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Autore: wallflower    02/01/2015    9 recensioni
{Traduzione di Strings, una ff americana.}
“A quanto pare hai un appuntamento,” l'uomo indicò il biglietto che Thomas aveva messo sul tavolo e il moro annuì in silenzio. “Beh, non essere così felice, potrei diventare cieco per tutto questo entusiasmo.”
Thomas lo guardò piuttosto male, ma il barista fece spallucce e scelse un altro bicchiere.
“Ci sono delle regole?” chiese dopo una lunga pausa e l’uomo sbuffò da dietro il bancone.
“Tipo portare un mazzo di fiori?”
“Molto divertente.”
“Beh, hai chiesto se ci fossero delle regole per un fottuto anonimo, domanda stupida, risposta stupida,” rispose l’omaccione e Thomas brontolò qualcosa di incoerente. “Ti dicono il posto e ti danno l’ora. Vai lì, ti diverti e te ne vai. Questo è tutto. Cosa altro ti serve? Un manuale su come toglierti i pantaloni?”
“Beh, forse sapere se la tipa sarà una maniaca o-,”
“Una tipa? Come fai ad esserne così sicuro?” il barista lo interruppe con un tono divertito.
“Aspetta, può capitarmi anche un ragazzo?”
“Può capitarti un cavallo per quanto me ne importa,” il barista sogghignò. “Ma sì, è logico. Ti capita quello che ti capita.”
Genere: Angst, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Minho, Newt, Teresa, Thomas
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Salve a tutti! Questa bellissima storia non è opera mia, ma bensì di una fantastica autrice americana (lokidiabolus) che potete seguire su Ao3 e che mi ha dato il pieno consenso di tradurre la sua fanfiction! 
E’ la mia prima traduzione in assoluto, quindi se ci sono errori scusatemi, ma la storia mi è piaciuta un casino e merita davvero di essere condivisa con il fandom e fangirls italiane dei Newtmas. 
Qui potete trovare la storia originale!
Se avete un po’ di dimestichezza con l’inglese vi consiglio vivamente di leggerla anche in lingua originale, ne vale la pena. Detto questo, se avete dubbi, domande o altro chiedete pure. 
Buona lettura! Un abbraccio, 
wallflower



                                                                                                   

                                                                 


                                                    Capitolo 1: A Card
Thomas aveva pensato che perdere la testa fosse diverso. Forse con più sintomi, come dimenticare le chiavi o mettere il pane nel frigorifero e i piatti sporchi sulla terrazza. O svegliarsi la mattina e pensare di chiamarsi Bob e di essere Satana o comunque qualcosa di più normale.

Non aveva mai provato nulla di tutto ciò, oppure i suoi migliori amici l’avevano tenuto nascosto – non ne era sicuro, erano diabolici in ogni caso – , ma il punto comunque restava. Stava perdendo la testa:  in quale altro modo avrebbe potuto spiegare il perché si trovasse lì, davanti ad un locale poco illuminato, a bere un bicchiere pieno di chissà cosa e a fissare un biglietto per un appuntamento con linee dorate ai margini? Lo squadrava da almeno dieci minuti, completamente rigido e incapace di capire la sua stessa decisione di andare comunque in quel posto e usare quella carta.

Era cominciato tutto con Minho e Teresa che facevano gli enigmatici a causa del suo compleanno. Aveva paura che lanciassero una mega festa che sarebbe finita con l’arrivo o della polizia o dei pompieri, ma lo avevano sorpreso con qualcosa di migliore – o peggiore, dipendeva dai punti di vista. Thomas aveva pensavo che fosse migliore all’inizio, ma ora era propenso a pensare che fosse peggiore, forse anche disastrosa. A cosa stava pensando? A cosa stavano pensando loro?

Thomas era sempre stato un ragazzo affidabile, fedele. Gli piaceva pensare, o almeno fino ad un certo punto, che le sue relazioni fossero buone e stabili, niente dramma, niente alti e bassi, solo un flusso costante di due persone insieme. Sebbene lo trovasse abbastanza conveniente, non aveva mai avuto una relazione durata più di mezzo anno (ed era capitato solo una volta. La durata massima era di circa 3 o 4 mesi in totale). Solitamente, però, non era lui quello a rompere, era la ragazza. Quasi noioso, dicevano. Mancava qualcosa. Qualcosa non era come doveva essere. Poco tempo. Poca passione. Tutto troppo calcolato.

E così Thomas aveva ottenuto l’etichetta di ‘prevedibile’ e gli dava così fastidio che Minho e Teresa si erano stufati delle sue lamentele deprimenti e gli avevano dato questo.

Un biglietto.
Per un appuntamento.
In un club.

In un ‘No Strings Attached’ club*. Era nascosto sotto l’acronimo NSA, qualcosa che suonava misterioso e un po’ sinistro, e se non vivevi in quel mondo tale abbreviazione non significava nulla per te.

All’inizio Thomas aveva pensato che fosse qualcosa di illegale. Qualcosa che Minho aveva deciso di provare perché gli piaceva giocare con il fuoco, e Teresa era abbastanza matta da appoggiarlo. Quando lo avevano portato fuori per pranzo e gli avevano presentato l’elegante biglietto con la data e l’ora non sapeva cosa aspettarsi.

“Un regalo di compleanno,” aveva detto Minho con un ghigno. “Così la smetti di fare il depresso. Senza offesa, amico, ma il tuo piagnucolare sta diventando stancante.”

“Gesù, grazie,” Thomas gli lanciò un’occhiataccia ma non ebbe alcun effetto sul ragazzo. Lo conosceva da anni ed era ormai abituato ai suoi commenti da intelligentone. Il coreano era sempre capace di sollevare il suo morale dal profondo delle tenebre o, in alternativa, farglielo sprofondare ancora più in basso. Lo teneva in bilancio, nel punto giusto, al momento giusto, con il giusto comportamento, e Thomas non si vergognava di ammettere che si fidava ciecamente di quel ragazzo.

“E' vero,” aggiunse Teresa alla conversazione, sorseggiando il suo Martini. “E detto da me, vuol dire qualcosa.”

“Beh, scusatemi tanto se mi sono permesso di essere triste dopo una rottura,” Thomas si accigliò guardando scontento la ragazza e lei in cambio inclinò solo la testa di lato. Teresa era la sua amica d’infanzia, e certe volte Thomas si chiedeva come aveva fatto a rimanerlo fino ad ora. La ragazza era intelligente, indipendente e forte – otteneva sempre ciò che voleva e non aveva bisogno di nessuno per farlo e Thomas ammirava quell’abilità, fino a quando lei non decise di controllare anche la sua di vita, come se fosse sua madre. A quel punto Thomas aveva tracciato i confini, ed era qualcosa a cui lei non era abituata. Avevano litigato parecchie volte proprio per quel motivo.

“Hai solo bisogno di sbollire un po’,” Minho indicò il biglietto. “Sai cosa? Entra lì dentro, divertiti, e quando esci fuori dimenticati di tutto.”

“Cosa?”

“Uno strappo alla regola,” il coreano sogghignò e schioccò la lingua, facendo sbuffare Thomas.

“Stai cercando di dire quello che penso?” non  voleva nemmeno sapere la risposta – il sorrisetto di merda di Minho parlava da sé.

“Una notte con qualcuno,” Teresa si unì di nuovo alla conversazione, con il suo solito tono di voce da ‘
capirai’ che usava spesso. Molte volte ci stava, ma in quel contesto Thomas non riusciva a capire perché ci avesse anche solo provato.


Una notte con qualcuno? Impossibile. Thomas non l’aveva mai fatto, e non aveva intenzione di farlo. Perché mai gli avrebbero dovuto regalare una cosa simile? Era come se non lo conoscessero nemmeno.

“State scherzando?” Li guardò entrambi, incredulo. “Una notte con qualcuno? Con chi credete di parlare?”

“Con un ragazzo che ha bisogno di rilassarsi” Minho scrollò le spalle. “Sei in questo stato da due settimane, e da come la vedo io non riuscirai ad uscirne fuori senza una buona spinta.”

“E per una buona spinta intendi fare sesso con persone a caso?” Thomas quasi abbaiò una risata.  “Seriamente? E’ disgustoso”.

“Io ci andrei,” Teresa fece spallucce. “Il club ha le recensioni migliori. Non è solo qualcuno che incontri lì. Tutte le persone sono ben accreditati e i posti sono i migliori.”

“Oh, dio” Thomas si pizzicò la punta del naso. “Una botta e via? Una notte con quei..maiali?”

“Sei uno di quei maiali,” Gli ricordò Minho. “Perché pensi di aver quel biglietto?”

Tu l’hai comprato.”

“Per
te,” Il coreano gesticolò indicando l’oggetto in questione. “Non è che devi scopare con ogni tizio che incontri, va bene? Ma devi almeno fare qualcosa visto lo stato in cui ti trovi.”

“Sto bene!”  Thomas esclamò un po’ troppo forte e quando le persone intorno a loro cominciarono a voltarsi e guardare sospirò e abbassò la voce. “Non potete aspettarvi che io ci vada. Seriamente. Io? Mai.”

“Te l’avevo detto,” Disse Teresa con un sorriso, guardando Minho come se avesse appena vinto una scommessa e il prezzo fosse stato una tazza di amarezza. “Uno spreco di tempo. Come sempre.”

“Beh, scusatemi per non-“

“Non preoccuparti,” lo interruppe lei severamente. “Ti manderò un cesto di frutta domattina. O qualcosa. Buon compleanno.”

E con ciò finì il suo drink, si alzò e si mise addosso il lungo, elegante e rosso cappotto.

“Pagherò per questo inutile pomeriggio,” disse ad entrambi e prima che Thomas potesse reagire (e lo voleva, ma ancora non sapeva esattamente come) la ragazza si diresse verso il bar e dopo un po’ fu fuori dal ristorante.

“E’ davvero sexy quando si arrabbia,” Osservò Minho come se fosse un dato di fatto e Thomas gemette con disappunto. “Però davvero. Provaci. Spegni il tuo stupido cervello per una notte. Divertiti. Forse sarà il miglior sesso della tua vita. E non avrai nemmeno bisogno di tornare da loro una volta finito, un piccolo bonus.”

“Minho..”

“Fai un tentativo. Voglio dire, se proprio non vuoi brucia il biglietto. Ma sarebbe uno spreco,” Minho gli diede una pacca sulla spalla. “Se la persona non ti piace puoi sempre andartene. Dire che è stato un errore. O lo faranno loro. Chi lo sa. Può succedere di tutto.”

“Tu ci andresti davvero se qualcuno ti desse il biglietto?” Thomas allungò esitante la mano verso la carta, facendola roteare fra le dita e Minho ridacchiò.

“In un batter d’occhio,” confermò lui. “E’ eccitante, no? Ha una specie di scintilla pericolosa.”

“E’ questo ciò che mi preoccupa” mormorò Thomas infelicemente.

“Ascolta,” Minho lo spinse con un sorriso e digitò velocemente qualcosa sul suo cellulare, cosa che fece illuminare anche quello di Thomas con una schermata che diceva ‘nuovo messaggio ricevuto’.  “Il club è su quel indirizzo. Vai lì prima dell’incontro. Guardati intorno. Forse riuscirai a capire qualcosa di quello che starà per succedere, va bene?”

“E’ un indirizzo diverso da quello che c’è sul biglietto che mi avete dato,” Sottolineò Thomas, inarcando le sopracciglia quando lesse il messaggio. “Perché?”

“L’incontro è programmato da loro,” Minho si strinse nelle spalle. “Vuol dire che il club è un posto per trovare un partner. Ma quando hai un appuntamento ti dicono il giorno, l’ora e il posto in cui incontrare la persona. Per mantenere tutto in ordine e, beh, in anonimato.”

Thomas fissò i dati scritti sulla carta che aveva in mano e il disagio scivolò su di lui senza pietà. Era impossibile, si era detto. Impossibile che ci andasse, impossibile rischiare.

Dio, avrebbe corso un grossissimo rischio. E se lei, la ragazza che doveva incontrare, fosse stata una criminale? Una masochista? Una maniaca con i tacchi, le manette e una frusta?

“Non credo che il bicchiere possa darti una risposta a tutto quello che cerchi,” una voce inaspettata lo fece sussultare e ritornare al presente – quello dove era seduto su uno sgabello al NSA club. Il bicchiere era ancora mezzo pieno, il biglietto giaceva sul bancone e rideva di lui con le sue iniziali incise, e lui non era nemmeno sicuro di cosa ci facesse lì.

Il barista lo stava guardando con le sopracciglia alzate, e Thomas realizzò che era stato lui a parlare prima. Era un ragazzo di corporatura massiccia, definitivamente più alto e muscoloso di Thomas stesso, e non sapeva cosa pensare a primo impatto – sembrava in grado di prendere a pugni qualcuno senza troppe difficoltà,  ma allo stesso tempo di sedersi e ascoltare qualsiasi tipo di monologo depresso mentre fletteva i muscoli.

“Era un buon drink”, fu tutto quello che Thomas riuscì a dire e il barista posò il bicchiere che stava lucidando.

“A quanto pare hai un appuntamento,” indicò il biglietto che Thomas aveva messo sul tavolo e il moro annuì in silenzio. L’appuntamento era Sabato, il che significava che mancavano altri due giorni, e Thomas diventava sempre più nervoso ogni secondo che passava. “Beh, non essere così felice, potrei diventare cieco per tutto questo entusiasmo.”

Thomas lo guardò piuttosto male, ma il barista fece spallucce e scelse un altro bicchiere.

“Ci sono delle regole?” chiese dopo una lunga pausa e l’uomo sbuffò da dietro il bancone.

“Tipo portare un mazzo di fiori?”

“Molto divertente.”

“Beh, hai chiesto se ci fossero delle regole per un fottuto anonimo, domanda stupida, risposta stupida,” rispose l’omaccione e Thomas brontolò qualcosa di incoerente. “Ti dicono il posto e ti danno l’ora. Vai lì, ti diverti e te ne vai. Questo è tutto. Cosa altro ti serve? Un manuale su come toglierti i pantaloni?”

“Beh, forse sapere se la tipa sarà una maniaca o-,”

“Una tipa? Come fai ad esserne così sicuro?” il barista lo interruppe con un tono divertito.

“Aspetta, può capitarmi anche un ragazzo?”

“Può capitarti un cavallo per quanto me ne importa,” l’omaccione sogghignò. “Ma sì, è logico. Ti capita quello che ti capita.”

“Un ragazzo?” Thomas sbatté le palpebre un paio di volte. “Ma..”

“Non fare il bambino,” il barista roteò gli occhi. “Siamo nel ventunesimo secolo, svegliati. Il genere non importa.”

“Da quando?” il moro si oppose, corrucciando la fronte e aggrottando le sopracciglia. “L’ultima volta che ho controllato i gay non potevano nemmeno sposarsi.”

“Beh, se hai intenzione di fare la proposta a qualcuno allora ho delle cattive notizie per te. Ma hey, il sesso è senza confini,” disse il barista e mise da parte il bicchiere, poi si chinò verso di lui. “Lo conosci il detto. Se la vita ti offre limoni, fatti una bella limonata!”

“E’ deprimente,” contrastò Thomas, cercando di togliersi quell’immagine dalla testa.

“E’ la realtà,” disse semplicemente l’uomo. “Devi solo accettarlo e non piagnucolare così tanto.”

“Inutile,” commentò Thomas con disappunto e il barista gli sorrise.

“Se vuoi un consiglio,” si raddrizzò, tamburellando le dita sulla superficie del tavolo. “Preparati per qualsiasi cosa. Forse avrai bisogno di manette. Se non le porteranno loro.  Ho sentito che le cose possono diventare alquanto eccentriche.”

Thomas divenne pallido sul momento e decise che non sarebbe andato all’appuntamento nemmeno se l’avessero pagato.

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Thomas aveva perso la testa. Non sapeva né dove o come, ma era sicuramente successo di recente. Incolpava Minho e Teresa. Erano bersagli più facili. Li maledisse augurando loro le pene dell’Inferno, e si maledisse da solo quanto entrò nell’hotel, tenendo fra le mani quello stupido biglietto per l’appuntamento.

                                                                     03/12/2014

                                                                           18:00

                                                     YOTEL New York – Stanza No. 333

                                                570 10th Avenue New York, NY, 10036


Non sapeva nemmeno da dove iniziare per rimproverare se stesso. Forse proprio da quando decise di andare, o quando finì di vestirsi, oppure ancora quando prese il taxi e arrivò nel posto.  Odiò se stesso quando parlò al receptionist e prese le chiavi della stanza, e quando prese l’ascensore.
Le lancette dell’orologio segnavano le sei e qualche minuto e Thomas si lasciò divorare dal nervosismo, o dalla paura che lo stava torturando da tutto il giorno. Un’immagine del barista che fletteva i muscoli e gridava ‘Fatti una bella limonata!’ continuava a frullargli in mente, e bastava quel tanto da spaventarlo ancora di più.  Perché ci era andato? Cosa l’aveva spinto a farlo, esattamente?

Forse la noia? La curiosità? La psicologia inversa che Teresa aveva usato su di lui di proposito? Il suo orgoglio che gli diceva di abbattere l’etichetta di ‘prevedibile’?

O forse voleva solo fare sesso senza mantenere i contatti? Senza alcun vincolo, niente conseguenze, niente problemi.

Forse era così, pensò Thomas. Forse era davvero curioso: forse aveva bisogno, anche solo per un po’, di tirar fuori la testa dalla grondaia, di rilassarsi. Di dimostrare a se stesso che poteva oltrepassare i limiti, anche se lo spaventava a morte.

Rimase davanti alla porta per quasi un minuto intero, costantemente a fissare la carta che aveva fra le mani. Era il momento della verità. La svolta decisiva, il-

“Hai intenzione di entrare o ti sembra più interessante il corridoio?” una voce maschile interruppe i suoi pensieri come una ghigliottina e Thomas rimase pietrificato sul posto, aveva quasi paura di voltarsi. Non era sicuro di cosa – o chi – aspettarsi. Un tizio enorme che poteva sollevare prima il letto e poi lui? La voce non lasciava intendere molto comunque, rifletté Thomas.

Prese un profondo respiro, poi un altro e un altro ancora e poi lentamente si girò, solo per ritrovarsi davanti qualcosa che assolutamente non si aspettava di trovare. Il ragazzo che aveva parlato prima era giovane, aveva i capelli biondi e gli occhi profondi e marroni, e addosso aveva un lungo cappotto nero.  Sembrava davvero giovane, forse anche più giovane di Thomas stesso, e dal suo aspetto era lui il partner di Thomas per quella sera.

Il biondo inclinò la testa di lato quando Thomas rimase a fissarlo ammutolito, e lo guardò come a valutarlo.

“Preferisci il corridoio quindi?” chiese e il cervello di Thomas finalmente riprese il controllo della situazione, mandando qualche debole segnale e dicendogli di fare di no con la testa, sebbene la sua voce non ne voleva sapere di cooperare.

“Va bene. Con permesso, allora? O vuoi avere l’onore di aprirmi la porta?”

“Sì, scusami,” mormorò Thomas, con le mani tremanti. Quel ragazzo non sembrava avere strani gusti, ma Thomas sapeva che l’apparenza poteva ingannare. Trascinò la carta attraverso la serratura ottenendo il via libera e la porta si aprì con un leggero click.

Alla fine era un ragazzo. Certo che era un ragazzo, quante donne avrebbero fatto una cosa simile? Erano troppo intelligenti. Perché il biondo era venuto? Cosa si aspettava di trovare? Cosa avrebbe fatto a Thomas? Una volta entrati, sarebbe stato troppo tardi per tirarsi indietro, Thomas lo sapeva benissimo. Il ragazzo poi gli avrebbe mostrato l’intera collezione di cinghie e forse anche qualcosa di tagliente e imperdonabile, e Thomas sentì il suo corpo cadere in un abisso di puro panico, dove i limoni erano stati buttati su di lui senza pietà e lui non se la sentiva assolutamente di farsi una bella limonata, più che altro correre e trovare riparo.
Prima che potesse anche solo pensare si voltò nuovamente vero il ragazzo, cogliendolo con uno sguardo serio, gli occhi spalancati e una bella bocca sorridente. Beh, almeno fino a quando Thomas non parlò.

“Hai portato le manette?”

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N.B: betata dalla mia amata - ciao, moglie! - Lucrezia. <3 Il suo profilo è questo. Datele un'occhiata, scrive cose skjdf. çç
*No Strings Attached club: E’ praticamente un locale dove persone non fidanzate possono incontrarsi e beh, fare cose. Senza obblighi, senza pensieri, ‘senza catene attaccate’.

  
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