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Autore: Maya98    05/01/2015    2 recensioni
"È una dissonanza prodotta tra due voci, o parti, e può avvenire fra due note con lo stesso nome, suonate in successione che siano una naturale e l'altra alterata, ma in parti differenti."
Sherlock capisce che c'è solo un modo per battere Moriarty, e questo modo è fingersi dalla sua parte, con tutte le conseguenze e i sacrifici che questa scelta comporta. Ovviamente, John ne è totalmente all'oscuro.
Note: Johnlock, accenni pesanti di Jary e "Sheriarty" senza sentimento, e qualche cosa di Sherlock&Mary. Cammei vaticani, P.O.V. di Sherlock, Post-HLV.
Avvertimenti: Non è non-con perché è consensuale, ma sicuramente non voluto.
 
Genere: Drammatico, Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Jim Moriarty, John Watson, Mary Morstan, Mycroft Holmes, Sherlock Holmes
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!, Tematiche delicate, Triangolo
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8.  Arabesque
C. Debussy – n.2
 
Il suo rapporto con John è sempre stato una coniugazione batterica.
È affascinante, in effetti, questa parte della scienza. Un capitolo collocato subito dopo la riproduzione, ma che non c’entra affatto con essa. Come il loro legame trascende il sesso, è qualcosa di molto più mirato, utile e elementare con funzione immediata. Quando si sono incontrati, è avvenuto il contatto tra le cellule, e si è instaurato immediatamente in rapporto di interdipendenza, dove ognuno, attraverso il legame che creatosi tra loro, ha trasmesso all’altro il suo DNA. Ma non una sezione  qualsiasi: l’utile, la dote, la sua parte migliore. Entrambi hanno subito la ricombinazione genetica, divenendo così più forti e migliori di prima.
Ma purtroppo, questo è un tipo di legame che lascia un segno. Invisibile ma profondo.
Lascia che l’acqua scorra, ma senza farla scaldare. L’acqua fredda è un bene, è come rigenerativa: lava via ogni segno, ogni odore, ogni consistenza – anche illusoria – di sporcizia sulla sua pelle. E in qualche modo, lava via anche il dolore. Non quello spirituale, certo. Il ghiaccio è un anestetizzante naturale, ma Sherlock sa benissimo che un impacco freddo posato sul suo petto e sulla sua fronte servirebbe ben poco ad alleviare il suo male al cuore e al cervello.
Il bagno è ordinato e pulito, ma ha un tocco di vanità che caratterizza l’intero appartamento. La mensola della doccia è in marmo chiaro, e su di essa sono ordinate in file precise, quasi elenganti, boccette e flaconi con varie creme corpo o bagno doccia. Il suo non l’ha portato – non l’ha reputato utile, né necessario – ma non aveva messo in preventivo quanto lo avrebbe fatto sentire a disagio avere su di sé un odore sconosciuto. Già ha venduto la sua anima: non vuole perdere neanche un minimo della sua identità. Ormai è tutto ciò che li resta.
Ma ce n’è una.
Ha due porte del suo palazzo mentale che si aprono su stanze con quel profumo. Due porte care, in cui è entrato spesso anche se in momenti diversi della sua vita. Una camera è quella di suo padre, l’altra è quella di John. La prima, rifugio durante la sua infanzia; la seconda…la seconda rifugio attuale.
L’olio d’Argan. Il primo ne usava appena, il secondo abbondava. Era un odore forte, esotico, così adatto a John. Così da lui. L’odore del deserto, l’odore della guerra – era quello che si portava appresso. Sempre. Che stesse correndo dietro a lui per Londra all’inseguimento di un criminale o stesse preparando una tazza di tè prima di andare a dormire.
Non il suo profumo, in fondo, ma almeno familiare. E doloroso. Una scheggia che continua a pulsare ogni secondo cin cui resisti con essa conficcata nella carne, come monito, come ricordo costante delle tue azioni.
Illuso, pensa, quando apre il flacone con due dita. Ma non ha il coraggio di fermarsi.
 
-Vieni un po’ a vedere qui.
La voce di Jim lo richiama immediatamente, appena messo piede sulla porta. È già vestito di tutto punto, pronto per una nuova giornata lavorativa all’insegna del crimine. È ovviamente bravo, come John aveva immaginato una volta: le sue abilità si confacevano a quel campo più che mai, se avesse deciso di intraprendere quella strada. Ma Sherlock è un sociopatico, non uno psicopatico, e più va avanti in questo modo, più sente nostalgia della sua vecchia vita. Ma ogni pensiero turbato rimane con lui solo nel cuore della notte, o durante i momenti di assoluta solitudine. Ha disinstallato che telecamere che aveva in camera (una precauzione di Jim che lui ha trovato fin troppo fastidiosa) proprio per poter avere qualche momento di privacy: sa che se tiene al meglio la sua maschera di fronte al nemico, avrà la fiducia necessaria per potersi concedere qualche debolezza da solo.
E la fiducia ce l’ha. Insospettabilmente, sembra che per Jim l’avere ucciso Mary e distrutto nuovamente John sia una garanzia più che sufficiente a provare la sua sincerità: non esita mai a fare nomi di collaboratori o di sottomessi, in sua presenza, non nasconde le carte su cui lavora né fa mistero di dove tenga i file nel suo computer. Tranne che per la sua chiavetta – che tiene sempre con sé – Sherlock è in grado di visionare qualsiasi cosa. Ma non si arrischia ancora, per prudenza. E in ogni caso, ha come la sensazione che non troverebbe ciò che cerca. La rete che aveva tre anni prima era molto più estesa di quella che fa intendere di avere adesso, ma Sherlock sa bene che non sarebbe tornato allo scoperto se non avesse avuto una solida struttura alle spalle.
-Cosa c’è?
Si avvicina in fretta al suo avversario, che è seduto comodamente sulla sedia girevole di fronte alla scrivania. Su di essa è collocato il computer, acceso e aperto su un programma che Sherlock riconosce come un virus per infiltrarsi nei database di telecamere a circuito chiuso. Per la prima volta in una settimana, il suo pensiero cade su Mycroft, che sta aspettando nell’ombra, pronto a coprire ogni delitto di cui si sta macchiando le mani, fingendo di non sapere niente e attendendo solo informazioni.
Dopo di che, si concentra su quanto ripreso dal filmato. La sua mente per poco non vacilla, ma il suo volto rimane assolutamente impassibile e fermo.
I primi sono filmati ripresi da telecamere a Baker Street. Sherlock ascolta John parlare con la signora Hudson circa un funerale – quello di Mary. Ha il volto scavato e gli occhi rossi, e in tutto il suo essere sembra semplicemente consumato da dentro, come se qualche cosa gli stesse divorando le ossa. Le guance sono flosce, e la sua intera figura chiarisce chiaramente che è da diversi giorni che non dorme né tocca cibo. In sostanza, John è un campo di battaglia devastato e lasciato in balia del nemico.
La signora Hudson sembra preoccupata e triste anche lei, e non turba John con chiacchiere inutili come al solito. Viene diverse volte fatto il suo nome, la prima volta dalla signora Hudson per chiedere se sarà presente al funerale, le altre tutte da John, che chiede informazioni sulla sua presunta “vacanza”. È chiaro che non abbia detto niente di quanto successo alla villa. Sherlock si sente spezzare il cuore, perché non credeva che – anche dopo tutto quello che gli aveva fatto – John sarebbe rimasto così, totalmente, devastantemente fedele fino alla fine.
Nel terzo filmato, la signora Hudson se ne va lasciando John da solo. Sherlock lo guarda iniziare a frugare nei cassetti della scrivania, e poi in cucina, e in un altro filmato scandagliare passo per passo la sua camera da letto. Non riesce a capire cosa stia cercando finché Jim non zoomma il fotogramma di ciò che si trova sul tavolo: un giornale aperto alla pagina dell’articolo sulla morte di Sir Nottingam.
Evita di spalancare la bocca per non sembrare ridicolo, ma alza un sopracciglio con espressione stupita. Il sorrisino di Jim si accartoccia in un ghigno fin troppo familiare. Gli altri filmati sono ambientati davanti all’enorme tenuta in cui è morto Sir Nottingam. Sherlock la riconosce per le fotografie sulle quali ha lavorato per pianificare il suddetto omicidio. John gironzola avanti e indietro, per più giorni consecutivi, fin da quando c’è la polizia – non viene fatto avvicinare perché l’Ispettore a capo del caso non è Lestrade – e poi si allontana nei dintorni, soprattutto nel bosco di aceri che fiancheggia l’intero lato sinistro. Sherlock è piuttosto confuso: sua moglie è appena morta e lui cerca l’adrenalina nella risoluzione di un caso? Senza di lui?
Ma Jim non ha ancora finito. L’ultimo filmato che gli mostra, ha set in un vicolo poco conosciuto di Londra. Sherlock lo riconosce solo perché è una sua nota scorciatoia che utilizza per arrivare ai tetti: su quella stradicciola, infatti, si aprono innumerevoli scale che portano ad edifici alti. C’è passato con John innumerevoli volte, ma… perché si trova li?
Nel filmato, John getta un’occhiata alla telecamera, troppo a lungo per far sì che Sherlock creda che non l’abbia vista. Ogni cosa che sta facendo, quindi, è del tutto consapevole. Ha in mano un barattolo di vernice gialla, simile allo spray che era stato utilizzato dalla mafia cinese in uno dei loro primi casi, il Banchiere Cieco. Anche i simboli sono simili, ma non del tutto. John si ferma diverse volte a controllare che siano giusti in un foglio stropicciato che ha in tasca. Ma perché compiere un atto vandalico proprio davanti ad una telecamera? Che stia cercando di mandargli un messaggio?
-Hai Londra dalla A alla Z?-chiede allora a Jim, che gli indica annoiato la libreria in fondo alla stanza. Sherlock decodifica i numeri in base alla memoria che ha del caso – tutto archiviato in una curiosa stanza nel suo Mind Palace piena di cianfrusaglie, e comincia a sfogliare in fretta le pagine alla ricerca delle parole giuste. Non gli ci vogliono più di cinque minuti, prima di capire il messaggio che John sta cercando di mandargli.
“I will find you and why”
Si volta verso Jim, ancora al computer ma rivolto verso di lui, le gambe accavallate e un sorriso provocatorio sulle labbra:-Hai visto?-chiede, anche se il divertimento non sembra mai raggiungere i suoi occhi:-Ha capito che ci sei tu, dietro a quel delitto. E sta indagando a proposito unicamente per te. Bé, l’hai addestrato bene, il tuo animaletto.-fa una pausa, nella quale si nasconde una non tanto velata derisione:-Dovresti esserne fiero.
-Non essere stupido.-ribatte lui, con tono seccato, facendo battere il tacco della scarpa sul pavimento con fare impaziente. Il suo volto rimane impassibile come una statua di cera.
Ma il suo cuore no: non riesce a rimanere abbastanza controllato. Ha una lieve accelerazione, come se fosse emozionato, mentre lui realizza che oh, sì, è davvero fiero di John.
 
( Continua )








Note:
Scusate per il ritardo imperdonabile. C'è stato un periodo di crisi per questa storia perché ho completamente cambiato idea sulla concezione di alcuni personaggi e quindi per riprenderla ho duvotuo ritrovare un senso a ciò che voglio raccontare. Non so quando posterò ancora. Spero solo che vi piaccia come tutto quanto si sta sviluppando. Se volete lasciare un commento siete i benvenuti: potrebbe spronarmi a mandare avanti la baracca. Scusate anche se tardo a rispondere alle recensioni: mi lasciano esausta e non so cosa dire. Mi dispiace molto.
Buon 2015 a tutti
  
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