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Autore: Larryx    04/01/2015    0 recensioni
Dal primo capitolo:
Nicholas chiuse gli occhi, tentando di riprendere il controllo di sé, ma ogni tentativo sembrava vano.
Un riflettore illuminò il pianoforte al centro del palco e il ragazzo, in quel preciso istante, udì una voce mascolina sussurrargli: “Fai del tuo meglio”.
Annuì, strinse le mani a pugno e iniziò a camminare sul palco. La gente presente si zittì, i suoi passi echeggiavano tra quelle mura, la sua ansia cresceva sempre più, ma in quel momento non avrebbe più potuto tirarsi indietro.
***
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Genere: Avventura, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Una donna camminava lungo un corridoio completamente buio, alla fine del quale vi era una flebile luce, sul volto aveva un ghigno compiaciuto. Ancheggiando, percorse l'intero tragitto, entrò nella stanza illuminata da qualche fiaccola e, senza attendere oltre, s'inchino rispettosamente.
“Mio signore, tutto procede secondo i piani” un'ombra non ben definita sedeva su un piedistallo in rame al centro della stanza. Il silenzio che si era creato dopo le parole della donna venne interrotto dal tuonare della risata dell'uomo, una risata vile, malefica.
“Ottimo lavoro, Eris”
La donna, sorridendo, tornò in posizione retta “Apollo non ha ancora ripreso i sensi, la musica del ragazzo lo ha stordito al punto da farlo cadere in un sonno profondo, sebbene agitato. Durante il trasporto ha continuato a mugugnare parole incomprensibili, siamo stati costretti a legarlo al letto per non farlo rotolare a terra” l'altro rise leggermente, divertito da quelle affermazioni.
“Ah! Musica per le mie orecchie – continuò a ridere di gusto per qualche altro secondo, per poi chiedere – ma dimmi, mia cara, come facevi a sapere che la musica del ragazzo avrebbe avuto un effetto tanto devastante sul nostro amato dio?”
“Sono la dea della discordia, so combinare i fatti in modo da creare il caos – mosse qualche passo verso il suo interlocutore – ho messo al posto dello spartito prestabilito uno scritto da me in persona, una sequenza di note impregnate del mio potere, capaci di stordire una grande massa di umani, o anche un dio, come hai potuto constatare – rise leggermente – non è stato nemmeno difficile eludere le guardie, grazie a mio figlio”
L'altro si mostrò interessato “Hai un figlio, Eris?”
“Sì, gli ho fatto dire che Nicholas era suo padre, e quei due mammalucchi vedendo gli occhi dolci del mio bambino non gli hanno saputo dire di no e lo hanno fatto entrare”
L'uomo sorrise “Immagino. Stupidi umani, non saprebbero riconoscere la verità neanche se gliela si sbattesse in faccia”
“Oh, anche se avessero avuto questo potere, mio signore, non credo avrebbero detto di no al mio piccolo”
“Spiegati meglio” tuonò l'uomo, curioso.
“Non credo si sappia, è un segreto, ma Roxas è figlio mio e di Nicholas, la combinazione perfetta del sangue del male e dei poteri di Apollo. All'epoca gli erano già stati affidati. Sarà la nostra arma segreta”
“Meraviglioso” E, insieme, si scatenarono in una risata malefica che echeggiò per anni luce, agghiacciando l'animo di chiunque fosse riuscito a sentirla.

 

Apollo riaprì gli occhi in una stanzetta umida e stretta, con le pareti ricoperte di muffa, un'odore fetido impestava l'aria. Arricciò il naso e pensò “Per Zeus, dove mi trovo? Come sono finito qui?”, poi cercò di alzarsi a sedere, ma c'era un vincolo che glielo impediva. Alzò la testa il più possibile e notò delle corde che lo legavano al letto, strette con cura. Chiunque fosse stato a catturarlo e a imprigionarlo voleva essere sicuro che non avrebbe avuto l'occasione di fuggire.
“Che sciocchezza, sono un dio!” cercò di usare i suoi poteri per liberarsi, ma non aveva più la forza di usarli. Si guardò intorno e notò una pietra completamente azzurra incastonata nelle pareti, poco dopo si accorse che nella stanza ve ne erano altre. Quella era l'Iliosite, una pietra di colore blu talmente scura da bloccare i raggi del sole al suo interno e, purtroppo, era anche la pietra che assorbiva i poteri di Apollo.
Iniziò a imprecare tutti gli altri dei, sperava che qualcuno di loro percepisse le sue parole e accorresse per aiutarlo, poi si ricordò di un giorno in cui erano giunte talmente tante bestemmie sull'Olimpo che Zeus aveva deciso di creare un dispositivo che le bloccava e le rinchiudeva in una scatola nera, messa al di sotto di una delle statue di Ade. E qui un'altra buona, quanto inutile, bestemmia.
Mentre cercava di ricordare ciò che gli era successo, si ricordò di un potere di emergenza che avevano tutti gli dei, un potere che doveva servire a inviare un messaggio mentale, sotto forma di sogno, visione o roba del genere, ma poteva essere usato solo in caso di assoluta necessità.
Apollo si concentrò, inquadrò bene la situazione e cercò di creare, nella sua mente, un'immagine chiara di ciò che stava succedendo. Dopo di che cercò la mente della persona che in quel momento gli era venuto in mente: Nicholas.

 

Nella sua casetta in mezzo agli alberi, Nicholas stava cercando di riordinare i pensieri. Dopo aver premuto il primo tasto del piano forte, era piombato in una dimensione alternativa, completamente buia. Era cosciente di star suonando, riusciva a leggere le note sullo spartito e a continuare a muovere le dita sui tasti, ma non era stato più in grado di fermarsi. Nemmeno alla fine del brano. Ogni volta che raggiungeva il “do” finale, le pagine tornavano indietro e lui si sentiva costretto a ricominciare. Aveva provato attimi di terrore, pensava di essere caduto in un ciclo senza fine. Non gli piaceva il suono di quella musica, suscitava in lui strani sentimenti, oscuri propositi. Mai nella sua vita un brano aveva avuto quell'effetto su di lui, tantomeno uno di Apollo. Improvvisamente, poi, si era ritrovato sulla sabbia, il pianoforte era sparito, non aveva la più pallida idea di come avesse fatto a raggiungere quel luogo.
Cercò di scacciare via quei ricordi: se non riusciva a rimetterli in ordine, non aveva senso perderci tempo su.
A un tratto, il ciondolo che gli pendeva sul petto diventò un macigno quasi insopportabile; quel cambio di peso lo aveva colto tanto alla sprovvista che aveva perso l'equilibrio e si era ritrovato con il viso a pochi centimetri da terra. Spaventato, afferrò il ciondolo tra le mani e davanti ai suoi occhi si materializzò un ambiente completamente diverso da quello precedente, una stanzetta scura e macabra. Vide Apollo legato a un lettino e sentì la sua voce dirgli “Aiutami, ragazzo”. Provò a muovere qualche passo verso di lui, ma l'immagine era già scomparsa.
Si ritrovò nuovamente nella sua casa, da solo, mentre i raggi della luna cercavano, timidamente, di attraversare le foglie degli alberi per sfiorargli il volto.
Si precipitò fuori di casa: non sapeva dove sarebbe andato, ma sapeva che doveva andarci.


Poco tempo dopo, da quello stesso luogo che Nicholas aveva lasciato correndo, si sarebbe alzato un urlo agghiacciante che avrebbe infranto il silenzio e la calma della notte.

  
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