Serie TV > Il Trono di Spade/Game of Thrones
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Autore: Nat_Matryoshka    02/01/2015    6 recensioni
Dal testo;
"Fin dalla prima volta in cui l’aveva incontrata, Lyanna era sempre stata una ragazza forte, una guerriera più che una lady del Nord. Vinceva tornei (sotto mentite spoglie, è vero, ma un torneo l’aveva vinto), si batteva come un ragazzo, cavalcava, tirava con l’arco… non aveva mai visto né incertezza né paura tenderle i lineamenti, anzi sembrava non esserci posto per quei sentimenti in lei, almeno quando erano insieme. Era la sua lady di Ghiaccio: forte, pura, indomabile.
Fino a quando non aveva scoperto di essere incinta del suo terzo erede."

[What if: e se la Battaglia del Tridente avesse avuto un esito completamente diverso? Se Rhaegar e Lyanna fossero sopravvissuti e avessero avuto la possibilità di incontrarsi di nuovo, insieme ad Aegon e a Jon?]
Storia completamente revisionata!
Genere: Avventura, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jon Snow, Lyanna Stark, Rhaegar Targaryen, Un po' tutti
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo XIX
 
 
 



“Acting on your best behavior
turn your back on Mother Nature,
everybody wants to rule the world.”
[Lorde – Everybody Wants to Rule the World]
 
 
 




C’erano parole che, per quanto le si potesse girare e rigirare nella mente, restavano sempre troppo difficili da pronunciare. Nascevano nella testa, vagavano tra la gola e le labbra e si fermavano lì, bloccandosi come se non volessero saperne di andarsene, fino a che un moto di coraggio non le portava esattamente dove dovevano stare, ossia fuori, riferite al loro destinatario. Per quanto fosse un uomo che conosceva fin troppo bene l’onore e la giustizia, a volte Ned Stark aveva difficoltà nel trovare le parole giuste. Soprattutto in momenti come quello.

Ho bisogno del tuo aiuto, Ned: Jon Arryn è malato, solo gli Déi sanno cosa abbia. Sono giorni che i Maestri si alternano al suo capezzale senza capirci un accidente, blaterando di debolezza, vecchiaia che avanza, cibi e bevande dannose… non so neppure se siano arrivati a una soluzione vera e propria. In tutto questo non ho più un Primo Cavaliere che mi aiuti a reggere il regno… che, come sai, non è facile da gestire. Per questo ti chiedo di sostituirlo. Nessuno meglio di te saprebbe risanare la situazione.

Il corvo era arrivato quella mattina, rispettando la diceria che vedeva gli uccelli dalle ali nere portatori di brutte notizie; perché si trattasse di una brutta notizia, poi, neppure Eddard Stark riusciva a spiegarselo. Sapeva solo che quel messaggio gli aveva lasciato addosso una sensazione di disagio, di sospensione, come se non avesse saputo come comportarsi al riguardo. Oltre al dispiacere e alla preoccupazione per un amico che conosceva da una vita, si aggiungeva quella di dover comunicare la notizia a Catelyn, di lasciarla con i figli e imbarcarsi in un’impresa più grande di lui, verso quel luogo di orrori e meraviglie che era la corte reale di Approdo del Re… non negava di apprezzare la fiducia che Robert poneva in lui, ma quel messaggio continuava a renderlo inquieto. Decise di lasciarlo perdere, almeno per un po’.

Aveva questioni più importanti di cui preoccuparsi, al momento: ad esempio il fatto che Robert gli avesse accennato alla convenienza di un possibile matrimonio tra Sansa e suo figlio Joffrey. Affondò le mani tra i capelli, sospirando, certo che quelle questioni lo avrebbero tormentato per ben più di tempo di qualche ora.
 


***
 
 

Città libera di Pentos
 


“Parlatemi ancora di Rhaegar, Ser Barristan. So così poco di lui… Viserys ogni tanto mi racconta qualcosa, ma neppure lui ricorda granché, era solo un bambino quando sono fuggiti qui con mia madre. Mi ha detto che era un principe saggio, un combattente valoroso… ma io vorrei sapere cosa c’era dietro al suo potere, che tipo di uomo era. Mi sarebbe piaciuto conoscerlo.”
Erano seduti sotto al portico della grande casa che ospitava entrambi i giovani principi, il sole caldo delle Città Libere che lambiva la pelle di Daenerys facendo scintillare come fili d’oro pallido i suoi capelli, mentre un altro raggio toccava l’armatura dell’anziano cavaliere, trasformandola in un’opera d’arte fatta d’argento vivo. La ragazza aveva portato a casa le uova e, dietro insistenza del suo consigliere, le aveva nascoste sotto al letto: sarebbe stato meglio che nessuno le avesse viste, almeno per un altro po’ di tempo. Nessuno dei due aveva idea di come avrebbero fatto a farle schiudere, ma l’importante era che restassero al sicuro, anche dallo stesso Viserys, che non avrebbe esitato un attimo dallo sbandierarle in giro come trofei, tutto felice di quel privilegio così speciale concesso alla casa Targaryen. Avrebbero finito solo per attirare attenzioni indesiderate, l’ultima cosa di cui avevano bisogno.
L’anziano cavaliere sorrise. Avrebbe potuto parlare per ore di Rhaegar e degli anni passati al suo servizio, di come il principe fosse sempre stato saggio e gentile, – al contrario della follia di suo padre, Aerys II – di quanto la sua morte li avesse sconvolti tutti, fino a scoprire tramite Varys che era ancora vivo e si trovava al Nord, in esilio volontario accanto alla donna che amava… ma non poteva: quando era giunto lì nelle Città Libere su ordine del Ragno Tessitore aveva giurato di non rivelare ai due giovani principi che Rhaegar Targaryen era ancora vivo, non sarebbe stato sicuro né per lui né per loro. Quella promessa gli restava bloccata nel cuore come una vecchia cicatrice che bruciava e non ne voleva sapere di guarire; nonostante continuasse a ripetersi che lo faceva solo per il bene dei principi, mentire a Daenerys gli risultava doloroso, difficile. Ormai la conosceva da parecchi anni, vedeva la determinazione dietro a quei morbidi occhi viola, sapeva che stava crescendo come donna e come principessa… ma non poteva lasciare che un gesto sconsiderato mettesse a repentaglio il futuro che si prospettava per lei. Per questo si limitò ad offrirle i racconti che conosceva meglio, quelli che riguardavano la giovinezza di Rhaegar e il grande amore per Lyanna Stark.
“Vostro fratello era una persona speciale, bambina: un principe saggio, una figura elegante, un musicista raffinato, un governante che si sarebbe fatto rispettare e amare dal suo popolo. Il re… anche lui era amato, fino a che le cose non sono degenerate. Le storie che si raccontano sulla sua pazzia possono non essere tutte vere, ma purtroppo gran parte corrisponde alla realtà, c’era veramente una vena di squilibrio nella vostra famiglia che in lui si è manifestata con più forza che in altri. Vostra madre, però, ha sempre cercato di proteggervi e tutti aspettavano che Rhaegar ereditasse il Trono… fino alla Battaglia del Tridente, il giorno in cui il suo esercito e quello di Robert Baratheon si incontrarono nelle terre dei Tully, alla Forca Verde del fiume. Rhaegar era versato nell’arte nelle armi, ma non abbastanza da contrastare un uomo come Robert Baratheon. Io ero con lui, principessa… e posso assicurarvi che si è battuto, ci ha provato con tutte le sue forze. Ma Robert era più forte.”
Fece una pausa, un attimo in cui la mente di Daenerys si permise di viaggiare e di dipingere con gli occhi della mente la bellezza di suo fratello, nonostante non avesse mai visto nemmeno un suo ritratto. Lo immaginava un po’ più vecchio di Viserys, alto ed elegante, gli occhi scuri che splendevano sotto l’elmo con le ali di drago, lo sguardo gentile colmo di malinconia e risoluzione. Chissà com’era la sua voce. Chissà come aveva ordinato ai suoi uomini di disporsi nello schieramento scelto per la battaglia, e se quel tono somigliava almeno lontanamente a quello che usava quando parlava con la sua Lady Lyanna, la bella donna del Nord con cui era fuggito. Sospirò, rapita in parte da quei sogni così vividi. Barristan Selmy le continuava a sorridere.
“Perché il popolo lo amava tanto? Me lo sono sempre chiesto, ma non riesco ad immaginarlo… non dovrebbero appoggiare ogni principe e re, nel bene e nel male? Perché Rhaegar era tanto speciale?”
“Vostro fratello sapeva farsi amare. Non è una dote comune in chi regna, ma se un principe è giusto il suo popolo finisce per percepirlo e per appoggiarlo, quasi istintivamente. Rhaegar non si sforzava di essere ciò che era, si comportava con naturalezza, così si faceva benvolere da tutti. Sarebbe stato un grande  re… peccato che non abbiate potuto conoscerlo, Daenerys.”
O forse lo conoscerete prima o poi, avrebbe voluto dire. Se gli Déi ci assisteranno.
Dany giocherellava con una ciocca di capelli, godendosi i raggi del sole sulla schiena. “A volte vorrei che anche Viserys fosse come Rhaegar, o almeno come lo descrivono… mio fratello mi spaventa, Ser Barristan. A volte è come se… qualcosa in lui si guastasse, all’improvviso: un attimo prima è gentile, quello dopo mi grida cattiverie e mi strattona… una volta mi ha detto che sarei dovuta nascere prima, così Rhaegar avrebbe sposato me e non sarebbe fuggito con Lyanna Stark. Ogni tanto insiste con la storia del matrimonio.”
Si era interrotta, come se non sapesse come proseguire. Ser Barristan le prese una mano con affetto indulgente, osservandola mentre Daenerys puntava i begli occhi viola nei suoi, cercando le parole giuste per continuare quel discorso.
“Non dovete preoccuparvi di questo, bambina: ci siamo io e Ser Mormont al vostro fianco. Viserys può aver ragione per quanto riguarda le pretese sul regno, ma per il resto… nessuno può costringervi a fare ciò che non volete. Vostro fratello Rhaegar avrebbe voluto che foste felice e al sicuro, e noi lotteremo perché voi lo siate. Ora dovete solo preoccuparvi di voi stessa… e iniziare ad accarezzare l’idea di radunare un esercito, perché il Trono di Spade vi aspetta.”
Daenerys Targaryen restò in silenzio. Alle labbra le arrivavano fiumi di parole: frasi spezzate, ringraziamenti, discorsi che non sapeva né come iniziare né come finire, ma decise di tenerli fuori. Abbassò gli occhi, li rialzò e li fissò nuovamente in quelli più anziani e gentili del suo cavaliere, sorridendogli a sua volta.
 


***
 

Quella notte, distesa tra le lenzuola e accarezzata appena dalla brezza leggera che soffiava su Pentos, Daenerys sognò i draghi.

Erano tre, proprio come le sue uova: bestie enormi, possenti, metri e metri di pelle e scaglie che il sole faceva scintillare come se fossero state coperti di pietre preziose. La ragazza camminava su una spiaggia che non conosceva, i piedi affondavano nella sabbia dorata, calda, mentre si avvicinava alle tre creature senza nessuna paura, quasi le avesse sempre conosciute. Il più vicino dei tre era il drago nero, le ali sfumate di rosso tese su una struttura ossea talmente perfetta da sembrare scolpita, la testa reclinata in avanti che sputava fuoco ed emetteva sbuffi di fumo assieme alle grandi narici. Dany si fermò accanto all’animale, rapita dai suoi movimenti, fino a che la sua attenzione non fu attirata da qualcos’altro: un giovane sedeva sul collo della bestia, le mani bianche gli accarezzavano la grossa testa  per calmarlo, sussurrandogli parole in una lingua che la ragazza non capiva. Fu solo quando il giovane sembrò finalmente accorgersi di lei che Dany associò il suo viso a un nome che conosceva… e lo stupore ebbe la meglio, facendola indietreggiare.

Fratello?

Non aveva mai visto Rhaegar prima di allora, ma la descrizione corrispondeva a quella data da Ser Barristan: capelli biondo argenteo, occhi nero-violacei e morbidi, alto, asciutto, uno sguardo gentile tutto per lei che tradiva una certa malinconia sottile, come un tramonto a lungo aspettato e svanito in un attimo. L’uomo le tese una mano, sempre con il suo sorriso malinconico, e bastò quello sguardo e quel gesto a far capire a Dany quanto fossero diversi i suoi fratelli, quanto Rhaegar e Viserys rappresentassero due lati opposti di una stessa medaglia, del Drago a Tre Teste che ornava lo stendardo dei Targaryen e che sembrava essere diventato così importante per il minore da trasformarsi in un’ossessione. La terza testa era lei, a rigor di logica. Ma non sapeva ancora se sarebbe stata degna o no di quel titolo.

Rhaegar le guidò le mani sulle squame del drago nero perché potesse accarezzarlo, mentre gli altri due – uno dorato, l’altro di un bel verde brillante – ruggivano intorno a loro, con forza stranamente amichevole. Il fratello maggiore, quello che aveva sempre desiderato incontrare, la invitava con gentilezza serena, ancora diverso da Viserys, che pretendeva da lei senza chiedere cosa desiderasse, senza pensare a ciò che la sorella poteva provare.
Ad un certo punto, vide il fratello piegarsi in avanti e indicarle qualcosa che non rientrava nel suo campo visivo. Dany si sporse… e guardò se stessa, una piccola figura insicura, che tendeva le mani verso le uova che Ser Barristan le aveva affidato, ancora nel loro cassone di legno. Le toccava, allungava le dita bianche e le uova improvvisamente prendevano fuoco, un incendio che divampava con potenza inarrestabile, facendola sussultare… fino a che non le vide trasformarsi in altri tre draghi squamosi, identici a quelli adulti ma più piccoli, anche se ugualmente forti. Era stato tutto così improvviso da lasciarla senza fiato, con addosso la confusione sospesa tipica dei sogni.

“Lascia che il drago si risvegli in te, Dany. Non aver paura di mostrare la tua forza… anche se ora ti senti sola, pian piano scoprirai cosa sei in grado di fare e troverai il coraggio di cui hai bisogno. Ti sono stati affidati tre draghi, tre come le teste del drago dei Targaryen, tre come i draghi del nostro antenato e delle sue sorelle, Aegon, Rhaenys e Visenya… e, se la profezia dice il vero, saranno loro a guidarti nel Continente Occidentale. Non perdere mai la speranza, sorella… sei più forte di quanto immagini.”
Lei si girò a guardarlo, quasi spaventata da quelle parole, ma Rhaegar restava accanto a lei, gentile, un’illusione che scacciava ogni timore.
“Vorrei esserne in grado, fratello… ma ho paura di deluderti. Sono solo una ragazzina che si nasconde tra i vicoli di Pentos per fuggire dai nostri nemici, come potrei governare un regno intero?”
Il drago nero spalancò le enormi ali, facendo scivolare ai suoi piedi sia la ragazza che suo fratello: gli altri due lo seguirono, innalzandosi verso il cielo terso come frecce lanciate da un arco, splendidi e rapidi, fulmini lucenti che sembravano arrivare al sole lanciando ruggiti che mettevano in ginocchio tutte le altre creature. Suo fratello Rhaegar si era allontanato, scompariva nella luce brillante del giorno, il sorriso che gli piegava le labbra, dedicato solo a lei.

“Sei sangue del Drago, Daenerys. Per quanto debba nascondere la propria identità, un drago resta sempre un drago… e rialzerà la testa dalla polvere. Non sei sola.”

La ragazza corse verso di lui, facendo volare ovunque nuvolette di sabbia, impaziente di raggiungerlo, di riempirlo di domande, di chiedergli come avrebbe fatto a trovare se stessa, a non perdere il coraggio di fronte a ciò che la attendeva… ma la sabbia dura la rallentava, la luce del sole era troppo intensa e Rhaegar si allontanava, una bella figura nobile stagliata contro il cielo e altrettanto maestosa, splendida come i suoi draghi, come…

Il canto di un uccello la riscosse improvvisamente da quel sogno. Daenerys Targaryen si alzò, puntellandosi sul gomito per reggersi e voltando lo sguardo verso la tenda che separava la sua stanza dalla terrazza, la brezza leggera che la muoveva con grazia, come i veli di un’abile danzatrice. Cercò di ricordare il viso di Rhaegar, la sua voce, ma il sogno era dispettoso e sfuggente, svaniva in un filo di fumo dalla sua mente. Eppure, una cosa le era rimasta: il Principe Drago l’aveva chiamata sorella. Le aveva detto di credere in se stessa, di non abbandonarsi… il minimo che avrebbe potuto fare sarebbe stato seguire quel consiglio, tenere la testa alta e gli occhi aperti, senza paura del futuro.
Avrebbe ascoltato quello che le ripeteva sempre Ser Barristan, rifletté, mentre una delle cameriere la aiutava a vestirsi e a pettinare la morbida massa dei capelli biondo argentei. Un vero drago alzava la testa di fronte alle avversità, non faceva capolino dalla tana per scappare di nuovo dentro come una lucertola piccola e timida, spaventata dall’immensità delle terre di fronte a lei.

Il primo passo sarebbe stato quello di non tremare di fronte a Viserys. Mai più.
 
 

***
 


Quando Lyanna gli aveva confidato di avere un tesoro da parte per lui, anni prima, Rhaegar non avrebbe mai e poi mai pensato che la moglie fosse riuscita davvero a recuperare la sua arpa. Eppure, una volta varcata la soglia della stanza nella quale l’aveva fatta sistemare, il principe aveva dovuto constatare che il tesoro era proprio quello: l’argento puro dei suoi due draghi intrecciati riluceva sotto al sole del mattino, come a volerlo finalmente salutare dopo i mesi in cui erano rimasti separati. L’aveva raggiunta immediatamente e, quasi con timore, aveva accarezzato quelle corde sottilissime con mano delicata, meravigliandosi di quanto tempo fosse passato dall’ultima volta in cui aveva suonato qualcosa col suo strumento, ricordando il viso della moglie la primissima volta in cui aveva ascoltato una delle sue canzoni e si era commossa durante uno dei banchetti ad Harrenhal in cui Stark e Targaryen si erano trovati a sedere allo stesso tavolo. L’incontro con la sua arpa era avvenuto mesi, anni prima, ma l’emozione che provava nel riprenderla tra le mani e nel sedersi davanti al suo strumento si rinnovava ogni volta, anche a distanza di molto tempo. Anche quel giorno.

Si accomodò sul piccolo sgabello che Lyanna gli aveva fatto preparare e iniziò a pizzicare le corde per tentare qualche nota, ancora un po’ teso: le prime gli uscirono con difficoltà, ma man mano che andava avanti sentiva la sicurezza tornargli, insieme all’affinità per la musica che lo caratterizzava. Stava improvvisando una ballata di quelle che preferiva suonare quando la porta si aprì appena, accompagnando l’ingresso del figlio minore: Jon era lì e lo osservava, un po’ imbarazzato da quel silenzio ma comunque curioso di scoprire cosa stesse facendo suo padre. Rhaegar sorrise nella sua direzione, facendo un gesto con la mano per invitarlo ad entrare.
Il suo terzogenito si avvicinò titubante. Era adorabile nella sua timidezza: quando si trattava di rapportarsi direttamente con Rhaegar diventava improvvisamente impacciato, come se non sapesse bene come dimostrargli quello che provava… il che era strano, dato che sia lui che Aegon erano sempre vissuti assieme al padre e a Lyanna e avevano imparato a conoscerli bene. Ma forse quel contegno fin troppo riservato e austero era diventato parte del figlio, così come Aegon era espansivo ed allegro.
“Vi sto disturbando, padre? Stavate suonando qualcosa?”
“Non preoccuparti figliolo, era solo un esercizio come tanti. Stavo cercando di riprendere la mano… ma temo di essere un po’ arrugginito.” Il principe si voltò verso di lui, dando le spalle all’arpa per guardarlo in viso e osservare il passaggio del sole sui suoi occhi scuri, meravigliandosi una volta di più di quanto fossero un misto perfetto tra i suoi e quelli di Lyanna. Jon intanto si avvicinò all’arpa, sfiorandola come aveva fatto il padre poco prima.

“A me non sembra… stavate suonando qualcosa di molto bello, anche se non ho riconosciuto la melodia… e mia madre mi ha sempre ripetuto quanto il vostro canto stregasse dame e cavalieri in ogni occasione, soprattutto durante i banchetti.”
“Dammi pure del tu, figliolo, non sono il tuo principe quando ci troviamo in privato… e piano con le lusinghe, o mi verrà voglia di riprendere a suonare pubblicamente!”.  Dopo tanto tempo che non lo faceva, Rhaegar rise con gioia, scompigliando i capelli di Jon come se fosse ancora un bambino, divertito dal sorriso che gli rivolgeva. In fondo, lui e il figlio erano uguali: a volte seguivano l’etichetta con tanta attenzione da non riuscire ad essere spigliati in momenti di quotidianità come quello, dove i gesti contavano molto di più della cortesia prevista dal cerimoniale.

“Vuoi provare qualche accordo? L’arpa non è uno strumento semplice da suonare, ma se avessi voglia di imparare posso provare ad insegnarti… chissà, potrei averti passato la familiarità con la musica, Aegon finora non mi è mai sembrato molto portato per gli strumenti musicali” continuò l’uomo, sedendosi di nuovo di fronte all’arpa e posando entrambe le mani sullo strumento, cercando di riportare alla mente una qualsiasi melodia da far ascoltare al figlio. La prima a venirgli in mente fu quella che aveva composto e che parlava di sua madre, “La Regina dagli occhi tristi”: forse non era delle più allegre, ma ricordava quanto Lyanna si fosse commossa ascoltandola, quante volte gli avesse chiesto di cantarla e di raccontare qualcosa sulla sua famiglia, qualsiasi cosa. Jon lo attendeva paziente, gli occhi accesi da un guizzo di interesse.

“Era una Regina dai capelli d’argento, ma i suoi occhi piangevano lacrime calde…”

Jon tentava di accompagnarlo: aveva iniziato confondendo la melodia della canzone con quella che sembrava L’orso e la fanciulla bionda, ma pian piano aveva preso il ritmo e verso la fine aveva anche improvvisato due note non completamente sbagliate, mettendosi alla prova con l’arpa con un interesse che aveva riempito di gioia il cuore di suo padre. Rhaegar lo osservò pizzicare le corde e mordersi le labbra ogni volta che il suono della nota non usciva esattamente come se lo sarebbe aspettato, ringraziandosi per aver avuto l’idea di cercare il suo strumento: se non si fosse svegliato col desiderio impellente di fare musica, quel momento così prezioso accanto a Jon non sarebbe mai avvenuto.
“… dame, cavalieri, storie, nulla poteva lenire il suo dolore. Solo un uomo in armatura d’argento…”

Ascoltava la voce del figlio, profonda e dolce, ne osservava il profilo elegante illuminato dal sole. Per una volta tanto aveva la mente sgombra, senza pensieri che riguardassero il trono, i suoi fratelli, la guerra… e quando Lyanna aprì la porta, incuriosita dalla musica che sentiva provenire dalla stanza, li trovò uno accanto all’altro, sorridenti e presi dal canto, un padre e un figlio che si dilettavano nella musica, prima ancora che un principe e uno dei futuri eredi al Trono.
 
 


***
 


“Ti prego Ned, dimmi che stai scherzando. Robert non può chiederti una cosa del genere… andiamo, sa benissimo che il tuo posto è qui, a Grande Inverno!”

Lyanna non ricordava di aver mai visto sua cognata così sbalordita, come se non riuscisse a credere ad una sola parola di quelle uscite dalle labbra del marito: Catelyn aveva la fama di donna inflessibile e integra, piena dell’onore dei Tully e della morale degli Stark, ormai radicata così tanto in lei da renderla una vera donna del Nord… eppure, qualcosa ancora riusciva a turbare la sua quiete, evidentemente.

“Cat, per quanto Robert possa capire le mie ragioni, pensa comunque che sarei più utile ad Approdo del Re come suo Primo Cavaliere piuttosto che qui al Nord come semplice lord, l’ha detto non so quante volte. Per questo mi ha chiesto di sostituire Jon Arryn… è un vecchio amico, è stato come un secondo padre per noi e pare non gli resti molto da vivere, temo che non riuscirò ad arrivare prima che ci lasci. Per quanto io non desideri farlo, devo piegarmi al suo volere…. Si tratta comunque del re. Puoi capirmi, vero?”

Catelyn si mordeva le labbra, a disagio. Sapeva benissimo che suo marito non avrebbe mai mancato ad una questione di onore come quella, eppure non voleva rassegnarsi a vederlo partire. Così come non voleva rassegnarsi Lyanna. Ma cosa avrebbero potuto fare? Robert era il re, la sua parola era legge e Ned restava comunque il suo migliore amico e un lord fedele alla Corona: era impossibile lottare contro tutti quegli ostacoli.
Lyanna, però, non riusciva a darsi per vinta. Non lo aveva mai fatto e non avrebbe iniziato in quel momento.

“Con tanti uomini disponibili ad Approdo del Re, per quale motivo Robert dovrebbe volere proprio te? sa benissimo che deve esserci sempre uno Stark a Grande Inverno e che noi abbiamo bisogno del nostro lord… è il tuo migliore amico, d’accordo, ma ti sta chiedendo troppo, Ned. Dovresti trasferirti nella capitale, restare lontano da qui, e…”

Eddard, che aveva previsto la reazione di sua sorella, la fermò posandole un dito sulle labbra. Voleva bene a Lyanna, ma a volte gli sembrava che non riuscisse a rendersi conto dei doveri di un lord: era intelligente e piena di risorse, con un forte senso della giustizia, ma a volte il suo essere ribelle e impetuosa come un piccolo ruscello di montagna la portava a chiudere gli occhi di fronte a molte questioni importanti, convinta che avrebbe potuto comunque “sistemarle a modo suo”.

“Lya, sai benissimo che non posso ritirarmi, per quanto non mi faccia piacere. Questa volta devo adempiere al mio dovere, ho già agito contro Robert una volta per il tuo bene ma questa volta la questione è diversa e riguarda soltanto me. Il Sud è lontano, è vero… ma possiamo comunque tenerci in contatto via corvo e tu saresti la benvenuta in qualsiasi momento, così come Cat. Robb mi sostituirà egregiamente… e tuo marito è una persona saggia e intelligente, sapere di lasciarti in sua compagnia mi conforta.”
“Ma le bambine? Perché devi condannare alla lontananza anche loro?” Catelyn era tornata alla carica, probabilmente incoraggiata dalla cognata. Ned sospirò: aveva previsto qualche riserva da parte della sua famiglia, ma a quel punto le cose stavano prendendo una piega davvero complicata da gestire.
“Sansa dovrà sposare il principe Joffrey, sarà meglio per lei che lo conosca e trascorra del tempo accanto a lui per abituarsi all’idea, anche se credo ne sia entusiasta… e ad Arya farà piacere viaggiare, è una ragazzina curiosa, trarrà sicuramente beneficio dalla cosa. Non ho intenzione di costringerle a restare per sempre… quando la situazione sarà tornata alla normalità potranno decidere di tornare a Grande Inverno o almeno potrà farlo Arya. Magari si tratterà di una situazione temporanea anche per me… non lo so Cat, so solo che Robert ha bisogno di me e non riesco a tirarmi indietro. Ti prego, non impuntarti… mi rendi più difficile salutarti. Era per questo che ho avuto delle remore a comunicarti la notizia.”
Nella stanza era calato il silenzio: la determinazione di Ned era palpabile, quasi si trattasse di un entità spirituale presente nella stanza assieme a loro. Lyanna poteva capirlo: non si era nutrita anche lei della stessa determinazione, da quando aveva deciso con tutta se stessa di proteggere il suo bambino a quando si era rifiutata di accettare la morte di Rhaegar, anni prima? Eppure non riusciva ad accettare la sua partenza, così come non si accetta mai qualcosa che spaventa e che riguarda le persone che si amano. Grande Inverno sarebbe stata vuota senza di lui, così come lo era la Torre della Gioia senza la risata di Benjen, la voce calma di Brandon, la gentilezza di Ned, le mani calde e delicate di Rhaegar. in qualche modo, tutti gli uomini della sua vita se n’erano andati ed erano tornati, alcuni dopo un po’, altri solo come ricordi. Sarebbe stata abbastanza forte da sopportare anche quell’assenza?

Scosse la testa e abbracciò il fratello senza parlare, seguita poco dopo da Catelyn. A volte le parole erano superflue, momenti come quello non facevano altro che ricordarglielo.
 
 

 





Noticine di Nat
Lo so, sono imperdonabile: è ormai più di un mese che non aggiorno, e il bello è che mi ero ripromessa di regalarvi un aggiornamento flash per ringraziarvi per le trentuno persone che hanno inserito la storia nelle seguite… ma il solito famigerato Blocco dello Scrittore ci ha messo lo zampino, per cui mi sono ritrovata ad aggiornare all’inizio di gennaio, con un capitolo bello denso di “momenti relax” e un paio di avvenimenti importanti, tanto per non lasciare strada solo all’introspezione. L’ho scritto in una fase un po’ “nì”, per cui vi chiedo anticipatamente scusa se dovesse risultare un po’ prolisso e noioso; spero comunque che sia la parte dedicata a Rhaegar e Jon che quella solo su Dany risultino IC, finora sono i tre personaggi che mi danno più problemi per quanto riguarda la narrazione e che non vorrei mandare del tutto fuori strada.
Che altro dire? Grazie ancora di cuore a chi segue la storia, a chi recensisce, a chi l’ha inserita nei preferiti… e anche ai tanti lettori “silenziosi” che mi rendono felice col loro appoggio!
Nat
 
 
   
 
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