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Autore: Liberty89    04/01/2015    7 recensioni
[Jak 3]
Jak sospirò, sentendo le spalle liberarsi di un enorme peso, mentre il sorriso sereno che gli aveva allungato le labbra si spegneva gradualmente. Quella lunga guerra era giunta al termine e Haven City avrebbe conosciuto il vero significato della pace che da troppo tempo aveva dimenticato, tutto grazie a lui e ai sacrifici che erano stati fatti da molti. Uno in particolare non avrebbe mai potuto dimenticarlo.
Fan fiction su Jak 3 (dalla saga di Jak and Daxter), post-game, quindi occhio allo spoiler!
Genere: Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Titolo: Commiato
Autore: Liberty89
Genere: Introspettivo, Triste
Rating: Verde
Fandom: Jak 3
Personaggi: Jak, Sig, Daxter
Avvertimenti: One-shot, Spoiler!, Post-game
Note dell'autrice: Salve! Ebbene sì, continuo a scrivere sulla bellissima saga di Jak & Daxter, questa volta ho preso di mira il terzo capitolo e non sarà l’ultima, almeno spero xD Spoiler per chi non ha terminato il gioco, visto che è ambientato proprio dopo il finale, a cui ho voluto dare un continuo più… “sentito”, ecco. Solo a me è sembrato buttato lì? Vabbè, ciancio alle bande, ho parlato anche troppo, quindi buona lettura!

Disclaimer: i personaggi della storia non mi appartengono. La fic non è stata scritta a scopo di lucro.


Commiato

Alla fine, i Precursors se n’erano andati senza di lui. Alla fine, Jak era rimasto e tutti -lui stesso per primo- erano felici della sua scelta. Tutta Spargus guardò la nave volare alta nel cielo limpido e diventare sempre più piccola, finché non divenne un puntino nero e infine, scomparve.
L’Arena si svuotò abbastanza rapidamente, gli abitanti della città del deserto non erano famosi per il loro oziare, infatti ognuno tornò alle proprie faccende come se nulla fosse accaduto.
Jak sospirò, sentendo le spalle liberarsi di un enorme peso, mentre il sorriso sereno che gli aveva allungato le labbra si spegneva gradualmente. Quella lunga guerra era giunta al termine e Haven City avrebbe conosciuto il vero significato della pace che da troppo tempo aveva dimenticato, tutto grazie a lui e ai sacrifici che erano stati fatti da molti. Uno in particolare non avrebbe mai potuto dimenticarlo.
-Damas…- pensò tristemente, voltandosi verso il trono dell’Arena, dove ora sedeva Sig.
Il possente uomo del deserto terminò di discutere con Samos, che annuì profondamente un paio di volte, trovandosi d’accordo con le sue parole -quali che fossero-, poi si voltò verso di lui, rivolgendogli uno sguardo intenso con l’unico occhio rimastogli. Infine, gli sorrise con calore e lo invitò a seguirlo con un cenno.
Non del tutto sorpreso, l’eroe lo raggiunse con degli abili balzi e gli andò dietro, salutando rapidamente il resto degli amici. Stranamente Daxter non lo accompagnò, forse perché anche lui aveva compreso di cosa avrebbero parlato i due uomini e non voleva intromettersi in quelle che erano faccende strettamente personali. Jak, però, sapeva che il suo migliore amico sarebbe stato lì per lui, pronto a sostenerlo.
In silenzio, i due Cacciatori attraversarono Spargus e salirono fino alla sala del trono. Sig camminò tra le vasche e si diresse a una delle ampie finestre che davano sul deserto e sull’oceano, rimanendo in attesa del giovane eroe, che si era invece fermato di fronte allo scranno reale. Il biondo sentì un nodo stringergli la gola e distolse lo sguardo, affrettandosi ad affiancare l’uomo dalla pelle scura.
-E così, tu sei il piccolo Mar.- esordì Sig, dopo un lungo momento di quiete. -Che ironia, ti ho cercato per tutta Haven City ed eri proprio sotto il mio naso!-
Il ragazzo ridacchiò appena. -Beh, tu cercavi un bambino, non me.-
-Vero.- concordò l’altro. -L’Ombra, Samos, mi ha raccontato quello che è successo davvero. Se Damas avesse saputo…- s’interruppe con un sospiro, fissando il blu dell’oceano.
Jak strinse i pugni lungo i fianchi. Se il Re di Spargus avesse saputo tutto su di lui, cosa avrebbe fatto? Come avrebbe reagito? Probabilmente, si disse, non lo avrebbe mai accettato. Quale padre accetterebbe un mostro corrotto dall’Eco Oscuro come figlio? Abbassò lo sguardo sul pavimento di pietra rossa, pensando che forse era stato meglio per Damas non sapere nulla di ciò che era accaduto a suo figlio.
-Lascia che ti dica una cosa, ragazzo.- riprese il Cacciatore del Deserto, richiamando l’attenzione delle sue iridi blu. -Damas sarebbe stato felice di sapere chi eri e sarebbe stato orgoglioso del giovane uomo che sei diventato.-
Il biondo trattenne il fiato a quelle parole. -C-Come fai a dirlo?-
L’uomo ghignò. -Che domande, lo conoscevo da una vita, avrei potuto leggergli il pensiero, ma non è servito. È stato lui stesso a dirmi che avrebbe voluto tanto che il suo piccolo Mar crescendo, diventasse come te.-
-Ma io sono-
-Coraggioso, leale, forte, un ottimo guerriero e… spericolato al punto giusto, esattamente come lui quando era giovane.- lo frenò Sig, sorridendo di cuore di fronte al suo stupore.
-No…- disse Jak, deglutendo e scuotendo il capo. -Lui… Damas non mi avrebbe mai accettato!- replicò.
-Perché?-
-Perché sono un mostro! Il bambino che sperava di ritrovare non esiste più! Adesso ci sono solo io, il mostro corrotto dall’Eco Oscuro!-
-Strano.- asserì il Cacciatore con voce tranquilla. -Io davanti a me vedo solo un abile guerriero che ha salvato il mondo un’altra volta, e terribilmente cocciuto, esattamente come sua madre.-
Di nuovo, il biondo rimase senza fiato. -Mia… cosa?-
Questa volta, Sig rise, sinceramente divertito. -Già, tua madre. Testarda come uno yakow, lasciatelo dire!-
-Ho… anch’io una…?-
-Santo cielo ragazzo, ovvio che hai una madre! Da dove pensi di essere uscito? Da sotto una roccia?- domandò il signore di Spargus, che scoppiò in un nuovo attacco di ilarità nel vedere le guance dell’altro colorarsi di rosso.
Superato l’imbarazzo, Jak fece un passo in avanti, ansioso di sapere. Forse era possibile recuperare qualcosa della sua famiglia originaria? Tuttavia, gli sembrava strano non aver visto tracce della Regina di Spargus e quando giunse al termine di quella riflessione, il suo viso impallidì.
-Sig… dov’è mia madre?-
L’amico lo guardò con dispiacere per poi concedersi un sospiro. -Purtroppo, è perita la notte in cui ti rapirono. Le sue ultime parole sono state d’amore per te e per Damas, lo supplicò di ritrovarti e riportarti a casa e di starti vicino, perché avevi visto…-
L’eroe comprese immediatamente la fine di quella frase anche senza sentirla. Lui, però, non ricordava nulla di quella notte, di Spargus o di Haven City, prima di arrivarci da Sandover. Forse aveva dimenticato tutto a causa dello shock e forse era quella la causa del suo mutismo. Istintivamente si portò una mano alla gola e la sua espressione dovette farsi ancora più grave, perché Sig gli posò una mano sulla spalla per scuoterlo.
-Tutto bene?- chiese, accennando al suo gesto.
-Io… sì. È solo che… ero muto, da bambino. Ho cominciato a parlare solo due anni fa…-
L’omone annuì. -Capisco. Ascolta Jak, so che non è molto, ma voglio che tu prenda questa.- disse poi, prendendo una fotografia da una tasca e porgendola al ragazzo.
Jak studiò l’immagine con occhi larghi e lucidi. Un giovane e sorridente Damas era in piedi accanto a una donna che l’eroe poté solamente definire bellissima. Non era molto alta, ma non l’avrebbe mai detta fragile, con indosso l’armatura tipica di Spargus e armata di un lungo fucile, simile al Pacificatore di Sig, sembrava in grado di affrontare chiunque. Il viso era sottile, illuminato da un sorriso allegro, che accendeva anche gli occhi, identici ai suoi, esattamente come i lunghi capelli biondi sfumati di verde sull’attaccatura e sulle punte. Il ragazzo sentiva che avrebbe potuto guardare quella foto anche per giorni interi, non poteva separarsi da quel sorriso, da quell’espressione dolce, né dalla felicità di entrambi i suoi genitori, che si stringevano la mano, intrecciandone le dita.
Quasi timoroso di rovinare quel momento congelato nel tempo, Jak accarezzò la foto con un indice tremante, scorrendo i volti sorridenti. -Come… Come si chiamava?-
-Leena.-
Il biondo si ripeté continuamente quel nome nella mente, non voleva correre il rischio di dimenticarlo un’altra volta. -Grazie Sig.-
-Di nulla, ragazzo.- disse il Cacciatore, scrutandolo con l’unico occhio e dicendosi che stava facendo i passi giusti con quell’anima caparbia. -Cosa pensi di fare d’ora in poi? Tornerai a Haven?-
-Credo che rimarrò qui. La vita del deserto mi si addice di più.- ammise con un piccolo sorriso.
-Felice di sentirlo!- esclamò Sig. -Ho una casa giù in città, non è molto grande, ma per te andrà benissimo.- aggiunse. -Non fare quella faccia da lucertola essiccata, avrai bisogno di un posto dove vivere, no? Io d’ora in poi vivrò qui, quindi sarebbe un peccato lasciarla vuota. È tutta tua.-
-Io… non so cosa dire…- balbettò Jak. -Grazie ancora Sig…-
-È il minimo. Sei il salvatore del mondo, figlio del mio caro amico Damas e mio amico a tua volta, questo è davvero il minimo per ringraziarti. Se hai bisogno di qualcosa, non esitare a chiedere.-
Il ragazzo annuì, tornando a guardare la fotografia. Non poteva domandare niente di più. Finalmente aveva una casa, un luogo a cui fare ritorno, dove nessuno lo avrebbe inseguito né additato come mostro. Tuttavia, più guardava quell’immagine più sentiva che gli mancasse qualcosa da fare. Fu dopo molti minuti che trovò il pensiero giusto.
-Dimmi Sig…- iniziò, carezzando di nuovo il rettangolo di carta. -Dov’è sepolta mia madre?-
Il nuovo sovrano di Spargus aveva quasi temuto quella domanda, poiché non sapeva per certo se il ragazzo avrebbe accettato la risposta.
-Devi sapere, Jak, che noi non abbiamo la tradizione di seppellire i nostri morti.- rivelò, fissando gli occhi blu dell’altro, ora larghi di stupore e smarrimento. -Quando un nostro guerriero incontra la morte, che essa avvenga in battaglia, nel proprio letto per una malattia o la vecchiaia, noi lo bruciamo su una pira eretta sulla scogliera, in modo che le sue ceneri possano scegliere se restare nel deserto o gettarsi nell’oceano per raggiungere altri luoghi.-
Jak annuì. Aveva compreso e quasi gli piacque il risvolto preso dagli eventi. Non avrebbe avuto tombe su cui ricordare il passato che aveva perduto e immaginare quello che non aveva mai avuto, tutto ciò che aveva era una singola fotografia. Si disse che forse era meglio così, che quella doveva essere un’ulteriore spinta a guardare sempre avanti e pensare al suo futuro, mentre il passato stava bene dov’era.
Quando alzò lo sguardo per porre l’ennesima domanda, il Cacciatore del deserto lo precedette. -Questa sera ci riuniremo per l’ultimo saluto a Damas, sarò io ad accendere la pira per primo. Se vorrai, potrai lanciare anche tu una torcia.-
Con un lungo sospiro, il biondo ringraziò l’amico e lo salutò, quindi lasciò la sala del trono per andare alla ricerca di Daxter e raccontargli le novità.

Quando le mani della notte si allungarono, coprendo l’oro e l’azzurro del giorno, le stelle si accesero una a una, prima lentamente, poi sempre più veloci, finché il cielo non divenne un brillante tappeto nero. Un lieve vento soffiava sia dal mare che dal deserto, carezzando Spargus e i suoi abitanti, ma soprattutto il caduto che avrebbe raccolto tra le braccia.
Jak era già lì dall’imbrunire, insieme a pochi altri, quando l’area attorno alla scogliera si riempì e i suoi amici lo raggiunsero. Sentì la mano del Saggio Verde posarsi sulla sua spalla in un silenzioso gesto di conforto a cui annuì con gratitudine, ma nessun altro osò andargli vicino, nemmeno Daxter, che fermo accanto alla sua compagna, lo guardava da dietro, attento e pronto a farsi avanti se fosse stato necessario. Gli occhi del ragazzo erano fissi di fronte a sé, dove era stata eretta la pira su cui Damas era stato posato. Il vecchio Re pareva dormire, con le mani giunte sul petto, strette attorno all’elsa di una spada, il suo viso era pulito e sereno.
All’improvviso il suono di un tamburo squarciò l’aria della notte e Sig si fece largo tra la gente di Spargus, con una torcia già accesa in mano. I tamburi diedero il ritmo al suo passo, intonando una marcia solenne, come se dovessero tutti prepararsi per una battaglia imminente. Il Cacciatore si fermò accanto al biondo, ponendogli una muta domanda con l’occhio buono. Ottenuto l’assenso che si aspettava, porse la fiaccola al figlio del suo vecchio amico e con una leggera spinta alla spalla, lo invitò a proseguire al posto suo.
Deglutendo, Jak compì un passo dietro l’altro, finché non fu vicinissimo alla catasta di legna e paglia. Avvertì la gola stringersi in una morsa e la mano libera fare lo stesso contro il suo fianco. Il suono dei tamburi gli martellava nelle orecchie insieme al battito del proprio cuore, ed erano così forti da parergli un’unica cosa. Una lacrima sfuggì al suo controllo e seppe che quello era il momento giusto.
-Addio, padre.- pronunciò in un soffio, avvicinando la torcia alla legna.
In un attimo, il fuoco attecchì e i tamburi si zittirono. Il crepitio delle lingue rosse e gialle colmò il silenzio che era calato come una pesante coltre, e quando cominciarono a ingrandirsi sempre di più, l’eroe indietreggiò fino a una distanza di sicurezza, lasciando il posto ad altri. Non seppe quante persone gli passarono accanto per dare da vicino l’ultimo saluto al vecchio Re di Spargus, non si accorse del tempo che scorreva, perché la sua mente pareva essersi fermata. Riempitasi di “se” e di “ma”, continuava a mostrargli il momento in cui Damas gli aveva chiesto di trovare suo figlio Mar, lo stesso in cui aveva scoperto di avere un padre per perderlo quello seguente.
Maledisse tutto. I Precursors, l’Eco, ma soprattutto se stesso. Se fosse stato più capace nell’uso dell’Eco Luce, probabilmente avrebbe potuto guarire le ferite di suo padre, esattamente come faceva con le proprie. Di nuovo, però, si trattava di un’infinita serie di “se” che non gli avrebbe ridato indietro Damas.
Fu allora che Daxter si arrampicò sulla sua spalla. L’aveva visto irrigidirsi, chinare il capo e stringere i pugni così forte da conficcarsi le unghie nei palmi e farne gocciolare il sangue, quindi l’aveva raggiunto. Avvolse la coda attorno al suo collo e posò la testa contro la sua guancia, bagnandosi con le lacrime che non avevano più smesso di cadere.
-Sono qui con te, amico.- soffiò al suo orecchio per poi guardargli il viso immobile, che mostrava il dolore solo perché rigato di lacrime. -Non è stata colpa tua.- aggiunse, leggendo nel mutismo del biondo, per lui era come se stesse gridando a squarciagola. -Sono certo che nessuno ti incolpa, nemmeno l’uomo della sabbia.-
Stava per scuotere la testa per negare, quando sentì un forte schiocco, che gli fece alzare lo sguardo. Il legno stava cedendo, del corpo di Damas non c’era traccia e il vento aveva preso a soffiare un poco più forte, pronto a portare con sé le ceneri del defunto. Sentì l’Ottsel stringersi al suo orecchio e trattenne il fiato quando scorse della polvere luccicante sollevarsi in aria. La seguì con gli occhi finché gli riuscì: la scia di cenere sembrava giocare sui turbini di vento, saltava da una parte all’altra come se fosse indecisa su quale direzione prendere. Infine, la vide correre verso il buio deserto per unirsi alle sue dune.
Un piccolo sorriso gli illuminò il volto e percepì quello di Daxter sulla propria guancia.
-Alla fine è rimasto qui anche lui, visto?- mormorò l’Ottsel, divertito.
Jak assentì, finalmente sereno come avrebbe dovuto essere: suo padre non l’avrebbe mai davvero lasciato.
  
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