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Autore: _Li_    04/01/2015    3 recensioni
“Tu sei lui!” esclamò esaltato “Sei proprio lui, in carne ed ossa!”
Abbassò il fumetto e lo fissò con uno sguardo di venerazione.
“Tu sei Superman!”
Un silenzio imbarazzato scese nella sala.

Un normale giorno per un normale gruppo di supereroi alla Stark Tower. Solo con un incontro inaspettato.
Genere: Commedia, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Clint Barton/Occhio di Falco, Natasha Romanoff/Vedova Nera, Sorpresa, Steve Rogers/Captain America, Tony Stark/Iron Man
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
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Superhero
~ I’m no Superman
 
 
“Signore, sono arrivati il signor Barton e la signorina Romanoff.”
Tony Stark borbottò qualcosa e si rigirò il bicchiere di whiskey in una mano, voltandosi a fissare con astio le porte dell’ascensore che si aprivano con un tintinnio. Clint e Natasha fecero qualche passo in avanti e Tony li fulminò con lo sguardo.
“Dovevate essere qui trentatré minuti fa.” li rimproverò irritato. “Sono un genio, io. Non ho tempo da perdere.”
Bevve un sorso di whiskey e schioccò le labbra con fare seccato. “E come se non bastasse mi è toccato passare l’ultima mezzora con quello là, tentando di spiegargli come cambiare canale.”
Indicò col pollice il divano su cui stava seduto Steve, intento a passare lo sguardo dallo schermo di una gigantesca TV al plasma ad una sfilza di telecomandi appoggiati sulle sue ginocchia, tentando inutilmente di cambiare canale premendo qualche bottone da uno e qualche bottone da un altro.
Natasha si avvicinò a Tony sventolando una mano con noncuranza. Gli rubò il bicchiere dalle mani e si sedette sulla poltrona a fianco.
“Colpa di Clint.” si giustificò “Ci ha messo un secolo a prepararsi.”
“Quattro minuti.” replicò quello, piazzandosi accanto a Steve ed afferrando un telecomando. “Prima stavo dormendo.” Ignorando le proteste del compagno cambiò canale, iniziando a seguire una partita di baseball.
Natasha lanciò un’occhiata in giro.
“Banner?”
Tony afferrò nuovamente il suo bicchiere e finì l’ultimo sorso di whiskey.
“È impegnato.”
Clint gli lanciò un’occhiata di sbieco. “Obblighi me ad abbandonare il mio adorato relax per venire qua di corsa - e mi rimproveri pure per un misero minuto di ritardo! - e lui è semplicemente impegnato?”
“Punto primo” replicò Stark, sbuffando irritato “non era uno, ma trentatré. Punto secondo Banner è un genio. Come me, d’altronde. E si sa che i geni sono sempre occupati: doveva finire un non-so-cosa per non so quale motivo e mi sembrava scortese dirgli di mollare tutto e venire qua.”
Si sistemò meglio sulla sedia. Natasha lo scrutò con attenzione e si allungò verso la bottiglia di whiskey.
“E punto terzo?” soggiunse mentre se ne versava una dose abbondante nel bicchiere di Tony. Lui tossicchiò lievemente a disagio.
“… E punto terzo” continuò dopo un istante di esitazione “la Stark Tower è stata appena ricostruita. Gli operai se ne sono andati da meno di una settimana e l’impianto dolby-surround è nuovo di zecca. Non vorrei mai che si offendesse. Cioè, che l’altro si offendesse. E che lui… Cioè l’altro…” si schiarì la voce “Si, ecco. È impegnato.”
Natasha ridacchiò, apparentemente divertita.
“Piuttosto, Stark, perché ci hai chiamato qui?” chiese Steve, osservando ammirato la destrezza di Clint nell’alzare e abbassare il volume a suo piacimento e tentando di capire la differenza tra quel telecomando e gli altri dodici attorno a lui.
Tony sorrise soddisfatto avviandosi verso il centro della stanza.
“Volevo mostrarvi la nuovissima Stark Tower!”
“A me sembra uguale a prima.” borbottò distrattamente Clint dal divano.
Tony gli si avvicinò e gli strappò il telecomando dalle mani, spegnendo gli 88 pollici di televisore.
“Questo perché sei un idiota. Ora chiudi il becco, Robin Hood, e lascia parlare gli esperti.”
Clint sbuffò sonoramente e gli lanciò un’occhiata malevola. Per tutta risposta Tony afferrò gli altri dodici telecomandi e li gettò in un angolo, dopo aver spento di malagrazia anche il lettore DVD, ignorando le proteste di Steve che era appena riuscito a farlo partire premendo qualche bottone a caso.
Tornò al centro della stanza e riprese.
“Dicevamo. Questo, signori…” Natasha tossicchiò. “...e signora” si affrettò ad aggiungere “sarà il nostro efficientissimo, bellissimo e modernissimo quartier generale, costruito con materiali all’avanguardia, totalmente insonorizzato ed assolutamente impenetrabile!” Si osservò glorioso intorno, ma nessuno parve così colpito dalla notizia. Schioccò le dita e il suono di decine di applausi registrati riempì la sala.
Sorrise soddisfatto.
“Troppo buoni.” Fece un mezzo inchino e si sfregò le mani soddisfatto. ”Molto bene! Ora inizierò ad illustrarvi le...”
“Signor Stark.”
“Non ora JARVIS. Sto monopolizzando l’attenzione. Come dicevo inizierò...”
“Signor Stark, c’è un problema.”
Tony sospirò.
“Che succede ora?”
“C’è un bambino nell’edificio, signore.”
Steve parve improvvisamente risvegliare il suo lato altruista. “Un bambino nell’edificio?”
“Nell’edificio assolutamente impenetrabile?” aggiunse Natasha ridacchiando.
Se avesse potuto, Tony avrebbe smontato quell’ammasso di muscoli e patriottismo all’istante. E anche quella sottospecie di macchina da guerra in tutine e tacchi a spillo. E anche quella stupida voce elettronica.
E si, per non far torto a nessuno si sarebbe sbarazzato volentieri anche di Barton.
“È ovvio che ci siano bambini nell’edificio, JARVIS. Hai presente le stupide visite guidate organizzate da Pepper? Ecco. Sono piene di bambini!” respirò profondamente e continuò col precedente discorso.
“Dunque, dicevo...”
“Signore.” a Tony per poco non saltarono i nervi quando JARVIS lo interruppe per l’ennesima volta.
“So perfettamente il numero di visite guidate gestite dalla signorina Potts ogni mese e conosco esattamente il numero di bambini urlanti che circolano all’interno dei primi cinquantadue piani del palazzo, ma si dà il caso che il ragazzino in questione si trovi nell’ascensore oltre il sessantaseiesimo piano.”
Un momento di silenzio seguì quell’affermazione.
Poi Tony, come se nulla fosse, continuò a parlare.
“Dov’ero rimasto? Ah si. Allora ogni membro de...”
“Stark!” Steve saltò in piedi, allarmato “Cosa intendi fare col bambino? Potrebbe essersi perso.”
“Giusto. Il bambino.” Tony schioccò le dita “JARVIS! Sbarazzati del marmocchio.”
“Come dovrei fare, signore?”
“Usa il solito protocollo.”
“Quello per ladri, terroristi e déi norreni?”
“Esattamente.”
Natasha sollevò un sopracciglio.
“Vorresti sparare ad un bambino?”
Tony fece spallucce, Steve sembrò scandalizzato anche solo dall’idea. Alzò lo sguardo verso il soffitto.
“JARVIS!” urlò. Parve poi ripensarci e tornò a posare gli occhi su Tony. “Stark! Ti proibisco di fare una cosa del genere.”
L’altro sbuffò irritato. “D’accordo. Niente armi da fuoco.”
“Potresti far precipitare l’ascensore.” suggerì Clint, giocando distrattamente con la zip della felpa. Lo sguardo di Tony si illuminò per un istante.
“Stark!”
“D’accordo, d’accordo… Niente bungee-jumping.” sbuffò per l’ennesima volta. “JARVIS, non potresti semplicemente rinchiuderlo da qualche parte finché i suoi genitori non lo verranno a cercare? Potremmo dire che si è trattata di autodifesa.”
“Signore, non credo sia una buona idea.”
“È una pessima idea!”
“È una grande idea! Andiamo, è piccolo e scaltro, chiunque potrebbe scambiarlo per un ladro.”
“È un bambino!”
“E allora? Le apparenze possono ingannare. Guarda qua, sembri un figo e in realtà potresti essere mio nonno!”
“JARVIS,” s’intromise Clint “Tony ha appena affermato che Steve è ‘un figo’. Hai registrato tutto?”
“Fino all’ultima sillaba, signor Barton.”
Tony ogni tanto si malediva per aver inventato quel dannato affare parlante.
Subito dopo però si congratulava con sé stesso per la sua strabiliante genialità.
“E va bene. JARVIS, preparami l’armatura. Me ne occuperò personalmente.”
“Non credo sia più necessario.” replicò Natasha placidamente.
“Perché mai?”
Il tintinnio dell’ascensore si diffuse nella stanza.
 
Quattro paia di occhi - e probabilmente anche una decina di telecamere - si puntarono sulle scintillanti porte scorrevoli che si stavano aprendo in quel momento.
Un bambino minuto, con una zazzera di capelli neri in testa ed un paio di fumetti sotto braccio, si ritrovò improvvisamente all’interno del quartiere generale del gruppo di supereroi più potenti della Terra e si guardò strabiliato attorno. Quando poi il suo sguardo si posò sui suddetti supereroi l’emozione raggiunse il culmine.
Stark mise le mani sui fianchi e osservò infuriato il soffitto.
“JARVIS. Non mi avevi detto che il marmocchio stava venendo qua.”
“Pensavo fosse ovvio, signore.”
“No, JARVIS. Non era affatto ovvio. Se l’avessi saputo prima avrei seriamente fatto precipitare…” Uno stillo esaltato interruppe la sua ramanzina.
“Non ci posso credere… Siete proprio voi! Siete qui! Siete reali!”
Tony Stark sbuffò esasperato. “Oh mio Dio si, siamo proprio noi, siamo qui e siamo reali. Ora se non ti…”
“E tu…” gli occhi del ragazzino si spalancarono ancora di più “Tu sei lui!”
Sul volto di Tony si aprì un sorrisino compiaciuto.
“Esatto, marmocchietto, sono proprio io!” Schioccò le dita e gli applausi registrati ripartirono. “Quindi. Ora che hai potuto ammirare la mia beltà in tutto il suo splendore direi che…”
Per tutta risposta il ragazzino lo ignorò. Si diresse a passo di carica verso Steve e quando gli fu praticamente addosso prese uno dei fumetti e glielo schiaffò in faccia.
“Tu sei lui!” esclamò esaltato “Sei proprio lui, in carne ed ossa!”
Abbassò il fumetto e lo fissò con uno sguardo di venerazione.
“Tu sei  Superman!”
Un silenzio imbarazzato scese nella sala.
Dopo pochi secondi fu però interrotto dalla risata isterica di Barton, dai risolini di Stark e dai leggeri colpetti di tosse di Natasha. Colpetti che sembravano stranamente divertiti.
Indeciso se sorridere al bambino o fulminare i tre idioti lì a fianco, Steve optò per una via di mezzo, che risultò in una smorfia obliqua accompagnata da un sopracciglio inarcato. Molto inarcato.
Si schiarì poi la voce, lievemente a disagio.
“Ragazzino” si inginocchiò per abbassarsi al suo livello “non so chi tu sia, ma è ovvio che ti stai sbagliando. Io non sono Superman.”
Il bambino lo fissò con le braccia conserte.
“Certo che sei Superman!”
“No che non lo sono.” Steve si portò una mano al petto “Io sono Capitan America.”
Stark roteò gli occhi. “JARVIS, attiva l’impianto di ventilazione. La ventata di patriottismo sta impregnando l’aria.”
Il ragazzino non parve impressionato. Fissò l’eroe con aria di superiorità e un sorrisino soddisfatto gli si aprì sul volto. “Certo, ovvio. Questo è quello che dici a tutti. Ma io sono più furbo. So che è solo un trucco che usate voi supereroi, una falsa identità per nascondere le vostre tracce e proteggere chi vi sta attorno!”
“Fico. Ho un’identità segreta! E io che ho sempre considerato Occhio di Falco come un semplice nome d’arte.” Natasha ridacchiò, sempre più divertita.
 “È vero!” il bambino continuò imperterrito, puntando il dito contro Tony Stark. “Anche lui nasconde la sua vera identità con un nome finto.”
“Frena un attimo marmocchio.” preso in causa, il supereroe si avvicinò al bambino, fissandolo con aria truce.
“Il grande Tony Stark non nasconde proprio un bel niente! Nel caso non te ne fossi accorto, quelle enormi lettere giganti sulla cima della torre non sono disposte a caso. Formano la parola Stark che, toh!, guarda caso è proprio il mio cognome.”
“Il tuo cognome è Wayne.”
“Il mio cosa è che?”
“Wayne. Bruce Wayne.”
Stark lo fissò perplesso e il ragazzino gli scoccò uno sguardò di ovvietà, prima di schiaffargli un secondo fumetto davanti al volto. “Batman.”
Natasha non resistette più e la sua risata riempì l’intera stanza, accompagnata dagli sghignazzi di Clint e da un suono metallico e fastidiosamente divertito che sembrava appartenere a JARVIS.
Doveva assolutamente rendere quell’intelligenza artificiale più artificiale e meno intelligente.
Tony replicò dopo un secondo di silenzio.
“Marmocchietto... Cosa avremmo in comune io e questa specie di gatto gigante?”
“È un pipistrello.” lo corresse Steve.
“Quello che è.”
“Tutto! Batman è un genio, miliardario, playboy, filantropo. E pure tu.”
“Il ragionamento non fa una piega.” aggiunse Clint asciugandosi una lacrima dall’occhio e ignorando di gusto l’occhiata assassina di Stark. Steve tentò di ristabilire l’ordine.
“Ragazzino, Superman e Batman non sono veri.”
Il bambino lo fissò imbronciato. “Certo che sono veri!”, affermò sventolando i fumetti.
Stark ne afferrò uno, iniziando a sfogliarlo.
“No che non lo sono. Andiamo…. Chi andrebbe mai in giro conciato in questo modo, con una ridicola tutina azzurra e rossa?”
Steve borbottò qualcosa e Tony gli lanciò un’occhiata divertita, ghignando. “Oh scusa, Mr. Universo. Dimenticavo.”
“Comunque sia,” Steve prese un respiro profondo prima di continuare “Batman, Superman e tutti gli altri supereroi che vedi nei fumetti… Loro non sono veri. Sono solo dei personaggi inventati.”
Il ragazzino abbassò gli occhi, non ancora del tutto convinto.
“Ma ci sono anche i film e…”
“Finti.” Tony gli restituì il fumetto “Quello che leggi qua dentro è solo finzione.”
Steve sorrise comprensivo. “I supereroi esistono davvero, ma non sono disegnati su carta. Sono persone reali, come me.” Gli poggiò una mano sulla spalla. “Chissà, un giorno anche tu potresti diventare un supereroe!”
“Credo di avere una crisi iperglicemica.” sussurrò Clint, roteando gli occhi. Natasha gli tirò una gomitata.
Il bambino strinse i fumetti al petto, ancora lievemente imbronciato.
“Un supereroe vero? Come Superman?”
L’altro gli strinse leggermente la spalla. “Un supereroe vero come noi!”
Finalmente il ragazzino alzò lo sguardo, sorridendo lievemente.
“Senti… Se divento un vero supereroe dici che poi posso entrare nel vostro gruppo?”
Stark lo fissò con le sopracciglia aggrottate.
“Assolutamente n…”
“Ma certo!” Il sorriso di Steve si allargò.
“Senti Wonder Woman, a quanto mi risulta la base degli Avengers si trova nella mia torre, per cui…”
“Non vorrei disturbarla signore,” la voce di JARVIS interruppe l’invettiva di Tony Stark “ma la signorina Potts sta arrivando ed è accompagnata dalla madre del bambino.”
“Oh grazie al cielo! Ancora un secondo e avrei fatto volare questo concentrato di ideali e fantasie fuori dalla finestra. Assieme al bambino probabilmente.”
Il tintinnio dell’ascensore si diffuse nuovamente nel piano e una signora con i capelli castani ed uno sguardo ansioso apparve al di là delle porte, in compagnia di una alquanto irritata Pepper Potts.
Immediatamente la donna volò fuori dall’ascensore, abbracciando il bambino.
“Tesoro! Ero così preoccupata! Stai bene? Non ti è successo nulla vero?”
“Mamma, si… Sto bene!” tentò di divincolarsi lui “Io… Mamma, così mi soffochi!”
“Oh grazie al cielo sono così contenta che non tu non ti sia fatto male!” Lo allontanò da sé, fissandolo severa. “Almeno per ora. Spero tu ti renda conto del guaio in cui ti sei cacciato. Sparire all’improvviso e finire in un’area in cui non dovresti neppure stare! Oh, ma aspetta che lo sappia tuo padre.”
Il ragazzino la fissò terrorizzato.
“Ma, mamma…”
“Niente ma mamma! Faremo i conti più tardi.”
Si alzò in piedi, afferrando il bambino per la mano, e si rivolse a Steve. Il ragazzo fece un balzo all’indietro, spaventato, ma la donna si limitò a sorridere.
“Mi dispiace molto per tutto il disturbo che vi ha causato. Clark è un ragazzino vivace, ma non è un cattivo bambino. Non voleva fare niente di male. Lui e le sue stupide storie su Superman. Mi dispiace davvero mo...”
“Non sono stupide storie!”
“Zitto tu!”
“Non si preoccupi signora.” balbettò Steve, sorridendo a disagio “Non è stato affatto un problema per noi.”
“Parla per te.” borbottò Tony, ma subito si zittì vedendo l’occhiataccia di Pepper. Tentò di lanciarle un’occhiata sexy e le si avvicinò a braccia aperte.
“Pepper, tesoro…”
“Non ti azzardare a dire una sola parola.” ringhiò lei “Io e te faremo i conti dopo.”
Tony abbassò le braccia e deglutì terrorizzato, non osando parlare nemmeno per rimproverare Clint e il suo sussurro molto simile ad un ‘Agli ordini, mamma’.
Pepper si rivolse poi alla donna, sorridendo gentile.
“Mi dispiace per tutto il trambusto, signora Kent. Venga, la riporto dal resto del gruppo.”
Tutti e tre entrarono nell’ascensore, ma prima che le porte potessero richiudersi il ragazzino lanciò uno sguardo ostinato a Steve.
“Io diventerò Superman!” esclamò convinto.
Steve sorrise, limitandosi ad annuire, e i quattro Avengers si ritrovarono immobili a fissare la superficie riflettente dell’ascensore ormai chiuso.
 
 

 
 
“Non vorrei essere nei tuoi panni, Stark.”
“…”
“Pepper sembrava alquanto adirata.”
“’Adirata’…. Si vede che hai il cervello ancora negli anni 40, Capitan Futuro.”
“Adirata o incazzata che sia, a quanto pare il nostro Iron Man dovrà mettere da parte l’Iron per un po’!”
“… Che significa?”
“Cavolo Steve, Stark ha ragione quando dice che sei rimasto indietro. Significa che per un po’ il nostro caro Tony non trom…”
“Clint.”
“…Scusa Nat.”
“…”
“Certo che quel marmocchio sembrava abbastanza convinto.”
“Già.”
“Hey ragazzi.”
“Che c’è?”
“Se davvero diventa Superman lo prendiamo negli Avengers?”
“… Sta’ zitto, Clint.”
 
 
 
 
 
 
 
 


 


Ce l’ho fatta!!
Finalmente riesco a pubblicare questa dannatissima e adorabilissima (per me) storia che, non per dire, ma è rimasta chiusa nel mio computer per mesi, mesi e mesi, venendo continuamente letta, aggiornata, riscritta, sistemata, riletta, cancellata, ri-riscritta e modificata.
Tutta colpa del mio lettore mp3 che continua a ripropormi I’m no Superman (famosissima sigla di Scrubs da cui arriva pure il titolo) vicino a Live to Rise dei Soundgarden, colonna sonora di The Avengers. Come potevo resistere?
Ammetto di non conoscere molto il mondo dei supereroi (DC o Marvel che siano) e che tutte le mie conoscenze si basano su alcuni film, qualche cartone e molte pagine di Wikipedia lette. Però mi pare di aver fatto un buon lavoro.
Oddio. Dovrei aver fatto un buon lavoro.
Ho fatto un buon lavoro?
Vabbè. Ormai è pubblicata.
Spero vi siate divertiti a leggerla almeno la metà di quanto io mi sono divertita a scriverla.
E, cacchio, sappiate che è difficile trovare dei soprannomi degni di Tony Stark!
Se qualcosa non fosse chiaro non esitate a chiedere. Grazie per l’attenzione!
Alla prossima!
 
Linda
  
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