis velenoso, mentre Harry era fermo sulla sedia a pensare a cosa stesse succedendo e a quanto velocemente il suo peggior incubo si stesse avverando.
«Louis!» Lo ammonì Liam con un’occhiataccia.
«Hai, anche, il coraggio di dire Louis? Li stanno boicottando e tu li stai appoggiando?» Commentò freddo Zayn, alzandosi da sedere e scrutando Liam attentamente.
Il ragazzo chiuse gli occhi e cercò di trovare delle parole adatte. Parole che non arrivarono mai. Perché non esistevano delle parole adatte per questo momento. Esistevano solamente tante bestemmie rivolte alla Modest, tanti baci mai dati e desiderati, tanti ricordi che dovevano rimanere tali.
«Vi spiegheremo tutto.» Quello sì che suonò inquietante.
Always in my heart Harry Styles. Pensò Louis, mentre i ricordi della serata precedente gli inondavano la mente e il cuore.
Fu così che per sviare i sospetti di una possibile relazione tra i due, nacque una nuova coppia: gli Elounor.
 
 
 
[Where We Are Tour, 27 Aprile 2014 Perù]
 
Era strano pensare a come le situazioni si potessero rigirare in pochi istanti. Era strano pensare a come erano già passati più di due anni da quell’orribile situazione.
Ormai Louis non poteva credere che era bloccato in quel mondo completamente finto che lo circondava. Non credeva di essere incastrato in quella realtà tanto finta quanto disgustosa. Non riusciva a capire come fosse possibile che erano già passati due anni da quando erano stati divisi.
Due anni da quando non passava più il Natale con Harry al caldo sotto le coperte.
Due anni da quando non poteva più abbracciare Harry in pubblico.
Due anni da quando era costretto a farsi manovrare come un burattino.
Due anni da quando era costretto ad esibire la sua tanto bella quanto finta fidanzata Eleanor Calder.
Pensavano che i rumors sarebbero diminuiti con la comparsa di quell’attrice? Oh, ridicoli. Veramente ridicoli. Louis ancora rideva.
Ormai alcune directioner erano più che convinte che Larry Stylinson fosse reale e anche se lui non poteva assecondarle lasciava sempre degli indizi che facessero capir loro che le loro intuizioni non erano sbagliate.
Anzi, erano più che giuste.
«Lou, stai bene?» Gli chiese Zayn. Erano in Perù per il WWA ed entrambi stavano aspettando il pullmino che li avrebbe scortati verso l’albergo. Erano lì – in quello squallido parcheggio – già da una decina di minuti.
«Magnificamente, Zay.» Commentò lasciando uscire dalla bocca un po’ di fumo per poi ridere falsamente. Il pakistano sapeva che i suoi amici non stavano affatto bene. Lou in particolare stava affrontando questa situazione in un modo tutto suo.
Harry nascondeva bene la sua tristezza, perché Harry era il più piccolo del gruppo. Quello che agli occhi delle fan doveva dare l’impressione di essere più spensierato.
Louis, invece, non ce la faceva. Sentiva solo tanta stanchezza. E non c’era niente che aiutava…O forse sì. C’era qualcosa che lo faceva stare meglio, ma Zayn sapeva che quella non era la soluzione.
Sentirsi in pace con sé stessi per pochi istanti per poi ritornare a stare una merda il giorno dopo, non era una soluzione. E lui aveva provato a dissuadere il suo amico, ma ogni volta non riusciva a non intenerirsi a quelle parole che ripeteva sempre come una cantilena.
Voglio solo immaginare che sia un brutto sogno. Ho almeno il diritto di sognare? Si ricordava di come quelle parole gliele avesse urlate incazzato e di come la sua rabbia si trasformò presto in lacrime mai versate.
«Mi hanno detto che dobbiamo aspettare ancora venti minuti.» Gli comunicò Zayn sedendosi accanto. Louis spense la sigaretta che aveva in mano e si girò verso l’amico.
«Rollami uno spinello, Zayn.» Biascicò Louis con gli occhi semichiusi. Il pakistano non disse niente, sapeva che concedergli anche quello era troppo per lui. Ma quegli occhi azzurri perennemente tristi e opachi ebbero la meglio come sempre.
Per questo, Zayn si definiva un debole.
Lui non era quello forte del gruppo. Ancora non capiva come tutti lo additassero come quello misterioso e forte della band. Lui non era misterioso. Affatto. Era un tipo riservato, questo tutti lo sapevano…Però sostituire l’aggettivo riservato con misterioso faceva crescere più rumors.
Tantomeno era quello forte. Una persona forte avrebbe aiutato il suo amico, cercando di portarlo sulla strada giusta, provando a tirargli su il morale…Non lo aiuterebbe a scavarsi la fossa da solo, come stava facendo Zayn.
«Louis non credo sia una buona idea.» Provò ad imporsi. Ma Louis non voleva saperne. Si appese al braccio dell’amico e posò la testa sulla sua spalla.
Ben presto la canotta che indossava fu bagnata dalle sue lacrime.
«Per-perché Zayn? Per-perché non po-posso essere felice?» Singhiozzava stringendo le mani in due pugni. E così cedette come sempre. Dallo zaino il pakistano prese uno spinello già rollato e glielo porse.
Perché si stava comportando ancora da debole? Perché voleva che il suo amico per pochi istanti si sentisse in pace. E quella scusa lo aiutava con i sensi di colpa in fondo e a lui andava bene così.
Louis afferrò silenzioso quello spinello e lo accese portandoselo alla bocca. Fece uscire del fumo dalla bocca e si girò verso Zay.
Forse se era, ancora, in piedi era merito suo. Così si ripeteva. Si chiedeva cosa avrebbe fatto se non si fosse preoccupato di lui.
Di quella questione, ormai, lo sapevano solamente loro e il minimo numero di persone necessario. Nessuno ne voleva parlare e Louis non ne faceva parola con nessuno.
Cercava di non dare niente per scontato, ma i suoi amici vedevano che stava lentamente cadendo a pezzi così come anche Harry si stava sgretolando.
Il punto non era fermare quell’autodistruzione. No. Perché tutti sapevano che quel progetto ora era troppo in alto per essere chiuso su due piedi. Non si poteva più chiudere e quell’autodistruzione era stata avviata. Ora dovevano stare attenti ad altro: non a come fermarla, ma a come concluderla.
Perché in quel gioco, uno si sarebbe scottato. Scottato gravemente. E scottato uno, automaticamente veniva scottato anche l’altro.
Ferito Harry, ferito Louis. Ferito Louis, ferito Harry. Era così e non potevano fare altrimenti.
«Sei innamorato, Lou. Credo sia questo il prezzo da pagare.» Commentò Zayn. Lui alzò le spalle e fece un altro tiro. Ora stava meglio.
Si sentiva meglio. L’ansia era scesa, intorno a sé era tutto calmo, lui era libero.
Libero come lo era ai tempi di X-factor. 
 
Who’s gonna be the first to say goodbye?
Who’s gonna be the first one to compromise?
Who’s gonna be the first one to set it all on fire?
 
Louis si era posto molte volte una domanda. Anzi, più domande.
Spesso aveva definito quella situazione come un castello di carte. Qualcosa di delicato e complicato. Qualcosa che sarebbe potuto cadere con un semplice soffio.
E allora la domanda gli sorse spontanea: chi tra noi farà per primo cadere questo castello di menzogne? Forse lui, stanco di tutto. Ma in fondo sapeva che non l’avrebbe mai fatto. Non l’avrebbe mai fatto perché non voleva mostrarsi debole. Non voleva mostrarsi sottomesso e influenzato a tal punto da quel ragazzo.
Non voleva mostrarsi completamente perso per gli occhi di Harold Edward Styles. Non voleva mostrarsi completamente dipendente per la bocca di Harold Edward Styles. Non voleva mostrarsi completamente andato per lui e basta.
Così come non voleva darla vinta alla Modest. Non l’avrebbero spinto all’esaurimento. Anche se lo stavano distruggendo, non l’avrebbe mai ammesso.
Louis Tomlison preferiva essere distrutto in silenzio che essere al centro dei riflettori.
 
 
 
[Where We Are Tour, 13 Luglio 2014 Portogallo]
 
Harry era steso a terra nel suo camerino e fissava il vuoto. In quel momento quella era la cosa più interessante che avesse mai visto.
Sentiva la testa pesante e il respiro corto. Non ce la faceva più. Poco più lontano di lui c’era quella rivista. Quella maledetta rivista che lo aveva fatto crollare. Perché anche se non parlava spagnolo, aveva capito perfettamente il senso di quell’articolo…E per quanto lui sapesse che tutto quello che c’era scritto lì erano solo un mucchio di stronzate, a lui faceva male lo stello.
C’era una crepa sul soffitto. Proprio al centro. Era evidente. Rappresentava un po’ la crepa che sentiva all’altezza del suo cuore.
La differenza però tra la crepa presente su quel muro e quella presente sul suo cuore era grande. Quella sua muro poteva essere riparata con del semplice cartongesso, per quella sul suo cuore c’era bisogno di un po’ più di lavoro.
«Harry, sei…Dio, cosa ti è successo?» La voce preoccupata del suo Lou gli arrivo dritto nelle orecchie come un pugno in faccia. Teneva gli occhi socchiuso però già immaginava gli occhi azzurri cielo del ragazzo spaventati, i capelli spettinati e un cipiglio sul volto.
«Sto bene…» Commentò Harry portandosi una mano in fronte, come per nascondersi. Ma nascondersi da cosa? Da qualcuno? Lì non c’erano paparazzi. Non avevano nessuno da cui nascondersi, però ormai gli veniva facile. Per loro era semplice ignorarsi e far finta che non esistessero. Era diventato semplice ignorare l’altro.
 
That's how it is, that's how it goes 
Far from the others, close to each other 
That's when we uncover.


«Bene? Mi prendi in giro?» La sua voce poco più lieve della mia. Pensò Harry sorridendo come se si stesse immaginando tutto.
«Amore, parlami.» Lo pregò prendendo la sua grande mano e intrecciandola docilmente.
Louis si rese conto che mai – e poi mai – aveva avuto tanta paura come in quel momento. Vedere Harry, il suo piccolo, steso a terra inerme con espressione distrutta lo aveva dilaniato completamente.
Era come se qualcuno si fosse divertito a fare a pugni col suo cuore. Quella scena era terrificante ai suoi occhi.
«Lou, non è niente…» Sospirò ancora. Non insistette più di tanto. Dovevano provare, ma ora non era quella la sua priorità. Ora doveva stare lì, perché il suo posto in quel momento era accanto all’uomo che amava.
Si sedette a terra e poggiò la testa del ragazzo sulle sue gambe. Iniziò ad accarezzargli lentamente i ricci e vide la sua espressione ammorbidirsi lentamente.
Harry, invece, si stava godendo quel momento. Uno dei pochi in quel tour. Tutto quello che facevano davanti ai riflettori o ai fan non era altro che sorridere e stare il più lontano possibile.
Ma questo non aiutava, non aiutava né Louis né Harry né l’intera band.
Poteva vietargli tutto, poteva dirgli di non parlare in pubblico, di non abbracciarsi, di non mostrarsi insieme da soli…ma il sentimento non scemava. Rimaneva quello.
Ed entrambi erano troppo deboli per ribellarsi. Deboli nei confronti degli altri tre componenti della band. Rivelare tutto equivaleva a mettere fine alla carriera dei One Direction. E né Louis né Harry avevano il coraggio necessario per stroncare i sogni di Niall, Zayn e Liam che erano diventati i loro fratelli.
«Stai meglio, ora?» Gli chiese poco dopo, continuando ad accarezzargli i capelli. Finalmente Harry aprì gli occhi e rimase come sempre senza fiato. Quegli occhi blu oceano lo incantavano sempre, erano passati quattro anni…ma l’adrenalina la sentiva sempre, sentiva sempre quella scintilla di eccitazione con lui, sentiva tutto come la prima volta.
«Mi sento uno straccio.» Commentò docilmente, abbandonandosi completamente alle carezze di Louis che sospirò pesantemente. Si guardò intorno e il suo occhio cadde poco più lontano dalla mano di Harry.
Una rivista. La prese e capì perché era in quelle condizioni.
«Non dovresti leggere queste merde, amore. Lo sai?» Gli chiese accartocciandola e buttandola il più lontano possibile da loro.
«Lo so. Ma l’ho vista e…e io non ce la faccio più.» Commentò con voce spezzata portandosi le mani sugli occhi e iniziando a singhiozzare lentamente. Lou strinse a sé il ragazzo e cercò di non cedere alla tentazione di piangere con lui.
«Devi farcela.» Gli sussurrò il più grande, anche se nella sua voce c’era un pizzico d’incertezza. Harry alzò le iridi verdi e lo scrutò attentamente.
«No. Non posso. Tu non puoi capire. Non riesco più a dormire la notte pensando a te con lei. Non posso immaginare la tua mano stretta ad un’altra che non sia la mia. Non riesco a stare solo in casa, mentre tu sei obbligato a stare con lei. Non ce la posso fare.» Crollò scoppiando a piangere.
E Louis capì che il castello di sogni finti era caduto. Perché uno si doveva far male e quel qualcuno era Harry.
Harry che sopportava costantemente i rumors tra lui ed Eleanor.
Harry che la notte rimaneva sveglio sperando in un ritorno di Lou.
Harry che si sentiva morire ogni volta che vedeva una loro foto.
Harry che sopportava quella finzione come se fosse qualcosa da tutti i giorni, era crollato.
Persino lui non riusciva più a sostenere tutte quelle bugie.
«Ti amo, Harry. Ricordalo.» Sussurrò Louis tirando su col naso e prendendo grandi boccate di aria per calmarsi.
«Secondo te perché sono, ancora, qui? Perché il tuo amore mi mantiene vivo.» Forse quelle erano le parole migliori che Harry potesse dire. Il sorriso di Louis si espanse e fece solo una cosa: lo baciò.
Perché dopo una frase del genere, cos’altro potevi dire? Niente avrebbe retto il confronto.
Così gli accarezzò la guancia rosea, tracciò il suo profilo: partì dall’attaccatura dei capelli ricci, disegnò leggermente la forma degli occhi, passò dopo al bel naso e poi si concentrò sulle labbra.
Harry si lasciò sfuggire un fremito d’eccitazione, anche se Lou fece finta di non sentirlo. Dopo aver tracciato il contorno delle sue labbra, passò il pollice sul labbro superiore più sottile.
Era piccolo e sottile, a differenza del labbro inferiore poco più carnoso. Louis non aveva idea di quanto tempo fosse passato. Sapeva solamente che quello era il suo posto.
Continuò a passare il pollice sulle sue labbra, lisce al tatto e per un momento si chiese se avessero cambiato sapore. Da quanto tempo non aveva le labbra di Harry sulle sue?
Aveva un ricordo sfocato di pochi giorni fa, ma gli sembravano passati anni. Per la loro situazione, anche, pochi giorni sembravano anni.
Sorpassò le labbra e finì di tracciare il suo profilo. Lui non se n’era reso conto ma era completamente chinato con la testa sul volto di Harold che lo guardava incantato e incapace di chiamarlo e ridestarlo.
Nel camerino c’era silenzio, si avvertivano solo i respiri dei due giovani che non avevano intenzione di interrompere quel che avevano iniziato.
Lou sfregò le sue labbra ruvide su quel morbide di Harry. Quest’ultimo sussultò. Era solo un semplice sfioramento di labbra, allora perché il suo cuore batteva all’impazzata e le mani iniziavano a sudare?
Il batticuore non accennò a calmarsi e Louis non aveva intenzione di cambiare posizione.
Lentamente il più grande fece combaciare completamente le sue labbra con quel di Harold. Inizialmente neanche lui capì cosa Lou stesse facendo.
Era un semplice bacio a stampo, simile al fruscio delle foglie. Un innocuo bacio a stampo che valeva più di ogni parola che potevano dirsi.
Un bacio innocente e dolce. Qualcosa di incontaminato. Qualcosa non, ancora, macchiato da quel segreto opprimente.
«Ti amo.» Sospirò Harry, inarcando leggermente la schiena. «Troppo…» Lou, allora, fece scontrare nuovamente le loro labbra. Era un bacio diverso da quello a stampo. Era più peccaminoso, più urgente e passionale.
Qualcosa di cui avevi bisogno. Perché quel bacio urlava il loro amore costretto a essere rinchiuso in una bolla. Era il loro segreto e lo custodivano gelosamente.
Le mani di Louis circondavano le spalle del riccio che si era messo a sedere tra le sue gambe. La sua testa era poggiata nell’incavo del collo del più grande e anche se – a prima vista – poteva sembrare una posizione scomoda, per loro non c’era di meglio.
Presi da quel sentimento sconvolgente, non avevano notato le lacrime incontrollate che scendevano dalle guance di entrambi.
Né Harry né Louis volle fermarle. Quelle lacrime erano lacrime di dolore. Lacrime di dolore celato per troppo tempo, dolore represso, dolore che spaventava i due…Quel bacio urgente divenne, infine, un bacio dolce. Un bacio consolatorio, un bacio romantico.
Uno dei pochi che i due si erano scambiati.
E se prima il sapore ricordava la vaniglia e la mente, ora no. La menta era scomparsa, così come la vaniglia. Di quel bacio era rimasto solo il sapore di lacrime.
 
 
 
[29 Giugno 2018, Londra in mondovisione]
 
Quell’enorme stadio non era mai sembrato agli occhi di quei ragazzi così vuoto, eppure all’interno vi erano tante directioners. Tante directioners in lacrime. Tante directioners col cuore infranto. Tante ragazze che non riuscivano più a sorridere.
Era l’inizio di quel concerto, ma non era come gli altri.
Harry si ricordava i veri concerti. Si ricordava delle fan urlanti, si ricordava l’adrenalina, si ricordava l’ansia, si ricordava quel spacchiamo che ripetevano tutti e cinque ad ogni concerto.
E paragonare uno dei loro vecchi concerti a questi, per lui era impossibile. Perché loro non erano più gli One Direction. Non erano più quella band di ragazzi che realizzò il loro sogno.
Harry non era più il dolce sedicenne che ospitò quei quattro ragazzi a casa dal padre per conoscersi meglio ai tempi di X-Factor. Non era quel bambino accecato dai sogni. Perché il suo sogno era stato calpestato.
Zayn non era più quello misterio, non più il ragazzo dall’aria silenziosa che era un tempo, non era quel ragazzo che sorrideva raramente ma quelle poche volte che lo faceva illuminava la stanza. Perché ora lui non sorrideva più.
Liam non era più quello che voleva fare la storia della musica. No. Non più. Non voleva più fare musica ed era strano pensare che tutti siano irrimediabilmente cambiati. Liam non voleva più cantare, perché non aveva più la forza.
Niall non era quello più estroverso, non era più il ragazzino che ballava una strana danza irlandese per il palco di X-Factor quando aveva scoperto di avere una seconda opportunità. Niall non era più Nialler, non lo era più per nessuno, perché non voleva ricordare.
E Louis…Louis era tutta un’altra storia. Perché per lui non potevano dire non era più lo studente ottimista, non potevano dire non era più BooBear, non potevano dire non era più Peter Pan…Potevano solo dire che non c’era più e basta.
Perché era così. A Harry faceva ancora uno strano effetto. I suoi amici pensavano che Harry stesse rifiutando la realtà, ma non era così. Affatto.
Harry aveva capito tutto. Tutto quanto.
Harry sapeva che Louis era andato. E che non sarebbe più tornato. Lo sapeva perfettamente. E non poteva descrivere il dolore che aveva provato e che stava ancora provando.
Non poteva pensare che quel piccolo raggio di sole non ci fosse più. Non credeva che quel segreto lo stesse annientando in quel modo. Non poteva crederci. Non poteva perdonarsi di non aver salvato Lou dal suo processo di distruzione.
Perché sì, Louis Tomlison si era autodistrutto. E con lui era andato, anche, Harry Styles.
Aveva detto bene Lou un tempo, a quel gioco uno ci avrebbe rimesso ma l’altro sarebbe ugualmente rimasto scottato.
E andò proprio come disse lui.
«Stasera…» Harry inaspettatamente iniziò a parlare. «…non siamo gli One Direction. Siamo solo Harry, Zayn, Liam e Niall.» Incominciò il riccio con i tre amici accanto. Erano abbracciati e tutte le directioners lì presenti erano una abbracciata all’altra come se fossero sorelle.
Perché loro rimanevano una famiglia. A prescindere da tutto.
«E prima di cantarvi qualche brano vorremo spendere qualche parola per…» Si bloccò. Non riusciva ancora a dirlo. Le lacrime già minacciavano di uscire, scosse la testa e passò la parola a uno degli altri tre.
Si fece avanti Zayn che si prese pochi secondi per guardarsi attorno. Non erano gli unici ad essere distrutti.
Le fan erano messe peggio. Ora stavano solo lì ad aspettare lui che parlasse.
«Per Louis Tomlison.» E così nessuno lì presente trattenne le lacrime. A partire dalla prima all’ultima ragazza che era lì per ascoltare quello che avevano da dire.
«Era una persona forte e anche se non sono un tipo espansivo gli volevo un bene dell’anima. Non era mio amico, era mio fratello.» Disse Zayn con lo sguardo perso verso un punto impreciso.
«Era nostro fratello a tutti gli effetti. E non credo riuscirò mai a scusarmi con lui per non averlo sostenuto in quello in cui credeva, in quello in cui molte di voi credono.» Continuò Liam. Forse tra tutti, lui era quello che si sentiva più in colpa. Forse per Louis sarebbe bastata il suo appoggio per non fare quella pazzia?
Il suo aiuto l’avrebbe salvato? Quella domanda gli ronzava in mente sempre, giorno e notte.
«E noi – riprese il discorso Niall, indicando tutti i ragazzi meno che Harry – gli volevamo bene. Era la persona più ottimista che abbia mai conosciuto, ma quell’ottimismo è scemato.» Il biondo era un fiume in piena. Piangeva a dirotto e i singhiozzi al microfono erano persino amplificati.
«Ora lascio parlare…» Singhiozzò un’altra volta e indicò Harry che era seduto sul palco a gambe incrociate e con un sorriso triste sul volto.
«Credo che abbiate descritto perfettamente Louis Tomlison. Non credo ci sia altro da dire.» Disse Harry apatico. Aveva la mascella dura, così come i lineamenti. «Louis è il ragazzo dalla porta accanto, il ragazzo che indossava le magliette a righe con le bretelle, il ragazzo dal sorriso pronto, il ragazzo che sognava di volare come Peter Pan, il ragazzo che amava le carote…E non posso credere che non ci sia più.» Il tono di voce s’incrinò e rimase fermo pochi istanti con il labbro che tremava e la vista appannata da tanti ricordi.
«Non parlo al passato. Perché Louis vive in me. Vivrà per sempre. Vivrà come l’unico uomo che ho mai amato nella mia vita. L’ho amato da stare male.» Sospirò e si concentrò sui volti di quelle ragazze. Erano…erano sconvolte. Ancora più di come si aspettava.
Erano in una valle di lacrime e ora – se possibile – piangevano di più.
«Molte di voi probabilmente già lo sospettavano e ora io…io ve lo confermo.» La voce era ridotta ad un piccolo sussurro.
«Larry Stylinson è fottutamente reale. Lo è ancora. Perché io riesco ancora a percepire l’aura di Louis qui con me.» Ad ogni parola il dolore nella voce aumentava, ad ogni parola diventava sempre più difficile continuare.
 
You’re everything I need and more
It’s written all over your face
Baby I can feel your halo
Pray it won’t fade away
 
«Lo sto dicendo in mondovisione, sì. Tutto quello che sospettavate era maledettamente vero!» Urlò Harry. Il corpo scosso dai singhiozzi e completamente pallido.
«E ora…ora possiamo piangere insieme. Perché i dolori si affrontano, anche, in famiglia. E voi – indicò l’intero stadio – che siete qui e voi che non siete qui fisicamente ma lo siete con lo spirito, siete parte della nostra famiglia.» Commentò.
I quattro si abbracciarono, ma mancava qualcosa. Mancava qualcosa di essenziale.
Mancava semplicemente lui, Louis Tomlison.
 
 
 
Così finiva la loro storia. Una di quelle storie che lasciavano col fiato sospeso, una di quelle storie sofferte fino alla fine, una di quelle storie imprevedibili.
Una storia diversa dal solito, dopotutto. Nessuno si aspettava un finale del genere, forse perché nessuno si era accorto di quello che stava accadendo.
Tutti erano bravi a fingere. Tutti erano bravi a ignorare quello che i due giovani provavano. Tutti, in questo mondo, sminuivano quello che si provava per qualcuno.
E loro erano solo uno dei tanti esempi. Perché erano considerati qualcosa da migliore? Perché forse non erano come gli altri? Perché erano troppo giovani?
Era partito solo come un modo per fare soldi, no? E perché da una cosa così miserabile si era arrivato ad una cosa così drammatica? Fin’ora nessuno aveva trovato una risposta. E nessuno voleva trovarla. Forse perché era più semplice chiudere gli occhi e pensare ad altro. Pensare che tutto questo non fosse mai successo.
Perché loro erano solo una pagliuzza in un foglio bianco. E ora che quella pagliuzza era diventata una macchia, non rimaneva altro che strappare quel foglio in tanti pezzi.
Bastava ignorare tutto questo? Bastava distruggere un amore per dei soldi?
Perché avevano sottovalutato tutto.
Avevano sottovalutato il sentimento di Louis per Harry.
Avevano sottovalutato la forza nel nascondere tutto di Louis.
Avevano sottovalutato l’amore di quei due ragazzi catalogandolo come una cotta di passaggio.
Avevano sottovalutato la portata di quello schizzo in quel foglio bianco.
Avevano sottovaluto i burattini con cui giocavano.
Non avevano capito nulla di loro e di quello che  potevano fare.
Non avevano capito come il loro amore, consumato lì, nell’ombra li stesse distruggendo.
Come una sigaretta che bruciava un foglio di carta. La loro storia era così. Era una sigaretta – accesa di proposito – per far bruciare il loro amore.
Ma il loro amore non si era bruciato alla fine, si erano bruciati loro come persone e basta.
Del loro amore erano rimaste le ceneri.
Di loro non era rimasto niente.
 
 
 
 
Ehi,
se siete arrivati fin qui vi ringrazio di cuore! Anche se credo che voi vogliate uccidermi, giusto?
Premetto che con questo scritto né rappresentare i comportamenti veri dei ragazzi, né far sfigurare in alcun modo la Modest! Management.
Semplicemente quest’idea mi è venuta in mente e ho detto mettiamola giù! E ora che la rileggo mi dico ‘Ho scritto io questo papiro?’
Ci ho messo molto impegno, soprattutto nel descrivere le emozioni dei miei Larry. Ahimé, spero che non finisca così la loro storia. Tuttavia ho rappresentato i momenti più importanti nel loro percorso, diciamo.
Partendo da X-Factor e il BootCamp sono passata ad una tappa che non specificato del loro primo tour (in cui nella mia testa i due già erano insieme), dopo di che c’è stato ‘l’ordine da parte della Modest’ e l’ho fatto coincidere con il giorno in cui Louis tweetò Always in my heart, Harry Styles…[ecc.]; dopo di chè salto temporale si arriva al Where We Are tour, la data che ho usato è quella in cui Louis e Zayn hanno fumato una canna in Perù di cui hanno pubblicato successivamente il video, nella mia testa ho immaginato un Louis triste in cui Zayn lo consola e infine si arriva a Harry, questo invece coincide con la data in cui tweetò So kiss him again just to prove to me that you can.
Non oso commentare il finale perché sono scandalizzata quanto voi che la mia testa abbia partorito un’idea del genere!
Credo che abbia finito, mi scuso enormemente per avervi annoiato e per aver scritto questa OS lunghissima.
Uhm, vi auguro un felice 2015! E ovviamente spero che mi facciate sapere  cosa ne pensate di questa lunghissima OS, perché vi giuro ci ho messo impegno per scriverla :’)
Ora mi dileguo!
*fa ciao con la manina*
Non ti scordar di me.
  
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