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Autore: Lurilala    02/01/2015    6 recensioni
[Storia a Oc] [Iscrizioni chiuse] [Ispirato ad Hunger Games]
Dal Trattato del Tradimento
Come punizione per la rivolta, ogni Distretto offrirà in tributo un ragazzo e una ragazza fra i 12 e i 18 anni in una pubblica "Mietitura".
Quei tributi saranno tutti presi in consegna da Capitol City, quindi trasferiti in una pubblica arena dove si sfideranno in un combattimento mortale finchè rimarrà un unico vincitore.
D'ora in avanti e per sempre questo spettacolo sarà conosciuto come:
Hunger Games
____
Il presidente Snow si aprì in un sorriso al gusto di sangue.
-Felici Settantaseiesimi Hunger Games a tutti.- un lampo negli occhi. -Possa la buona sorte essere sempre a vostro favore!-
____
Si avviarono sotto la pioggia nelle strade cupe del Distretto 3, verso l'imminente Mietitura; solo una luce rimase e rimarrà accesa, adesso e nei giorni che verranno.
La luce della speranza.
____
...Che gli Hunger Games abbiano inizio.
Genere: Avventura, Azione, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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Marina si portò l'ultimo cucchiaio di zuppa alle labbra, tenendo gli occhi fissi sul piatto vuoto.
Dopo che era arrivata nel piano dedicato al suo Distretto, era subito andata in camera, non volendo subire i commenti maliziosi di Cashmere e Christian.
Erano riusciti a convincerla a uscire dalla sua camera solo per consumare la cena.
Non che la castana avesse fame; era terribilmente agitata per il punteggio che le avrebbero dato e il cibo era il suo ultimo pensiero. Quasi avrebbe preferito non sapere che impressione aveva fatto.
I risultati erano espressi in una scala di numeri che andava dall'1 al 12.
L'1 era il punteggio peggiore impossibile e il 12 il migliore e irraggiungibile. Non capitava quasi mai che dessero come risultati gli estremi della scala, però, come si era detta la ragazza, c'è sempre una prima volta.
Suzuno, seduto di fianco a lei, non sembrava particolarmente agitato. Ma la ragazza aveva passato tanto tempo ad osservarlo durante l'addestramento e sapeva riconoscere i suoi modi di reagire, quindi poteva dire con certezza che anche lui era preoccupato. Si muoveva in modo troppo meccanico per essere tranquillo.
Quando tutti ebbero finito di mangiare, andarono a vedere i risultati alla televisione; lei e Fuusuke si sedettero sul divano, vicini.
Le loro mani si sfiorarono e Marina si irrigidì, voltandosi verso l'albino.
Lui le rivolse un'occhiata e alla castana parve di affogare in quegli occhi che sembravano fiumi limpidi di ghiacciai irraggiungibili.
Deglutii e cercò di concentrarsi sulla televisione.
I loro risultati erano i primi ad essere trasmessi; sullo schermo venne proiettata la foto di Suzuno e dopo qualche attimo un 9 apparve, con gli squisiti commenti del presentatore.
Avvertì Fuusuke rilassarsi accanto a lei e Marina si sentì sinceramente contenta per lui, anche se in realtà un punteggio alto per il ragazzo significava che lei era in svantaggio.
La sua foto apparve sullo schermo subito dopo e la castana trattenne il respiro.
I secondi di attesa furono snervanti; sentiva il cuore battere in gola e quasi non si accorse nemmeno che Suzuno le aveva stretto la mano.
Un 8 apparve volteggiando e la voce del presentatore disse qualcosa che la ragazza non sentì.
Sospirò, sentendosi improvvisamente leggera.
Beh, non era andata così male. Dopotutto, 8 era un punteggio positivo, molto positivo.
Si concesse un piccolo sorriso alle congratulazioni della mentore e degli stilisti.
Christian la catturò in un abbraccio affettuoso a cui sfuggì il prima possibile e Cashmere, ridacchiando allegra, si complimentò con loro, pur avvertendoli che il punteggio ottenuto non decretava la vittoria.
Il loro accompagnatore li spedì a dormire, dicendo che domani li aspettavano tantissime cose da fare.
Marina fu molto felice di sottrarsi a tutti quei complimenti; si ritrovò a camminare per il corridoio che portava alla sua stanza di fianco a Suzuno.
Il silenzio fra loro sapeva di imbarazzo; la ragazza gli rivolse uno sguardo, indecisa se parlare o meno.
Quando arrivarono davanti alla camera di lei, Fuusuke alzò lo sguardo, abbozzando un mezzo sorriso.
-Complimenti. Sei stata brava.- disse e Marina sorrise leggermente, di rimando.
-Tu di più. Non ti devo sottovalutare, già.- socchiuse gli occhi celesti, liquidando i complimenti dell'altro con un gesto fluido della mano.
-La trasparenza dei tuoi occhi è stupefacente.- esclamò tranquillamente l'albino e la ragazza lo guardò stupita.
Cosa voleva dire? Le sembrava un'osservazione totalmente fuori luogo.
Lui scosse leggermente la testa alla sua espressione confusa; si inchinò, baciandole la mano come un lord fa con la sua dama in una fiaba qualunque.
Marina arrossì stupidamente, senza sapere cosa fare, gli occhi fissi sul ragazzo.
-Buonanotte.- mormorò Fuusuke, alzandosi e sparendo in fondo al corridoio.
La castana rimase immobile, la bocca semiaperta su parole non dette; si guardò la mano dove le labbra di lui si erano posate e arrossì ancora di più.
Si ritirò velocemente in camera, prima che qualcuno potesse vederla.
Si lasciò scivolare fra le coperte; si sentiva così confusamente felice.
Odiava non capire cosa le stesse succedendo, ma sentiva che voleva scoprire il mistero che si celava dentro alle iridi di Fuusuke.
Voleva capire il suo comportamento, l'enigma del suo sguardo. Voleva comprendere cosa aveva inteso Suzuno quella sera, con quella frase e quel bacio sulle dita.
Quasi si dimenticò dell'8 preso nella sessione privata, come se non le importasse più.
Stranamente, il pensiero di Fuusuke sembrava più forte di quello della sua esistenza.

**

Hikari tintinnò le posate sul bordo del piatto ancora pieno.

Non aveva toccato cibo e non aveva intenzione di farlo.
La felicità inaspettata che l'aveva colta appena dopo l'addestramento si era volatilizzata, lasciando spazio a una morsa gelida che le stringeva lo stomaco.
Alla mora piacevano le sfide, le erano sempre piaciute. Non aveva paura di essere giudicata, anche perché sapeva che era andata bene.
Però un giudizio qualunque era diverso da un numero che poteva decidere sulla sua sorte.
Si torse agitata le mani e avvertì distrattamente gli occhi di tutti su di sé.
-Non mangi, cara?- le chiese con un sorriso spazientito la sua accompagnatrice e Hikari strinse le labbra sibilando qualche insulto.
Arata rise, attirando l'attenzione su di sé. -Juliette, dai, lasciala stare. E' normale che sia agitata.-
La ragazza si alzò, ringraziando mentalmente lo stilista.
Non aveva assolutamente intenzione di subire i rimproveri di quella oca capitoliana, per di più quando aveva addosso un stress del genere.
Eppure, quando si sedette e posò il viso sulla spalla di Desarm, tutto le apparve stranamente leggero e facile.
Intrecciò le sue dita con quelle del ragazzo e lui le circondò i fianchi con un braccio; Hikari socchiuse gli occhi in quell'abbraccio, ignorando i commenti sarcastici di Enobaria sul loro comportamento.
La voce mielosa del presentatore commentò i risultati dei Tributi del Distretto 1.
La sedicenne socchiuse gli occhi cremisi, osservando distrattamente i visi di quei due; sembravano pericolosi, molto pericolosi, con le loro espressioni fredde.
Ma stranamente questo non la agitò. Voleva restare in quell'abbraccio per sempre.
La foto di Desarm apparve sullo schermo e Hikari osservò con dolcezza il suo viso. Un 8 danzò affianco al suo volto e la ragazza strinse ancora di più le dita intorno a quelle del giovane, sentendolo sorridere.
Anche lei sorrise: 8 era un bel punteggio, andava assolutamente bene.
Poi si concentrò sulla televisione e i residui dell'agitazione di prima la sfiorarono, ma non troppo.
Osservò senza espressione la sua foto e poi rimase ferma, crucciando il viso senza credere al punteggio che era apparso: 10.
10? Doveva essere un sogno. Uno splendido e meraviglioso sogno.
Ci mise qualche attimo ad assimilare che aveva ottenuto un voto altissimo e allora balzò in piedi, esultando.
Anche Desarm esultò con lei e la baciò, suscitando le esclamazioni degli adulti -disgusto per alcuni, tenerezza per altri-.
Ma a Hikari non importava un bel niente.
Fuggì il prima possibile dalla stanza e si rintanò nel buio freddo del corridoio.
-Sei stata bravissima, principessa.- le sorride Desarm, baciandola.
La mora gli pizzicò sorridendo il braccio. -Ti ho detto mille volte di non chiamarmi principessa.- mormorò, senza nemmeno fingere di essere offesa.
-Buonanotte, principessa.- esclamò divertito lui, calcando sull'appellativo e facendo sbuffare la ragazza.
Hikari entrò nella sua stanza canticchiando una vecchia canzone d'amore.
Si lasciò scivolare nelle coperte, felice e serena come non era mai stata.
Si addomertò subito, con il 10 che le lampeggiava sotto le palpebre e la sensazione delle labbra di Desarm sulle sue.

**


Kiara socchiuse gli occhi, soffocando uno sbadiglio e tentando di riprendere il filo del discorso.

Aveva finito la sua zuppa da alcuni minuti e aveva rinunciato ad unirsi alla conversazione con Ryuuji e Beetee da più o meno mezz'ora.
Sentiva lo stomaco chiuso dall'agitazione e si era costretta a consumare la cena solo perché Waaka l'aveva guardata talmente male appena aveva provato a posare il cucchiaio da gelarla sul posto.
E poi, il colore dei capelli della stilista non l'aiutava di certo a contenere la nausea.
Attese ancora qualche attimo, dondolandosi sulla sedia e cercando di ascoltare il resoconto di Ryuuji sulla sua sessione.
Rinunciò subito; non riusciva a concentrarsi.
Sentiva un'agitazione febbrile attanagliarla; quel senso di iperattività la rendeva nervosa e insoddisfatta.
Fu più che contenta di alzarsi per andare a vedere i risultati delle sessioni.
Mentre si accomodava sulla poltrona, si chiese cosa stessero provando in quel momento Skylin e Misaka. Pensare alle sue alleate la fece sorridere.
Il programma iniziò e la voce leziosa del presentatore iniziò a commentare.
Kiara osservò curiosa Marina, la fredda ragazza dell'1, quella con cui aveva scambiato qualche parola durante le sessioni, quella che l'aveva fulminata con quegli occhi color ghiaccio così brillanti e cupi al tempo stesso.
Rimuginò un poco su quello sguardo, che era rimasto impresso a fuoco nella sua mente; come scordare quelle iridi luccicanti di fredda irritazione?
Non prestò la minima attenzione al resto dei Tributi, continuando a pensare a quegli occhi; si accorse che erano arrivati al suo Distretto solo quando vide il viso di Ryuuji apparire nello schermo.
Quando vide quella foto, si vergognò; non gli aveva nemmeno chiesto come era andata, come si sentisse. Lei, che prima aveva tanto desiderato la compagnia di Midorikawa, ora lo ignorava in quel modo?
Alzò gli occhi azzurri e incrociò un 7 che danzava sullo schermo; rivolse al ragazzo un sorriso, il più luminoso che avesse nel suo repertorio, come per farsi perdonare, e il verde ricambiò, uno scintillio negli occhi.
Kiara si sentì arrossire, ma cercò di dissimulare l'imbarazzo volgendo di nuovo gli occhi verso la televisione.
La sua foto comparve sullo schermo e la rossa trattenne stupidamente il respiro, tesa come una corda di violino; poco dopo, un altro splendido 7 roteava leggiadro, mentre la voce del commentatore faceva da vacuo sottofondo.
Si rilassò improvvisamente, una frizzante felicità che le solleticava il petto; andava tutto bene, 7 era un ottimo punteggio per lei, di sicuro non avrebbe potuto aspettarsi di meglio e tutto sommanto era anche alto.
Un 7, più la bella figura che aveva fatto alla sfilata, più qualche sorriso convincente durante l'intervista, sarebbero bastati per darle un po' di sponsor?
Ma dopotutto, lei non era così promettente. C'erano Tributi molto più impressionanti di una ragazzina mingherlina e sorridente.
Si alzò, improvvisamente restia dal stare in compagnia; dedicò uno sguardo al televisore, che rifletteva i punteggi dei ragazzi del Distretto 5, chiedendosi se valeva la pena di aspettare per vedere i risultati di Misaka e Skylin.
Si disse che tanto non sarebbe importato; però, mentre si incamminava nel corridoio freddo, si sentì un po' come se le stesse tradendo, come se fosse una ripugnante doppiogiochista.
Sospirò stancamente, appoggiandosi alla parete; questi sbalzi d'umore non erano da lei, affatto. Si lasciò scivolare lungo il muro, il volto nascosto fra le braccia e le ginocchia tirate al petto.
Rimase in quella posizione per minuti interminabili, scanditi dal ticchettio di un orologio appeso alla parete.
Quel silenzio innaturale fu rotto dal rumore dei passi che rimbombavano nel corridoio; Kiara non ebbe nemmeno bisogno di alzare lo sguardo per vedere chi fosse.
-Kiara.-
La sua voce era bassa, roca, ma così calma da irritarla e tranquillizzarla insieme.
-Che vuoi, Ryuuji?- il suo tono uscì molto più brusco di quanto avesse voluto; alzò gli occhi, incatenandoli a quelli del verde.
Midorikawa alzò un sopracciglio e la osservò per qualche secondo dall'alto, poi sbocciò in un sorriso che fece battere il cuore alla giovane.
-Dai, abbiamo preso più della sufficienza.- le porse la mano per aiutarla ad alzarsi e la rossa accettò la sua presa, confusa da quella frase.
-Come se fossimo a scuola.- precisò lui, vedendo la perplessità della ragazza.
Kiara scoppiò in una risatina priva di allegria. -Ma dai.- disse solo, in un sibilo.
Non aveva voglia di parlare con lui, non voleva stargli vicino; era strano, di solito si era sempre trovata in simpatia con il ragazzo, ma ora la sua presenza la metteva in soggezione.
Deviò lo sguardo da un'altra parte e la cosa non sfuggì a Midorikawa, che sbuffò.
-Senti, cos'è successo? Com'è che improvvisamente non mi parli più?- sbottò irritato il giovane, guardandola arrabbiato. -Credevo fossimo amici.- borbottò deluso e si affrettò ad andarsene, gli occhi lucidi di lacrime di frustrazione.
La rossa rimase a fissarlo mentre sbatteva la porta della sua camera e, in una sorta di apatia infetta, si avviò verso la propria.
Si mise il pigiama e infilò sotto le coperte con gesti meccanici, senza pensare.
Poi, vennero le lacrime. Non voleva litigare con Ryuuji, non sapeva neanche lei cosa le era preso.
E dopo le lacrime, inevitabilmente, venne il sonno, che l'accompagnò nell'oblio.

**


Zoey teneva lo sguardo basso, l'espressione crucciata e offesa.

Non vedeva l'ora di uscire da quella stanza.
Si era rifiutata categoricamente di mangiare: era sicura che avrebbe vomitato se avesse provato a ingoiare qualcosa.
Questo comportamento non era tanto dovuto all'ansia per la sua sessione -tanto era sicura di avere fatto un'ottima impressione-, tanto più a quello che era successo appena era uscita dall'ascensore.
Aveva visto Mac -no, Rionejo- confabulare con Mags e gli stilisti, con un'aria parecchio complice; appena lei aveva fatto il suo ingresso, si erano zittiti e si erano voltati a guardarla. L'avevano accolta come se non stessero parlottando fra loro come un attimo prima.
Zoey si era sentita quasi tradita da questo comportamento; era ovvio che Mac stava progettando qualcosa e la mentore era in combutta con lui.
E visto che si parlava di Hunger Games, la mora era certa che questa complicità la metteva in grande svantaggio; se Mags avesse aiutato solo il ragazzo, le sue probabilità sarebbero state molto meno.
L'entusiasmo della prova riuscita alla perfezione era scivolato via in men che non si dica, lasciando un profondo senso di abbadono mischiato a ribrezzo per il loro comportamento.
La giovane era crucciata e, oltre al senso di tradimento che l'aveva pervasa, doveva fare i conti con una curiosità davvero lancinante.
Voleva sapere cosa stavano borbottando alle sue spalle, che progetti tanto misteriosi aveva Rionejo.
Con amarezza, pensò che non avrebbe più dovuto dargli la grande confidenza che gli aveva riservato; per quanto i suoi occhi fossero dolci, lui era pur sempre determinato a vincere.
Si alzò e seguì gli altri verso il televisore, dove i risultati sarebbero stati emessi; ma Zoey era troppo immersa nelle sue riflessioni per prestare tanta attenzione.
Osservò lo schermo con occhi vacui, le parole del presentatore come sottofondo indistinto; la sua espressione non mutò nemmeno quando il 9 di Rionejo apparve scintillando di fianco alla sua foto.
Non riuscì comunque a impedire al suo cuore di iniziare a battere contro la cassa toracica con forza dolorosa, nei pochi secondi d'attesa che la separavano dal sapere il suo punteggio.
E infine, uno splendido 10 danzò allegro sullo schermo.
La mora si concesse un sorriso di vendetta, mentre una strana allegria maligna le sobbalzava nel petto; sapere di essere in vantaggio sul ragazzo le aveva fatto accantonare i problemi che la tormentavano -anche se per poco-, concendendole di assaporare quella piccola vittoria personale.
Dopotutto, lei aveva sempre saputo di essere migliore di Rionejo.
Dopo una decina di minuti di chiacchere e commenti, i due Tributi furono spediti a letto dal loro accompagnatore e si ritrovarono soli nel corridoio freddo.
Zoey esibiva un sorriso sornione tutto denti e fu sorpresa dal veder sorridere anche il ragazzo.
Le dava fastidio il fatto che lui riuscisse sempre a confonderla; però, decise, era il momento di prendere il coltello dalla parte del manico.
-Sei stato bravo, Rionejo.- lo adulò con disinvoltura, senza suonare civettuola o troppo soddisfatta. Semplicemente tranquilla, come a lei piaceva apparire.
Un lampo guizzò nello sguardo di lui. -Tu di più, Zoey. Ma io l'ho sempre detto, che sei un fenomeno.-
La mora si trattenne dal lanciargli un'occhiataccia per averla chiamata per nome. "Calma." si disse.
-Non esagerare. Conto solo sull'effetto sorpresa.- cercò di suonare modesta, mentre gli strizzava l'occhiolino, facendo scintillare i suoi occhi verdi nella penombra.
-Beh, è tardi. Direi di andare a dormire, se no domani non ci alziamo più.- le sorrise gioviale lui e a Zoey venne in mente un modo infallibile per vedere quell'espressione serena rompersi e cadere in mille pezzi.
Sì, quando voleva sapeva essere davvero sadica.
Gli si avvicinò, con il miglior sorriso enigmatico che sapeva fare, e posò le labbra sulla guancia scura del giovane, che diventò improvvisamente calda a quel contatto.
Sorrise leggermente, sentendolo arrossire così.
-Buonanotte.- gli sussurrò all'orecchio e poi si allontanò, nascondendo un sorriso di pura vittoria.
Entrò in camera, senza smettere di sorridere.
Un bacio, niente di meglio per cambiare le carte in tavola. Un bacio sulla guancia, certo, ma sarebbe bastato per scombussolare quell'equilibrio.
Rionejo aveva passato tutto quel tempo a confonderla, fra sorrisi e complimenti, e ora toccava a lei tenere le redini di quel gioco di sguardi.
E Zoey sentiva che avrebbe vinto.

**


Hakai era troppo concentrata sulla cena per prestare attenzione alla conversazione.

L'adrenalina che l'aveva catturata dopo la sua sessione non si era ancora esaurita; la bionda sentiva l'impellente bisogno di sorridere e non aveva motivo per non soddisfarlo.
L'agitazione la sfiorava ben poco e non era dell'umore giusto per tormentarsi con pensieri negativi.
Era bello, dopo un pomeriggio così intenso, poter mangiare del cibo sostanzioso e sorridere.
Hakai si sentiva avvolta da un sogno. Era una sensazione stranissima.
Il sapore salato della zuppa le riempiva la bocca, mentre la voce di Hiroto che chiaccherava con Yuujirou faceva da dolce sottofondo.
Appena la bionda era uscita dall'ascensore, il rosso l'aveva abbracciata e le aveva chiesto com'era andata. Hakai si era sentita felice e completa come non mai.
In quel momento, non la preoccupava il fatto che legarsi a Kiyama fosse la cosa più stupida che potesse fare. Ormai aveva poco tempo e non aveva intenzione di sprecarlo negandosi attimi di spensieratezza.
Terminò soddisfatta di cenare e tutti i presenti a tavola si alzarono per andare a vedere i punteggi alla televisione.
Hakai non si dette nemmeno la pena di lanciare un'occhiata di rimprovero al loro mentore, ubriaco fradicio come al solito.
Si sedette sul divano con Hiroto accanto; lui le passò un braccio intorno alle spalle e la bionda si sentì inebriata dal profumo di muschio bianco del ragazzo.
Sorrise, semplicemente. Non aveva bisogno d'altro.
I volti dei Tributi scorrevano sullo schermo, accompagnate da numeri che gli occhi azzurri di Hakai non registravano e la voce del presentatore che la ragazza sentiva come un brusio incomprensibile.
Si accorse di avere sonno. E si accorse anche che avrebbe potuto addormentarsi fra le braccia di Hiroto senza nessuna preoccupazione.
Arrossì leggermente e si allontanò a malincuore da quell'abbraccio, leggermente a disagio.
Non ebbe tempo di prestare attenzione al suo cuore che batteva violento contro la cassa toracica, però: la foto di Kiyama danzò sullo schermo e Hakai si rese conto di avere i palmi delle mani sudati.
Probabilmente, si disse, sto impazzendo.
Quasi non vide l'8 che apparve nello schermo subito dopo la foto del ragazzo.
Con altrettanta indifferenza vide il suo viso volteggiare con grazia nello schermo.
Osservandosi, si ritrovò a pensare che sembrasse incredibilmente fragile; quel pensiero la infastidì un poco.
E si disse che era altrettanto fastidioso quel 7 che comparve subito dopo, come a confermare la sua grazia e fragilità.
Le sembrò di sentire la voce di sua madre ripetere dolcemente che più un fiore è bello, più è fragile.
Ma a un fiore, pensò quasi nel panico Hakai, non serve a niente la bellezza se il suo stelo non riesce a resistere alle intemperie.
Si alzò di scatto, richiamando l'attenzione dei presenti. Sentì la loro accompagnatrice chiederle cosa aveva, ma non la considerò. Uscì dalla stanza, come in trance.
Si bloccò solo a metà del corridoio, quando sentì dei passi affrettati seguirla.
Fu come risvegliarsi da un sogno. Quel profumo di muschio bianco la invase e fece dissolvere il panico. Hakai si guardò intorno quasi spaesata, chiedendosi lei stessa cosa le era preso prima, che l'aveva fatta uscire così.
Si sentì arrossire e abbassò lo sguardo.
Inaspettatamente, Hiroto sorrise e la bionda si sentì sciogliere. Confermò la sua ipotesi di prima: stava impazzendo.
-Hai paura, fiorellino? Dai, 7 è un buon punteggio.- le chiese il rosso, un tono divertito e uno strano sorriso.
Hakai si perse fra i riflessi del suo sguardo.
Le mani di Kiyama le accarezzarono con dolcezza i capelli. -Non avere paura.- la sua voce era profonda, ipnotica. -Non permetterò che ti uccidano. Sei la mia principessa, ti proteggerò. Te lo prometto.-
E tutto perse senso quando le labbra di Hiroto si posarono sulle sue, in un contatto magico e folle. La giovane non capiva niente di quello che stava succedendo, ma non le importava. Si ubriacò di quel profumo e si aggrappò alla camicia del ragazzo, mentre lui le cingeva i fianchi con le braccia.
Hakai riuscì solo a pensare che quello che era il suo primo bacio. Eccolo, l'abbraccio dell'oblio.
Dopo qualche attimo però Kiyama si allontanò e le baciò la fronte, come a chiedere scusa per quel bacio proibito.
Dopo, la bionda si ritrovò in camera, avvolta nelle coperte e non seppe dire come ci era arrivata. Tutto era diventato confuso dopo quel bacio: l'unica cosa che riusciva a rievocare era il dolcissimo sapore delle labbra di Hiroto, come se dopo quell'attimo la sua mente avesse smesso di ragionare.
"Hiroto Kiyama mi ha baciata" riuscì solo a pensare e quelle parole si ripeterono come una mantra, fino a dissolversi nel torpore del sonno.
Si addormentò.

**


Hakaikuro si dondolò distrattamente sulla sedia, socchiudendo seccata gli occhi.

Appena era uscita dall'ascensore era stata letteralmente placcata dal loro accompagnatore e costretta a raccontare cosa avesse fatto, sotto lo sguardo divertito di Fudou.
La mora non vedeva l'ora di potersene finalmente andare da quella stanza.
Non le importava neanche di vedere i risultati; dopotutto, i giudizi di quel branco di idioti non la preoccupavano.
Conosceva le sue potenzialità e i suoi difetti e non aspettava certo che fossero gli Strateghi a dirglieli.
Era veramente annoiata: l'addestramento era stata una perdita di tempo - dopotutto, se uno è incapace, resta incapace - e il resto di stupidi eventi capitoliani ancora di più.
Mancavano ormai pochi giorni all'entrata nell'Arena e l'eccitazione cominciava a brulicare dentro di lei.
Finalmente il suo momento di gloria sarebbe arrivato! Era deliziata al solo pensiero di tutta quella sciocca marmaglia di ragazzini che avrebbero tremato di fronte a lei.
Ma ora non poteva fare altro che fremere su quella sedia e costringersi a deglutire una zuppa troppo salata per i suoi gusti e fantasticare.
Si sentiva come una bestia in gabbia in attesa di essere liberata.
In effetti, considerò soffocando uno sbadiglio, era un paragone azzeccato.
Appena le fu concesso, Hakaikuro si alzò di scatto, avviandosi di fretta verso la televisione e lasciandosi cadere sul divano.
Voleva andarsene al più presto da quella stanza.
Akio si chinò su di lei. -Dopo dobbiamo parlare.- le sussurrò all'orecchio, poi si andò a sedere dall'altra parte del divano, quanto più lontano possibile da lei.
La mora inarcò incuriosita le sopracciglia aguzze, chiedendosi cosa avesse di tanto importante da dirle.
Fudou Akio era quanto di più affascinante avesse mai incontrato, riflettè fra sè mentre il programma iniziava, anche se ammetterlo le costava bruciare buona parte di orgoglio.
Ebbene sì, il ragazzo la attraeva come nessuno aveva mai fatto. La mora non conosceva quella sensazione a cui non era sicura di voler dare un nome.
Quella situazione la infastidiva molto. Quando lui era vicino, una crescente agitazione e confusione la attanagliava. Hakaikuro aveva adottato la strategia dell'indifferenza: se erano lontani, tanto meglio, se erano vicini, gli parlava il minimo indispensabile ed evitava accuratamente di incrociare i suoi occhi.
Era davvero un comportamento umiliante per una combattente come lei, ma non poteva fare altrimenti.
Si sottrasse a forza da quelle considerazioni, concentrandosi sullo schermo.
Akio aveva preso un 9; davvero ottimo, anche se Hakaikuro questo lo sapeva già. L'aveva osservato molto durante l'addestramento e aveva concluso che non era niente male.
Guardò freddamente lo schermo, fissando senza interesse la propria foto. Il 10 che ne seguì la lasciò abbastanza indifferente, anche se non riuscì ad impedire che una sensazione di trionfo la pungolasse.
Se lo aspettava, dopotutto. Si sarebbe sorpresa per un punteggio minore di quello che le era stato assegnato; dopotutto lei era l'unica ad avere un'esperienza nel campo.
Subì passivamente i complimenti e il lungo discorso congratulativo dell'accompagnatore. Si scambiò uno sguardo esasperato con Akatama e provò quasi pena per lo stilista, costretto a subirsi ogni anno quello sciocco lezioso del capitoliano.
Provò un enorme sollievo quando si ritrovò nel corridoio deserto, lontano da quella voce troppo acuta e dal calore eccessivo della stanza.
Rimase appoggiata al muro, mentre Fudou la raggiungeva. Attese che fosse lui a parlare e si limitò ad osservare i giochi di ombre che le luci soffuse e asettiche del corridoio disegnavano sulla pelle d'alabastro del ragazzo.
-Complimenti, hai ottenuto un ottimo punteggio.- esclamò lui con un'ombra ironica nel tono; la mora assottigliò seccata gli occhi onice.
-Basta con i convenevoli, Fudou. Che vuoi?- ribattè gelida, continuando a fissarlo. Un sorrisetto si disegnò sulle labbra del ragazzo, facendole apparire misteriosamente invitanti agli occhi della giovane.
-Cosa voglio, dici? Ti voglio nella mia squadra.- rispose tranquillamente lui, mantenendo quel sorrisetto divertito.
Hakaikuro inarcò stupita le sopracciglia. Era l'ultima cosa che si sarebbe aspettata. -Prego?- domandò infatti, scettica.
-Chiariamo subito la faccenda. Io non ti sopporto, tu non sopporti me. La cosa è reciproca.- sibilò e la ragazza non potè che trovarsi d'accordo. -Però devo ammettere che sei una valida avversaria. I Favoriti mi hanno invitato nel loro gruppo e io ho proposto anche te nell'alleanza.- concluse e alzò gli occhi argentei, per puntarli in quelli oscuri della ragazza.
Per un attimo, la mora fu infastidita dal fatto che Fudou avesse già deciso per lei. Poi, la portata di quell'alleanza la raggiunse ed la esaltò.
-Favoriti, eh?- un sorriso maligno lampeggiò sulle labbra sottili della ragazza. -Mi piace.- disse in un sussurro e anche Akio ghignò, porgendole la mano.
-Allora ci stai?- domandò e Hakaikuro scorse uno strano brillio nei suoi occhi, una luce che le mandò i brividi lungo la schiena.
-Sì.- e strinse quelle dita fredde, suggellando un'alleanza che andava oltre all'unione delle loro mani. Era un vincolo, una promessa. Considerare Akio un'alleato appianava molte delle sue divergenze sentimentali e le risparmiava scomode elucubrazioni. I Favoriti erano i lupi che divoravano gli altri Tributi, in quei Giochi maledetti, e la mora non desiderava altro che quello.
Quella notte, Hakaikuro non ebbe incubi. Il pensiero che finalmente lei e Fudou erano legati da qualcosa tenne a bada i fantasmi e la cullò in un dolce oblio.

**


Annalisa se ne stava appoggiata alla sedia, le braccia incrociate e le labbra arricciate in un sorriso leggero.

Sì, era così che si sentiva. Leggera. Non allegra, o felice, soltanto leggera.
Dopo la sua sessione tutto era filato liscio come l'olio; aveva passato la sera a chiaccherare, nascondendosi dietro a un sorriso sbarazzino.
Non voleva che quella sensazione di serenità si spaccasse, perché dopo tanti giorni di angoscia e inquietudine quella felicità se la meritava.
Le spettava di diritto, dopotutto. E aveva paura che con un passo falso quella bramata tranquillità le scivolasse via di mano.
La ragazza socchiuse gli occhi smeraldini, facendo scorrere lo sguardo sui presenti fino ad arrivare a Shuuya.
Oh, Shuuya. Era il suo più grande enigma, l'entità che minacciava più di tutte la sua serenità.
Il resto dei suoi problemi riusciva ad abbatterli, più o meno facilmente, aiutata anche dal pensiero che Amelia e Natsumi erano sue alleate e non l'avrebbero abbandonata.
Ma Gouenji era qualcosa che andava oltre alla paura di morire. Era un problema totalmente diverso. Un problema che aveva a che fare con battiti troppo accellerati del cuore e rossore sul viso.
Non sapeva come gestire quella sensazione nuova. L'unica esperienza simile che aveva mai avuto era stata la classica cotta per il ragazzo più grande che aveva avuto ad undici anni ed era durata sì e no qualche mese.
Erano un po' gli stessi sintomi di quella volta, solo molto più intensi.
E non andava bene.
Solitamente, la riccia avrebbe riso in faccia a quest'ultima considerazione, ripetendosi che gli altri se la sarebbero fatta andare bene, questa situazione.
Però in questo momento non erano gli altri a preoccuparla. A non voler accettare la cosa era lei, questa volta.
Il fatto era che con il biondo nelle vicinanze Annalisa sentiva vacillare tutte le sue certezze. Sentiva, nell'antro più pericoloso del suo cuore, che per quegli occhi profondi avrebbe donato anche la sua stessa vita.
Arricciò il naso, increspando le labbra. Non aveva intenzione di perdersi di nuovo in quei pensieri sottili che finivano solo per confonderla.
Fu lieta di potersi alzare e concentrarsi su qualcos'altro che non fosse Gouenji.
Si avviarono verso il televisore e Annalisa si sedette trepidante.
Pian piano, riuscì a seppellire i suoi dibattiti interiori, concentrandosi su cose più presenti, più concrete. E arrivarono le preoccupazioni.
Come era andata la sua sessione? Strinse nervosamente la piuma di sua madre, mordicchiandosi le labbra piene.
I primi Distretti, come al solito, ottennero risultati eccellenti. Mentre i visi dei Tributi scorrevano sul televisore e un commentatore capitoliano faceva squillare la sua voce dall'accento stupido, la castana si chiese per la prima volta nella serata se quello che aveva fatto nella palestra sarebbe bastato.
Si chiese se spaccare la custodia della scure aveva dimostrato qualcosa, agli occhi degli Strateghi. Si chiese se sarebbe mai riuscita ad apparire letale davanti a loro.
Non era mai stata brava a sopravvalutarsi, però non credeva che sarebbe andata così male.
Non le sembrava di essere così debole, ma, dopotutto, chi era lei per giudicarsi?
Quando finalmente arrivarono al suo Distretto, Annalisa fece guizzare preoccupata gli occhi sullo schermo.
Shuuya aveva preso un 8; la riccia attese guardando quasi implorante la sua foto, come se potesse darle delle risposte.
E poi, alla fine, uno scintillante 7 apparve sullo schermo, strappandole un sospiro di sollievo.
Avrebbe potuto andare molto peggio. Il suo era un risultato positivo e dignitoso, nè troppo alto nè troppo basso. Mediamente buono, come era sempre piaciuto a suo padre.
Nel pensarlo, la castana sorrise. Era vero: l'uomo aveva sempre detto che troppo poco non andava bene, ma nemmeno esagerare era giusto.
Si chiese se lo stesse dicendo anche in quel momento, sorridendo e chiamandola "la mia Nali".
I due Tributi attesero fino alla fine del programma, chiaccherando con Blight e Samanta dei loro risultati.
Quando la loro accompagnatrice li spedì a letto, si ritrovarono per la prima volta soli in quella serata.
Annalisa avvertì un leggero imbarazzo nell'aria e si morse a disagio le labbra.
Cosa poteva dirgli? Non lo sapeva. Cosa si dice, di solito, a un tuo nemico mortale che però ti piace?
Non si era mai posta questa domanda e si accorse solo dopo di aver ammesso a se stessa che Shuuya le piaceva.
-Allora... Sono in vantaggio.- fu lui a parlare per primo, sorridendo sghembo e con un divertito tono di sfida.
Lieta che fosse stato il ragazzo a inziare il discorso, Annalisa gli sorrise di rimando.
-Ancora per poco. Troverò un modo per rovesciarti dal tuo trono, caro il mio principino.- ribattè con lo stesso tono la castana, facendogli la linguaccia.
Si guardarono qualche secondo e poi una scintilla illuminò gli occhi di lui; sfruttando l'effetto sorpresa, afferrò la ragazza per i fianchi, tirandola in un goffo abbraccio.
-Se io sono il principe, allora tu sei la mia principessa.- le soffiò all'orecchio, facendola rabbrividire. Annalisa arrossì e alzò lo sguardo per ribattere, ma Shuuya fu più veloce.
Posò le sue labbra su quelle della ragazza, che spalancò gli occhi smeraldini.
Fu questione di pochi attimi e Gouenji, mantenendo quel sorriso magnetico, la lasciò andare, senza mancare però di scompigliarle i capelli.
Le sussurrò la buonanotte con tono divertito e sparì nella sua stanza, lasciandola a bocca aperta nel corridoio.
La riccia si portò le dita alle labbra, dove quelle del biondo si erano posate.
Gouenji Shuuya l'aveva... baciata?
Fu scossa da un brivido e si rintanò in camera, sotterrandosi sotto le coperte.
Era confusa. Non poteva negare a se stessa che quel bacio le era piaciuto, e anche tanto, però non era giusto. Non poteva essere innamorata di lui, semplicemente non poteva.
Affondò nel sonno precipitando, sottraendosi ai pensieri e cullandosi nel buio familiare dell'incoscienza.

**


Misaka sedeva al tavolo con l'espressione imbronciata di chi vorrebbe essere in qualunque altro posto meno quello in cui è.

La frustrazione e rabbia che l'avevano colta durante la sua sessione continuavano a roderle il petto; si era chiusa in un silenzio assoluto e rifiutata categoricamente di mangiare.
Cecelia aveva provato a strapparle qualche parola sulla sua sessione, ma la bruna non aveva affatto collaborato, limitandosi ai monosillabi e agli sbuffi. Dopo molte di quelle risposte insoddisfacenti, anche la mentore si era stancata e l'aveva lasciata in pace.
La ragazza era seccata. Odiava gli Strateghi. Odiava Capitol City. Odiava quegli stupidi Hunger Games. E odiava più di tutti il giudizio idiota che da lì a poco le avrebbero dato.
La rabbia le rodeva lo stomaco. Ignorarla in quel modo! Come si erano permessi?! Il loro unico compito era guardare i Tributi, non potevano non farlo!
L'idea di essere stata surclassata da un banchetto era abbastanza deprimente.
Non si pentiva affatto di aver scagliato quel coltello verso gli Strateghi. Non potevano farle niente, dopotutto a Capitol City serviva un Tributo femmina del Distretto 8. Al massimo, pensò facendo distrattamente tintinnare le dita sul bicchiere di cristallo, l'avrebbero uccisa in modo cruento nell'Arena.
Venne ridestata dalla risata di Haruya; alzò frastornata gli occhi cobalto, cercando quelli dorati del rosso.
Non stava seguendo il discorso del ragazzo con Lucy, ma quel suono la ipnotizzò.
Sbuffò. Aveva già abbastanza problemi da sola, senza che ci si mettesse anche Nagumo a confonderle le idee. La malinconia che l'aveva presa prima della sua sessione era stata completamente spazzata via dalla rabbia per essere stata ignorata e non aveva intenzione di farsela tornare.
Haruya e gli scintillii potevano anche aspettare. Ora il suo problema più grande erano i risultati delle sessioni.
Per quando potesse non importarle, erano importanti. Il numero di persone disposte a sponsorizzarla sarebbe stato in gran parte determinato da quel voto e l'idea di essersi giocata gli sponsor per la sua dannata testa calda era inammissibile.
Si disse, quasi per consolarsi, che almeno suo padre sarebbe stato fiero di lei e del suo animo ribelle.
Quando tutti ebbero finito di cenare, si alzarono per andare a vedere i risultati alla televisione.
Cecelia le dette un buffetto sulla testa e Haruya sbuffò visibilmente, lasciandosi cadere sul divano e lanciandole un'occhiataccia.
Misaka ricambiò sfacciatamente quello sguardo; non poteva farci niente, lei, se la mentore le voleva bene. Che Nagumo si adattasse! Non era un problema suo.
Si sedette accanto al ragazzo, con cui scambiò uno sguardo al veleno.
No, si disse, non brillava nessuna scintilla in quegli occhi color miele.
In un'altra occasione, quella considerazione l'avrebbe rattristata, ma non era dell'umore adatto per dar peso a certe sottigliezze.
Il programma partì e i risultati iniziarono ad essere trasmessi. Misaka si sporse e individuò il voto di Kiara.
Tsk, quella bimbetta non era mica da sottovalutare! Si sentì quasi orgogliosa mentre lo pensava, come se fosse merito suo.
Attese svogliatamente, osservando i Tributi sfilare davanti ai suoi occhi.
Vide Nagumo esultare silenziosamente per il buon voto di quel Hiroto Kiyama, il ragazzo del 5. Misaka non potè impedire a una punta di gelosia di pungolarla, capendo che Nagumo aveva stretto un'alleanza con quell'altro rosso.
Il loro Distretto arrivò troppo presto per i suoi gusti. Cercò di assumere un'aria indifferente, ma non era brava a mascherare le emozioni.
Una goccia di sudore freddo le scivolò lungo il collo, mandandole un brivido.
Nagumo aveva preso 9; lui le indirizzò un'occhiata vittoriosa e Misaka alzò infastidita il mento, mandandolo mentalmente al diavolo.
Quei secondi di attesa furono logoranti; non voleva perdere quella sfida con Haruya, anche se dentro di sè sentiva che non doveva farsi false speranze.
Un brivido. Poi, un brillante 10 volteggiò per lo schermo, lasciandola a bocca aperta.
Quando realizzò che aveva preso un voto altissimo, proruppe in un grido di gioia, scattando in piedi.
Il volto di Nagumo si oscurò, forse per la rabbia di essere stato battuto. La bruna lo guardò con aria di superiorità, mentre Lucy trillava elogi verso di lei e Cecelia l'abbracciava stretta.
10! Era un voto così alto che quasi le toglieva il fiato, specialmente perché il suo non era un Distretto fra i Favoriti ed era raro che raggiungesse vette così alte.
L'orgoglio la invase come un fiume in piena, facendola sorridere, sorridere, sorridere. Si dimenticò totalmente della frustrazione che prima l'attanagliava.
Rimase nella stanza a sentire le complimentazioni degli adulti fino alla fine del programma. Sarebbe rimasta anche oltre; il sonno non la sfiorava minimamente e il successo le mandava brividi di adrenalina per la schiena, invogliandola a sorridere ancora di più.
Però la loro accompagnatrice li spedì a letto e i due Tributi non poterono che obbedire.
Misaka voleva burlarsi di Nagumo, voleva prenderlo in giro e ridere di lui.
Si sentì quasi in colpa mentre lo pensava, ma scacciò quella sensazione con un sorriso di vittoria. Dopotutto, aveva il diritto di essere orgogliosa.
Ma inaspettatamente, Haruya sogghignò verso di lei. -Ti sei montata la testa, eh? Povera, piccola illusa.- ridacchiò e un ombra oscurò gli occhi cerulei della bruna. Si impose di non insultarlo.
-Tsk, lo dici solo perché ti ho battuto.- esclamò altezzosa, incrociando le braccia al petto.
La risata di Haruya ebbe il potere di farle mancare la terra sotto ai piedi. Dannazione, perché doveva essere così bello mentre rideva?
-Aspetta e ti ricrederai. Perché sai, Misaka, tutti abbiamo qualche asso nella manica.- e l'unica cosa che la bruna riuscì a pensare, fu che il suo nome era bellissimo pronunciato dalla voce del ragazzo.
Si limitò a guardarlo sospettosa, senza riuscire a pensare a un modo per rispondergli.
Haruya si avvicinò fino ad essere a un palmo dal suo viso e sfregò il naso contro al suo, facendola arrossire furiosamente.
-C-Che diavolo fai?!- esclamò lei, indietreggiando imbarazzata.
Lui rise ancora. -Ricordati che ho sempre io il coltello dalla parte del manico. E non sarà uno stupido 10 a cambiare qualcosa.- ammiccò e, con uno strano bagliore nello sguardo, sparì dietro la porta della sua camera.
Misaka rimase immobile nel corridoio, le guance ancora bollenti d'imbarazzo.
-Vai al diavolo...- bofonchiò sottovoce per poi correre dentro la sua camera.
Haruya riusciva sempre a confonderla ed era una cosa veramente odiosa. Non riusciva a sopportare il potere che il rosso aveva sulle sue emozioni.
Sprofondò fra le coperte e si addormentò di schianto, con l'immagine del viso di Haruya, così vicino e invitante.

**


Natsumi appoggiò il viso al palmo della mano, assottigliando annoiata gli occhi.

Aveva mangiato di malavoglia, giusto per accontentare il loro accompagnatore; non aveva intenzione di parlare con Daniel, men che meno con Kazemaru, quindi non le restava che aspettare il momento in cui sarebbe uscita da quella stanza.
Affondò le mani nei capelli, sospirando leggermente; aveva evitato totalmente ogni contatto con il turchese, non volendo subire di nuovo la sensazione che l'aveva scossa prima della sua sessione.
Sul serio, di illudersi non ne aveva più voglia. Si era presa una stupidissima cotta per Ichirouta e, si disse, era arrivata l'ora di ammetterlo a se stessa.
La cosa, stranamente, le lasciava una fastidiosa irritazione al centro del petto, non la classica marea di preoccupazioni che di solito aveva provato quando si era innamorata.
Era avvolta in una stanchezza pressante che la rendeva insofferente a qualsiasi cosa. Decisamente, non vedeva l'ora di poter affondare nelle coperte e dormire, lasciare che i suoi pensieri venissero divorati dall'incoscienza.
Ecco come si sentiva: stanca di pensare.
Era paradossale, perché era quello il momento in cui si sarebbe dovuta affrettare a pensare all'intervista che presto avrebbero fatto, ma non aveva voglia di pensare più a nulla.
Ancor meno a Ichirouta e la sua cotta adolescenziale. Con una dolorosa freddezza, aggiunse che probabilmente sarebbe stata la sua ultima cotta adolescenziale. Il secondo pensiero avrebbe dovuto colpirla, ma la lasciò indifferente.
Quando tutti ebbero finito di mangiare, si alzò e si andò a sedere sul divano, davanti al televisore che fu prontamente acceso da Xerxes.
Lo stilista le strizzò l'occhiolino e le lanciò una caramella dal suo inseparabile sacchetto. Natsumi osservò la carta colorata e la strinse nel palmo, senza aprirla.
Il programma iniziò e la stanza si riempì dei commenti del presentatore. La sua voce era una fastidiosa nenia indefinita alle orecchie della rossa.
Registrò con assoluta indifferenza l'alto punteggio di Annalisa e il lampo di vittoria sul viso di Kazemaru quando vide il risultato del ragazzo del 7 non sfuggì ai suoi occhi attenti.
Probabilmente, aveva stretto un'alleanza con quel biondino dallo sguardo profondo. Era un pensiero che avrebbe dovuto esserle indifferente come gli altri, ma che la pungolò leggermente.
Stizzita, riportò l'attenzione sullo schermo: Kazemaru aveva preso un 7.
Rimase gelidamente immobile, senza riscontrare reazioni. A volte, la sua freddezza era così tranquillizzante... Voleva dire che andava tutto bene.
E fu piacevole sentire che anche il suo 9 non intaccò l'aura fredda che l'aveva avvolta.
9... Era alto. Ma dopotutto non si aspettava certamente un voto basso, lei che era stata addestrata sin da bambina.
Attese fino alla fine del programma, per non perdersi il punteggio di Amelia.
Le congratulazioni del gruppo di capitoliani non la sfiorarono minimamente. Si limitò a stringere più forte la caramella e scambiarsi un'occhiata con Xerxes. L'uomo le sorrise calorosamente e Natsumi distolse lo sguardo.
Davanti a quel sorriso, si sentiva a disagio, anche se non sapeva spiegarsi perché.
Il silenzio del corridoio vuoto, come aveva immaginato, fu tranquillizzante.
Ma la sensazione di serenità sparì in fretta, quando la rossa si rese conto che ora niente poteva salvarla dallo scontro con Ichirouta.
Arrossì, cercando disperatamente una via di fuga. Non voleva parlargli, non ora che era così confusa!
Il sospiro del turchese la fece gelare sul posto.
-Chissà come deve essere bello, avere un genitore che ha vinto gli Hunger Games.-
Natsumi rimase ferma. Non sapeva cosa rispondere e Kazemaru di certo non si aspettava che lei dicesse qualcosa.
-Ti invidio tanto, sai? Per te è sicuramente tutto facile. Sei avvantaggiata, in confronto agli altri. Anche io scommetterei su di te, se potessi farlo. Con un po' di fortuna, hai la vittoria in tasca. Chissà come deve essere bello e semplice, per te.-
Kazemaru alzò lo sguardo, incatenando i loro occhi. Natsumi non disse niente. Si sentì sconfitta, sfinita. Era stanca, stanca di fingere, stanca di giocare, stanca di pensare, stanca.
Prese un profondo respiro che sapeva di polvere.
-Tu non capisci.- mormorò solo, distogliendo lo sguardo. -Io... Io non volevo essere qui. Era il sogno di mia madre e io lo sostenevo per non deluderla. Ma non l'ho mai voluto.- Era l'unica cosa che le era venuta in mente. Ed era vera.
Finalmente l'aveva detto a qualcuno. Prima che riuscisse a fermarla, una lacrima scivolò sulla sua guancia.
La asciugò brutalmente. Era una stupida.
Kazemaru l'abbracciò. Profumava di bei sogni. Affondò il viso nei suoi capelli e pianse.
Non sapeva per cosa stava piangendo. Piangeva per tutto. Piangeva per le parole mai dette e per la paura. Piangeva, semplicemene.
Era liberatorio e poi Ichirouta aveva un così buon odore. Pianse anche per quello, per quell'amore sciocco che l'avrebbe distrutta. Lo sapeva.
Rimasero fermi, i due Tributi, dondolandosi in quell'abbraccio per un tempo infinito. Il turchese le sussurrò all'orecchio parole che Natsumi non sentì, ma che ebbero l'effetto di calmarla.
Si allontanarono piano, lentamente, quasi avessero terrore di rompersi se si fossero staccati troppo in fretta. Si guardavano negli occhi.
Kazemaru le sistemò una ciocca fulva dietro all'orecchio, con un sorriso intenerito che fece battere il cuore alla giovane. Le labbra di Ichirouta le sfiorarono la guancia umida e, sussurrandole la buonanotte, il turchese sparì nella propria camera.
Natsumi entrò nella sua barcollando, distrutta. Si lasciò cadere fra le coperte, ma non pianse. Aveva pianto abbastanza, per quella sera. Strinse solo la caramella di Xerxes, ancora intatta.
Sprofondò nel sonno con una dolcezza che sapeva di disperazione, con le cicatrici delle lacrime ancora impresse nelle gote.

**


Roxie si dondolava sulla sedia, sorridendo allegra.

Appena era uscita dall'ascensore aveva provato ad attaccare bottone con Yuuto. Purtroppo, Kidou non era molto propositivo: era rimasto con il naso affondato nei suoi dati anche durante la cena, suscitando l'irritazione della loro accompagnatrice.
La rossa era amareggiata, ma cercava di non darsi per vinto; il comportamento del castano era ingiusto e le lasciava in bocca il gusto amaro della delusione.
Non sapeva precisamente cosa si aspettava; però, dopo le chiacchere sul treno, pensava... Non lo sapeva neanche lei cosa pensava, cosa sperava di aver creato con il ragazzo.
Era tutto così confuso: l'unica cosa che sapeva per certo era che non voleva essere ignorata in quel modo da Kidou.
Si sentiva anche abbastanza stupida, per essersi illusa. Come una bambina sciocca a cui è stata negata la caramella prima promessa.
Che poi, quel paragone era stupido: Yuuto non le aveva promesso assolutamente niente, aveva fatto tutto da sola. Era un pensiero così triste...
Però non si sarebbe affatto arresa; avrebbe parlato con Kidou dopo, anche a costo di spingerlo contro un muro e cavargli le parole a forza.
Nascose dietro al cucchiaio di zuppa una risatina che quella situazione immaginaria le aveva fatto salire in gola.
Non era dell'umore giusto per farsi le paranoie. Per quelle, aveva tutta la notte a disposizione.
Passò la cena chiaccherando del più e del meno con Leila; i manicaretti capitoliani erano deliziosi e ne mangiò fin quando non le fece male la pancia. Dopotutto, chissà quando, nell'Arena, avrebbe fatto un pasto decente. Il minimo che poteva fare era abbuffarsi finché ne aveva la possibilità!
Appena tutti ebbero finito di mangiare, si spostarono davanti alla televisione per vedere i risultati delle sessioni private.
Roxie non era per niente preoccupata; non era mai stata brava a sottovalutarsi e conosceva le sue capacità.
-Ta-ta-ta-taaaannn...- momorò appena si fu seduta, per smorzare la tensione, imitando il suono grave del pianoforte e muovendo le dita in aria come se stesse premendo dei tasti.
Kidou, di fianco a lei sul divano, scosse la testa, in un modo che doveva essere sconsolato, ma si tradì con un sorrisetto divertito e alquanto rassegnato.
A quella reazione, la rossa si rilassò e gli sorrise di rimando.
Era felice di riuscire a farlo sorridere, perché la luce che gli brillava negli occhi vermigli quando lo faceva era semplicemente meravigliosa.
Il programma iniziò e Roxie passò in rassegna di ogni Tributo man mano che le loro foto sfilavano sullo schermo.
I punteggi era molto alti, per tutti. Iniziava a sentire una leggera tensione attanagliarle la gola.
Fu felice per il 7 di Hakai. Non avevano stretto una vera e propria alleanza, in realtà, ma le piaceva pensare alla bionda come a un'amica.
Arrivarono al Distretto 10 troppo presto; si era ripromessa di non agitarsi, ma avvertiva l'ansia crescere, mentre la foto di Yuuto appariva sullo schermo.
I commenti del presentatore erano inascoltabili per lei, niente di più che un misero sottofondo.
Il 9 di Kidou la fece sorridere e si premurò di stringere la mano al ragazzo per comunicargli la sua allegria. Il castano arrossì lievemente a quel contatto e le dedicò uno sguardo strano, che la giovane non riuscì a decifrare.
Il suo volto apparve subito dopo; stranamente, i secondi di attesa non furono logoranti e il suo 8 ebbe solo l'effetto di sciogliere quel nodo d'ansia che le si era creato in gola.
Le sue labbra carnose si dischiusero in un bellissimo sorriso soddisfatto; era da tanto che il suo Distretto non otteneva punteggi così alti!
L'allegria le montò nel petto con una velocità disarmante e si ritrovò a festeggiare con gli adulti.
La loro accompagnatrice aprì una bottiglia di champagne e brindarono al successo del loro Distretto.
Per quei minuti, Roxie dimenticò totalmente di essere delusa, amareggiata e in collera con Kidou.
Sentiva solo una grande voglia di sorridere, come se tutto andasse e sarebbe sempre andato bene.
Era una bella sensazione, tutto sommato. Presto però furono mandati a letto dal buon senso di Leila, che non voleva avere i Tributi stanchi, la mattina dopo, quando avrebbe dovuto prepararli per l'intervista.
Nel fresco del corridoio si lasciò sfuggire un sospiro stanco, ma contento. Era felice che la sessione privata fosse andata bene; iniziava a vedere delle possibilità di tornare a casa da Mia e la nonna e ciò bastava a farle dimenticare tutto.
Tutto, meno un piccolo conto in sospeso con Yuuto.
Stava per parlare, ma, con sua somma sorpresa, fu Kidou ad andare verso di lei.
La guardò un attimo e le parve terribilmente indeciso, terribilmente fragile; Roxie si crucciò, chiedendosi che cosa turbasse in questo modo il castano.
Lui aprì bocca un paio di volte, ma la richiuse subito.
-Tutto bene?- domandò con voce sommessa la ragazza, posando una mano sulla spalla di Yuuto.
Il giovane sospirò e le prese le mani, depositandoci dentro un bracciale.
La rossa lo guardò perplessa; non capiva il nesso fra il comportamento del ragazzo e quell'oggetto.
-Me... Me l'ha dato Haruna.- disse lui, sommessamente, per poi scuotere leggermente la testa. -Ma tu lo meriti più di me. Eri sua amica e lei si fidava di te. Tienilo.- parve sul punto di aggiungere qualcosa, ma poi si voltò e sparì nella sua camera.
Roxie rimase immobile, stupita e confusa. Guardò il braccialetto; era intrecciato a mano con lo spago chiaro, insieme a perline colorate che formavano una gradevole sequenza. A tutte le bambine insegnavano, a scuola, a fare bracciali come quelli; Mia gliene aveva regalati a centinaia.
Se lo allacciò al polso, assorta, per poi entrare in camera.
Sentiva che sotto le parole di Kidou c'era qualcosa, un significato che non riusciva ad afferrare.
Quella notte prendere sonno fu tremendamente difficile.

**


Skylin sorrise.

Per tutta la cena, non aveva fatto che quello.
Trovava la situazione buffissima, paradossale: aveva rotto il campo di forza che proteggeva gli Strateghi... cantando?
Ridacchiò sommessamente. La piccoletta del Distretto 11 che li faceva sfigurare in questo modo! Dovevano vergognarsi moltissimo in questo momento.
Era certa che questo fatto non si sarebbe divulgato, però Skylin, nel suo piccolo, si sentiva tremendamente soddisfatta, come se avesse già una piccola vittoria nella sua collezione.
Non vedeva l'ora di raccontare a Kiara e Misaka com'era andata.
In realtà, era parecchio strano: non pensava che i campi di forza si potessero rompere con le onde sonore eccessivamente acute. Non era mai stata un genio nelle materie scientifiche, però le sembrava una cosa da fantascienza.
Non che le desse fastidio aver arrecato tanti danni ai capitoliani, anzi. Solo che era incredibile, quasi ridicolo.
Aveva ignorato totalmente Atsuya, che continuava a lanciarle occhiate indagatrici. Probabilmente, pensò la castana sorseggiando la zuppa, stava pensando che lei fosse pazza, dato che continuava a sorridere come una sciocca.
Pensare al ragazzo le provocò una fitta alla bocca dello stomaco. Da quando era uscita dall'ascensore, aveva notato che l'arancione aveva un'aria parecchio soddisfatta. Un'aria che confermava i suoi peggiori sospetti.
Durante l'addestramento, l'aveva tenuto d'occhio - sopratutto dopo la zuffa con il ragazzo del 6 -.
Non le era ancora andata giù quella questione, perché Fubuki non aveva il diritto di comportarsi da incosciente in questo modo. Comunque, a preoccuparla non era la sua propensione a fare a botte, ma le alleanze che sembrava aver stretto.
Non era sicura, ma Atsuya aveva passato molto tempo con i Favoriti e Skylin era spaventata dalla possibilità che lui si fosse unito al loro gruppo.
Il loro Distretto non era mai fra i Favoriti, però capitava che venisse accolto in quell'alleanza anche qualche Tributo particolarmente bravo.
Era terrorizzata all'idea che Fubuki fosse un Favorito, anche se non sapeva bene perché.
La voce di Naigel che la chiamava la riscosse. Non si era nemmeno accorta che tutti i presenti si erano spostati davanti alla televisione.
Andò a sedersi di fianco ad Atsuya e, vedendo quella luce fiera brillargli nello sguardo, fu certa che i suoi peggiori sospetti fossero veri.
Gonfiò le guance e incrociò le braccia al petto, sprofondando nel divano; non riusciva a crederci.
Il programma iniziò e Skylin provò inutilmente a concentrarsi; registrò con passività i punteggi delle sue alleate e guardò apaticamente tutti i visi dei Tributi.
Forse, mentre i risultati dei ragazzi del Distretto 10 scorrevano sullo schermo, la sfiorò il pensiero che, avendo distrutto il campo di forza, gli Strateghi avrebbero potuto decidere di darle il punteggio più basso nella storia degli Hunger Games.
Ma era un'idea sfuggevole e volò via quando il 9 di Atsuya brillò sullo schermo.
La castana guardò quel numero con aria crucciata: effettivamente, quello era un punteggio da Favoriti.
Represse un sospiro e osservò in attesa la sua foto; sembrava più piccola di quanto fosse in realtà e quel pensiero la irritò leggermente.
I secondi che seguirono furono snervanti, corrosivi: poi, un 10 accecante balzò sullo schermo.
Skylin battè gli occhi dorati, come se fosse colta da un'allucinazione. 10? Dopo quello che aveva fatto? Dopo aver distrutto il campo di forza?
L'esclamazione di vittoria le crebbe in gola più tardi del previsto, ma fu comunque accompagnata dai complimenti degli adulti.
10! Non si vedeva un punteggio così alto nel suo Distretto da chissà quanto.
Rise, mentre Seeder le scompigliava i capelli e dava un buffetto ad Atsuya, complimentandosi con loro.
L'euforia, comunque, le scivolò ben presto di dosso e tornarono le preoccupazioni. Doveva parlare con Fubuki, confermare i suoi sospetti.
Per questo non perse un momento, appena furono soli nel corridoio freddo.
-Fubuki.- esordì e l'arancione la guardò con un sorrisetto ironico.
-Quindi...- incrociò le braccia al petto, la voce fredda, traboccante di risentimento. - ...ora te la fai con i Favoriti.-
Non era una domanda, ma nemmeno un'affermazione. Sembrava una constatazione che voleva essere smentita. Ma Atsuya si limitò a scrollare le spalle.
-E tu te la fai con la piccoletta del 3 e la bruna dell'8. E allora?-
Quella fu la goccia che fece traboccare il vaso. Skylin non credeva di essere sul punto di scoppiare, ma quel "e allora" la colpì troppo forte.
-E allora?!- strillò infatti, gli occhi spalancati e furenti. Lo inchiodò al muro, stringendogli il colletto della maglia nelle mani. -I Favoriti! Ma lo sai cosa sono i Favoriti?! Per anni hanno ucciso i nostri Tributi e ora tu hai il coraggio di dirmi "e allora"?!- avvertì la voce diventare eccessivamente acuta e le mani tremare, come se fosse sul punto di piangere. -Ma tu non ci pensi?! Non ci pensi a Shirou? Shirou non l'avrebbe mai fatto! Lui... Lui avrebbe...- la voce le si ruppe e non continuò più. Ora sì che stava per piangere.
Questa volta furono gli occhi di Atsuya ad incendiarsi. Si liberò dalla stretta della ragazza con uno scrollone.
-Shirou ti avrebbe abbracciata e consolata e protetta come una principessa! Ma...- la voce di Fubuki tremò. -Ma io non sono Shirou! Smettila, smettila di paragonarmi a lui! Io non sono e non sarò mai come Shirou! Mettitelo bene in testa! Io voglio sopravvivere e sopravviverò, a qualunque costo. Anche a costo di allearmi con i Favoriti!- si fermò, il fiato grosso, gli occhi luccicanti di lacrime o forse di collera.
Skylin non disse niente. Era troppo frastornata, troppo impegnata a trattenere le lacrime per dire qualcosa.
-Mettitelo bene in testa, Skylin. Io non sono Shirou.- sibilò Fubuki con voce fredda e poi sparì dentro la sua camera.
Forse la castana sentì l'eco dei singhiozzi, dietro quella porta, ma non entrò mai per controllare. Si voltò e camminò, fin quando non cadde fra le lenzuola profumate del suo letto.
E pianse. Pianse fino a quando le illusioni non furono finite. Pianse fin quando le lacrime non smisero di scendere. Pianse fino a cadere nel sonno.

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Amelia era sdraiata supina sul letto.

Aveva amabilmente ignorato i richiami di Effie e si era premurata di chiudersi a chiave in camera, in modo da non farla entrare. Non aveva assolutamente intenzione di mangiare, né di presentarsi a tavola.
Certo, avrebbe dovuto trascinarsi fuori da lì per vedere i risultati delle sessioni private, ma ci avrebbe pensato dopo.
Osservava il soffitto con aria assorta, le mani strette intorno all'ametista che le aveva regalato suo padre.
Aveva percorso talmente tante volte i bordi sbeccati e le fenditure della pietra preziosa che ormai le sue dita ne conoscevano a memoria tutte le insenature.
Tracciò con le unghie una crepa. L'ametista non era più fredda, ma era stata vagamente riscaldata dal tepore delle sue mani.
Doveva parlare con Fideo. Già. Il solo pensare al ragazzo la faceva ribollire di rabbia.
Come aveva potuto proporre un'alleanza senza nemmeno consultarla? In un angolo della sua mente, un'odiosa vocina le diceva che anche lei aveva fatto lo stesso, ma la zittì prepotentemente.
Era il ragazzo in torto, non lei. E poi, Natsumi e Annalisa erano ottime combattenti, mentre quel Kidou...
Non voleva litigare con l'alleato, assolutamente no. Però non poteva neanche accettare questa decisione a priori.
Sospirò, pensando che Leila l'avrebbe sgridata per essere così prevenuta nei confronti di Kidou. Forse, quel ragazzo aveva dei lati nascosti.
In effetti, se ci pensava bene, non era nemmeno così male. L'aveva visto di sfuggita durante l'addestramento e aveva fatto una trappola così avanzata che anche l'istruttore era rimasto impressionato.
Un fastidioso senso di colpa le pizzicò il petto, facendola ringhiare. No, non sarebbe andata a scusarsi con Fideo, ben che meno con quel Kidou.
Ne andava del suo orgoglio.
Si mise a sedere stizzita e diede un'occhiata all'orologio. Il programma doveva essere iniziato da poco.
Si stiracchiò e andò in bagno a sciaquarsi il viso, con tutta calma. Osservò allo specchio le sue gote arrossate dall'acqua calda e si legò i capelli spettinati in una treccia.
Poi uscì e attraversò il corridoio con passo di marcia.
Appena entrò nella sala, le reazioni a catena furono sorprendenti. La Trinket squittì e iniziò a sgridarla per il suo comportamento ineducato, Haymitch, del tutto ubriaco, se ne uscì con uno dei suoi commenti di pessimo gusto, Elise la salutò con la mano e Fideo la guardò, nascondendo una risatina.
Amelia rimase un attimo ferma all'ingresso, forse valutando l'idea di andarsene, poi andò a sedersi di fianco al castano ignorando totalmente tutti i presenti.
Incrociò le braccia e guardò la televisione.
Erano arrivati al Distretto 6. Fu sollevata, perché era arrivata in tempo per vedere i risultati di entrambe le sue alleate.
Una volta che anche il 9 di Natsumi fu sparito dallo schermo, lanciò un'occhiata di superiorità a Fideo, che le indicò con un cenno lo schermo, senza ribattere.
Quando vide che quel Kidou, quello che lei aveva definito insignificante, aveva preso un 9, fu attraversata da una scarica di frustrazione.
Sprofondò nel divano, imbronciata. Era molto meglio di quanto pensasse, quel ragazzetto.
Il punteggio di Fideo le fu del tutto indifferente: un 7, buono per uno dei Distretti più mediocri.
La sua foto fu seguita da un 8. Amelia rimase a fissarlo per un po', prima di riuscire ad abbozzare un sorrisetto orgoglioso. Beh, era sempre un punto in più di Fideo. "E uno in meno di Kidou" ci tenne a ricordarle l'odiosa vocetta nella sua testa.
I complimenti che seguirono furono la cosa più snervante della serata; Amelia voleva solo uscire da quella stanza, parlare con Fideo, spuntarla su di lui e ritirarsi nella sua camera.
Dopo quella che le sembrò un'eternità, riuscì ad uscire. Il corridoio era fresco ed illuminato dai lampadari asettici.
I due Tributi rimasero fermi e in silenzio per un po', fin quando Fideo, stanco di dondolarsi sui talloni, abbozzò un sorriso.
-Sei molto bella con la treccia.- disse candidamente, ma la ragazza non cambiò minimamente d'espressione.
-Non ho cambiato idea e non la cambierò con i tuoi complimenti.- dichiarò fredda, scoccandogli uno sguardo di rimprovero.
Fideo sospirò. Doveva raccontarle tutta la storia, allora. Si appoggiò alla parete e Amelia fu quasi intimorita dall'espressione seria del suo volto.
-Sai, io ho una sorellina.- quelle parole, bastarono a far correre un brivido sulla schiena della ragazza.
-Ha sette anni ed è bellissima. Ha i capelli biondi come il grano e una risata candida. I suoi occhi... sono spettacolari. Non sono occhi del Giacimento. Sono verdi, verdi come il sole attraverso le foglie, verdi e brillanti come smeraldi. Si chiama Rushe.- un sospirò scivolò dalle labbra del ragazzo. -La mia sorellina è cieca.-
Quell'affermazione colpì Amelia come un pugno nello stomaco. Conosceva Rushe di vista, perché di bambine bionde e con occhi così verdi ne esistevano poche, nel Distretto 12. Quella bimba era nota per la sua allegria; vedeva del bello in tutto.
-Una rara malattia agli occhi l'ha colpita l'anno scorso. Si potrebbe guarire, ma... i costi sono troppo elevati.-
La ragazza annuì. Lo sapeva fin troppo bene. Quando sua madre si era ammalata di cancro, sarebbe stato possibile guarirla all'inizio, con alcuni interventi a Capitol City. Ma le cure mediche di questo tipo costavano troppo per quasi tutte le famiglie del loro Distretto.
Fideo alzò lo sguardo e lo puntò su di lei. Amelia si sentì affogare in quegli occhi profondi come l'oceano. -Se vincessi, potrei pagarle l'operazione e la mia Rushe tornerebbe a vedere. E' per questo che voglio assolutamente vincere. E' per questo che ho bisogno di Yuuto. Non chiedermi scusa, se costa troppo al tuo orgoglio, ma accettalo nell'alleanza.-
La castana trattenne il fiato. Non se lo aspettava. Si morse le labbra e deglutii. -D'accordo.- mormorò piano. -D'accordo.-
Fideo le dedicò un sorriso bellissimo, che la fece vergognare per il suo comportamento egoista. Dopotutto, lei voleva vincere solo per sopravvivere, solo per se stessa.
Lui le augurò la buonanotte ed entrò nella sua camera. Amelia si appoggiò al muro e sospirò rumorosamente.
Non poteva farsi coinvolgere in questo modo. Non avrebbe mai più dovuto lasciarsi commuovere da queste storie. Lei doveva tornare a casa.
"Scusa Rushe" pensò, mentre entrava nella sua camera e si lasciava sprofondare nel letto. "Ma io voglio sopravvivere".
















Beh... Eccomi qui.
Scusate per i mesi di assenza; non voglio cercare scuse, quindi dirò la verità. Ero troppo pigra e impegnata con i compiti per terminare questo capitolo.
Ora però ce l'ho fatta.
Mi dispiace, ma state certi che non abbandonerò questa long. Ci tengo troppo.
Volevo solo ringraziare tutti i coraggiosi che ancora seguono questa fanfic.
Grazie, è solo per voi temerari che continuo a scrivere.
Spero di riuscire ad aggiornare più spesso e non sparire per così tanto, in futuro.
Un ringraziamento speciale va a MarinaDust 99, la mia neechan, che finalmente oggi ho incontrato.
Grazie, grazie, grazie tesoro. Non credo che sarei riuscita ad aggiornare se tu non me l'avessi continuamente ricordato.
Questo capitolo è dedicato a tutti voi, ma proprio tutti, che ancora si ostinano a seguire i miei aggiornamenti, nonostante sparisca per molto tempo.
Sperando di essere più puntale, nel nuovo anno,
Lucchan
  
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