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Autore: Starishadow    05/01/2015    1 recensioni
Lucy era disposta a raccontare questa storia a chiunque avesse voglia di ascoltarla, nonostante il dolore che le causava, ma nessuno trovava il tempo, e fu così che la donna scelse di alzarsi, entrare in casa e prendere un foglio bianco ed una penna nera.
Se nessuno voleva più ascoltare, forse qualcuno avrebbe voluto leggere.

Prima classficata al contest "Letteratura: un’emozione per sempre" indetto da Corrienonfermarti sul forum di EFP
Genere: Generale, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
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PROLOGO
 
L’ambizione della neonata Verona High School, il liceo appena aperto in una cittadina dell’Oregon, era quella di accogliere studenti che normalmente si sarebbero potuti permettere una scuola pubblica e altri che invece avrebbero potuto frequentarne una privata, con l’obiettivo di far incontrare questi due mondi, affinché convivessero pacificamente.
Un idillio, un’utopia, quanto di più lontano dalla realtà possa esistere: non c’era giorno in cui due o più ragazzi finissero dal preside per aver “turbato la quiete pubblica”, per usare le parole degli insegnanti.
«Che cosa devo fare con voi?» sbottò un giorno il pover’ uomo, quando si trovò davanti tre giovani freshmen, quattordicenni appena arrivati in quella scuola e già coperti di lividi e ferite per l’ennesima rissa: due indossavano divise sformate e dalla taglia probabilmente sbagliata, l’altro invece l’aveva tirata a  lucido ed impeccabile.
«Signore, non ho iniziato io!» saltò subito su quello dalla divisa in ordine con un paio di costose scarpe italiane ai piedi «Quei due disgraziati mi sono saltati addosso! Probabilmente volevano rubarmi il Rolex!»
Il preside si trattenne a stento dall’alzare gli occhi al cielo, ormai era ben abituato all’atteggiamento dell’uno e dell’altro gruppo. Spostò lo sguardo sugli altri due ragazzi di cui uno stava in disparte, all’ombra dell’altro, con gli occhi incollati al pavimento e le labbra strette in una linea sottile, l’altro…
«Ma sai dove puoi ficcarti quel Rolex di mer…» il ragazzo si interruppe quando il preside si schiarì leggermente la voce e gli lanciò un’occhiataccia «Signor preside, noi davvero non abbiamo fatto nulla! Stavamo passando per il corridoio e questo ha iniziato ad insultarci, chiamarci “pezzenti” e altre cose, non potevamo non reagire!»
“No, certo che no, ma che scherziamo?” pensò l’uomo ironicamente:
«Non mi rimane altro che chiamare le vostre famiglie» sospirò, e i tre ragazzini rabbrividirono appena.
Il preside aveva appena alzato la cornetta del suo telefono nero dalla scrivania lucida, tinta dello stesso colore, quando la porta si spalancò, e un ragazzo dai capelli rossicci e l’aria bonaria entrò trafelato, i suoi occhi castani subito puntati sui due ragazzi accusati di aver “attentato al Rolex”.
La somiglianza fra i tre (capelli rossi, grandi occhi castani e labbra piene) tradiva una qualche parentela fra di loro.
«Ecco dove eravate… Signor preside, mi dispiace per qualsiasi cosa abbiano fatto i miei fratelli, io…» l’uomo lo interruppe alzando una mano, e il ragazzo tacque, inquieto:
«Questa storia deve finire, Benedict… Non voglio più risse nella mia scuola! È tempo di prendere provvedimenti più severi, visto che voi ragazzi non sembrate capirlo!»
Tutti i ragazzi osservarono l’uomo, chiedendosi cosa avesse intenzione di fare.
Il preside si avvicinò alla scrivania e attivò il microfono per rivolgersi all’intera scuola:
«A tutti gli alunni e i docenti, un attimo di attenzione» disse, e lo ripetè due volte, per essere certo che l’importanza di ciò che stava per dire fosse chiara per tutti «in seguito agli avvenimenti che si sono verificati negli ultimi tempi, e di cui tutti siete al corrente ormai, dichiaro che chiunque venga sorpreso a turbare la quiete pubblica della scuola, con insulti, atti vandalici o risse, verrà immediatamente espulso dalla scuola, indipendentemente da “chi ha iniziato” o “perché ha iniziato”. Spero di essere stato chiaro» chiuse la comunicazione e tornò a guardare il gruppo di ragazzi davanti a sé, a braccia conserte.
La porta si aprì di nuovo, e stavolta entrò un ragazzo dai capelli neri acconciati in un taglio alla moda, lucidi di gel, avvolto nel profumo dell’Abercrombie che invase subito la stanza.
«Signor preside, è scoppiata un’altra rissa?» chiese, fingendo stupore, mentre il ragazzo dai capelli rossi stringeva gli occhi e si allontanava da lui «Sicuramente di nuovo colpa di questi pezzenti»
«Theodore, non tollero più certi atteggiamenti nella mia scuola!» esclamò il preside «Metterò veramente in atto le mie minacce»
Il moro gli rivolse un sorriso affilato, mentre accennava un inchino:
«Ma certo, signor preside»
«Per ora, questi tre si beccano una sospensione di una settimana» le proteste dei ragazzi interessati andarono a vuoto «e se succederà ancora… beh, sarà meglio che iniziate a cercarvi un’altra scuola»
Con quello, il preside congedò il gruppo di ragazzi e sospirò sedendosi sulla sua poltrona di pelle nera.
Quei ragazzi l’avrebbero fatto finire al manicomio, altro che!
«Bah per lo meno adesso non dovrebbero più darmi problemi» borbottò fra sé e sé, allungando una mano verso il libro abbandonato sulla sua scrivania e sorridendo: ora che aveva un momento di pace, poteva tornare alla lettura del suo caro Shakespeare.
 
«Lo sapevo che prima o poi ci avreste messi nei guai, zoticoni» sibilò Theodore mettendo una mano attorno alle spalle del biondino e fissando in cagnesco i tre rossi, che dal canto loro lo ignoravano «Hey, Benedict!»
Il ragazzo si voltò verso di lui, esasperato:
«Che vuoi, Theodore?»
Il ragazzo sorrise, e ancora una volta Benedict si trovò a pensare che somigliava proprio ad un gatto… un grosso, sornione, crudele gatto nero che stuzzica il topo prima di attaccare.
«Oggi pomeriggio… i miei ragazzi insegneranno una lezione a voi topi di fogna»
Benedict stava per dirgli di andare al diavolo quando suo fratello si lanciò contro il moro, e il più grande riuscì ad afferrarlo all’ultimo secondo per il colletto dell’uniforme, ma non fece in tempo a tappargli la bocca:
«Te la daremo noi la lezione, brutto figlio di papà! Vedrai come ti apriremo il cu…»
La mano di Benedict calò sulla bocca del ragazzino e quello lo trascinò via, fra le risate sprezzanti di Theodore e dell’altro ragazzino biondo.
«Ad oggi pomeriggio, feccia» li salutò Theodore, voltando le spalle.
Benedict si morse la lingua e continuò a camminare verso la parte opposta, seguito dai due fratelli.
«Oggi gli faremo vedere chi sono i topi di fogna! Li faremo tornare piagnucolando dai loro paparini, con i culetti fatti a strisce!» esclamò esaltato il più esuberante fra i due, l’altro era rimasto in silenzio tutto il tempo.
«Thomas, dacci un taglio. Tu non farai vedere niente a nessuno, da oggi sei in punizione. Con quel gruppo di imbecilli con la puzza sotto il naso ce la vedremo noi»
Il ragazzino continuò a protestare a lungo, ma vedendosi ignorato dai fratelli, alla fine rinunciò e si limitò a starsene a braccia serrate e con gli occhi bassi.



Nota dell'autrice: ed ecco il mio secondo approccio con un'originale ^^ come ho detto, partecipa ad un contest sulla letteratura, ed è per questo che la storia si rifa un po' a quella di Romeo e Giulietta... anche se ho cercato di staccarmi il più possibile dall'originale.
Spero che vi piaccia e, se trovate qualche errore di battitura/distrazione che è sfuggito alla mia revisione - possibilissimo dato che l'ho riletta alle 23:30 di sera - o volete dirmi qualsiasi cosa, fatemelo sapere! ^^
A presto!
Starishadow
   
 
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